mercoledì 29 aprile 2020

Turchia. Il gruppo musicale "Grup Yorum" in sciopero della fame contro l'autoritarismo governativo. Articolo di Luca Bagatin

Il 3 aprile scorso, in Turchia, è morta Helin Bölek, dopo 288 giorni di sciopero della fame.
Helin era la cantante del gruppo musicale Grup Yorum. Noto gruppo musicale folk turco di ispirazione socialista che, da tempo, manifestava in maniera nonviolenta contro il governo autoritario di Erdogan.
Helin, assieme agli altri componenti del gruppo, Bahar Kurt, Barış Yüksel, İbrahim Gökçek e Ali Aracı, avevano iniziato lo sciopero della fame il 17 maggio 2919, per chiedere al governo il rilascio dei membri del suo gruppo; per chiedere la fine delle incursioni della polizia contro il Centro Culturale İdil di Okmeydanı, Istanbul; per eliminare il divieto dei concerti di Grup Yorum (banditi per quasi tre anni) ed eliminare le cause penali intentate contro i componenti della band.
Domenica scorsa 26 aprile, il giornale francese l'Humanité, già organo del Partito Comunista Francese, ha pubblicato una toccante lettera di İbrahim Gökçek, bassista del gruppo, in sciopero della fame da ben oltre 300 giorni in una baraccopoli di Istanbul.
İbrahim, fra le altre cose, scrive parole toccanti: “(…) sono a letto e peso solo 40 chili. Le gambe non hanno più la forza di trasportare il mio corpo. (…) Per 15 anni ho suonato il basso nel “Grup Yorum”. Il Grup Yorum, creato 35 anni fa da 4 studenti, ha una storia a scacchi come quella della Turchia. Questa storia ci ha portato fino ad oggi ad uno sciopero fino alla morte per potere fare di nuovo concerti. (…) Forse ti chiederai: “Perché i membri di un gruppo musicale fanno uno sciopero della fame fino alla morte? Perché preferiscono un mezzo di lotta tanto spaventoso come lo sciopero della fame illimitato? ”.
La nostra risposta è nella realtà bruciante che ha portato Helin a sacrificare la vita a 28 anni e che mi spinge a dissolvermi ogni giorno di più:
Siamo nati nelle lotte per i diritti e le libertà iniziate in Turchia dal 1980. Abbiamo pubblicato 23 album per riunire cultura popolare e pensiero socialista. 23 album venduti in totale per oltre 2 milioni di copie. Abbiamo cantato i diritti degli oppressi in Anatolia e in tutto il mondo. In questo paese, tutto ciò che vivevano coloro che combattevano per i loro diritti, gli oppositori, coloro che sognavano un paese libero e democratico e anche noi che cantavamo le loro canzoni, vivevamo le stesse cose: eravamo guardati a vista, imprigionati, i nostri concerti erano proibiti, la polizia ha invaso il nostro centro culturale e fracassato i nostri strumenti. E per la prima volta con l’AKP al governo della Turchia, siamo stati inseriti nella lista dei “ricercati terroristi”.
Questo è il motivo per cui oggi ho deciso, anche se ti sembrerà folle, di smettere di mangiare. Perché, nonostante la qualifica che mi è stata data, non mi sento assolutamente di essere un terrorista. Il motivo per cui siamo stati inseriti in questo “elenco terroristico” è il seguente: nelle nostre canzoni parliamo di minatori costretti a lavorare sotto terra, di lavoratori assassinati da incidenti sul lavoro, di rivoluzionari uccisi sotto tortura, di abitanti dei villaggi il cui ambiente naturale viene distrutto, di intellettuali bruciati, di case distrutte nei quartieri popolari, dell’oppressione del popolo curdo e di quelli che resistono. Parlare di tutto ciò in Turchia è considerato “terrorismo”. Coloro da 30 anni pensano che non è più tempo di socialismo internazionalista e che un’arte come la nostra non abbia pubblico si sbagliano”. (…)
Abbiamo tenuto concerti che hanno raccolto il pubblico più vasto nella storia della Turchia e ospitato artisti provenienti anche da fuori della Turchia. (…)
Da sempre il Grup Yorum è stato vittima della repressione in Turchia. Ma dopo la proclamazione dello stato di emergenza dichiarato dall’AKP nel 2016 e la crescente repressione di tutte le categorie, giornalisti, progressisti, accademici, abbiamo capito che ci aspettava una repressione ancora più feroce. Una mattina, al risveglio, abbiamo scoperto che 6 di noi erano stati inseriti nella “lista dei terroristi”. Il mio nome era in questo elenco. (…)
Dopo la pubblicazione di questo elenco, in due anni, il nostro centro culturale ha subito nove attacchi dalla polizia. Quasi tutti i nostri membri sono stati imprigionati e si è arrivati al punto che non ci sono più membri del Grup Yorum. Siamo stati obbligati ad assumere nuovi musicisti per continuare a esibirci nei concerti. Abbiamo dovuto organizzare concerti con i giovani dei nostri cori popolari. Nello stesso tempo, per contrastare gli attacchi, abbiamo rilasciato comunicati stampa e petizioni. Ma tutto ciò non ha fermato la repressione. (…)
Durante i nostri processi, Helin e io fummo rilasciati, ma nonostante il diffondersi del sostegno popolare, di quello di artisti e di membri del Parlamento, il governo si è rifiutato di ascoltare le nostre richieste. (…)
Ora la stanza accanto alla mia è vuota, quanto a me, che da qualche tempo vivo dentro un letto, non so come finirà il mio viaggio. La battaglia che si sta impegnando nel mio corpo si concluderà con la morte? Oppure con la vittoria della vita?
Quel che so con maggior forza in questa lotta, è che, fino alla soddisfazione delle nostre rivendicazioni, mi aggrapperò alla vita anche in questo cammino verso la morte”.
İbrahim, come ha fatto Helin Bölek, sta lottando sino alla morte, nell'indifferenza della gran parte dei media e della comunità internazionale. Ciò è davvero molto triste.

martedì 28 aprile 2020

"Dolcezza estrema". Poesia di Luca Bagatin / "Dulzura extrema". Poema de Luca Bagatin

DOLCEZZA ESTREMA
Poesia di Luca Bagatin
 Foto di Ricardo Fernandez
Modella: Eme Jota

Estrema dolcezza,
Estrema sensualità,
Bellezza iberica.
Nel tuo grembo porti una nuova vita.
E' la vita dell'amore che porti dentro
Di te.
Vorrei essere lì
E accarezzarti i capelli,
Baciare il tuo ventre
E dirti quanto sei bella.
Non sarò mai padre,
Ma penso sarebbe bello essere
il padre della tua creatura.
Penso sarebbe bello
crescerla la tua creatura, assieme a te.
Un bacio che vola,
Dall'Italia alla Spagna.
Il mio bacio, sensuale,
profondo, per te.

Luca Bagatin

DULZURA EXTREMA
Poema de Luca Bagatin
Foto de Ricardo Fernandez
Modelo: Eme Jota


Dulzura extrema,
Sensualidad extrema.
Belleza ibérica
En tu vientre traes una nueva vida.
Es la vida de amor que llevas dentro
Acerca de ti.
Desearía estar allí
Y acaricia tu cabello,
Besa tu vientre
Y decirte lo hermosa que eres.
Nunca seré padre,
Pero creo que sería bueno ser
el padre de tu criatura.
Creo que seria bueno
crecer tu criatura junto a ti.
Un beso que vuela,
De Italia a España.
Mi beso sensual
profundo, para ti.

Luca Bagatin 

lunedì 27 aprile 2020

Cuba resiste al Coronavirus. Nonostante l'embargo USA. Articolo di Luca Bagatin

Secondo quanto segnalato dall'Agencia Cubana de Noticias, Cuba sta lavorando per migliorare il sistema immunitario delle persone colpite dall'epidemia di Covid 19.
Il Direttore Nazionale di Igiene e Epidemiologia del Ministero della Salute Pubblica, Francisco Durán, ha affermato che, in questo senso, può essere molto utile l'interferone ricombinante Alpha 2B, che si applica sia sui pazienti positivi che su quelli sospetti, tre volte alla settimana, per via intramuscolare.
A Cuba, ha spiegato Durán, sarà applicato sotto forma di gocce in persone molto esposte, come gli operatori sanitari, al fine di migliorare il loro sistema immunitario e evitare che siano contagiate dal virus.
L'interferore, ha ricordato il Dr. Durán, è prodotto a Cuba da molto tempo ed è stato utlilzzato di recente anche in Cina, assieme ad altri farmaci, al fine di combattere la malattia.
Altro metodo utilizzato per la cura, a Cuba, è la somministrazione ai malati del plasma dei pazienti guariti dal Covid 19, metodo peraltro utilizzato anche in diversi ospedali della Lombardia.
Durán ha fatto anche presente che, pur non essendo il momento di deprimersi, occorre che ciascun cittadino, sia malato che non malato, si protegga e che non è affatto scontato che ad essere più contagiati possano essere solamente gli anziani o persone con patologie pregresse, ma l'evoluzione potrebbe essere più complicata.
Cuba sta altresì lavorando allo sviluppo della sua versione dell'antivirale Kaletra, utile sia nella cura dell'HIV che del Covid 19, in modo da non doverlo importare dall'estero. Per produrlo, ad ogni modo, occorre un macchinario termico in grado di fondere i principi attivi che l'Isola non possiede e che l'embargo imposto dagli USA, non le permette di acquistarlo dall'estero.
A Cuba i contagiati sono oltre 1300, i guariti oltre 400 e i deceduti 51 e, per tenere sotto controllo la situazione, il Presidente Miguel Diaz-Canel, ha varato misure più restrittive.
Cuba, nonostante abbia una santà all'avanguardia (lo Stato investe in sanità pubblica l'11% del suo PIL) e abbia addirittura inviato brigate mediche in Italia per sostenere l'emergenza Covid 19, soffre gravemente dello sciocco, criminale e ideologico embargo da parte degli USA, che non le permette di ricevere attrezzature necessarie dall'estero. Gli USA, ad esempio, hanno di recente bloccato repiratori, mascherine e reagenti diagnostici provenienti dalla Cina e destinati a Cuba.

Luca Bagatin

sabato 25 aprile 2020

"Invito a cena". Poesia di Luca Bagatin

INVITO A CENA
Poesia di Luca Bagatin 
Serata d'estate.
Tu, elegantissima
In abito da sera nero
Sensuali sandali con tacco alto.
Ti prendo per mano.
Un tavolo, con al centro una candela accesa
E del vino rosso
Solo per noi
Che ci sendiamo
l'uno di fronte all'altra
E ci guardiamo,
Teneramente,
Negli occhi.
Ti stringo la mano,
Beviamo un sorso di vino.
Sono già ebbro, ma del tuo sguardo
Che mi affascina
E mi fa sentire sicuro
E allo stesso tempo fragile
In un gioco di seduzione
Che mi rapisce.
Avvicino le labbra alle tue
Che sono morbide.
Un profumo ci avvolge
E non ci lascerà più.

Luca Bagatin

25 Aprile. Ricordiamo l'antifascismo socialista, repubblicano e nazionalcomunista di Pietro Nenni, Randolfo Pacciardi e Mario Bergamo


venerdì 24 aprile 2020

"Amore e Libertà - Manifesto per la Civiltà dell'Amore": un saggio per un nuovo modello di sviluppo

L'ultimo saggio di Luca Bagatin - "Amore e Libertà - Manifesto per la Civiltà dell'Amore" - uscito ormai quasi un anno fa, ma oggi più attuale che mai, è praticamente incentrato su un nuovo modello di sviluppo. Che sovverta l'economia e la politica, perché mira a sovvertire prima di ogni cosa il modo di pensare e di vivere dell'essere umano.
E' una denuncia del capitalismo, ma anche la promozione del socialismo latinoamericano, panafricano, eurasiatico.
E' la promozione della decrescita economica, del superamento della dittatura del danaro e della schiavitù del lavoro salariato.
E' la rinascita dell'ambiente e della Natura.
E' possibile leggerne gratuitamente alcuni stralci al seguente link e acquistarlo, unicamente in formato cartaceo, unicamente al seguente link:

mercoledì 22 aprile 2020

Omaggio ai 150 anni di Vladimir Lenin, eroe della Rivoluzione socialista e proletaria (22 aprile 1870 - 22 aprile 2020)

“Finché esiste lo Stato non vi è libertà; quando si avrà libertà non vi sarà più Stato”

“La borghesia liberale, porgendo con una mano le riforme, con l'altra mano le ritira sempre, le riduce a nulla, se ne serve per asservire gli operai, per dividerli in gruppi isolati, per perpetuare la schiavitù salariata dei lavoratori. Il riformismo, perfino quando è del tutto sincero, si trasforma quindi di fatto in uno strumento di corruzione borghese e di indebolimento degli operai. L'esperienza di tutti i paesi dimostra che prestando fede ai riformisti gli operai hanno sempre finito con l'essere gabbati”

“La società capitalista ci offre nella Repubblica una democrazia più o meno completa ma sempre limitata nel ristretto quadro dello sfruttamento capitalistico.
Essa rimarrà sempre per la minoranza, per gli sfruttatori e per i ricchi contro la maggioranza dei salariati, soffocati dal bisogno e dalla miseria.
Così ché la maggioranza dunque è di fatto impedita alla reale partecipazione attiva, alla vita politica e sociale.

Democrazia per un’infima minoranza di ricchi, questa è la democrazia nelle società capitaliste !”


“In Italia c'è un rivoluzionario solo: Gabriele d'Annunzio”


Striscione commemorativo innalzato dai nazionalbolscevichi di "Altra Russia" in memoria dei 150 anni di Lenin


1994. Egor Letov, fra i fondatori del Partito NazionalBolscevico canta "La lotta continua ancora", canzone commemorativa in onore a Lenin


La cantante rock, modella, scrittrice e poetessa russa Natalia Medvedeva, già ex moglie dello scrittore nazionalbolscevico Eduard Limonov, dedicò il brano che segue - inedito in Italia - all'eroe della Rivoluzione bolscevica Vladimir Lenin, nel 1994, ripercorrendone le gesta.

2015. Il trio musicale russo "Silenzium" suona "La lotta continua ancora", dedicata a Lenin 

lunedì 20 aprile 2020

Alain de Benoist: "Mi aspetto una crisi economica che sarà almeno pari a quella del 1929" (intervista tratta da Breizh.Info)

Breizh Info: Prima di tutto, cosa pensa della direzione presa del governo, che sembra davvero non sapere dove “sbattere la testa”, sin dall’inizio di questa pandemia? Michel Onfray, a tal proposito, evoca una possibile fine del regime. Lei ci crede, tenendo anche conto del fatto che il livello di gradimento di Emmanuel Macron e d’Édouard Philippe non è mai stato così alto?
Alain de Benoist: Michel Onfray ha detto, meglio di quanto possa dire io, tutto ciò che vi era da dire sulla disastrosa gestione della crisi sanitaria attuale da parte della squadra di Emmanuel Macron. Avevo già scritto, qualche anno or sono, che è nello stato di eccezione che avremmo potuto comprendere la vera statura del personaggio. Ora sappiamo quello che non è. Un uomo di stato decide, ordina, requisisce. Macron si rimette al consiglio degli esperti i quali, come d’abitudine, non sono mai d’accordo tra loro stessi. Riscopre le virtù della “sovranità nazionale ed europea”, ma solo dopo aver moltiplicato le riforme liberali, che hanno favorito la delocalizzazione e la dipendenza del paese dalle importazioni. Saluta e ringrazia coloro che si battono e che si dedicano alla crisi sanitaria, ma non si può dimenticare che prima dell’arrivo del Covid-19 si era rifiutato di ascoltare le loro rivendicazioni.
A dimostrazione dello stato pietoso dei nostri servizi sanitari, cui sono stati imposti dei miopi obiettivi di profitto, ci sono i luoghi dove se ne misura oggi lo sfilacciamento; mascherine e test che mancano, letti soppressi, personale sanitario al limite del collasso, servizi ospedalieri saturi. Si è voluto includere nella logica del mercato un settore che è per definizione fuori dal mercato. Si è sistematicamente affievolito e distrutto il servizio sanitario nazionale. Ne paghiamo il prezzo. E non è che un inizio: infatti il distanziamento sociale dovrà ancora durare settimane, se non mesi. Noi non siamo alla fine dell’inizio, né tantomeno all’inizio della fine.
Io non credo assolutamente ad una risalita di gradimento di Emmanuel Macron. In un primo momento, come avviene di norma, tutti hanno serrato i ranghi. Ma quando saremo arrivati al “giorno-dopo” e sarà arrivato il momento di fare i conti, il giudizio del popolo sarà impietoso. Se, come io credo, questa situazione apre una crisi sociale gigantesca, il movimento dei Gilets Gialli apparirà, più che mai, come una prova generale di quello che accadrà. Possiamo già adesso vedere che è proprio per le classi più popolari e per la classe media che il lockdown è più difficile da vivere.
La figura del Prof. Raoult, che sta emergendo recentemente, non le appare come un bisogno per i media, ancora una volta, di creare delle icone da offrire al popolo (da un lato, l’icona del governo, dall’altro un’icona un po’ ribelle?). Non siamo arrivati, infine, all’apice della società dello spettacolo, con questa crisi?
Alain de Benoist: Il professor Raoult è apparentemente il solo che abbia cominciato ad ottenere dei risultati in questa lotta contro l’epidemia. Invece di essergli grati, lo si presenta come un pagliaccio e come l’idolo dei complottisti! Si annunciano ora delle sperimentazioni “più approfondite” che hanno soprattutto il fine di creare una cura che verrà poi presentata come “ben migliore” della clorochina e che avrà soprattutto il vantaggio di essere molto più cara (e quindi di far guadagnare). Società dello spettacolo? Abbiamo, piuttosto, a che fare con una guerra tra ego e una querelle su un grande affare economico.
È da un mese che lei ci mostra il suo scetticismo in merito alla chiusura delle frontiere. E’ ancora scettico, nonostante la totalità degli stati abbiano preso le stesse misure?
Alain de Benoist: Io sono certamente favorevole alla chiusura e al controllo delle frontiere. Ho solo voluto dire che è tecnicamente quasi impossibile impedire a chiunque di entrare o di uscire da un paese e che una frontiera chiusa non è una frontiera sigillata. Ne è prova il fatto che il coronavirus  devasta tutti i paesi, compresi quelli che furono i primi a chiudere le loro frontiere.
L’Unione europea non si sta definitivamente suicidando a causa di questa crisi senza precedenti? Sembra che l’effetto sia, d’ora in poi, “ciascuno per sé”…
Alain de Benoist: Non si è suicidata per il semplice motivo che era già morta. Uno dei meriti della crisi è stato quello di permettere a tutti di vedere il proprio cadavere. Di fronte all’epidemia, le alte cariche della Commissione europea sono apparse in uno stato di ibernamento. Ora sbloccheranno del danaro che distribuiranno con l’ “elicottero” dopo aver un po’ aumentato la stampa di moneta. Ma concretamente non ha funzionato nulla. Non è l’Europa che è venuta in soccorso dell’Italia, bensì la Cina, la Russia e Cuba. Rivincita, postuma, di Fidel Castro!
Quali conseguenze economiche lei vede all’orizzonte, nei mesi e negli anni a venire… Il fatto che non si possa più acquistare oro, che gli Stati ricomincino a stampare moneta, questo ci dovrebbe preoccupare?
Alain de Benoist: Mi aspetto una crisi economica che avrà, quantomeno, effetti equiparabili a quella del 1929. Durerà molto più a lungo dell’attuale epidemia, farà più disastri e provocherà la morte di molte persone. Se si accompagnasse a una crisi finanziaria planetaria, assisteremo a uno tsunami: crisi economica e quindi sociale, crisi finanziaria, crisi sanitaria, crisi ecologica, crisi migratoria. Pubblicai nel 2011 un libro intitolato “Sull’orlo del baratro”. A me sembra che ci siamo arrivati.
Ma bisogna aspettarsi anche delle conseguenze politiche e geopolitiche di primaria importanza. L’espandersi dell’epidemia in un paese come gli Stati Uniti, dove il sistema della sanità, organizzato chiaramente sul modello liberale, è uno dei meno performanti del mondo, è chiamato a giocare un ruolo decisivo e va seguito attentamente (l’epicentro mondiale dell’epidemia si trova ad oggi a New York). Gli Stati Uniti rischiano di uscirne molto più indeboliti della Russia e della Cina, che sono i suoi unici due rivali in questo momento. Ancora una volta, non siamo che all’inizio.

tratta da: https://www.breizh-info.com/2020/04/02/140136/alain-de-benoist-crise-economique-coronavirus/

sabato 18 aprile 2020

Emergenza Coronavirus. Rizzo (Partito Comunista): riappropriarsi della sovranità monetaria, tassare le grandi multinazionali, uscire dal capitalismo. Articolo di Luca Bagatin

Mentre, da destra a sinistra, si discute di Coronabond e di MES, ovvero di strumenti che legerebbero ancor di più mani e piedi dell'Italia ai potentati europei, attraverso nuovi prestiti, il Partito Comunista di Marco Rizzo – il quale ha anche di recente rilasciato di recente una intervista ad “Affaritaliani” - propone qualche cosa di molto diverso.
Rizzo propone di denunciare i Trattati europei, rompendo il vincolo di bilancio in Costituzione. Uscendo dalla “gabbia dell'euro” e riappropriandosi della propria sovranità monetaria.
Partendo da ciò, egli ritiene che occorra attuare una politica in favore dei lavoratori, ponendo la produzione sotto il loro diretto controllo. Evitando così la concentrazione dei capitali nelle mani di pochi.
Il Partito Comunista si dice contrario ad ogni tipo di patrimoniale “a misura dei padroni”, ovvero si dice contrario ad ogni aumento dell'IVA, ad ogni prelievo forzoso nei conti correnti e contro ogni stangata a danno dei piccoli proprietari e dei lavoratori, i quali hanno lavorato una vita per mettere da parte qualche soldo.
La patrimoniale che vorrebbe il Partito Comunista andrebbe a colpire, invece, “le grandi multinazionali e i grandi monopoli, a cominciare da Amazon, Facebook, Google, per finire con Agnelli e Benetton”.
Oltre a ciò, in questi giorni, Rizzo ha puntato il dito contro quelle imprese italiane che hanno “trasferito la loro sede legale in Olanda (che in Europa viene definito “Paese virtuoso”) per approfittare del trattamento fiscale favorevole, a danno del fisco italiano”. Ovvero contro “Fca, Ferrari, Cementir del gruppo Caltagirone, Enel, ENI, Exor, Ferrero, Prysmian, Saipem, Telecom Italia e Luxottica Group”.
Rizzo ritiene dunque che, in questo periodo, occorrerebbe “stampare moneta” senza effetti collaterali, ovvero fare qualcosa purtroppo vietata dai “Trattati europei che hanno istituito la Banca Centrale Europea”. “Emettere moneta per sostenere il PIL, senza aggravare il debito”. Che è peraltro ciò che sta facendo la FED statuintense, la Banca del Giappone e quella d'Inghilterra.
Ovviamente, secondo Rizzo, a queste misure dovrebbe seguire un cambio di sistema economico, che nazionalizzi i settori chiave dell'economia e ci faccia uscire dal capitalismo.
Misure simili, peraltro, alcuni giorni fa, sono state richieste anche dal Segretario del Partito Comunista della Federazione Russa, Gennady Zjuganov, il quale, oltre a richiedere la nazionalizzazione dei settori strategici dell'economia e altre misure in favore di cittadini meno abbienti e dei lavoratori, ha richiesto una forte tassazione nei confronti dei ricchi oligarchi del suo Paese.
Rizzo, a nome del Partito Comunista, in sostanza, ritiene che questa emergenza sanitaria non deve essere fatta pagare, come sempre, ai più deboli e non deve essere l'ennesima occasione per concentrare il capitale nelle mani di pochi.
Deve invece essere l'occasione per una presa di coscienza da parte dei lavoratori e delle classi meno abbienti della necessità di uscire dal sistema capitalista e di guardare a un nuovo modello di società. Egualitaria, socialista, sovrana.

Luca Bagatin

Riflessione breve sulla libertà (nel mondo della materia)

Mi stupisce tutta questa preoccupazione sulla "perdita della libertà" ai tempi del Covid 19.
Perché, pensavate di essere liberi anche prima ?
Il fatto stesso che ogni nostra necessità dipenda dal danaro, ad esempio, è la dimostrazione che non siamo affatto liberi...anche se ci illudiamo di esserlo.
Posto che non penso sia possibile essere veramente liberi, in un mondo materiale, per tendere alla libertà occorre prima di tutto essere liberi interiormente. E ciò presuppone solitudine assoluta o quasi. Presuppone liberazione da ogni forma di materia.
Una rottura di palle, per la maggior parte delle persone, certo.
Per questo non so nemmeno se la gran parte delle persone, nel mondo materiale, potrebbe davvero sopportare il fatto di essere davvero libera.
Ne ho la consapevolezza ogni giorno di più. Soprattutto quando osservo il fatto che molti si perdono in un nonnulla.

Luca Bagatin

venerdì 17 aprile 2020

Superare la schiavitù del danaro. Sovvertire l'economia

Non nasco ideologicamente comunista. Dai comunisti mi divide l'ateismo, il materialismo e un certo dogmatismo.
Posso definirmi socialista dalla linea dura o nazionalbolscevico (ovvero socialista senza ateismo, materialismo e progressismo).
I comunisti, ad ogni modo, dicono cose di buonsenso, che si avvicinano molto al socialismo autentico e originario. Dicono cose che chiunque, dotato di un minimo di logica, dovrebbe condividere. Dicono "potere a chi lavora", ad esempio.
Non è giusto che chi lavora debba dipendere da qualcuno, ovvero sia salariato da qualcuno.
Chi lavora dovrebbe semplicemente lavorare per il benessere della comunità, della collettività nella quale vive.
Questo è buonsenso, è logica. Il resto, chiamatelo come volete, ma è una forma di schiavitù.
Forse nemmeno i cosiddetti imprenditori ne sono consapevoli. Va bene, allora diciamoglielo. Facciamoglielo notare.
Facciamo notare che il lavoro non deve produrre soldi, ma benessere collettivo. E questo non ha nulla a che vedere con il benessere che danno i soldi.
Il benessere collettivo è fare stare bene le persone che ci stanno attorno. In termini di salute e di socialità.
Non in termini di quantità di beni che possiedono.
Rifletteteci.
Il lavoro non deve essere schiavitù salariata, utile ad arricchire pochi, ma compartecipazione, autogestione, condivisione dei frutti del lavoro medesimo, fra tutti.
E, proprio per questo, il sistema degli interessi sui prestiti, deve essere abolito. Così come il sistema monetario e usuraio.
L'unico interesse possibile dovrebbe essere quello collettivo. L'unica moneta possibile dovrebbe essere quella dell'amore.

Luca Bagatin

Il vecchio che leggeva romanzi d'amore. Omaggio a Luis Sepulveda di Massimiliano Giannocco

Imbevuto della narrazione rigogliosa de “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, mi giunge la terribile notizia della morte di Luis Sepúlveda. Proprio così ! Ero immerso nella lussureggiante pericolosità della foresta pluviale narrata nel suo romanzo del 1989, quando vengo riportato alla dura realtà.
Il grande scrittore cileno, il coraggioso oppositore della violenza di regime e di ogni forma di dittatura, si è arreso al subdolo coronavirus, male che, nello sconcerto della popolazione mondiale, sta rinnovando un forte senso della umana caducità.
Sepúlveda è morto a Oviedo, nelle Asturie, ultima casa di una vita pellegrina, nata in Cile, con parentesi più o meno lunghe in vari paesi dell’America Latina e in URSS, prima di diventare cittadino francese e, infine, stabilirsi nella Spagna dei suoi avi.
Egli aveva idee politiche chiare e per esse lottò, anche nel vero senso della parola, per tutta la vita; per esse subì le torture del regime di Pinochet e, ovunque andò, ebbe l’amore dei lettori senza risparmiarsi le antipatie dei caporali di regime. Giovane comunista, di famiglia anarchica, sostenitore del socialismo di Allende, dovette lasciare la terra natia, oppressa da una violenta dittatura, ma è da ricordare che venne anche cacciato dalla Russia sovietica per comportamenti contrari alla “morale proletaria”, evidentemente perché in sintonia con gruppi dissidenti.
Il suo essere antisistema, soprattutto quando il sistema costringe l’uomo a violare un principio che tanto amava: “vivi e lascia vivere”, lo ha patito sulla sua pelle e lo ha trasmesso nelle mirabili narrazioni, sempre feconde di un mai domo senso di speranza. Leggere “Patagonia express” ha significato per molti l’innamoramento puro e vergine per il Sud America, dove il vivere quotidiano è un policromo murales di personaggi d’avventura e di cultura, di disperazione e riscatto. Il riscatto che Sepúlveda sognava per la sua gente, per le vittime di una politica e di una economica ciniche, imposte dal più forte, a danno dell’ambiente naturale e delle sue ricchezze, queste sì reali e da preservare.
Marxista, agnostico, comprese solo nel tempo, per sua stessa ammissione, il valore etico della letteratura, trasmissibile anche in un noir come “Un nome da torero”.
E di valori è feconda ogni sua opera, anche poetica, come “Poesie senza patria”, in cui è contenuta la celebre “La più bella storia d’amore”, dedicata alla moglie Carmen Yáñez, scrittrice, compagna di una vita e di patimenti politici. Ecco gli ultimi, bellissimi versi:

Che la via più breve
fra due punti
è il giro che li unisce
in un abbraccio sorpreso.

L’abbraccio, che sia d’amore, fraterno, per la terra incontaminata in cui l’uomo combatte e che egli stesso deve proteggere, è il gesto necessario che accompagna verso l’orizzonte utopistico dell’autore. Sepúlveda non è da solo, ma in compagnia di José Antonio Bolívar Proaño, protagonista de “Il vecchio che leggeva romanzi d’amore”, quando scrive nel 2018: “ci sediamo davanti a un fiume d’acqua verde, sulla cui superficie si riflettono i profili verdi della foresta, e perfino il cielo si tinge di quello stesso verde onnipresente”.
Eccolo di nuovo, l’abbraccio fraterno, quello che il grande scrittore cileno avrebbe voluto per il mondo, per la sua amata America Latina, così sofferente eppure meravigliosamente viva.

Massimiliano Giannocco

mercoledì 15 aprile 2020

Coronavirus. Accademici e attivisti statunitensi denunciano le sanzioni USA. Maduro si appella ai popoli del mondo. Articolo di Luca Bagatin

Nonostante l'emergenza sanitaria, le sanzioni USA e dei suoi alleati (compresa l'UE) a Paesi quali Cuba (i cui medici stanno peraltro aiutando Paesi europei quali Italia e Francia), il Venezuela, la Siria, lo Zimbebwe e l'Iran, proseguono indisturbate.
Su questo sono di recente intervenuti autorevoli personalità del mondo accademico statunitense (fra i quali Noam Chomsky), nonché esponenti di associazioni per la pace e i diritti civili, attraverso una lettera aperta al governo degli Stati Uniti d'America e al Segretario Generale delle Nazioni Unite.
La lettera è la seguente, con tanto di firme complete in calce:

Cari amici di pace, giustizia e diritti umani nel mondo,

La diffusione globale di COVID-19 ha messo in luce la pratica illegale e immorale di imporre misure coercitive unilaterali (sanzioni economiche) da parte del governo degli Stati Uniti contro più di trenta nazioni. La guerra economica contro quelle nazioni aveva già provocato inimmaginabili sofferenze della gente nelle nazioni bersaglio anche prima della pandemia di COVID-19.
Con la devastazione della pandemia globale, i Paesi presi di mira - in particolare Venezuela, Cuba, Iran, Siria e Zimbabwe - trovano proibizionalmente difficile proteggere e salvare la vita dei loro cittadini di fronte all'attuale emergenza globale. Queste sanzioni costituiscono crimini contro l'umanità.
Invece di aiutare questi Paesi a combattere gli effetti devastanti della pandemia COVID-19, il governo degli Stati Uniti sta ora usando la distrazione pubblica causata dalla pandemia per intensificare le sue azioni militari contro le nazioni colpite. Sta aumentando le sue minacce contro l'Iran e la Siria impegnandosi nuovamente in un silenzioso accumulo delle sue forze militari in Iraq, e ha inviato le sue navi da guerra navali sulle coste del Venezuela, chiedendo la resa totale del governo venezuelano negli Stati Uniti.
Solo un'ondata globale di protesta popolare può fermare queste politiche e azioni anti-umane.
Si prega di utilizzare il link fornito di seguito per firmare la lettera aperta al governo degli Stati Uniti e delle Nazioni Unite, indirizzata al presidente degli Stati Uniti e al segretario generale delle Nazioni Unite, chiedendo che tutte le sanzioni statunitensi e delle Nazioni Unite contro le nazioni designate essere revocato, e tutte le minacce e le azioni militari statunitensi contro di loro saranno immediatamente fermate.
Abbiamo a che fare con un'emergenza globale e dobbiamo agire rapidamente.
Le sanzioni uccidono !

Tim Anderson, Centre for Counter Hegemonic Studies
Noam Chomsky, Professor Emeritus, MIT; Professor, U. of Arizona
Gerald Horne, Historian, University of Houston, Texas
Vijay Prashad, Tricontinental Institute for Social Research
Cornel West, Harvard University
Iraklis Tsavdaridis, World Peace Council
Bahman Azad, U.S. Peace Council
Ajamu Baraka, Black Alliance for Peace
Medea Benjamin, CODEPINK
Jackie Cabasso, United for Peace and Justice
Nathaniel Chase, International Action Center
Omowale Clay, December 12th Movement
Gerry Condon, Veterans for Peace
Darien De Lu, Women’s International League for Peace and Freedom — US Section
Sara Flounders, International Action Center
Miguel Figueroa, Canadian Peace Congress
Margaret Flowers, Popular Resistance
Bruce Gagnon, Global Network Against Weapons & Nuclear Power in Space
Roger Harris, Task Force on the Americas
Chuck Kaufman, Alliance for Global Justice
Margaret Kimberley, Black Agenda Report
Joe Lombardo, United National Antiwar Coalition
Alfred Marder, U.S. Peace Council
Makasi Motema, People’s Power Assemblies NYC
Teri Mattson, CODEPINK
Nancy Price, Alliance for Democracy (US)
Cindy Sheehan, March on the Pentagon
David Swanson, World BEYOND War
Emily Thomas, IFCO Pastors for Peace
Gail Walker, IFCO: Pastors for Peace
Yasemin Zahra, US Labor Against the War
Kevin Zeese, Popular Resistance.

Sulla medesima questione, alla fine del mese scorso, il Presidente socialista del Venezuela, Nicolas Maduro, aveva redatto un appello indirizzato ai Popoli del mondo.
Il Presidente Maduro, nel suo appello, denuncia in particolare “i gravi fatti che si stanno commettendo contro la Pace e la stabilità del Venezuela, proprio nel momento in cui la preoccupazione degli Stati e dei Governi dovrebbe essere focalizzata alla protezione della vita e della salute dei propri cittadini, in seguito all’espandersi della pandemia del Covid-19”. Facendo in particolare riferimento al fatto che “lo scorso 26 di marzo il Governo degli Stati Uniti ha annunciato un’azione gravissima nei confronti di un gruppo di alti funzionari dello Stato venezuelano, includendo la mia persona in qualità di Presidente Costituzionale della Repubblica Bolivariana del Venezuela”.
Riferendosi con ciò all'accusa infondata, da parte del governo USA, di narcotraffico e terrorismo da parte del governo venezuelano.
Maduro, in tal senso, prosegue: “Giusto il giorno precedente, il 25 di marzo, la Repubblica Bolivariana del Venezuela ha denunciato all’opinione pubblica nazionale ed internazionale, l’organizzazione in territorio colombiano di un’operazione che aveva l’obiettivo di assassinare il Presidente della Repubblica, i suoi famigliari e alti funzionari dello Stato; così come quello di attaccare obiettivi civili e militari nel nostro Paese; indicando il signor Clìver Alcalà, un generale in pensione delle forze armate venezuelane, come capo militare di questa operazione. Detta denuncia è stata fatta con piena responsabilità, dopo che il 24 marzo è venuto alla luce che nel nord della Colombia, nei pressi del confine venezuelano, la polizia colombiana ha eseguito il sequestro di un lotto di armi da guerra che erano ubicate all’interno di un veicolo civile. Le indagini hanno rivelato che si trattava di un sofisticato arsenale destinato ad un gruppo formato da ex militari venezuelani e da paramilitari colombiani, che si addestrano in campi ubicati nel territorio della Colombia. Il 26 di marzo, il suddetto Clìver Alcalà, dalla sua residenza nella città di Barranquilla in Colombia, ha rilasciato una dichiarazione ad una radio colombiana in cui confermava la sua partecipazione ai fatti denunciati, confessando di essere il leader militare dell’operazione e rivelando che le armi sono state acquisite su ordine del signor Juan Guaidò, deputato nazionale, che si fa definire Presidente ad interim del Venezuela e che agisce nel Paese come emissario di Washington. Ha anche confermato che l’armamento serviva per realizzare un’operazione militare per assassinare alte personalità dello Stato e del Governo venezuelano con il fine di indurre ad un colpo di stato in Venezuela. Il signor Alcalà ha chiarito che le armi sono state acquisite attraverso un contratto firmato da lui, dal signor Juan Guidò, da consulenti statunitensi e dal signor Juan Josè Rendòn, consigliere politico del Presidente colombiano Ivàn Duque e che è stato realizzato con la compiacenza delle autorità del Governo colombiano. Prima di questa confessione, l’insolita risposta del Governo statunitense è stata la pubblicazione delle accuse menzionate all’inizio di questa lettera, con la stravagante inclusione del nome del signor Alcalà, come se facesse parte delle autorità del Venezuela e non invece un mercenario a contratto dagli Stati Uniti per portare a termine un’operazione terroristica contro il Governo venezuelano. Per dimostrare questa affermazione non ho bisogno di altre prove, se non menzionare la supposta cattura del signor Alcalà da parte delle forze di sicurezza colombiane e la sua immediata consegna alle autorità della DEA statunitense, in un curioso atto nel quale il “reo confesso”, senza manette salutava stringendo le mani dei suoi “aguzzini”, giusto ai piedi della scaletta dell’aereo che lo avrebbe portato negli Stati Uniti con un volo speciale VIP. In realtà ciò dimostra che tutta questa montatura altro non è che il riscatto di colui che viene considerato un agente al servizio degli Stati Uniti. Va sottolineato che la fallita operazione armata è stata originariamente preparata per essere effettuata alla fine di marzo, mentre tutto il Venezuela sta combattendo contro la pandemia del Covid-19. Questa è giustamente la principale battaglia che attualmente preoccupa l’umanità. Una battaglia che la nostra Nazione sta conducendo con esito positivo, riuscendo a fermare la curva del contagio con un basso numero di casi positivi e di decessi, avendo rafforzato la prevenzione sanitaria e mantenendo la popolazione in uno stato di quarantena di massa”.
Egli fa dunque presente che: “Il Governo degli Stati Uniti, invece di focalizzarsi sulle politiche di cooperazione mondiale in materia di salute durante la pandemia, sta inasprendo le misure coercitive unilaterali e sta rigettando le richieste della Comunità Internazionale che chiede la revoca o una maggiore flessibilità delle sanzioni illegali che impediscono al Venezuela di aver accesso a medicinali, equipaggiamenti medici ed alimenti. Allo stesso tempo il Governo degli USA sta impedendo che si possano effettuare voli umanitari dagli Stati Uniti al Venezuela, per poter rimpatriare centinaia di Venezuelani intrappolati nella crisi economica e sanitaria che sta vivendo il Paese del Nord.”
E facendo appello alla Carta delle Nazioni Unite ha dichiarato: “Dobbiamo tutti attaccarci ai principi della Carta delle Nazioni Unite, come quelli del diritto all’autodeterminazione, alla sovranità, alla Pace e all’ indipendenza dei Popoli, per evitare che l’unilateralismo smisurato ci porti al caos internazionale” (…) “Nessuna aggressione imperialista, per feroce che sia, devierà il cammino sovrano e indipendente che abbiamo forgiato da 200 anni, come non rifuggiremo dall’obbligo sacro di preservare la vita e la salute del nostro Popolo di fronte alla spaventosa pandemia mondiale del Covid-19”.
Esprimento poi solidarietà a tutti i popoli del mondo che stanno affrontando questa terribile emergenza sanitaria, il Presidente Maduro conclude denunciando i modelli politici e economici fondati sull'egoismo: “I modelli politici ed economici che sostengono l’egoismo e l’individualismo hanno dimostrato il loro totale fallimento nell’affrontare questa situazione. Avanziamo con fermezza verso un nuovo Mondo di giustizia e uguaglianza sociale, dove la felicità e la pienezza dell’essere umano siano al centro delle nostre azioni. Ringrazio per la solidarietà permanente che avete espresso verso il mio Paese e il mio Popolo, denunciando il blocco criminale di cui noi siamo oggetto, tanto quanto lo sono molte altre Nazioni. Ne approfitto per reiterarvi il mio rispetto, il mio affetto e ad invitarvi affinché continuiamo ad arare uniti un futuro di speranza e dignità”.
Proprio in questi giorni, il governo venezuelano, attraverso colloqui telefonici con il Presidente cinese Xi Jinping e quello iraniano Rohani, ha ricevuto ulteriori attestati di cooperazione e di rafforzamento dei rapporti, anche nella lotta al Coronavirus.

Luca Bagatin

lunedì 13 aprile 2020

Cuba, Venezuela, Cina, Russia: come i socialisti di questi Paesi lottano contro il Coronavirus. Articolo di Luca Bagatin

Brigata medica cubana a Torino
Epidemiologi, anestesisti, rianimatori, infermieri specializzati in terapia intensiva. 38 in tutto, ovvero 21 medici e 16 infermieri. Questa la nuova brigata “Henry Reeve” inviata da Cuba e arrivata a Torino per supportare, gratuitamente, il Piemonte nella lotta al Coronavirus.
Il personale medico appartiene alla stessa brigata già arrivata il mese scorso in Lombardia ed è stata richiesta – attraverso l'Ambasciata di Cuba in Italia - dal Presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio.
Ancora una volta, nonostante l'embargo imposto a Cuba dal governo degli USA e dall'Unione Europea, il governo socialista cubano tende una mano al prossimo.
Come la stessa brigata cubana fece in Africa - per affrontare l'emergenza Ebola – e negli USA, in occasione dell'uragano Katrina, ovvero proprio quando la “Henry Reeve” fu costituita.
E pensare che Cuba, che pur ha avuto pochissimi casi di Covid 19, è ancora oggi vessata dal governo di Trump, il quale ha di recente bloccato gli aiuti provenienti dalla società cinese Alibaba all'isola e ad altri Paesi latinoamericani, consistenti in mascherine, respiratori e reagenti diagnostici.
Esattamente come gli USA stanno creando ulteriori problemi al governo socialista venezuelano.
Proprio su questo è intervenuto il Presidente cinese Xi Jinping, il quale si è ulteriormente opposto ad ogni tipo di interferenza straniera negli affari interni del Venezuela, sostenendo la sovranità e l'autodeterminazione dei popoli.
Xi Jinping, che ha di recente avuto un colloquio telefonico con il Presidente venezuelano Nicolas Maduro, ha riaffermato infatti il rapporto di solidarierà e cooperazione fra i due Paesi, in particolare in questo periodo di emergenza sanitaria. Il Presidente Maduro, da parte sua, ha ringraziato il suo omologo cinese per gli aiuti medico sanitari ricevuti.
Maduro e Xi Jinping
Il governo venezuelano ha peraltro prorogato la quarantena sociale per altri trenta giorni e confermato che attualmente le persone contagiate nel Paese sono 175 di cui 9 decedute.
In Russia, invece, il numero dei contagi aumenta (oltre 2500 nuovi casi nelle ultime 24 ore, arrivando a 18.300).
Su questo è intervenuto il Segretario del Partito Comunista della Federazione Russa – maggior partito di opposizione – Gennady Zjuganov, esprimendo le sue condoglianze alle famiglie colpite dalla diffusione del virus.
Oltre a ciò, ha fatto presente come attraverso tale emergenza il sistema capitalista subisca una ulteriore schiacciante sconfitta. Come il capitalismo non sia in grado di reggere l'urto di emergenze di tale portata.
In Russia egli denuncia in particolare l'ulteriore diminuzione dei redditi dei cittadini e il rischio di un aumento esponenziale della disoccupazione.
E' per tali ragioni che egli ritiene necessario un recupero dell'esperienza leninista dell'Unione Sovietica e della Repubblica Popolare Cinese.
Gennady Zjuganov
In un comunicato, pubblicato sul suo sito web ufficiale, il Partito Comunista russo rilancia dunque una serie di provvedimenti, ovvero: la necessità di nazionalizzare i settori stretegici dell'economia, ad iniziare dal sistema bancario, al fine di rilanciare la sovranità nazionale della Russia e liberarsi dall'influenza del capitale straniero; la necessità di regolamentare prezzi e tariffe, al fine di ridurre i costi di produzione e sostenere il potere d'acquisto dei cittadini; il rilancio della sanità pubblica, modernizzata e il supporto al personale medico e infermieristico, in particolare in questo periodo di emergenza sanitaria; la necessità di sostenere economicamente i cittadini di fronte al calo dei redditi (in particolare poveri, anziani, bambini e madri); la necessità di rilanciare il comparto agricolo/rurale e sostenere gli agricoltori russi, in particolare in questo periodo emergenziale.
Tutte risorse che il Partito Comunista ritiene essere reperibili attraverso una forte tassazione ai ricchi oligarchi, che negli anni hanno accumulato danaro, ancora oggi toccati marginalmente dal governo Putin.
I comunisti guidati da Zjuganov, in sostanza, rilanciano il loro programma politico di sempre e ritengono che le loro ricette siano prioritarie proprio in questo periodo, in quanto l'emergenza Coronavirus ha solo evidenziato le problematiche di un Paese che deve essere rilanciato e radicalmente riformato.

Luca Bagatin

giovedì 9 aprile 2020

Frammenti di Limonov, scrittore e politico dissidente

Interessante video intervista in francese a Eduard Limonov, nel 1986, a Parigi.
Limonov si definisce "comunista indipendente", "scrittore dissidente". Non ama né il regime sovietico né quello yankee. Non ama né il KGB, né la CIA.
E aggiunge, ridendo: "Ci sono un sacco di altre cose che non amo"


Eduard Limonov, nel maggio 2019, a Parigi, per sostenere le rivendicazioni dei Gilet Gialli, contro il totalitarismo liberale di Macron


mercoledì 8 aprile 2020

Ecuador. Ex Premier Rafael Correa condannato per presunta corruzione. Continuano le persecuzioni giudiziarie contro il socialismo. Articolo di Luca Bagatin

La liquidazione per via giudiziaria del socialismo democratico e autentico non ha colpito solo l'Italia negli Anni '90, con quella che Bettino Craxi definì “falsa rivoluzione di Tangentopoli”, il Brasile di Lula, l'Argentina di Cristina Kirchner, la Bolivia di Morales, ma da tempo anche l'Ecuador guidato – sino al 2017 - dall'economista socialista Rafael Correa.
Rafael Correa, già Presidente dell'Ecuador dal 2007 al 2017, è stato infatti condannato a 8 anni di reclusione per presunta “corruzione aggravata”, in concorso con il suo già Vicepresidente Jorge Glas, che dal 4 ottobre 2017 sconta una condanna in carcere, nonostante le sue precarie condizioni di salute e le numerose irregolarità nel processo.
Secondo i giudici che hanno emesso la condanna, Iván León, Marco Rodríguez e Iván Saquicela, l'ex Premier ecuadoriano sarebbe colpevole di “corruzione aggravata” - dal 2012 al 2016 - per finanziamento al suo partito, Alianza Pais, in cambio di tangenti per agevolare impreditori ecuadoriani.
Oltre alla condanna a 8 anni, a Correa sarebbe impedito di partecipare ad elezioni politiche in Ecuador per 25 anni.
Correa, che da alcuni anni è rifugiato in Belgio quale esule politico, ha dichiarato: “Non imparano dalla storia. Non hanno capito nulla di Lula, Cristina, Evo. Certo, con questa persecuzione hanno fatto un danno a breve termine ! Ma a lungo termine ci rendono solo invincibili. Non saranno in grado di cambiare il corso della storia. Resisteremo e vinceremo !”, annunciando che intenderà portare il suo caso davanti ai tribunali internazionali, sicuro di vincere.
Correa punta il dito ancora una volta contro l'attuale Presidente dell'Ecuador, Lenin Moreno che – eletto nelle liste di Alianza Pais – ha tradito il suo mandato elettorale portando il partito su posizioni liberal capitaliste, distuggendo ogni conquista sociale precedente e avviando una persecuzione politica e giudiziaria contro i suoi ex compagni di partito: da Correa a Jorge Glas, sino a Ricardo Patiño, ex Ministro degli Esteri di Correa. Quest'ultimo è infatti esule in Perù, nel momento in cui fu emessa contro di lui una sentenza per “istigazione alla protesta”, dopo che invitò “Revolucion Ciudadana”, ovvero il nuovo partito socialista costituito da ex sostenitori di Correa, a schierarsi contro il governo di Lenin Moreno.
E proprio Patiño, dal suo account Twitter, a seguito della condanna di Correa e della crisi che l'Ecuador sta vivendo, aggravata dall'emergenza Covid 19, ha scritto: “L'Ecuador sta attraversando una crisi umanitaria senza precedenti. Tuttavia, la persecuzione non si ferma poiché temono che Rafael Correa e la ‘revolución ciudadana’ vincano nuovamente nelle urne. Basta con gli abusi”.
L'Ecuador, oltre ad essere in piena crisi sanitaria (con morti lasciati addirittura in strada), avendo distrutto ogni conquista sanitaria, sociale e civile raggiunta negli anni precedenti, fu preda di violente proteste antigovernative nei mesi scorsi, dopo che il governo di Moreno varò un piano di austerità imposto dal Fondo Monetario Internazionale in cambio di un credito di 4,2 miliardi di dollari.
I governi di Rafael Correa, in dieci anni, non solo erano riusciti a liberarsi dalla nefasta influenza del Fondo Monetario Internazionale, ma avevano drasticamente ridotto povertà, sottosviluppo e analfabetismo, avviando un sistema economico-sociale definito “Buen Vivir”, comunitario e ispirato alla vita semplice tipica dei popoli andini indigeni. Correa era inoltre riuscito ad approvare una riforma costituzionale inclusiva, che prevedeva – fra le altre cose - il diritto all'istruzione ed alla sanità pubblica e gratuita per tutti, i diritti di cittadinanza, il riconoscimento delle unioni di fatto.
Oltre a ciò – aspetto tutt'altro che da sottovalutare - fu grazie a Correa se a Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, fu concessa l'immunità diplomatica, garantendogli ospitalità presso l'Ambasciata ecuadoriana di Londra, per sette anni, sino a che il Presidente Lenin Moreno non decise di consegnarlo alle autorità britanniche.
L'Ecuador fa quindi ulteriori passi indietro. La persecuzione giudiziaria e dei poteri liberal capitalisti internazionali, contro il socialismo e le sue conquiste, avanzano drammaticamente.

Luca Bagatin

sabato 4 aprile 2020

Riflessione breve ai tempi del Covid 19

Direi che il termine "democratura" calza molto bene alle cosiddette liberal democrazie europee e a stelle e strisce. Realtà nelle quali i popoli sono del tutto esclusi dalla reale partecipazione democratica.
Realtà che sanzionano ancora – anche in piena emergenza sanitaria - Paesi sovrani, solo perché socialisti, oppure perché diversi (pensiamo al Venezuela e a Cuba, ad esempio, oppure alla Russia).
Realtà liberal caapitaliste che non aiutano i rispettivi popoli, ma propongono prestiti con interessi e con vincoli che dovranno poi essere rispettati (pensiamo al MES). Che è come se chiedessimo aiuto a un amico e questo ci dicesse “sì, va bene, a patto che... E con gli interessi, eh !”. Ma allora, che amico è ? Un amico vero ti aiuta e non ti chiede nulla in cambio. Nulla. Soprattutto non ti chiede nessun interesse. Perché un amico vero ti aiuta disinteressatamente.
Mi dispiace che chi chiede l'uscita dell'Italia, o della Francia o della Spagna o della Grecia, dall'Unione Europea, non comprenda che tale ente non democratico va chiuso.
Il prima possibile.
Non è sufficiente uscirne. Bisogna impedirne ogni ulteriore atto nefasto in politica ed economia.
Mi dispiace che non si comprenda che occorre radicalmente sovvertire politica e economia.
Tornando al baratto, a forme di cooperazione di base fra le persone, all'autogestione nel lavoro e nelle decisioni e a forme di economia del dono. A forme di autoproduzione, di agricoltura a chilometro zero. Senza mai più inquinare. Senza più distruggere la Natura.
Mi dispiace, perché significa che non abbiamo capito che ciò che stiamo patendo può diventare una occasione di crescita interiore. Spirituale, morale, intellettuale, ecologica.
E mi dispiace perché, sia detto per inciso, siamo davvero nella merda. E la colpa è del nostro ego e della nostra bramosia di benessere materiale.

Luca Bagatin

venerdì 3 aprile 2020

Turchia. Muore la cantante Helin Bölek, dopo 288 giorni di sciopero della fame contro l'autoritarismo del governo Erdogan. Articolo di Luca Bagatin

Helin Bölek, 28 anni, cantante solista del gruppo musicale turco Grup Yorum, è deceduta dopo 288 giorni di sciopero della fame, come annunciato dal profilo Twitter della band.
Lo sciopero della fame della cantante e dei componenti della band, era iniziato per chiedere al governo il rilascio dei membri del suo gruppo; per chiedere la fine delle incursioni della polizia contro il Centro Culturale İdil di Okmeydanı, Istanbul; per eliminare il divieto dei concerti di Grup Yorum (banditi per quasi tre anni) ed eliminare le cause penali intentate contro i componenti della band.
Grup Yorum, gruppo musicale rock folk turco, fondato nel 1985, si è sempre contraddistinto per i suoi testi socialmente impegnati, ispirati al gruppo musicale cileno Inti-Illimani.
Di ispirazione socialista, Grup Yorum sono da sempre perseguitati dal governo turco, i loro album sequestrati, i loro membri arrestati e torturati. Accusati peraltro dal governo, senza alcuna prova, di appartenere al Fronte Rivoluzionario di Liberazione Popolare, considerato organizzazione terroristica.
Helin Bölek fu arrestata nel 2016 e rilasciata dopo due anni di prigione, accusata di resistenza alla polizia e di essere componente di una organizzazione terroristica.
Assieme ad Helin Bölek, anche gli altri musicisti, Bahar Kurt, Barış Yüksel, İbrahim Gökçek e Ali Aracı, hanno iniziato uno sciopero della fame ad oltranza, il 17 maggio 2019.
All'udienza tenutasi a Istanbul Çağlayan Courthouse il 20 novembre 2019, erano stati rilasciati due membri del gruppo, Bahar Kurt ed Helin Bölek, che erano stati processati per presunta "appartenenza a un'organizzazione terroristica".
Ibrahim Gokcek, altro componente della band, è al suo 291 giorno di sciopero della fame e anche lui sta rischiando la vita in questa lotta nonviolenta per il rispetto dei diritti civili e umani fondamentali, negati dal governo autoritario di Erdogan.

Luca Bagatin

giovedì 2 aprile 2020

Covid 19: cambiare noi stessi e il mondo o perire. Articolo di Luca Bagatin

Nonostante i morti aumentino, nonostante il numero dei contagi – nel mondo - continui ad essere alto, sembra quasi che non abbiamo compreso nulla.
Sembra che continuiamo a vivere nel nostro egoismo, nel nostro individualismo, nella nostra psicosi.
Critichiamo se la gente esce di casa, ma non pensiamo di dare una mano al nostro prossimo.
Critichiamo le misure restrittive delle autorità sanitarie e le accusiamo ingiustamente di “attentare alla nostra libertà”, ma non comprendiamo che libertà è responsabilità nei confronti del nostro prossimo, ovvero di tutti quanti.
Temiamo di perdere il nostro danaro, ma non pensiamo che possa esistere un modo diverso di far andare avanti le cose. Superando il capitalismo, il globalismo, la dittatura del danaro e dell'economia.
Un modo diverso di far andare avanti le cose tornando ad esempio a forme di cooperazione lavorativa ed al baratto. Ad una economia fondata sul dono, come nelle società arcaiche e matriarcali, che hanno rifiutato l'insana modernità e l'ideologia del progresso.
Una modernità, una ideologia del progresso e della crescita economica illimitata che ha generato: inquinamento atmosferico, egoismo, individialismo, arricchimento di pochi a danno di molti, sviluppo materiale insostenibile a danno dell'ecosistema, dispersione di risorse, guerre, violenze di ogni genere...
Una società malata, che corre e che oggi, finalmente, è comunque costretta a farmarsi.
Ma, anziché fermarsi a riflettere, a curare la propria interiorità, le proprie passioni, i propri interessi artistici e spirituali, nelle proprie case, preferisce lanciare accuse. Alimentare inutili violenze. Domestiche, pubbliche...
Non abbiamo davvero capito niente, allora !
Il Papa dei cattolici, Francesco, qualche giorno fa ha fatto presente che: “Pensavamo di rimanere sani in un mondo malato”. E ha anche detto: “Avidi di guadagno, ci siamo lasciati assorbire dalle cose e frastornare dalla fretta. Non ci siamo fermati davanti ai tuoi richiami, non ci siamo ridestati di fronte a guerre e ingiustizie planetarie, non abbiamo ascoltato il grido dei poveri, e del nostro pianeta gravemente malato”.
Ora, si può anche non essere cattolici, come chi vi scrive in questo momento. Ma il Papa dei cattolici ha detto cose vere. Semplici e vere. Che basterebbe interiorizzare e mettere in pratica.
E' per questo che occorre – in tutto il mondo, in particolare nel Primo Mondo industrializzato - cambiare o perire. Sovvertire le regole dell'economia. Abolire il sistema del mercato, degli interessi sui prestiti, della moneta quale mezzo di scambio. Abolire le teconologie pericolose per la salute e mettere al bando armi e armamenti.
Tornare a forme antiche di cooperazione, di autogestione del lavoro, di baratto. Di scambio fra persone eguali. Nessuno più dovrebbe essere ricco né povero. Tutti dovrebbero avere di che vivere.
E sarebbe opportuno che questa “quarantena” - come la chiamano molti – che stiamo vivendo, ci aiuti a comprendere che dobbiamo consumare meno (non ingozzarci, come fanno in troppi in questi giorni). Imparare a vivere con lo stretto necessario. E gioire dello stretto necessario che abbiamo.
Chiedere, pretendere e costruire, invece, più servizi sociali, sanitari, assistenziali per le persone più bisognose.
Superare l'insana ideologia dell'arricchimento personale, del produttivismo ad ogni costo, della competizione.
Le persone non sono nate per mettersi in competizione, ma per collaborare e aiutarsi a vicenda. Perché la vita è dura per tutti. Ed è una sfida che tutti assieme dobbiamo vincere. Altrimenti siamo già morti.
Morti.
Meno industrie inquinanti aperte significa più salute e meno inquinamento. Questo nemmeno Greta Thunberg lo aveva detto. Ma lo stiamo sperimentando. E così meno automobili e mezzi inquinanti in giro.
E laddove c'è troppo inquinamento ci sarà sempre maggiore rischio di contrarre virus mortali come il Covid 19.
Occorre puntare ad una economia di autoproduzione, a chilometro zero. Lavorare meno e il più possibile vicino a casa. Lavorare non per uno stipendio, ma per migliorare la comunità nella quale viviamo. Cooperando, barattando beni e servizi, senza mai più sfruttare il prossimo, il suo lavoro, la sua mente, il suo corpo. Solo condividendo intelligenza, forza lavoro, capacità di collaborazione.
Tutto ciò potrà apparire come utopia, in questo Primo Mondo industrializzato malato (moralmente, spiritualmente, ideologicamente, economicamente). In questo mondo liberal capitalista che confonde la libertà con il benessere materiale e con la possibilità di girare il mondo.
Che non comprende che laddove la cooperazione e il socialismo autentico hanno attecchito - particolarmente nel Terzo Mondo latinoamericano, asiatico o africano - là attecchisce la vera democrazia, la vera libertà, il vero senso di comunità e di solidarietà fra le genti.
In questo periodo abbiamo avuto grande senso di comunità e di solidarietà da parte di Paesi come Cuba, il Vietnam, l'Albania, la Cina. Paesi storicamente poveri già di ispirazione socialista.
Non l'abbiamo avuta da parte dei Paesi cosiddetti avanzati, nordici, bianchi. Paesi che ancora non hanno compreso la loro malattia interiore e la malattia che sta colpendo il mondo in questo momento storico.
Occorrerà, dunque, iniziare a mettere al bando il benessere materiale. Occorrerà ricostruire e ripensare il mondo. Iniziando da noi stessi.

Luca Bagatin