lunedì 29 gennaio 2024

Ciao Sandra! Articolo di Luca Bagatin

 

Sandra Milo è volata via.

Artista, attrice, volto noto in tutto il mondo, che a 90 anni non aveva mai smesso di lavorare, se pensiamo che partecipò a due edizioni del programma televisivo “on the road” (tutt'ora in onda sul Canale 8) “Quelle Brave Ragazze”, assieme a Mara Maionchi, Orietta Berti e Marisa Laurito, viaggiando dall'Italia alla Spagna, passando per la Francia e il Marocco! E che a 77 anni partecipò a una edizione del più estremo dei reality show, ovvero l'”Isola dei Famosi”.

Sandra Milo, musa svampita e sensuale di Federico Fellini; attivista socialista della prima ora, prima accanto a Pietro Nenni e successivamente partecipando alle campagne elettorali di Bettino Craxi, che fu anche un suo grande amore. In un'intervista a “Novella 2000”, dei suoi ideali socialisti rivelò: “A 12 anni leggevo Marx, Engels, Lenin, Proudhon…mi volevo costruire una coscienza sociale ed ero molto attratta dall’idea socialista. Andavo ai comizi, di Togliatti, di Nenni. Bettino, era il pupillo di Nenni, ed era un uomo molto affascinante, molto seduttivo, con una voce fantastica”.

Sempre controcorrente, oltre il politicamente corretto e contro ogni sciocco bigottismo, si schierò in favore dell'eutanasia, partecipando anche al film del mio caro amico Cesare Lanza, “La perfezionista”, nel 2009, che trattava proprio di tale scottante tematica e che recensii per primo e con grande trasporto.

Sandra Milo, a 87 anni, nel 2020, arrivò persino a fare lo sciopero della fame e a incatenarsi davanti a Palazzo Chigi, per invitare il governo a provvedere alla crisi del lavoratori del mondo dello spettacolo, a causa della chiusura di cinema e teatri, durante la pandemia.

Personaggio storico, che incarnò – con eleganza e spirito da eterna adolescente - gli eterni valori di amore e libertà, con ironia e con una gioia di vivere che molto ha da insegnare tanto alle nuove, quanto alle passate generazioni.

Luca Bagatin

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Legami più stretti fra Brasile e Cina nel nome di un mondo più aperto e inclusivo. Articolo di Luca Bagatin

 

Brasile, Repubblica Popolare Cinese, doplomazia Vaticana, tre realtà che, negli ultimi due anni, hanno contribuito e stanno contribuendo a gettare acqua sul fuoco di conflitti che hanno avuto origine decenni fa, anziché soffiare sul fuoco dei nazionalismi e dei particolarismi, come spesso qualcun altro ha fatto e sta facendo.

In tale contesto, prosegue la cooperazione che dura da cinquant'anni, in particolare – negli ultimi quindici anni - all'interno dell'alleanza economica denominata BRICS, fra Cina e Brasile.

Lo scorso 19 gennaio, infatti, il ministro degli Esteri cinese Wang Yi ha incontrato il Presidente brasiliano Luiz Inacio Lula da Silva, a Fortaleza, in Brasile.

Il Ministro Wang ha apprezzato le posizioni del Brasile relativamente al principio dell'unica Cina e, anche a nome del Presidente Xi Jinping, ha sostenuto il Brasile nell'accelerare il suo sviluppo sociale ed economico, invitandolo inoltre ad approfondire la comunicazione strategica e le relative nuove prospettive in ambito geopolitico.

Il Ministro Wang ha altresì auspicato la possibilità di rafforzare i rapporti fra i due Paesi, oltre che con tutta la Comunità degli Stati Latinoamericani e Caraibici (CELAC) ed il Mercosur (Mercato comune del Sud), nel solco della “modernizzazione e della promozione di un ordine internazionale giusto e ragionevole”.

Il Presidente socialista Lula, da parte sua, oltre ad aver trasmesso i suoi saluti al Presidente Xi, si è detto impaziente nel voler rafforzare gli scambi ad alto livello fra i due Paesi, rafforzando altresì la partnership strategica globale.

Il Presidente Lula si è detto, in particolare, entusiasta di imparare dell'asperienza cinese nell'ambito della governance globale, aggiungendo che le imprese cinesi sono le benvenute per quanto riguardano gli investimenti in Brasile.

Il Ministro cinese Wang ha, infine, incontrato il Vicepresidente brasiliano Geraldo Alckmin e il consigliere capo della presidenza del Brasile Celso Amorim, oltre che il Ministro degli Esteri brasiliano Mauro Vieira.

Tutte le parti hanno convenuto che occorre lavorare per costruire “un mondo aperto, inclusivo, pulito e bello che goda di una pace duratura e della sicurezza per tutti i cittadini del Pianeta”.

Luca Bagatin

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domenica 28 gennaio 2024

Il ruolo dei Brics nella risposta alle sfide internazionali rafforzando la governance globale. Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori

 Il ruolo dei Brics nella risposta alle sfide internazionali rafforzando la governance globale. 

Articolo del prof. Giancarlo Elia Valori

Honorable de l’Académie des Sciences de l’Institut de France

Honorary Professor at the Peking University 

 Gennaio 2024

Costruire un partenariato BRICS più completo, più stretto, pragmatico e inclusivo è inteso a raggiungere uno sviluppo globale più forte, più verde e più sano. Attualmente, la situazione internazionale è complessa e grave, e la ripresa dell’economia mondiale è piena di incertezze. 

In quanto importante meccanismo di cooperazione tra mercati emergenti e Paesi in via di sviluppo, i BRICS sono diventati la chiave per favorire la crescita economica mondiale, promuovendo la riforma del sistema di governance e il mantenimento della pace e della stabilità internazionale.

David Monyaei, dell’Università di Johannesburg della Repubblica Sudafricana, auspica che i Paesi BRICS utilizzino la loro crescente fiducia politica reciproca, la complementarità economica e il vasto mercato per “aiutare la ripresa dell’economia mondiale nell’era del post-epidemia e promuovere l’ordine politico ed economico internazionale, in maniera da svilupparsi in una direzione più giusta e ragionevole”.

Paulo Robert, assistente presso il Centro di ricerca politica BRICS in Brasile, ha affermato che dall’istituzione del meccanismo di cooperazione BRICS, i risultati sono stati continuamente implementati e i campi sono stati estesi per la cooperazione nei settori dell’agricoltura, della scienza e della tecnologia e dell’energia; e la promozione della cooperazione BRICS continua a ottenere nuovi risultati.

L’odierno sviluppo globale si trova ad affrontare una situazione grave e i BRICS diventeranno un’importante piattaforma per unire gli sforzi e il brainstorming, che contribuirà a migliorare il meccanismo di cooperazione, a far uscire l’economia mondiale dalle difficoltà e ad aprire una nuova era di sviluppo.

I BRICS sono tutti importanti Paesi in via di sviluppo nelle loro regioni, e rappresentano una forza trascinante che non può essere ignorata nell’economia mondiale, guidando la crescita economica e commerciale regionale e internazionale. Vi sono ardenti speranze di rafforzare la cooperazione tra i Paesi BRICS, in maniera da aderire al vantaggio reciproco e ai conseguenti risultati per tutti; rafforzare la cooperazione economica; ed espandere il commercio e gli investimenti nell’innovazione tecnologica, nell’ambiente verde a basso tasso carbonio e in altri campi.

Il rafforzamento dell’unità e della cooperazione tra i Paesi BRICS darà maggiore slancio allo sviluppo nella comunità internazionale. Infatti il meccanismo di cooperazione BRICS risponde alle aspettative dei Paesi con mercati emergenti e dei Paesi in via di sviluppo per promuovere la pace e lo sviluppo nel mondo e creare un futuro migliore.

I Paesi BRICS – come ricordato in miei precedenti articoli – sono una forza decisiva sulla scena internazionale e hanno la capacità di guidare la situazione globale dell’economia per uscire dalla nebbia dell’incertezza e infondere fiducia nell’economia mondiale.

I BRICS sono fondamentali per accelerare l’attuazione dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite per lo sviluppo sostenibile, promuovere costantemente l’attuazione d’importanti iniziative e costruire congiuntamente una comunità atta a questi propositi. Elevare la cooperazione BRICS a un livello più alto è un passo che si attende con impazienza, e i membri originari e nuovi discutono pienamente, rafforzano il coordinamento e promuovono la cooperazione in molti campi come la finanza, l’economia e il commercio, l’innovazione scientifica e tecnologica, la prevenzione delle malattie infettive e il loro controllo.

Attualmente, la ripresa economica globale è fragile e debole, il divario di sviluppo si sta ampliando e sfide come il cambiamento climatico e la governance digitale sono gravi tali da indurre la comunità internazionale ad affrontare le sfide reali.

Marcos Deoli, redattore capo del brasiliano «Business Herald» ha affermato che negli ultimi anni i Paesi BRICS hanno ottenuto risultati notevoli nella cooperazione nei settori dell’economia e del commercio, dell’innovazione, dell’istruzione e dello sviluppo sostenibile.

Nell’ambito del meccanismo di cooperazione BRICS in vari settori, come la sicurezza alimentare, l’economia verde e l’innovazione scientifica e tecnologica ha ampie prospettive e un grande potenziale. Fin dalla sua istituzione, il meccanismo di cooperazione BRICS è stato strettamente legato al destino di un gran numero di mercati emergenti e Paesi in via di sviluppo. Anni fa il presidente cinese Xi Jinping ha proposto il modello di cooperazione “BRICS+”, che ha ricevuto sostegno attivo e risposta entusiasta da tutte le parti, valorizzando il valore di questo nuovo gruppo esteso, ed è sempre nell’agenda la proposta di avviare il processo di continua espansione dei membri dei BRICS.

Kritan Bahana, caporedattore della rivista sudafricana «Foreign Affairs» ha affermato che l’espansione dei BRICS non solo dimostra l’immagine aperta e inclusiva di questi Paesi, ma risponde anche alle aspettative dei mercati emergenti e in via di sviluppo, e contribuisce a migliorare la rappresentatività e l’influenza di tali Paesi nonché a fornire maggiori contributi alla pace e allo sviluppo nel mondo.

I Paesi BRICS continueranno ad espandere la loro influenza e ad approfondire la cooperazione, e diventeranno ulteriormente una delle forze più importanti nel promuovere la crescita economica mondiale e nel migliorare il governo del mondo.

L’espansione dell’adesione ai BRICS non solo contribuisce a promuovere l’apertura e l’inclusività della cooperazione, ma favorisce anche un ulteriore rafforzamento della voce dei Paesi in via di sviluppo attraverso la cooperazione Sud-Sud e la promozione della prosperità e della stabilità di ciascun membro della comunità internazionale.

I Paesi BRICS perseguono il concetto di cooperazione aperta e inclusiva e stanno attirando sempre più Paesi a partecipare – ciò dimostra ancora una volta che la grande iniziativa per costruire una comunità con un futuro condiviso per l’umanità è corretta e tempestiva. Il modello “BRICS+” arricchisce la connotazione della cooperazione tra i Paesi e i popoli, espande la rete di partenariato globale e rafforza la solidarietà e la cooperazione tra i predetti Paesi e ulteriori mercati. Il meccanismo di cooperazione BRICS si conforma al mondo con la tendenza allo sviluppo della multipolarizzazione e della globalizzazione economica, quindi si attende che i Paesi BRICS diano nuovi e maggiori contributi alla promozione della creazione di un nuovo ordine politico ed economico internazionale che sia più giusto, uguale, equo e democratico.

Tutto questo perché il meccanismo di cooperazione BRICS è un’importante piattaforma per la cooperazione. Quanto più il meccanismo di collaborazione BRICS si sviluppa, tanto più esso può rafforzare il potere della pace mondiale e dello sviluppo, e maggiormente sarà in grado di svolgere un ruolo più vasto nella salvaguardia degli interessi di tutti i Paesi compresi quelli dentro o fuori il gruppo e degli Stati in via di sviluppo.

Ultimamente la comunità internazionale ha prestato molta attenzione all’espansione dei BRICS. Dal 1° gennaio di quest’anno Arabia Saudita, Egitto, Emirati Arabi Uniti, Etiopia ed Iran sono diventati membri ufficiali dei BRICS e il numero degli Stati membri è aumentato da cinque a dieci. Dopo l’ampliamento, i BRICS acquisiranno maggiore qualità e peso e una maggiore cooperazione fra loro svolgerà un ruolo più importante nella promozione della pace e dello sviluppo nel mondo e della salvaguardia comune.

Giancarlo Elia Valori 

sabato 27 gennaio 2024

La Memoria e le Memorie

  

"Parla gentilmente. E' molto meglio governare con l'amore che con la paura. Parla gentilmente. Non lasciare che parole dure pesino sul bene che possiamo fare"

(Eleanor Marx)

giovedì 25 gennaio 2024

Raimondo di Sangro Principe di Sansevero, Illuminista, esoterista, riformatore. Articolo di Luca Bagatin


La Massoneria è quel metodo – come ebbe ottimamente a definirla il Gran Maestro del Grande Oriente d'Italia, Giordano Gamberini – che favorisce il dialogo fra culture, religioni, mentalità e sistemi di idee differenti.

Fra gli eminenti massoni della Storia, occorre ricordare Raimondo di Sangro, settimo Principe di Sansevero (1710 – 1771), protagonista dell'ottimo saggio del prof. Giancarlo Elia Valori, pubblicato alcuni anni fa, ovvero “Raimondo di Sangro – Il Principe di Sansevero e la magia dell'Illuminismo” (Futura Edizioni).

Da fine studioso e alchimista dello spirito, il prof. Valori ci presenta la figura di questo nobile, esoterista e alchimista, oltre che autorevole massone, scienziato, teorico militare e intellettuale della sua epoca, sul quale l'ortodossia cattolica del XVIII secolo fece calare una sorta di “leggenda nera”, come peraltro accadde ai suoi contemporanei, quali il poeta Tommaso Crudeli (prima vittima dell'Inquisizione cattolica, solo per la sua appartenenza alla Massoneria), il conte Alessandro Cagliostro (che farà la medesima fine del Crudeli e per la medesima ragione) e l'intellettuale libertino e massone Giacomo Casanova, il quale definì meglio di chiunque altro il cosiddetto “segreto massonico”, ovvero: “Il segreto della Massoneria è inviolabile per sua propria natura, poiché il massone che ne è a conoscenza lo sa solo per averlo indovinato: non l’ha appreso da nessuno, ma l’ha scoperto a forza di andare in Loggia, di osservare, di ragionare, di dedurre. Quando vi è pervenuto, si guarda bene dal rivelare la propria scoperta, neppure al suo migliore amico, poiché se quegli non possiede il talento per penetrarlo, non avrà nemmeno quello per trarne vantaggio apprendendolo oralmente. Questo segreto, dunque, resterà per sempre un segreto”.

Raimondo di Sangro – discendente dalla stirpe di Carlo Magno - fu un riformatore della Massoneria (come lo fu Cagliostro), mosso tanto da una visione scientifica e positivista, quanto da una visione spiritualista e alchemica. Fu peraltro il creatore della magnifica Cappella Sansevero, che custodisce l'emblematica statua del Cristo Velato, dal di Sangro stesso concepita.

Raimondo di Sangro ebbe la doppia vita, peraltro ampiamente conosciuta ai suoi tempi in tutta Napoli, di essere l'illuminista settecentesco di giorno e il mago-esoterista di notte, dedito a mirabolanti invenzioni (fra cui il celebre lume perpetuo, la macchina idraulica, il fucile a retrocarica e moltissime altre), avanzatissime per la sua epoca.

Fu il fondatore, a Napoli, della prima Loggia massonica di Rito Scozzese Antico e Accettato (il più progressista di tutti i Riti massonici), con influenze che volle far derivare direttamente dal Rito Egizio di Misraim, ovvero il più esoterico e mistico e divenne, dunque, il primo Gran Maestro di una Gran Loggia nazionale italiana.

Apprezzatissimo da un altro grande sovrano illuminato, illuminista e Gran Maestro della Massoneria del '700, ovvero da Re Federico II di Prussia, detto Il Grande, Raimondo di Sangro scrisse numerosi testi a carattere esoterico e filosofico.

Ad accomunare il di Sangro a Federico Il Grande, i comuni valori di ricerca di un'unità fra rivoluzione scientifica e spirituale – come spiega il prof. Valori nel suo saggio – che stavano alla base di quell'Illuminismo teista, adogmatico e anti-materialista, che per molti versi finirà – anni dopo - per contrapporsi alla Rivoluzione Francese del 1789, la quale getterà, per così dire, il bambino con l'acqua sporca, facendo affogare, nel sangue e nel Terrore, quanto di positivo aveva costruito il cosiddetto Ancien Régime.

Nel 1751, Raimondo di Sangro elabora un importante testo massonico – ritrovato nell'Archivio Segreto del Vaticano - ovvero le “Costituzioni delle Logge d'Inghilterra, Statuti dei Tre Alti Gradi di Maestro Scozzese, Eletto e della Sublime Filosofia”. In tale testo egli riunisce la mistica massonica a quella cristiana, un po' come farà il Fratello massone conservatore Joseph De Maistre, il quale si definì “mistico e cristiano”.

Non vi è ipocrisia alcuna nella mistica cristiana di Raimondo di Sangro” – scrive il prof. Valori nel suo saggio, in proposito - “quanto piuttosto la ricerca, simbolica come ogni azione e prassi magica massonica, della eternità dei simboli-concetti cristiani nella loro “riduzione”, come in alchimia, alla loro radice sapienziale e tradizionale”.

Le ricerche in ambito esoterico-massonico-iniziatico del di Sangro, vanno dunque di pari passo con le sue ricerche in ambito scientifico-alchimistico, alla scoperta di quella Luce, di quella illuminazione interiore che è anche illuminazione esteriore, la quale illumina un mondo alla ricerca del vero, del buono, del bello e che attinge da Tradizioni Antiche, dalle quali, peraltro, deriva la Massoneria stessa, in particolare quella, cosiddetta, degli Alti Gradi.

Come scrive il prof. Valori, “per alcuni la stessa Massoneria degli Alti Gradi fu il Cavallo di Troia del Cattolicesimo contro il Protestantesimo “del nord””, come a dire che l'Europa, sin dai tempi più antichi, è divisa in due tradizioni, quella latina e quella anglo-teutonica. Tradizioni che si sono viste, in particolare nel XVIII secolo, contrapposte anche in ambito massonico (pensiamo alla differenza abissale fra la Massoneria Liberale, di tradizione francese, più legata agli aspetti mistico-spirituali e persino alla tradizione egizia e quella più Tradizionale, anglosassone o alla Stretta Osservanza Templare, di origine tedesca, più legata al templarismo e ad una visione più elitaria e aristocratica).

Il prof. Valori, riportando una frase tratta dal saggio “Il Simbolismo massonico nella tradizione egizia” di Vittorio Vanni, fa presente come “secondo la teorica degli Anti Gradi, “la Massoneria nasce in Egitto, Mosè comunica la “Prisca Philosophia” agli Ebrei, e Gesù, “novello Mosè”, la conosce e la trasmette agli Apostoli, e da Essi la Prima Filosofia Egizia arriva ai Cavalieri Templari”. Aspetti, peraltro, che raccontai, spiegai e approfondii anche nel mio primo saggio, “Universo Massonico”, edito da Bastogi nel dicembre 2012.

Il di Sangro, come rammenta il prof. Valori, fu fine studioso, non a caso, delle tradizioni delle popolazioni sudamericane, rigetta la Riforma protestante di Marin Lutero che, secondo il di Sangro, avrebbe diviso Nord e Sud, e, attraverso la Massoneria scozzese degli Alti Gradi – estranea tanto alla casata dei Borbone, guidata da Carlo III, che al papato antimassonico - guarda all'universalismo.

La simbologia della Cappella Sansevero, dunque, unisce tutti questi principi mistici, cristiani, esoterici. Essa è una “macchina teurgica” che, come spiega il prof. Valori, “è un sistema di simboli (…) finalizzato al richiamo, nei visitatore-iniziato e nel fedele, di energie psichiche di livello elevato, tali da generare (…) un vero e proprio cambiamento di stato, non solo psicologico (…), ma anche fisico”.

Raimondo di Sangro, dunque, come tutti gli esoteristi e i mistici – ma anche tutte le Tradizioni spirituali sin dall'alba dei tempi - fa – attraverso le sue opere, sia artistiche che dell'ingegno - un ampio uso evocativo dei simboli, quali catalizzatori di energie psichiche, magiche e spirituali.

Illuminismo, misticismo, esoterismo, aristocrazia illuminata e riformatrice sono dunque le parole che possono identificare meglio questa importante figura storica del passato, quale fu il Principe Raimondo di Sangro, che il mio caro amico Nathan Gelb, che intervistai nel 2009, alla metà degli Anni 2000, fece diventare protagonista dei suoi ottimi romanzi thriller a sfondo esoterico, per raccontarne meglio la storia, che è una vera e propria avventura, anche della nostra Storia Patria.

Luca Bagatin

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domenica 21 gennaio 2024

100 anni fa moriva l'eroe e guida della Rivoluzione socialista sovietica, Vladimir Lenin

 

“Finché esiste lo Stato non vi è libertà; quando si avrà libertà non vi sarà più Stato”

“La borghesia liberale, porgendo con una mano le riforme, con l'altra mano le ritira sempre, le riduce a nulla, se ne serve per asservire gli operai, per dividerli in gruppi isolati, per perpetuare la schiavitù salariata dei lavoratori. Il riformismo, perfino quando è del tutto sincero, si trasforma quindi di fatto in uno strumento di corruzione borghese e di indebolimento degli operai. L'esperienza di tutti i paesi dimostra che prestando fede ai riformisti gli operai hanno sempre finito con l'essere gabbati”

“La società capitalista ci offre nella Repubblica una democrazia più o meno completa ma sempre limitata nel ristretto quadro dello sfruttamento capitalistico.
Essa rimarrà sempre per la minoranza, per gli sfruttatori e per i ricchi contro la maggioranza dei salariati, soffocati dal bisogno e dalla miseria.
Così ché la maggioranza dunque è di fatto impedita alla reale partecipazione attiva, alla vita politica e sociale.

Democrazia per un’infima minoranza di ricchi, questa è la democrazia nelle società capitaliste !”

“In Italia c'è un rivoluzionario solo: Gabriele d'Annunzio”
 
(Vladimir Lenin)

"Nell’Himalaya, sappiamo ciò che tu stai compiendo. Hai abolito la chiesa, che è diventata una fucina di menzogne e di superstizione. Hai distrutto la borghesia che diventata agente di pregiudizi. Hai distrutto le scuole che erano diventate delle carceri. Hai condannato l’ipocrisia della famiglia. Hai eliminato l’esercito, che guida degli schiavi. Hai schiacciato i guadagni degli avidi speculatori. Hai chiuso le case di tolleranza. Tu hai liberato il paese dal potere del denaro. Hai riconosciuto che la religione è l’insegnamento della materia universale. Hai riconosciuto l’irrilevanza della proprietà privata. Hai previsto l’evoluzione della comunità. Hai posto l’accento sull’importanza della conoscenza. Ti sei prostrato davanti alla bellezza. Hai riservato tutto il potere del Cosmo per i bambini. Hai aperto le finestre dei palazzi. Hai visto l’urgenza di costruire case per il Bene Comune. Hai fermato la rivolta in India, perché era prematura, ma abbiamo riconosciuto la tempestività del tuo intervento, e vi mandiamo tutto il nostro aiuto, affermando l’Unità dell’Asia"

(Mahatma Morya, Maestro dell'Himalaya, dalla lettera consegnata a Nikolaj Konstantinovič Rerich per Lenin ai ministri Lunacharsky e Tchitcherin della neonata Repubblica Sovietica)

 
QUANDO C'È LO STATO NON C'È LA LIBERTÀ.
CI SARÀ LIBERTÀ QUANDO SCOMPARIRÀ LO STATO (LENIN)

"Soltanto nella società comunista, quando la resistenza dei capitalisti è definitivamente spezzata, quando i capitalisti sono scomparsi e non esistono piú classi (non v'è cioè piú distinzione fra i membri della società secondo i loro rapporti coi mezzi sociali di produzione), soltanto allora «lo Stato cessa di esistere e diventa possibile parlare di libertà». Soltanto allora diventa possibile e si attua una democrazia realmente completa, realmente senza alcuna eccezione. Soltanto allora la democrazia comincia a estinguersi, per la semplice ragione che, liberati dalla schiavitù capitalistica, dagli innumerevoli orrori, barbarie, assurdità, ignominie dello sfruttamento capitalistico, gli uomini si abituano a poco a poco a osservare le regole elementari della convivenza sociale, da tutti conosciute da secoli, ripetute da millenni in tutti i comandamenti, a osservarle senza violenza, senza costrizione, senza quello speciale apparato di costrizione che si chiama Stato.
L'espressione: «lo Stato si estingue» è molto felice in quanto esprime al tempo stesso la gradualità del processo e la sua spontaneità. Soltanto l'abitudine può esercitare, ed eserciterà certamente, una tale azione, poiché noi osserviamo attorno a noi milioni di volte con quale facilità gli uomini si abituano a osservare le regole per loro indispensabili della convivenza sociale, quando non vi è sfruttamento e quando nulla provoca l'indignazione, la protesta, la rivolta e rende necessaria la repressione.
La società capitalistica non ci offre dunque che una democrazia tronca, miserabile, falsificata, una democrazia per i soli ricchi, per la sola minoranza. La dittatura del proletariato, periodo di transizione verso il comunismo, istituirà per la prima volta una democrazia per il popolo, per la maggioranza, accanto alla repressione necessaria della minoranza, degli sfruttatori. Solo il comunismo è in grado di dare una democrazia realmente completa: e quanto piú sarà completa, tanto piú presto diventerà superflua e si estinguerà da sé."

(Vladimir Lenin, da "Stato e Rivoluzione")
 

La cantante rock, modella, scrittrice e poetessa russa Natalia Medvedeva, già ex moglie dello scrittore nazionalbolscevico Eduard Limonov, dedicò il brano che segue - inedito in Italia - all'eroe della Rivoluzione bolscevica Vladimir Lenin, nel 1994, ripercorrendone le gesta. 

venerdì 19 gennaio 2024

La rivista francese del Secondo Impero, "Napoléon III", pubblica un articolo di Luca Bagatin, in francese, sul socialismo di Napoleone III

È per me un grande onore e piacere essere stato pubblicato dalla  pregevole rivista storica francese, "Napoléon III" (https://www.soteca-editions.fr/napoleon-iii-revue-du-souvenir-napoleonien-n64-sciences-et-innovation-sous-le-second-empire/), dedicata al Secondo Impero e diretta da David Chanteranne, che nel suo ultimo numero, ha pubblicato - nella rubrica Cahiers du Second Empire - un mio approfondito articolo, in francese, sul socialismo di Napoleone III, richiamato anche nella copertina della rivista stessa e presente, peraltro, anche nel mio ultimo saggio "Ritratti del Socialismo" (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/670930/ritratti-del-socialismo/), per i lettori italiani.
In pochi sanno, in Italia, probabilmente, che Luigi Napoleone Bonaparte, prima Presidente della Repubblica Francese e, successivamente, Imperatore dei Francesi con il nome di Napoleone III, fu un grande socialista sansimoniano della prima ora, e, nella sua Francia, portò avanti riforme avanzatissime per la sua epoca e merita di essere eternamente ricordato per l'opera politica, sociale e umanitaria che lo contraddistinse e che contraddistingue, ovunque, tutti i sinceri socialisti bonapartisti.

Luca Bagatin
 

lunedì 15 gennaio 2024

24 anni senza Bettino Craxi. 31 anni senza socialismo in Europa. Articolo di Luca Bagatin

E sono 24, gli anni che ci separano dalla scomparsa di Bettino Craxi, ovvero da quel triste 19 gennaio 2000.

L'ultimo grande statista italiano e l'ultimo socialista europeo, ci lasciò per sempre.

Ultimo grande statista, perché, dalla sua fine politica, avvenuta in quel tragico 1993, non abbiamo mai più avuto un Presidente del Consiglio valido, serio, lungimirante, preparato, in grado di dare dignità all'Italia, all'Europa e a tutto il mondo, cosiddetto, Occidentale.

Ultimo socialista europeo perché, salvo le rare eccezioni di Jeremy Corbyn e di Jean-Luc Mélenchon, in Europa il socialismo è pressoché totalmente scomparso e il cosiddetto PSE e la cosiddetta Internazionale “Socialista” sono ormai da tempo occupati da liberal-capitalisti e guerrafondai di ogni risma.

La liquidazione politica di Bettino Craxi, da parte dei poteri forti internazionali, finanziari, ma anche militari e politici, con sede negli USA e nelle stanze di Bruxelles, coincise – infatti - con la fine politica del Socialismo in Europa.

E a proposito della nascente Unione Europea, Bettino Craxi ebbe a dire:

Si presenta l’Europa come una sorta di paradiso terrestre, arriveremo al paradiso terrestre… L’Europa per noi, come ho già avuto modo di dire, per noi nella migliore delle ipotesi sarà un limbo. Nella peggiore delle ipotesi l’Europa sarà un inferno. Quindi bisogna riflettere su ciò che si sta facendo. Perché la cosa più ragionevole di tutte era quello di richiedere e di pretendere, essendo noi un grande Paese – perché se l’Italia ha bisogno dell’Europa l’Europa ha bisogno dell’Italia – pretendere la rinegoziazione dei parametri di Maastricht”. E disse anche: “Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare”.

Nel tragico 1993 implodevano l'URSS e i Paesi del Patto di Varsavia, contro la volontà dei rispettivi popoli, ma causate da golpe interni (pensiamo – fra gli altri - al golpe che defenestrò e uccise barbaramente Nicolae Ceausescu, in Romania, ordito dal KGB gorbacioviano) con il contributo esterno; la guerra che distrusse la Jugoslavia socialista; la guerra che distrusse l'Iraq socialista; la guerra che distrusse l'Afghanistan socialista e poi ancora, anni dopo, la guerra che distrusse la Libia socialista (e quella che tentò di distruggere la Siria socialista).

E, ancora, i tentativi di golpe anti-socialisti in America Latina, sempre in agguato in Venezuela e a Cuba, ma che colpirono la Bolivia di Morales e l'Ecuador di Correa e il tentativo di liquidazione per via giudiziaria del socialismo brasiliano di Lula e del peronismo argentino della Kirchner.

Fortunatamente, quantomeno nell'ottimo Brasile, il socialismo è tornato, ma sarebbe lecito chiedersi...per quanto tempo ancora?

In UE, cosiddetti “socialdemocratici” come la Premier finlandese Sanna Marin innalzano muri anti-migranti al confine con la Russia e il già “socialdemocratico” Segretario Generale della NATO Stoltenberg – in gioventù contrario alla guerra in Vietnam - continua a voler inviare più armi a un Paese non NATO come l'Ucraina e a chiedere di aumentare la produzione delle armi, con il beneplacito delle destre e degli pseudo “socialisti” europei.

Un tempo, i socialisti, quelli autentici e originari, si battevano – diversamente - contro ogni arma e contro ogni bomba. Per il pragmatismo e la diplomazia internazionale. In questo senso, Bettino Craxi, nominato peraltro rappresentante del Segretario Generale dell'ONU Javier Pérez de Cuéllar per i problemi dell'indebitamento dei Paesi in via di Sviluppo e successivamente consigliere speciale per lo sviluppo e il consolidamento della pace e sicurezza, fu sempre in prima linea.

Con fermezza, pragmatismo, umanesimo socialista e democratico.

E lo fu persino nel suo esilio di Hammamet, quando, su “L'Avanti” del 18 dicembre 1998, scrisse un editoriale in prima pagina dal titolo “No alle bombe”, invitando ai negoziati fra USA e Iraq (mentre le destre e le sinistre italiane facevano l'opposto).

Bettino Craxi – erede politico del grande Pietro Nenni - ancorato alla cultura e tradizione occidentale, ma allo stesso tempo in dialogo con tutti, seppe guardare ai popoli laici e socialisti del Mediterraneo, del Medioriente, dell'America Latina e dell'Est (pensiamo agli ottimi rapporti fra il PSI di Craxi e il Partito Comunista Rumeno di Ceausescu), oltre che dell'Estremo Oriente.

Fu un sostenitore di quel socialismo che sapeva tenere a bada il capitalismo e i poteri forti finanziari, che dalla falsa rivoluzione di Tangentopoli seppero come trarre vantaggio economico, sulle spalle del Paese e di una classe politica dell'unico e solo centro-sinistra che l'Italia abbia mai avuto, che aveva, nel bene o nel male, saputo garantire stabilità e prosperità, dal dopoguerra sino al 1993.

Nel 1978, in particolare, Bettino Craxi, nell'ambito della promozione dell'eurosocialismo (contrapposto all'eurocomunismo berlingueriano, molto più confuso e velleitario), mirava ad abbracciare tutti i fratelli socialisti d'Europa (fra cui i partiti socialdemocratici in esilio all'estero, quali quello polacco e cecoslovacco). Fra questi, come dimostra la corrispondenza fra Craxi e Ceausescu di quegli anni, un rinnovato rapporto fra PSI e PCR e un incontro ufficiale a Bucarest, nell'ottobre '78, fra Craxi e il Presidente rumeno. Un Presidente rumeno, Ceausescu, apprezzato non solo dall'Italia dell'epoca, ma da tutti i Paesi europei e che – fin dagli Anni '70 - mirava a promuovere un ordine multipolare, esattamente come Bettino Craxi e i socialisti democratici guidati da Pietro Longo (e lo stesso Longo, già peraltro in gioventù capo della segreteria politica dell'allora Vicepresidente del Consiglio Pietro Nenni, entrerà, nel 1989, nel PSI di Craxi).

Da non dimenticare che Bettino Craxi – alla guida del PSI - ai tempi del sequestro di Aldo Moro da parte delle BR, si schierò contro il cosiddetto “fronte della fermezza” (composto tanto dalla DC quanto dal PCI), ovvero propose di avviare una trattativa per salvare l'ex Presidente del Consiglio democristiano, mostrando quella sensibilità umanitaria socialista che i clerico-comunisti non ebbero.

Bettino Craxi, pur giustamente critico e diffidente nei confronti dei “comunisti” italiani e ancor più dei post-comunisti che finiranno per approdare al capitalismo assoluto (vedi le successive emanazioni dal PDS al PD a Italia Viva e Azione), lanciò, negli Anni '90, quell'Unità Socialista che sarà invece proprio contrastata dal PDS, che gli preferirà Amato, Carlo Azeglio Ciampi e quel Mario Draghi, che già nel 1992 avrebbe voluto la privatizzazione del patrimonio pubblico italiano. Progetto da sempre contrastato fortemente da Bettino Craxi.

Da non dimenticare anche la sua visione socialista anticapitalista, che espresse nel 1966, nel suo rapporto ai quadri del partito, contenuta nel volume “Socialismo e realtà” (Sugarco Editore): “Il socialismo mantiene la sua fondamentale ed essenziale natura di movimento anticapitalistico. Esso nasce come reazione umana e razionale nei confronti delle ingiustizie delle ineguaglianze che il nascente capitalismo industriale portava con sé. Le contraddizioni e le crisi della società capitalistica costituirono oggetto delle analisi, della critica penetrante, delle previsioni dei teorici socialisti. I mutamenti intervenuti dopo le due guerre mondiali, la modificazione della natura e delle manifestazioni del capitalismo non hanno mutato la ragione fondamentale della lotta socialista e cioè quella di provocare un superamento del capitalismo con il passaggio ad un ordine economico, sociale e politico più evoluto, che arricchisca le libertà dell'uomo, le sue condizioni di vita materiale e spirituale”.

Craxi sarà – da Presidente del Consiglio - amico persino di quel Mario Appignani detto “Cavallo Pazzo”, orfano, figlio di una prostituta, freak, beatnik, indiano metropolitano che primo fra tutti denunciò – per averli subiti sulla sua pelle – gli orfanotrofi “lager” gestiti dall'Opera Nazionale Maternità e Infanzia, che proprio grazie alle sue denunce saranno chiusi definitivamente.

Craxi sarà dunque amico dei potenti, ma anche dei più umili e, soprattutto, sarà amico dei Paesi e dei popoli liberi, dall'America Latina alla Palestina e lo sarà sempre in nome dell'Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi, di cui fu appassionato studioso e collezionista di cimeli.

Bettino Craxi recupererà, nel panorama culturale e politico, figure allora marginalizzate dall'intellighenzia italiana e europea, ovvero l'anarchico conservatore Pierre-Joseph Proudhon e il socialista liberale Carlo Rosselli, unendo aspetti sino allora considerati ossimorici dal sinistrismo borghese imperante che, negli anni successivi alla morte fisica di Craxi, darà vita al partito delle élite antisocialiste, ovvero al PD.

E da non dimenticare come il socialismo di Craxi fosse contrastato dai post-fascisti del MSI (poi AN, poi Fratelli Meloni) e dalla Lega (prima Nord e poi non più Nord), per non parlare di Beppe Grillo, oggi partiti sostenitori del capitalismo assoluto e della politica atlantista fondamentalista e filo USA, tanto quanto il PD e che, non a caso, in questi ultimi anni, sostennero tutti assieme il Governo Draghi e ancora oggi ne seguono le linee guida.

In Europa, parimenti, dopo l'esempio del Partito Socialista Italiano di Craxi (il cui simbolo, da Craxi stesso voluto, fu quel Garofano Rosso, simbolo della Comune di Parigi del 1871), nessun partito che si richiamava – a parole – al socialismo, fu più davvero socialista, ma adottò l'ideologia della crescita economica illimitata, delle privatizzazioni selvagge, dell'esportazione della “democrazia”... ma unicamente contro Paesi laici e socialisti quali Iraq, Libia, Siria e Jugoslavia (sic!).

Nel gennaio 2020 uscì, postumo, un interessante romanzo-verità, scritto da Craxi e edito da Mondadori: “Parigi – Hammamet”, che sembra spiegare la triste realtà della nostra epoca.

In quarta di copertina, Craxi, scrisse: “Gli avvenimenti che sto per narrare sono assai singolari. Incredibili per eccesso di credibilità. Rientrano infatti nella categoria degli accadimenti comunemente ritenuti impossibili non perché inimmaginabili, ma proprio per il contrario. Chi non ha immaginato almeno una volta la possibilità che esistesse davvero la “Spectre”? E raffigurandosela, ognuno di noi l'ha disegnata ogni volta sempre più efferata e incontrollabile... Ogni tanto, però, quelle che abbiamo sempre considerato nostre fantasie estreme si rivelano, appunto, drammaticamente reali, come dimostrano gli eventi singolarissimi che mi accingo a raccontare”.

Nel romanzo. Bettino Craxi affida alla finzione letteraria, attraverso un romanzo di fantapolitica, il racconto della triste vicenda politico-giudiziaria che lo vide coinvolto negli ultimi anni della sua vita e parla, appunto, di una sorta di “Spectre”, ovvero di una potentissima organizzazione segreta transnazionale denominata “Koros”, “Il Mucchio”. Un'organizzazione infiltrata in tutti i centri del potere, finanziata e sostenuta da lobbies finanziarie promotrici della globalizzazione. Un'organizzazione i cui componenti “considerano l'identità e l'unità nazionale come ostacoli al mercato e si comportano come capi di uno Stato sovranazionale” e che utilizzano tecniche “terroristico-eversive”. Un'organizzazione gerarchica e con un intero esercito numeroso a disposizione, senza rapporti ufficiali con gli Stati, ma “non è escluso un coinvolgimento di settori istituzionali degli Stati Uniti e della Germania unificata” e che ha utilizzato la guerra nell'ex Jugoslavia come “il primo test da internazionalizzare”.

Nel romanzo-verità, Craxi, peraltro, scrive di come lui (nel romanzo con lo pseudonimo di Ghino), sia entrato nel mirino di “Koros” già ai tempi del caso Abu Abbas, ovvero ai tempi del suo no agli USA nella consegna di Abbas e il suo sostegno alla causa palestinese. Oltre a questo, il suo essere un “ostacolo al predominio incontrollato delle “grandi famiglie” italiane, agli affiliati della “trilateral”, ai potentati collegati ai gruppi avventuristici della finanza internazionale”. Oltre che, naturalmente, la sua ideologia “neogollista di sinistra”, che voleva un'Europa sovrana, indipendente dai due blocchi e amica del mondo arabo laico e socialista, oltre che alleata al Terzo Mondo.

Nel romanzo, Craxi, fa parlare così i suoi personaggi, rivelando le sue verità, anche nell'ambito della politica internazionale, condendole di una certa dose di finzione narrativa. Verità che sono, del resto, quelle che affidò, nei suoi ultimi anni di vita, alla stampa ed ai volumi che scrisse, nel triste esilio di Hammamet.

Nel romanzo, a dare una spallata a Koros, sarà il governo della Federazione Russa, d'intesa con le Nazioni Unite, “richiedendo ufficialmente al governo degli Stati Uniti di uscire dalle ambiguità e di perseguire i mandanti della destabilizzazione mondiale”.

Un Craxi che già oltre vent'anni fa, prima di morire, aveva visto molte cose e – pur inascoltato, persino da tanti sedicenti “socialisti” - non le aveva taciute.

Bettino Craxi rappresenta, ancora oggi, quei socialisti senza tessera e senza partito (perché l'unico vero Partito Socialista Italiano fu quello che iniziò nel 1892 con Filippo Turati e Anna Kuliscioff e finì purtroppo con Bettino Craxi nel 1992), come chi vi scrive, che, se sono profondamente delusi dalla politica – dal 1993 ad oggi – non hanno comunque mai smesso di analizzarla.

Di tutti questi aspetti e di molte figure del socialismo autentico, riformatore, autogestionario e non dogmatico, ancora oggi presente – a vario titolo – in molti Paesi latinoamericani (fra cui il Brasile di Lula in primis e la sua lungimirante politica estera e interna), nel mondo panafricano e nella Repubblica Popolare Cinese guidata dal riformista Xi Jinping – ho parlato diffusamente nel mio ultimo saggio “Ritratti del Socialismo”, edito di recente da IlMioLibro (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/670930/ritratti-del-socialismo), con prefazione di una delle nipoti di Bettino, Ananda Craxi.

E molte sono ancora oggi le battaglie che attendono e attenderebbero i socialisti autentici in tutto il mondo, fra le quali:

1) nazionalizzazione delle società energetiche; delle telecomunicazioni (web e telefonia), dei trasporti; del settore bancario, siderurgico e militare;

2) investimenti massicci in sanità, istruzione, ricerca;

4) promozione di un mondo pacifico, multipolare, dialogante e volto alla collaborazione reciproca in ogni ambito, da quello sanitario a quello relativo alla sicurezza internazionale;

4) messa al bando dell'intelligenza artificiale per uso civile, che è destinata a distruggere non solo posti di lavoro, ma a mettere a rischio la sicurezza dei cittadini stessi, oltre che la loro capacità di ragionare;

5) promozione dell'autogestione delle imprese – da affidare direttamente ai lavoratori/produttori – nell'ottica del superamento dello sfruttamento del lavoro salariato.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

giovedì 4 gennaio 2024

Riflessioni socialiste (non materialiste) di Luca Bagatin

 

La beneficenza è qualcosa che possono permettersi i ricchi per pulirsi la coscienza. Perché a loro non costa, fondamentalmente, nulla.
La beneficenza andrebbe rifiutata per principio e dignità personale.
 
La lotta di classe è sempre stata sbagliata.
La lotta dovrebbe essere quella contro i ricchi e gli arricchiti. Ovvero contro coloro i quali succhiano e tolgono risorse alla comunità (indipendentemente da come lo fanno).
Nella Storia, le rivoluzioni in Europa, sono spesso fallite perché il proletariato avrebbe dovuto allearsi con l'aristocrazia e rovesciare la borghesia.
Ovvero la classe moralmente più corrotta.
La vera contrapposizione dovrebbe essere fra l'amore, l'onore e l'altruismo, contrapposti all'ego e alla corruzione dell'anima, insita nella materialità delle cose terrene e nella diffusione di tale aspetto.
 
Quando tutto sarà privato saremo privati di tutto, diceva giustamente qualcuno.
Non c'è alcuna libertà nel mercato "libero".
Il capitalismo (ovvero dittatura del ricco imprenditore e/o degli azionisti di una impresa) è il peggiore e più subdolo dei totalitarismi.
Solo sottomettendo i ricchi, gli imprenditori e gli azionisti alle esigenze dei cittadini, dei consumatori e della comunità intera ci sarà libertà e civiltà.

Luca Bagatin
 

martedì 2 gennaio 2024

65 anni di Rivoluzione cubana nel segno dei diritti sociali, dei diritti civili e del diritto alla salute per tutti. Articolo di Luca Bagatin


Il 1 gennaio 1959, al termine della Rivoluzione cubana che portò alla nascita della Repubblica Socialista di Cuba, il leader Fidel Castro affermò: "Questa volta, fortunatamente per Cuba la Rivoluzione arriverà davvero al potere. Non sarà come nel 1895 quando gli americani sono venuti e hanno preso questo. Sono intervenuti all'ultimo minuto e poi non hanno nemmeno fatto entrare Calixto Garcia che aveva combattuto per 30 anni, non hanno voluto che entrasse a Santiago de Cuba. Non sarà come nel 1933 quando il popolo ha iniziato a credere che si stesse facendo una rivoluzione, è arrivato il signor Batista, ha tradito la Rivoluzione, ha preso il potere e ha instaurato una dittatura per 11 anni. Non sarà come nel 1944, anno in cui la folla si infuocò credendo che finalmente il popolo fosse arrivato al potere, e quelli che sono saliti al potere furono i ladri. Né ladri, né traditori, né interventisti. Questa volta sì che è la Rivoluzione”.

E così fu, tanto che, nella Cuba di oggi, con un socialismo rinnovato, che promuove fortemente diritti sociali al fianco di quelli civili, si celebra il 65esimo anniversario di quella storica Rivoluzione, che solo un insensato, ideologico, razzista e crudele embargo imposto dagli USA e dal loro spirito guerrafondaio, ha continuato a osteggiare in tutti questi anni.

Il Presidente di Cuba, Miguel Díaz-Canel, nel suo discorso di fine anno, infatti, ha affermato: “Il 2023 finisce ed è come se fossimo arrivati in cima ad una montagna altissima, lungo sentieri tortuosi. Come tante volte in 65 anni, la salita è stata ardua e a volte siamo dovuti tornare indietro. Ma siamo arrivati.

Sulla via dell'ideale socialista, come ci hanno insegnato Fidel e Raúl, arrivare è vincere, consapevoli che ogni traguardo è un nuovo punto di partenza (…). Oggi tutto sembra più difficile che mai a causa dei lunghi anni trascorsi a sostenere il peso criminale di una politica di recinzioni e sanzioni che sembra infinita nella sua crudeltà. Ma noi rivoluzionari non siamo arrivati prima di questo 65° anniversario per arrenderci e consegnare le bandiere. (...) il segreto della Rivoluzione per sostenersi di fronte a tutte le avversità è stato la partecipazione popolare a una storia unica di resistenza e creatività, con una leadership ferma e un insieme di principi come base. (…) La Rivoluzione non è l’opera di un giorno, di un anno e nemmeno di 65 anni. È un'idea, una volontà.

Questa è la Rivoluzione. Non siamo soli. Siamo tutti noi insieme, a conquistare cose impossibili. E lo faremo”.

A guidare le celebrazioni per il 65esimo anniversario della Rivoluzione, nella parte orientale di Santiago de Cuba, oltre al Presidente Diaz-Canel, anche l'ex Presidente e leader rivoluzionario Raul Castro, 92 anni.

Raul Castro, nel suo discorso, rinnovando il sostegno al suo successore Diaz-Canel, ha affermato, fra le altre cose: “So che esprimo i sentimenti della generazione storica ratificando la fiducia in coloro che oggi ricoprono la responsabilità della leadership del nostro partito e del nostro governo”.

Il Presidente Diaz-Canel, nel suo discorso in occasione della celebrazione, ha affermato, fra le altre cose: “Questa Rivoluzione è, innanzitutto, un atto libertario di proiezione continentale che non solo ha liberato il Paese da una dittatura servile, repressiva e corrotta, ma ha anche sciolto ben presto i nodi della dipendenza economica dalle multinazionali yankee e liquidato le espressioni più crudeli della condizione umana. Sfruttamento, che si era naturalizzato nella società cubana, come il lavoro minorile, la prostituzione o la semi-schiavitù degli immigrati haitiani”. Ed ha ricordato – oltre alle riforme economiche e sociali portate avanti dalla Rivoluzione – anche il forte contributo sanitario dato da Cuba al mondo, in tutti questi decenni.

Questa è la Rivoluzione che, dopo aver perso 3.000 medici a causa di un esodo politicamente indotto negli anni ’60 – ha affermato Diaz-Canel - ha costruito uno dei sistemi sanitari più formidabili e prestigiosi del nostro tempo e che oggi conta mezzo milione di lavoratori a tutti i livelli, che garantiscono una copertura universale e assistenza gratuita per tutti gli uomini e le donne cubane.

Allo stesso tempo, durante questi sei decenni, hanno collaborato 600.000 professionisti della salute cubani in 165 paesi. E più recentemente, durante il periodo della pandemia di COVID-19, circa 3.000 membri del contingente Henry Reeve hanno fornito servizi in 40 di essi”.

Cuba e la sua Rivoluzione socialista, in sostanza, salvano.

Gli irresponsabili governanti di USA e UE, invece, riducono i bilanci alla sanità e all'istruzione pubbliche e diffondono – nel mondo - una cultura fondata sulle armi, il neo-colonialismo e insensate sanzioni a tutti i Paesi che la pensano diversamente da loro.

Da una parte, in sostanza, la razionalità e il pragmatismo del socialismo. Dall'altra la follia e ignoranza del liberal-capitalismo, insana e insensata ideologia che si è diffusa, purtroppo e drammaticamente, in particolare, dal 1993 ad oggi.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it


Ci sono sempre almeno due amori...

 "Ci sono sempre almeno due amori allo stesso tempo. Uno è per un ideale irraggiungibile, l'altro è per qualcosa di accessibile"

(Eduard Limonov, da “Abbiamo avuto la Grande Epoca”)


Nella foto Eduard Limonov (1943 - 2020) e la moglie Nataliya Medvedeva (1958 - 2003)