lunedì 30 agosto 2021

Hanno provato a liquidarlo, ma il Socialismo non muore. Articolo di Luca Bagatin

La liquidazione politica di Bettino Craxi, da parte dei poteri forti internazionali, finanziari, ma anche militari e politici, con sede negli USA e nelle stanze di Bruxelles, coincise con la fine politica del Socialismo in Europa.

L'implosione dell'URSS e dei Paesi del Patto di Varsavia, contro la volontà dei rispettivi popoli, ma causate da golpe interni con il contributo esterno; la guerra che distrusse la Jugoslavia socialista; la guerra che distrusse l'Iraq socialista; la guerra che distrusse l'Afghanistan socialista e poi ancora, anni dopo, la guerra che distrusse la Libia socialista (e quella che tentò ti distruggere la Siria socialista).

E, ancora, i tentativi di golpe anti-socialisti in America Latina, sempre in agguato in Venezuela e a Cuba, ma che colpirono la Bolivia di Morales e l'Ecuador di Correa e il tentativo di liquidazione per via giudiziaria del socialismo brasiliano di Lula e del peronismo argentino della Kirchner.

Tutte cose sostenute dagli USA e dai suoi alleati, UE in primis.

Bettino Craxi se ne accorse tardi. Ma se ne accorse. Quando puntò il dito contro la globalizzazione liberal-capitalista, affermando: “Dietro la longa manus della cosiddetta globalizzazione si avverte il respiro di nuovi imperialismi, sofisticati e violenti, di natura essenzialmente finanziaria e militare”.

E quando scrisse il suo romanzo verità, pubblicato postumo, "Parigi - Hammamet": http://amoreeliberta.blogspot.com/2020/02/parigi-hammamet-il-thriller-inedito-di.html.

Il Socialismo doveva morire, perché l'idea che gli oppressi prendessero in mano le redini del loro destino, sottomettendo gli sfruttatori capitalisti e borghesi, non poteva essere accettata.

Nonostante questo, oggi, molti Paesi socialisti resistono. Dalla Cina a Cuba, dal Vietnam al Venezuela; dalla Corea del Nord alle Repubbliche Popolari di Donetsk e Lugansk; dalla Siria al Laos e non solo.

Non è solo un'idea che non muore, ma le fondamenta di una civiltà che, quando sono solide, non possono crollare.

Da non dimenticare, ma anzi da sottolineare che, tanto lo scopo dell'anarchismo socialista di Proudhon (esaltato da Craxi), che il marxismo-leninismo, hanno come scopo l'estinzione della classe borghese e la dissoluzione dello Stato.

Ovvero l'avvento di una società completamente democratica e paritaria. Ovvero completamente socialista e autogestita.

La strada è sempre ardua, ma la Storia ha tutto da insegnare.

Luca Bagatin

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domenica 29 agosto 2021

DONNA DAI CAPELLI SCARLATTI. Poesia di Luca Bagatin

DONNA DAI CAPELLI SCARLATTI 

Poesia di Luca Bagatin

Musa nelle foto: Emanuela Polzella 

Il rosso

È il tuo colore

Prevalente.

Il rosso

È il colore

Della passione mistica

Che attraversa i secoli.

Dall'Oscurità

Alla Luce

Dalla Morte

All'Immortalità.

Superando

Ogni barriera

Che la morale impone.

Superando

Ogni ostacolo

Che il mondo della materia

Presenta.

Superando

Ogni vincolo precostituito.

Il rosso

È il colore

Del cuore.

Il rosso

E' il colore

Del sangue che pulsa

Il rosso

E' il colore

Della Rivoluzione.

Interiore

O esteriore

Che sia.

Luca Bagatin

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sabato 28 agosto 2021

A cent'anni dalla Rivoluzione bolscevica mongola. Dalla sconfitta del "Barone Pazzo" al socialismo. Articolo di Luca Bagatin

Cent'anni fa moriva il Barone Roman Von Ungern-Sternberg (1886 - 1921), signore della guerra russo di origine tedesca che – a capo delle Armate Bianche zariste - si proclamò dittatore della Mongolia, poco prima di essere deposto dalle Armate Rosse bolsceviche, nel settembre 1921.

A contribuire alla caduta del “Barone Pazzo” (questo il nome con il quale passò alla Storia), le milizie comuniste mongole guidate da Damdiny Sükhbaatar (1893 – 1923), ovvero il “Lenin mongolo”.

Sükhbaatar, con la rivoluzione bolscevica mongola del 1921, porrà dunque fine al lungo Medioevo mongolo e all'autorità ecclesiastica dei lama nel Paese e, l'anno successivo alla sua morte, nel 1924, sarà proclamata la Repubblica Popolare Mongola.

Damdiny Sükhbaatar, figlio di un povero contadino, fu lavoratore instancabile per tutta la vita, prima di entrare nell'esercito nel 1912.

Fu la sua amicizia con formatori militari russi che lo portò in contatto con gli ideali leninisti della Rivoluzione sovietica e, ben presto, diverrà leader di un circolo di ispirazione nazionalista e bolscevica.

Entrerà dunque in contatto con il Comintern e con Lenin e fonderà, nel 1920, il Partito Popolare Mongolo, di ideologia marxista-leninista, con lo scopo di difendere la nazione mongola, liberare il Paese dai nemici, rafforzare lo Stato in senso socialista e liberare i lavoratori, in particolare i contadini, dallo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.

Sconfitto il Barone Ungern-Sternberg, Sükhbaatar, divenuto così eroe nazionale, intesserà fitti rapporti con il Cremlino, incontrando Vladimir Lenin a Mosca, nel 1921.

Il nuovo governo mongolo, adottando una via detta “non capitalista”, liberò dalla schiavitù della gleba le masse contadine e abolì ogni privilegio dei vecchi feudatari e del clero lamaista, imponendo a tutti un'equa tassazione.

Il governo socialista mongolo, ad ogni modo, non abolì la fede buddista, ma, anzi, la rafforzò, facendola tornare al suo stato più puro. Riducendo il potere temporale e economico dei lama, il governo puntò, infatti, a far tornare il Paese agli insegnamenti originari del Buddha, fatti di sacrificio, compassione e superamento dei privilegi materiali.

Se Sükhbaatar, ancora oggi considerato eroe nazionale in Mongolia (al punto che la capitale Urga sarà intitolata a suo nome, ovvero Ulanbaatar), passerà alla Storia come “Lenin mongolo”, il suo successore, Khorloogiin Choibalsan (1895 - 1952), passerà alla Storia come lo “Stalin di Ulanbaatar”.

Il Partito Popolare Mongolo cambierà nome in Partito Rivoluzionario del Popolo Mongolo e Choibalsan, suo nuovo leader e Presidente del Paese dal 1929, iniziò un vero e proprio ammodernamento dello Stato e serie e pesanti confische delle proprietà ai nobili feudatari e al clero.

I contadini furono organizzati in cooperative e fu avviata la collettivizzazione dell'economia in modo simile a quella attuata da Stalin in URSS, iniziando anche a sviluppare gradualmente il settore industriale, sino ad allora del tutto inesistente in Mongolia.

Tutto ciò favorì un graduale progresso sociale e culturale del Paese, anche grazie a sempre maggiori relazioni socio-economiche con l'URSS, aspetto che, ad ogni modo, renderà spesso difficili i rapporti con la vicina Cina maoista che, con l'URSS, in particolare dopo Stalin, avrà rapporti tutt'altro che idilliaci.

A succedere a Choibalsan, Yumjaagiin Tsedenbal (1916 - 1991), il Presidente di una Mongolia più moderna e ormai avviata al socialismo avanzato.

Un socialismo purtroppo destinato a implodere a causa del riformismo del “Gorbaciov mongolo”, Jambyn Batmönkh (1926 – 1997), il quale, aprendo alle riforme borghesi, finirà per trascinare il Paese verso il baratro capitalista e, egli stesso e la sua famiglia, finiranno per rimanere disoccupati per molto tempo e, successivamente, divennero produttori di pane e venditori di abiti tradizionali mongoli.

Il Partito Rivoluzionario del Popolo Mongolo tornò a chiamarsi Partito Popolare Mongolo ed ha abbandonato da tempo l'ideologia marxista-leninista, per divenire partito socialdemocratico, pur mantenendo una sua ideologia ancorata al nazionalismo di sinistra.

Essendo ancora vive nella memoria dei mongoli le antiche battaglie di Sükhbaatar e dei suoi degni successori, ancora oggi, il Partito Popolare Mongolo, guida il Paese.

Dal giugno scorso con a capo Ukhnaagiin Khürelsükh (1968), eletto con il 67,76%, avendo battuto il candidato liberale del Partito Democratico, fermo al 20,33%.

Del socialismo mongolo, di cui molto poco è stato scritto in Europa, parla anche l'interessante saggio di Marco Bagozzi, edito da Anteo, “Il socialismo nelle steppe”.

Luca Bagatin

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Damdiny Sükhbaatar

lunedì 23 agosto 2021

ETERNITA'. Poesia di Luca Bagatin

 ETERNITA'

poesia di Luca Bagatin

Libera

Selvaggia

Scalza

Solitaria

Illuminata dal sole

Fai battere il cuore

Di noi poeti

Che amiamo

La scalza solitudine selvaggia

Che è l'essenza della Donna

A cui dedichiamo

La nostra arte

Sin dalla notte

Dei tempi.

Luca Bagatin

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domenica 22 agosto 2021

Venezuela. Dialogo fra governo e opposizione, ma i comunisti si oppongono. Articolo di Luca Bagatin

In questi giorni, con la mediazione del Messico e della Norvegia, si stanno avviando – a Città del Messico - tentativi di dialogo fra il governo socialista del Venezuela - presieduto da Nicolas Maduro - e esponenti dell'opposizione, fra i quali Juan Guaidò, il quale ha fallito ogni tentativo di golpe, nonostante fosse sostenuto dagli USA e dall'UE.

Tali prove di dialogo non sono comunque state digerite dal Partito Comunista del Venezuela (PVC) che, pur su posizioni critiche, in passato aveva appoggiato il governo Maduro.

Il Comitato Centrale del PCV, in un comunicato, parla infatti di “accordo tra élite borghesi”.

Un accordo formato “Da un lato, dal governo di Nicolas Maduro e la dirigenza traditrice del Partito Socialista Unito (PSUV), che rappresentano gli interessi dei potenti nuovi ricchi nati dai contratti statali. Dall'altro, la destra guidata da Juan Guaidò, Henrique Capriles e i partiti socialdemocratici in rappresentanza della borghesia nazionale tradizionale e degli interessi dei monopoli transnazionali statunitensi ed europei”.

Un accordo che, secondo i comunisti venezuelani, mette a rischio “le nostre conquiste e i nostri diritti” aggravati dalle “sanzioni illegali imperialiste” (riferendosi alle sanzioni imposte al Venezuela da USA e UE, che vorrebbero cacciare Maduro dal governo, nonostante sia stato legalmente rieletto).

Il comunicato continua affermando che: “mentre il dialogo genera risposte rapide alle richieste dei datori di lavoro di pagare meno tasse e liberare i prezzi, vengono respinte le richieste dei lavoratori di uno stipendio pari al paniere alimentare di base e contro i licenziamenti illegali”.(...) “Denunciamo davanti al popolo venezuelano che l'obiettivo dei colloqui messicani è consolidare il patto borghese per la distribuzione della ricchezza del Paese tra capitalisti nazionali e stranieri, imponendo allo stesso tempo un pacchetto di aggiustamento economico antipopolare. Tutto questo, inoltre, garantendo grottesca impunità a quanti hanno accumulato grandi fortune e sono protetti dalla corruzione, nonché a coloro i quali hanno promosso sanzioni straniere illegali contro il Paese e si sono appropriati delle risorse della nazione”.

(…) “La classe operaia, i contadini e le forze popolari devono costruire l'alternativa popolare rivoluzionaria di fronte al nuovo patto tra le élite”, conclude il comunicato, che è una netta presa di distanza sia dal governo che dall'opposizione.

Luca Bagatin

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sabato 21 agosto 2021

Gran Bretagna. Si apre il Congresso della Lega dei Giovani Comunisti. Articolo di Luca Bagatin

 

Si è aperto a Croydon, a sud di Londra, il 21 agosto, presso la Ruskin House, il 50esimo Congresso della Young Communist League (YCL), ovvero la Lega dei Giovani Comunisti che fa riferimento al Partito Comunista Britannico, il cui Segretario Generale è il gallese Robert Griffiths.

Il Segretario Generale della YCL, Johnnie Hunter, ha – con queste parole - salutato i delegati al Congresso:

Il nostro Congresso si riunisce in un momento in cui la posta in gioco per la nostra classe e per l'umanità non potrebbe essere più alta. (…) Crediamo in una società veramente democratica. Una società controllata da lavoratori. Una società che opera non solo nell'interesse della classe operaia britannica, ma anche del nostro pianeta e di tutta l'umanità.

Rifiutiamo l'inganno e l'edificio abilmente costruito che è la democrazia borghese in Gran Bretagna nel 2021. Una democrazia solo di nome, in cui tutto il potere politico è esercitato da banchieri, finanzieri e dai loro servitori nell'interesse del capitale finanziario. Un Paese dove la voce dei giovani, dei lavoratori e delle nostre comunità è soffocata dall'avidità e dal potere che il denaro può facilmente acquistare. (...)

In questa lotta dobbiamo incarnare ed esemplificare gli ideali della democrazia della classe operaia, che lottiamo per realizzare. All'interno della nostra stessa organizzazione, all'interno della Lega, dobbiamo favorire le ambizioni democratiche della nostra classe. La nostra stessa organizzazione deve ergersi come un faro, popolare e incorruttibile.

Questo è il contesto per il quale il nostro Congresso è così essenziale. Ci organizziamo secondo il principio leninista del Centralismo Democratico. Senza democrazia questa sarebbe poco più che una gestione burocratica.

È compito di questo Congresso, costituito dai delegati dei nostri rami provenienti da tutta la Gran Bretagna, decidere le politiche e le priorità della Lega per i prossimi due anni. Questo non è un compito da poco nell'attuale situazione nazionale e internazionale caotica e pressante. Come delegati non dovete sottovalutare non solo la portata, ma anche l'importanza fondamentale, del compito che ci attende. (…)

Qui in Gran Bretagna ci troviamo di fronte a un compito particolarmente difficile. La Gran Bretagna rimane uno dei maggiori centri dell'imperialismo. Il nostro Paese svolge un ruolo fondamentale nel mantenere le catene del sistema imperialista. (…)

Il potere scoraggiante dello Stato britannico deve essere distrutto e sarà distrutto. In tal modo inaugureremo una vittoria non solo per i lavoratori in Gran Bretagna, ma per i popoli oppressi ovunque. Lungi dallo scoraggiarci, la difficoltà del nostro compito e l'importanza del nostro compito ci spronano a una maggiore dedizione alla lotta. Sappiamo che un colpo decisivo per i lavoratori della Gran Bretagna sarà un colpo mortale contro l'imperialismo globale. (...)

I prossimi due anni saranno fondamentali, non solo per ricostruire la nostra organizzazione, ma anche per lottare per la nostra classe. Questo Congresso è incaricato di determinare come adempiremo al nostro ruolo storicamente essenziale. (…).

I giovani comunisti britannici celebrano, peraltro, i 100 anni della fondazione della loro organizzazione, costituitasi nel 1921, a Birmingham.

Luca Bagatin

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venerdì 20 agosto 2021

Kazakistan. L'attivista per i diritti umani, Ermek Taychibekov, condannato a 7 anni di carcere. Articolo di Luca Bagatin

Il 19 agosto scorso, Ermek Taychibekov, difensore dei diritti umani delle minoranze russe in Kazakistan, blogger e imprenditore di origine kazaka, è stato condannato a 7 anni di carcere dal tribunale di Almaty (Kazakistan).

Taychibekov era stato arrestato nel settembre 2020 con l'accusa di “incitamento al separatismo e alla dscordia nazionale”.

Taychibekov fu già arrestato nel 2015 - con la medesima accusa - e si è sempre difeso proclamandosi difensore dei diritti umani delle minoranze russe nel Paese e in favore del ritorno alla Russia delle zone “kazakizzate” dopo lo smembramento dell'Unione Sovietica.

Nel 2016 un rappresentante dell'OSCE (Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa) aveva già criticato la detenzione di Taychibekov da parte delle autorità kazake e ciò aveva contribuito alla sua scarcerazione anticipata, nel 2017.

Taychibekov risulta aver sempre espresso le sue opinioni pacificamente, nei media, senza mai incitare all'odio o alla violenza.

A sostenerlo, per primi, gli attivisti del partito nazionalbolscevico russo “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, che già nel dicembre 2020 avevano manifestato davanti all'Ambasciata del Kazakistan a Mosca, erigendo uno striscione per chiedere la liberazione dell'attivista per i diritti umani.

Il tutto nella totale indifferenza delle autorità statali russe, le quali preferiscono mantenere ottimi rapporti socio-economici con il vicino Kazakistan.

Gli attivisti nazionalbolscevichi denunciano il rischio di una nuova Ucraina, ovvero l'opporessione delle minoranze russe nel Paese.

Lo scrittore Eduard Limonov, per primo, nel 1992, denunciò l'oppressione dei russi da parte del governo ucraino e così fece negli Anni 2000 in Kazakistan, condannato al carcere con l'accusa di “tentativo di colpo di stato”.

Eduard Limonov e il suo partito (negli Anni '90 denominato Partito NazionalBolscevico e, dal 2010, “L'Altra Russia” e oggi, dopo la morte di Limonov, “L'Altra Russia di Eduard Limonov”) si sono sempre occupati di riunificare il mondo russo ex sovietico, promuovendo il socialismo popolare, in tutte le Repubbliche ex Sovietiche (comprese, in particolare, Estonia, Lettonia e Lituania).

A tale progetto si sono sempre opposti non solo i rispettivi governi succedutisi al crollo dell'URSS, anticomunisti, spesso di estrema destra o comunque autoritari, ma anche le stesse autorità statali russe che, non a caso, nel 2007 misero fuorilegge il Partito NazionalBolscevico e oggi perseguitano “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, impedendole, peraltro, di partecipare alle elezioni.

Luca Bagatin

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giovedì 19 agosto 2021

Cina. Il Presidente Xi Jinping contro i più ricchi: "Devono restituire di più all'intera comunità". Articolo di Luca Bagatin

La Cina è giunta da tempo a divenire potenza mondiale, ad aver stradicato la povertà assoluta e ad aver rafforzato la propria economia, con anni di anticipo rispetto alle previsioni del governo stesso.

Il corso riformatore del Presidente e Primo Segretario del Partito Comunista Cinese, Xi Jinping, ha dato i suoi frutti.

E proprio il Presidente Xi Jinping, ha inteso recuperare i principi marxisti-leninisti originari, che sembravano solo apparentemente accantonati, in una Cina che viene tacciata, spesso a torto, di essere più capitalista che socialista.

Da una parte, in maggio, il governo cinese ha organizzato un convegno mondiale dei partiti comunisti per rilanciare, a livello internazionale, le idee, le prospettive e il modello socialista.

Un modello che, in Cina, si traduce in un controllo delle imprese private a beneficio ed esclusivo interesse del pubblico e della comunità.

Dall'altra, Xi Jinping, sta rafforzando, in Cina, tale sistema che antepone gli interessi della comunità rispetto agli interessi privati. Una strada che sta privilegiando l'equità, rispetto all'efficienza.

In questo senso, il Presidente Xi, ha affermato la necessità di promuovere la “prosperità comune”, incoraggiando le fascie più abbienti a restituire di più all'intera comunità cinese.

Xi Jinping, al meeting della Commissione centrale per gli affati finanziari ed economici, da lui presieduta, ha infatti parlato di “prosperità comune quale requisito del socialismo”, oltre che “chiave della modernizzazione cinese”.

Xi ha fatto presente che “gli sforzi per respingere i principali rischi finanziari dovrebbero essere coordinati in linea con principi di mercato e stato di diritto” e ha sottolineato le necessità di un “ragionevole aggiustamento dei redditi eccessivi e sull'incoraggiamento a gruppi e imprese ad alto reddito per restituire di più alla società”.

Se le disparità di reddito, in Cina, sono purtroppo cresciute, il Presidente Xi intende porvi rimedio.

E ciò probabilmente si tradurrà in un aumento delle tasse per i redditi dei più ricchi, promuovendo gli acquisti di prodotti locali e penalizzando i marchi di lusso stranieri.

Una strada, peraltro, opposta rispetto a quella dei capitalisti USA e Unione Europea che, da sempre, privilegiano i ricchi imprenditori e investitori, a discapito di una comunità vessata da austerità generalizzata e aumenti indiscriminati delle imposte.

Luca Bagatin

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martedì 17 agosto 2021

Un'Altra Russia (di Eduard Limonov) è possibile. Poesia di Luca Bagatin

Un'Altra Russia (di Eduard Limonov) è possibile. 

Poesia di Luca Bagatin

Attivista de "L'Altra Russia di Eduard Limonov" di Nizhegorod

 Un'Altra Russia è possibile

Un'Altra Eurasia è possibile

Un'Altra Fiume dannunziana è possibile

Sulle onde dell'anarchia e del socialismo popolare

Sulle onde del nazionalbolscevismo di Eduard Limonov

Da Lenin a Niekisch, da Machno a Egor Letov

Per l'anticapitalismo, con passione, eroismo ed erotismo, contro ogni liberal-capital-totalitarismo!

Luca Bagatin 

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lunedì 16 agosto 2021

Come l'Afghanistan, da Paese laico e socialista, è finito nelle mani dei talebani. Articolo di Luca Bagatin

Molti anni sono passati dalla fine del governo laico e socialista afghano che vide in Mohammad Najibullah il suo ultimo esponente.

Se non partiamo dalla fine del suo governo, da quel tragico 1992, non capiremo mai il perché, oggi, i talebani, fondamentalisti islamici, sono inesorabilmente tornati.

Fu grazie al Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan, di ispirazione marxista-leninista e di cui Najibullah fu esponente, se, nel 1978, fu rovesciato il governo autoritario di Mohammed Daud Khan.

Fu così che fu proclamata la Repubbica Democratica dell'Afghanistan, che fu presieduta, sino al 1979, da Nur Mohammed Taraki, il quale avviò una serie di riforme: fece distribuire le terre ai contadini; abrogò la decima che i braccianti dovevano ai latifondisti; abolì l'usura; regolò i prezzi dei beni primari; nazionalizzò i servizi pubblici; riconobbe il voto alle donne; legalizzò i sindacati; abolì le leggi religiose e le sostituì con leggi laiche e vietò i matrimoni forzati.

Riforme che si scontrarono – come prevedibile - con le autorità religiose locali e, nel 1979, Taraki sarà assassinato dal Vice Primo Ministro Hafizyllah Amin, il quale fu sospettato dall'URSS di essere in combutta con la CIA.

Amin sarà ricordato per le sue brutalità e, contro il suo governo golpista, intervenne l'URSS, la cui Armata Rossa entrò a Kabul il 27 dicembre 1979 e venne quindi successivamente nominato Presidente l'esponente del Partito Democratico Popolare dell'Afghanistan Babrak Karmal, il quale rimarrà al governo sino al 1986. 

Il suo governo fu inviso sia agli USA che ai Mujaheddin, ovvero i fondamentalisti islamici, i quali saranno non a caso finanziati direttamente dagli USA in chiave anticomunista, per fomentare una lunga e cruenta guerra civile.

Guerra civile che terminerà – con la vittoria dei fondamentalisti - solo nel 1989, allorquando Gorbaciov smetterà di sostenere il governo laico socialista della Repubblica Democratica dell'Afghanistan.

Il 30 settembre 1987 fu eletto Presidente della Repubblica Democratica afghana, Mohammad Najibullah, che sarà anche il suo ultimo Presidente laico e socialista.

Najibullah emanò una nuova Costituzione che prevedeva multipartitismo, libertà di espressione e un sistema giudiziario indipendente.

Nonostante una campagna militare da lui guidata, che portò all'arresto di 40.000 ribelli fondamentalisti, il fondamentalismo islamico si fece sempre più aggressivo al punto che, una volta venuto meno il supporto dell'URSS, nel 1989, l'Afghanistan cadrà via via nelle mani islamiste.

Najibullah sarà costretto a dimettersi nel 1992, abbandonato da tutti, persino dall'ONU.

Sarà ucciso nel 1996 dai talebani che, una volta presa Kabul, vollero condannarlo a morte, quale atto simbolico. Vilipesero persino il suo corpo, prima di ucciderlo, esattamente come fecero i fondamentalisti islamici in Libia, con Mu'Ammar Gheddafi, altro ledaer laico e socialista.

Ecco come l'Afghanistan laico, socialista e democratico è morto.

Esattamente come la Libia laica, socialista e democratica (diretta) di Gheddafi.

Per mano del fondamentalismo islamico sostenuto dagli USA.

E oggi, siamo ancora, drammaticamente, a questo punto.

Fortunatamente, almeno alla Siria laica e socialista di Assad, sostenuta dalla Russia e dalla Cina, tutto ciò non è accaduto.

Luca Bagatin

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Non esiste altro Dio che la Natura e l'Essenza insita in ciascun essere. Socialismo, laicità e spiritualità sono emancipazione e libertà

Non credo nelle istituzioni, siano esse religiose o spirituali, che parlano per conto di un qualsivoglia "Dio" o "Grande Architetto".
Solo l'essere umano risvegliato, da sé stesso, senza necessità di sovrastrutture (inventate dalla mente distorta di esseri umani dogmatici, ignoranti e non risvegliati), può considerarsi Iniziato ai Misteri e comprendere che non esiste altro Dio che la Natura e l'Essenza insita in ciascun essere.
 
(Luca Bagatin)
 
Religione e capitalismo hanno generato, ad esempio, gli USA.
Un super Paese imperialista e egemonico diviso fra puritanesimo estremo, edonismo estremo e sfruttamento estremo.
Spiritualità, laicità e socialismo, invece, hanno generato realtà autogestite come la Libia di Gheddafi, la Jugoslavia di Tito o l'America Latina del Socialismo del XXI Secolo.
Ovvero realtà prive di fondamentalismo religioso. Realtà in cui il popolo era ed è protagonista di ogni processo sociale.
Dov'è la vera dittatura?
 
(Luca Bagatin)

mercoledì 11 agosto 2021

Sessualità e tempi moderni

La crisi sessuale dei tempi moderni, (oggi si fa poco sesso, se ne parla tanto, ma si fa poco e male) direi che nasce da due fattori.
Il primo il fatto che il consumismo (ideologia del danaro) ha inibito l'erotismo e il desiderio sessuale.
Le persone passano più tempo a consumare e ad apparire esteriormente/esteticamente, che a praticare sesso.
Il secondo, una certa repressione sessuale mentale (ideologia della religione), che inibisce la sessualità libera in tutte le sue forme, fra persone consenzienti.
Questi aspetti erano e sono totalmente assenti in società arcaiche, primitive e selvagge.
Sono purtroppo presenti in società considerate "civilizzate", schiave di materialismo, danaro, religione, modernità, agi materiali, iper tecnologia.
 

Sessualità e Divinità

 
Il sesso va trasceso e superato, proprio attraverso la sua più totale liberazione. Non attraverso la repressione che, appunto, genera e produce desiderio e bassi istinti.
Il desiderio va soddisfatto, realizzato e spiritualizzato.
Per raggiungere il Divino. Che è in ciascuno.
 
Luca Bagatin

lunedì 9 agosto 2021

Superare Stato e mercato. Per approdare all'autogestione, al socialismo, alla libera coscienza interiore

 

Stato e economia di mercato, due mali non necessari, che impoveriscono e imbarbariscono i popoli.

Sovvertire questi due aspetti, abbattendoli e trasformandoli in autogestione e in economia socialista di non mercato, è l'unica soluzione per tornare all'ordine naturale e civile delle cose.

Ovvero piccole comunità indipendenti e autogestite. Grandi al massimo quanto un quartiere. Con un'economia fondata sull'autoproduzione e la soddisfazione dei bisogni primari di tutti.

Un'economia fondata sul baratto, il dono e il libero scambio, volto al benessere e all'efficienza della comunità.

Senza imposizioni dall'alto, ma solo esposizioni della libera coscienza interiore. Senza egoismo dettato dal mercato e dalla mercificazione dei corpi e delle menti.

Luca Bagatin

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sabato 7 agosto 2021

Il Partito Comunista di Ravenna ricorda Anita Garibaldi, Eroina proletaria. Articolo di Luca Bagatin

A commemorare Anita Garibaldi, l'Eroina dei Due Mondi, rivoluzionaria e moglie del primo socialista e repubblicano senza tessera di partito, ovvero Giuseppe Garibaldi, nel 172esimo anniversario della sua morte, il Partito Comunista di Ravenna.

Il 4 agosto scorso, infatti, i militanti del PC ravennate, il loro candidato a Sindaco Lorenzo Ferri, in testa, hanno voluto celebrarla, presentando anche un suggestivo video che la ricorda.

Un video, peraltro, consegnato in dono alle Ambasciate di Venezuela e Palestina.

Anita Garibaldi era una donna del popolo, una donna coraggiosa, proletaria ed extracomunitaria che combatteva con le armi in pugno in difesa dei popoli oppressi e per la giustizia sociale”, così la ricordano i comunisti ravennati.

Nel video si ricorda come, sull'onda delle battaglie del Libertador Simon Bolivar, sia lei che Garibaldi, combatteranno “contro l'Impero del Brasile, per la giustizia sociale, contro lo schiavismo e i privilegi”.

Nel video, peraltro, si ricordano le doti di Anita, “abile cavallerizza e brava nel maneggio delle armi, fu sempre al fianco del Generale Giuseppe Garibaldi e alle sue Camicie Rosse” e come combattè sui campi di battaglia sudamericani e, sul Gianicolo, contro i Francesi di Napoleone III, alleati del Papa Re, difendendo la rivoluzione e la Repubblica Romana. Impresa nella quale morì, a soli 28 anni, a Mandriole di Ravenna, il 4 agosto 1849.

I comunisti ravennati hanno ricordato, inoltre, come il colore rosso delle divise di Anita e Giuseppe Garibaldi e dei loro prodi, sia stato e sia diventato “il colore delle tante battaglie condotte dal popolo italiano per ottenere diritti e giustizia negati dal potere reazionario e gattopardesco che ha tradito lo spirito rivoluzionario del Risorgimento popolare. Rosso era il colore delle prime cooperative, rosso era il colore della Rivoluzione Russa e delle Brigate Garibaldi. Rosso è il colore del socialismo, rossa è la bandiera che unisce i popoli di tutto il mondo”.

Rosso, peraltro, era il simbolo della Rivoluzione Bolivariana di Hugo Chavez, che utilizzò spesso la camicia rossa proprio in onore e ricordo di Anita e Giuseppe Garibaldi, come rammentato anche in diversi suoi discorsi pubblici.

Anita Garibaldi avrebbe lottato a fianco di tutti i popoli oppressi, ancora oggi, per il socialismo popolare. Assieme ai chavisti venezuelani e al popolo palestinese.

Personalmente, tengo a sottolinearlo anche da ex iscritto al PRI ed ex collaboratore de “La Voce Repubblicana” e de “L'Iniziativa Repubblicana” (prima di essere censurato da entrambe), molto pentito. Un PRI che, ancora oggi, muove polemiche inutili, a Ravenna, contro il PC, pur non rappresentando affatto ideali mazziniani e garibaldini, ma unicamente borghesi e capitalisti, tipici della destra liberale peggiore. Realtà che nulla hanno a che vedere con le lotte di emancipazione sociale e civile condotte dai Garibaldi e da Mazzini, fra i fondatori – peraltro – della Prima Internazionale dei Lavoratori, nel 1864, assieme a Marx, Engels, Bakunin e Proudhon.

Anita e Giuseppe Garibaldi, come giustamente dicono nel video gli amici del PC di Ravenna, vorrebbero, ancora oggi, che fosse “il popolo a comandare e non i banchieri di Wall Street o dell'Unione Europea, o gli italianissimi pescecani predatori del lavoro”.

Oggi più che mai, in un'epoca di sfruttamento del lavoro e del precariato, in un'epoca di disvalori e in cui tutto è in vendita (persino menti e corpi), ci sarebbe la necessità di una nuova, ma questa volta unitaria, Prima Internazionale dei Lavoratori. Capace di mettere da parte le vecchie divisioni e le vecchie polemiche Mazzini contro Marx.

Proprio nel nome di Anita Garibaldi.

Hasta la Victoria Siempre, Anita !

Luca Bagatin

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giovedì 5 agosto 2021

Luce, Vita, Amore e Libertà contrapposte all'ingiustizia. Il simbolo "V per Vittoria"


Luce, Vita, Amore e Libertà.
I principi della filosofia Thelema diffusi dal mago, esoterista e scrittore britannico Aleister Crowley, assieme al simbolo della “V per Vittoria", da egli utilizzato (suggerendone l'uso pubblico a Winston Churchill) per contrapporlo alla svastica nazista e al potere magico di tale simbolo, durante la Seconda Guerra Mondiale.

La “V” quale simbolo che si contrappone all'ingiustizia.

Come riportato dall'articolo del 10 ottobre 2018, pubblicato da “Thelemic Union” (al seguente link: https://thelemicunion.com/v-for-victory), “Il simbolo “V per Vittoria”, fa riferimento alla storia di Iside, Apophis e Osiride, come è illustrato nel Rituale Minore dell'Esagramma, pubblicato per la prima volta da Crowley in “The Equinox I, nr. 3, nel 1910. In questo rituale, la svastica è usata per rappresentare il lutto di Iside, e la “V” è usata per simboleggiare Apophis o Tifone il distruttore. Questo simbolismo spiega l'uso della "V" da parte di Crowley come contrasto alla svastica, poiché Apophis uccide Osiride, causando il lutto di Iside”.

Questo simbolismo spiega dunque l'uso della "V" da parte di Crowley come contrasto alla svastica. Ovvero la giustizia spirituale composta di LUCE – VITA – AMORE - LIBERTA' combatte l'ingiustizia nazista e ogni forma di ingiustizia e prevaricazione.

Secondo il principio: "Fai ciò che vuoi sarà tutta la Legge. L'Amore è la Legge, Amore sotto la Volontà".

L. B.

lunedì 2 agosto 2021

Elezioni Russia. Il partito "Comunisti di Russia" (CPKR), guidato da Maxim Suraykin, scende in campo. Articolo di Luca Bagatin

Al via la campagna elettorale in Russia, in vista delle elezioni per il rinnovo della Duma, il Parlamento russo, che si terranno dal 17 al 19 settembre prossimi.

Se da una parte ai nazionalbolscevichi de “L'Altra Russia di Eduard Limonov” è stato impedito di presentare liste elettorali (senza una motivazione valida), mentre il Partito Comunista della Federazione Russa (KPRF) di Gennady Zjuganov sta facendo ricorso per il rifiuto - da parte delle autorità - di presentare la candidatura di Pavel Grudinin, uomo di punta del partito, il leader dei “Comunisti di Russia” (CPKR), Maxim Suraykin, classe 1978, scende in campo con un tour elettorale, partendo dalla città di Barnaul, nel sud-ovest della Siberia.

Lo ha fatto il 30 luglio scorso, spiegando che, nonostante il fatto che il partito non disponga di finanziamenti pubblici (come i partiti presenti attualmente alla Duma) e quindi abbia a disposizione risorse limitate per poter raccogliere tutte le firme necessarie alla presentazione delle liste, conta di ottenere dal 7% al 12% dei consensi.

Gran parte del suo discorso è stato incentrato sulle critiche al sistema capitalista russo: “Molti soldi vanno agli oligarchi, quindi il 99% della popolazione del Paese vive male” - ha affermato Suraykin - “Tutto ciò di cui abbiamo bisogno è un alloggio, servizi pubblici gratuiti, medicine e cibo a buon mercato. In questo modo le persone possono essere felici. Questo è socialismo”, ha spiegato il leader comunista.

Suraykin ha anche discusso relativamente alle alleanze post-elettorali, spiegando che, secondo lui, sarà impossibile un'alleanza con il partito socialista patriottico “Russia Giusta – Patrioti – Per la Verità”, guidato da Sergey Mironov, Zakhar Prilepin e Gennady Semigin.

In merito, Maxim Suraykin, ha affermato: “Non puoi combinare un serpente con un riccio. Sergey Mironov è un socialdemocratico di destra, non di sinistra, lo ammette lui stesso. È per il capitalismo, ma con il sostegno sociale. Lascia che Sergey Mikhailovich recluti i comunisti nel partito. Quando ci sarà una maggioranza di socialdemocratici di sinistra, ci uniremo a loro”.
In tal senso, il leader dei “Comunisti di Russia”, è fiducioso che molti esponenti di sinistra del partito “Russia Giusta – Patrioti – Per la Verità”, come ad esempio gli esponenti di “Per la Verità” di Prilepin, lo abbandoneranno e solo allora sarà possibile un'alleanza con costoro.

Siamo pronti a unirci alla vera sinistra, ai veri comunisti”, ha affermato Suraykin.

Relativamente al Partito Comunista della Federazione Russa di Zjuganov, Suraykin ritiene invece che, in quel partito, vi siano “veri comunisti”, ma rimane critico nei confronti della sua leadership.

Il partito “Comunisti di Russia” è appoggiato sia del Partito Comunista Unito, la cui leader, Darya Mitina, sarà candidata nelle sue liste; sia dall'Unione della Gioventà Comunista Leninista (Komsomol), che ha apprezzato non solo il programma anticapitalista del partito, ma anche il fatto che il 40% dei candidati abbia meno di 40 anni.

I giovani del Komsomol hanno invece giudicato il partito di Zjuganov, nel corso del loro Congresso, tenutosi il 31 luglio scorso nella regione di Mosca, “obsoleto e goffo” e “collegato alle autorità”, ovvero non alternativo all'attuale governo liberal-capitalista di Putin.

Luca Bagatin

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domenica 1 agosto 2021

Cuba celebra la vittoria del pugile Julio César la Cruz alle Olimpiadi e il suo spirito patriottico. Articolo di Luca Bagatin

Il trentaduenne pugile cubano, della categoria dei mediomassimi, Julio César la Cruz, venerdì scorso, ha sconfitto, per 4 a 1, lo spagnolo Emmanuel Reyes, assicurando alla boxe cubana, tre podi alle Olimpiadi di Tokyo.

Reyes, nato a Cuba, ma attualmente residente in Spagna, ha voluto dedicare la sua vittoria alla sua patria d'origine, inchinandosi verso il pubblico e gridando: “Patria y Vida...NO! Patria o Muerte! Venceremos!”, ricordando il celebre slogan della Rivoluzione cubana.

Il Presidente cubano Miguel Diaz-Canel ha voluto sottolineare, su Twitter, le performance della delegazione cubana alle Olimpiadi, affermando: Ispirando le prestazioni dei nostri atleti, l'argento di Idalis Ortiz, il bronzo di Alba e il grido patriottico di #PatriaOMuerte di Julio César la Cruz in #Tokio2021. Ho parlato telefonicamente con loro e ho confermato l'orgoglio di #Cuba nei confronti dei suoi atleti”.

Durante la telefonata al pugile Julio César la Cruz, il Presidente cubano ha affermato inoltre che: “il tuo atteggiamento patriottico è stato un dono per il nostro popolo”.

Luca Bagatin

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