L'Eduard Limonov de
“Grande Ospizio Occidentale” incarna, senza dubbio, lo spirito di
Patrick McMurphy, protagonista del bellissimo romanzo di Ken Kesey,
“Qualcuno volò sul nido del cuculo”, interpretato sul grande
schermo da Jack Nicholson, nel capolavoro di Milos Forman del 1975.
In “Qualcuno volò sul
nido del cuculo” c'era la tirannica Grande Infermiera, sempre
pronta a sedare gli Agitati del reparto. Sempre pronta a garantire
ordine e lo svolgimento di una routine ammorbante impeccabile, in un
ambiente apparentemente confortevole.
Ma sarà il delinquente
Patrick McMurphy, già condannato per aggressione e gioco d'azzardo,
a rompere le regole del gioco e la routine, sovvertendo gli equilibri
del reparto dell'istituto psichiatrico, controllato dalla Grande
Infermiera.
Il “Grande Ospizio
Occidentale” denunciato da Limonov altro non è che il peggiore
degli inferni possibili. Ovvero la nostra società Occidentale,
liberal capitalista, che Limonov osserva e ha osservato sin dagli
Anni '70, quando si fece espellere dall'URSS e approdò negli Stati
Uniti d'America, per vivere inizialmente da senzatetto, poi da sarto,
da maggiordomo di un milionario e, pian piano, iniziare le sue prime
collaborazioni giornalistiche e letterarie.
E, successivamente, negli
Anni '80, ormai scrittore famoso, approdò in quella Francia nella
quale pubblicherà, per la prima volta e fra molte difficoltà, nel
1993 – per le edizioni “Belles Lettres” - questo suo agile
saggio critico - scritto alla fine degli Anni '80 - ripubblicato prima da Bartillat (nel 2016) e, in
questi ultimi mesi, da Bietti, a cura di Andrea Lombardi e con
introduzione di Alain De Benoist.
L'Ospizio di Limonov,
altro non è che una società sorvegliata dall'Amministrazione, che
garantisce ai Malati (i cittadini) ogni tipo di piacere e comfort,
utilizzando così quella violenza soft – attraverso l'esaltazione
di un Popolo senza opinioni, amante del progresso e del piacere
illimitato - che lo stesso Hitler uzilizzò contro i tedeschi della
sua epoca, mascherando così tutto l'orrore autentico del Regime.
Un Ospizio nel quale
tutto è permesso, ovvero niente è davvero permesso, come affermava
Pasolini. In cui i media e i giornali permettono “libertà di
parola”, ma effettivo spazio lo trovano solo coloro i quali hanno i
mezzi finanziari per poter raggiungere le masse. Oppure, venendo alla
nostra epoca dei “social”, tutti possono scrivere contro
l'Amministrazione dell'Ospizio, ma questo non smuoverà la situazione
di una virgola.
Come fa presente De
Benoist nella sua introduzione, ricordando il dissidente russo
Solzenicyn quando tenne una lezione agli studenti di Harvard: “Vengo
da un Paese in cui non si poteva dire nulla, e scopro un mondo in cui
si può dire tutto senza che ciò serva a nulla” (e ciò mi
ricorda una frase del leader repubblicano mazziniano e ex Ministro
della Difesa italiano Randolfo Pacciardi: “Dicono abbiamo la
libertà. Quale libertà? La libertà di una protesta inutile come
faccio io oggi”.
Nell'Ospizio denunciato
da Limonov l'uomo è svirilizzato, addomesticato dalla pubblicità
commerciale, dalla televisione, dalla musica pop, dai reality show
(denunciati già nel 1988-89 da Limonov!).
Egli è coccolato in modo
che non si ribelli mai e poi mai, se non a parole. In questo senso,
coloro i quali Limonov definisce Agitati (ovvero l'opposto dei
Malati), quali ad esempio il leader socialista libico Gheddafi (che
Limonov paragona al nostro Giuseppe Garibaldi e all'eroe
latinoamericano Simon Bolivar, altri Agitati da sedare e combattere,
secondo le regole dell'Ospizio), vanno vilipesi e bollati come
criminali, terroristi, selvaggi, barbari e chi più ne ha più ne
metta.
E ciò attraverso un
sistematico revisionismo che, infatti e non a caso, in particolare
negli ultimi decenni – grazie a una pessima storiografia
revisionista - vede trattato l'Eroe dei Due Mondi Giuseppe Garibaldi
come un “mercenario”, un “ladro” o un “terrorista”.
Persino il sistema del
voto elettorale, secondo Limonov, è inutile. Ovvero non è altro che
una legittimazione dell'Amministrazione dell'Ospizio, la quale
propone candidati incolore, de-ideologizzati, nessuno dei quali vuole
davvero cambiare alla radice il sistema.
“La maggioranza dei
cittadini non ha un'opinione, per mancanza di voglia e incapacità”
- scrive Limonov - “Vota in funzione di opinioni prefabbricate,
elaborate dall'Amministrazione e suggerite dai media”. E,
spesso, ne consegue, che la gran parte dei Malati-elettori abbia
persino rinunciato ad andare a votare (Limonov riporta, in merito, i
dati elettorali di Francia e USA alla fine degli Anni '80, epoca in
cui ha scritto il suo saggio, rilevando come in Francia votasse la
metà degli aventi diritto al voto, mentre negli USA gli elettori
effettivi fossero addirittura una minoranza).
“E' illogico” -
prosegue Limonov - “far eleggere i dirigenti dell'Ospizio a un
Popolo così influenzabile: non è lo stesso Popolo, d'altronde, che
il 30 gennaio 1933 ha dato il potere, con elezioni “libere e
democratiche”, a un certo leader tedesco?”. Sottolineando,
dunque, come l'elettoralismo possa addirittura portare al potere –
con il voto “democratico” (si fa per dire) – i peggiori
dittatori.
Eduard Limonov punta
inoltre il dito contro l'uomo bianco, borghese, ricco e “civlizzato”,
il quale “è convinto di poter capire qualsiasi conflitto sul
pianeta dopo aver dato una rapida occhiata alla televisione o
leggiucchiato un paio di trafiletti su qualche giornale. Non è
cosciente delle conseguenze negative del proprio intervento nella
vita dell'Africa, del fatto che la civiltà europea non è estranea
alla moltiplicazione delle Vittime”. Quanta
attualità!
E, con ciò, Limonov
sottolinea come l'Amministrazione dell'Ospizio, attraverso i media,
si ponga sempre dalla parte delle Vittime...ma solo se non provengono
da Africa, America Latina e Asia, ovvero quelle realtà che non fanno
parte dell'Ospizio.
Le realtà estranee
all'Ospizio, infatti, secondo Limonov, hanno mantenuto il loro senso
comunitario, aracico, ribelle, agitato, estraneo all'ammorbamento
prodotto dal benessere materiale, dalla tecnologia, da un lavoro
alienante che costringe le persone (i Malati dell'Ospizio) – dalla
culla alla casa di riposo – a produrre sempre di più, distruggendo
così sempre più risorse naturali e l'ambiente.
L'Ospizio, secondo
Limonov, in nome dell'ideologia del progresso e della prosperità, ha
veicolato un piacere effimero, che ha annientato - negli esseri umani
che ne fanno parte - ogni senso di sofferenza e dolore. Condizioni
necessarie, all'essere umano, per crescere, emanciparsi ed essere
realmente felice, in quanto realmente artefice del proprio destino,
attraverso il superamento degli ostacoli e delle difficoltà che la
vita e la Natura che lo circonda gli offre.
La società dell'Ospizio
è, invece, infantile e adolescenziale. E, nel suo imporre a tutti i
Malati di essere eternamente giovani, belli, occupati e benestanti,
si è dimenticata dell'ecosistema e della Natura che, se provocata,
può fare davvero paura (e lo stiamo notando oggi, fra pandemie e
eventi climatici estremi!).
Limonov, in conclusione,
sostiene che “bisognerebbe innanzitutto distruggere l'Ospizio e
le sue leggi. Solo misure radicali, estreme, potranno fermare la
distruzione del pianeta: l'arresto completo del progresso criminale,
lo sradicamento del “modo di vivere industriale” e la sua
sostituzione con un altro”.
Altro che “sviluppo
sostenibile”! Altro che “case green”! A questi palliativi
inutili, Limonov contrappone l'uscita dal sistema
tecnologico-industriale e un ritorno dell'essere umano a uno stato
pre-industriale. Autenticamente libero e selvaggio. Padrone del
proprio destino e non più allevato come un “animale in batteria”
e trattato come una “risorsa umana” da spendere e macinare
nell'ingranaggio del vivi-consuma-produci-crepa.
Il “Grande Ospizio
Occidentale” di Eduard Limonov è saggio sociologico e psicologico
affascinante, scritto da un personaggio affascinante.
Un dissidente, tanto ad
Ovest quando nella sua Russia, ove fondò, assieme a giovani e
artisti (fra i quali il cantante rock Egor Letov, che fu entusiasta
di questo saggio) il Partito NazionalBolscevico, primo partito ad
essere messo al bando in Russia – nel 2007 – che ricevette il
plauso persino della giornalista Anna Politkovskaja e che, rinato nel
2010 con la denominazione “L'Altra Russia” (e, dal 2020, dopo la
morte di Limonov, “L'Altra Russia di Eduard Limonov”), ancora
oggi viene perseguitato.
Eduard Limonov, questo
signore che avrebbe oggi 80 anni, ha profetizzato tutto. Tanto i
conflitti ad Est attuali (nel 1992 denunciò i nazionalismi russofobi
delle ex repubbliche sovietiche, ormai diventate capitaliste), che la
situazione sociale e psicologica dell'Occidente-Ospizio.
Patrick McMurphy –
l'Agitato de “Qualcuno volò sul nido del cuculo” - per essere
definitivamente sedato, viene lobotomizzato per ordine della Grande
Infermiera. Eduard Limonov morì, nel 2020, a 77 anni, dopo aver
lottato per anni contro un tumore al cervello.
Il Grande Ospizio
Occidentale (che, per ammissione di Limonov, ha ormai conquistato
anche Russia e Cina), può sedare e tentare di annientare in ogni modo gli Agitati, ma questi
continuaranno sempre e comunque ad esistere e le loro opere saranno
ancora lette e conosciute, anche se, magari, da quei pochissimi che
avranno la voglia e pazienza di approfondire.
Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it