giovedì 31 marzo 2022
Aleksandra Kollontaj (31 marzo 1872 - 9 marzo 1952) su Amore, Eros e Rivoluzione
Berlino. Democristiani vorrebbero smantellere il monumento dedicato a Ernst Thälmann, comunista e antifascista. Articolo di Luca Bagatin
La CDU (Unione Cristiano Democratica) del distretto di Berlino, Pankow, come riportato già da numerosi giornali tedeschi il 24 marzo scorso - vorrebbe far fondere il monumento dedicato al leader comunista antifascista Ernst Thälmann (1886 – 1944) , che fu uno dei principali oppositori al nazismo hitleriano, negli Anni '20 e '30, tanto che sarà internato in un lager e, nel 1944, ucciso dalle SS.
Il monumento a Thälmann, progettato dallo scultore sovietico Lev Kerbel, negli Anni '80, si erge presso l'Ernst-Thälmann-Park, nel quartiere Prenzlauer Berg di Berlino.
La CDU berlinese ha presentato un'assurda mozione dal titolo “Nessun onore per i nemici della democrazia, smantellere il monumento a Ernst Thälmann”, chiedendo che i soldi della vendita del materiale fuso sia devoluto alle vittime della guerra in Ucraina.
Ad opporsi per primo alla richiesta della CDU, Matthias Zarbock, del partito socialista, anticapitalista e di sinistra DieLinke, il quale ha affermato: “Naturalmente, la fazione di sinistra rifiuterà la mozione. Troviamo irriverente usare la guerra criminale di Putin contro l'Ucraina e le sue terribili sofferenze come giustificazione per la richiesta che il monumento venga demolito. Ciò ignorerebbe il fatto che Thälmann fu assassinato dai nazisti nel campo di concentramento di Buchenwald. Non vogliamo cancellare le occasioni per affrontare la Storia dallo spazio pubblico, ma piuttosto affrontarle attivamente”, ha affermato Zarbock.
Di pari opinioni anche il socialdemocratico della SPD Roland Schröder, affermando – al Berliner Morgenpost – che “Il gruppo parlamentare SPD rifiuterà quindi la mozione”.
E anche Verdi e liberali della FDP hanno annunciato che respingeranno la mozione della CDU, pur rimanendo critici sulla presenza di tale monumento.
L'esponente berlinese del Partito Comunista Tedesco (DKP), Stefan Natke, ha ricordato come, alle elezioni presidenziali del 1932, in cui si candidarono Ernst Thälmann, Paul Von Hindenburg e Adolf Hitler, lo slogan di Thälmann fosse “Chi vota per Hindenburg vota per Hitler. Chi vota per Hitler, vota per la guerra” e così è andata, ha dichiarato Natke. Ricordando come Thälmann sia stato “un antimilitarista e antifascista” e che dunque, rimuovere il monumento a lui dedicato, in particolare in questo momento storico, sarebbe un vero scandalo.
Ernst Thälmann nacque ad Amburgo nel 1886, fu da sempre attivista contro ogni guerra, convinto – assieme a Rosa Luxemburg, Karl Liebknecht e Lenin, che “Il nemico è in casa propria”, riferendosi al capitalismo.
Fu arruolato a forza a combattere, sul fronte occidentale, nella Prima Guerra Mondiale, ma si arrese nel 1918, tornò all'attivimo politico nel campo marxista-leninista e lottò per far cadere il governo del Kaiser.
Nel 1920 uscì dal Partito Socialdemocratico Indipendente e aderì al Partito Comunista Tedesco (KPD), guidando, nel 1923, l'insurrezione operaia di Amburgo. Nel 1925 fu nominato Segretario Generale del partito e si candidò alle elezioni presidenziali di quell'anno, ottenendo il 7% dei consensi, pari 1.871.815 voti.
Da sempre sostenitore di un'azione rivoluzionaria e di un fronte unico, nelle fabbriche, fra comunisti e socialdemocratici, si candidò anche alle elezioni presidenziali del 1932 contro Hindenburg e Hitler, ma pur sconfitto, ottenenne ben il 13,2% e 3.700.000 voti.
Con l'avvento di Hitler al potere, nel 1933, inizò la repressione contro i comunisti e tutti i partiti della sinistra e, in quell'anno, Thälmann venne arrestato e deportato nel campo di concentramento di Sonnenburg, passando i successivi undici anni, da una prigione all'altra.
Verrà ucciso, nel 1944, con un colpo alla nuca dalle SS, nel campo di concentramento di Buchenwald.
Un busto di Thälmann fu eretto a Cuba negli Anni '70, alla presenza di Fidel Castro e l'isola cubana di Cayo Blanco del Sur fu rinominata Isola Ernst Thälmann.
Dire – come fanno quelli della CDU berlinese - che Ernst Thälmann sia un “nemico della democazia” appare dunque, quantomeno, bizzarro e pretestuoso.
Luca Bagatin
mercoledì 30 marzo 2022
Con Adriano Celentano Presidente della Repubblica, l'Italia avrebbe ripudiato la guerra e fatto trionfare l'amore
Con Adriano Celentano Presidente della Repubblica, molto probabilmente, l'Italia sarebbe stata fuori da ogni conflitto e non avrebbe mai aumentato le spese militari.
Adriano Celentano Presidente della Repubblica. Articolo di Luca Bagatin del 15 dicembre 2021
Come al solito è partito il consueto balletto dei politici, sempre più slegati dai problemi del Paese, sempre più uniti da un sistema economico che favorisce i più abbienti, il sistema bancario, il sistema delle imprese e quello di una crescita economica (niente affatto illimitata), volta alla distruzione del Pianeta e allo sfruttamento del lavoro.
Un sistema, peraltro, governato sempre più dalle logiche di Washington e di Bruxelles.
Così è da almeno quasi trent'anni. E oggi, con un governo espressione praticamente di tutto il Parlamento e di tutti i poteri forti internazionali, è ancora più evidente.
In tutto ciò, non potrà che essere eletto il solito Presidente espressione dei veti incrociati fra i politici e gradito ai poteri forti internazionali.
Ma ciò, non ci toglie il piacere di sognare e di immaginare come, per una volta, sarebbe bello eleggere un Presidente totalmente fuori dai giochi.
In questo senso trovo che Adriano Celentano sarebbe la persona più giusta e lo dico tanto seriamente quanto, proprio per questo, sono consapevole che non potrebbe mai e poi mai, non solo essere eletto, ma nemmeno essere preso in considerazione.
E ciò non in quanto Celentano è uomo di spettacolo (lo sono gran parte dei politici italiani più noti, ormai da qualche decennio), ma in quanto Celentano ha sempre usato la sua immagine e popolarità per fare politica. O, meglio (anti)politica. Che è la politica più alta che possa esistere, in quanto volta alla sovversione della realpolitik e del Potere prostituito (prima ancora che costituito) alle logiche del mercato e dell'economia.
Celentano, dicevamo, ha sempre fatto politica. Non partitica, anzi. Non ha mai fatto parte di alcun partito. Ma, sin dagli Anni '80 almeno, ha sollevato questioni sociali e politiche molto forti. Per quanto scarsamente comprese, in un'Italia che ha preferito lasciarsi abbindolare dalla pubblicità commerciale (sin da tempi non sospetti) e dalla propaganda partitica.
Nel 1985, Celentano, realizzò un bellissimo quanto dimenticato film: “Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì”. Un film a tratti comico, ma anche profondamente crudo e drammatico.
Un film nel quale, il Molleggiato, vestiva i panni del Messia o, quantomeno, di un Messia. Un Messia moderno/antimoderno, che tentava di illuminare il cammino di un'umanità preda della dittatura tecno-mercantile e consumista. Una dittatura già denunciata, qualche tempo prima, da Pier Paolo Pasolini, totalmente inascoltato.
E Celentano ha proseguito su questo filone, pur prendendosi critiche e perdendo finanche in popolarità.
Non era già più il Celentano semplice cantante “molleggiato” degli Anni '50 e '60, o quello divertente e a tratti romantico delle commedie di Castellano & Pipolo, con Ornella Muti.
Era qualcosa che mirava a scuotere le coscienze, usando per la prima volta il mezzo televisivo volto all'intrattenimento.
Nel 1987, in una puntata di “Fantastico”, da lui diretta, realizzò un monologo nel quale si definì, provocatoriamente “figlio della foca” e lanciò lo slogan “La caccia è contro l'amore”, che i cittadini avrebbero dovuto scrivere sulla scheda elettorale dei referendum abrogativi, che si tenevano in quei giorni.
La cosa costò a Celentano un processo da parte della Corte di Assise di Roma, nel febbraio 1988, che portò alla sua assoluzione nel 1989.
Ma, per la prima volta, una star della televisione faceva apertamente politica o, meglio, (anti)politica, sovvertendo le regole del gioco e parlando al cuore delle persone.
Ecco, Celentano, da allora, iniziò a parlare al cuore delle persone.
Contro la caccia, per la tutela dell'ambiente (decenni prima del fenomeno mediatico Greta Thumberg, che non ha mai rischiato alcun processo), per una società diversa e più giusta.
E lo farà negli anni successivi, con i suoi show e con molte delle sue canzoni (pensiamo ad esempio a “Arrivano gli uomini” e a “Facciamo finta che sia vero”).
E lo farà anche con il purtroppo ignorato cartone animato-serie evento “Adrian”, del 2019.
Una serie animata nella quale lui stesso si trasforma in una sorta di supereroe che abita nelle periferie di Milano e diviene, così, una bandiera post-ideologica.
La bandiera dei più deboli, schiacciati dal cemento, dalla mafia, dai soprusi di una politica autoreferenziale e di una economia che promuove la dittatura del danaro e del consumo e lo fa in modo subdolo, strisciante, come il peggiore dei totalitarismi.
Una serie animata sulla realtà che stiamo vivendo e su quella ancora peggiore che potremmo vivere, se non acquisiremo consapevolezza della deriva che sta prendendo questa sedicente “civiltà”.
“Solo l'Amore ci può salvare”, fu il leitmotiv che accompagnava tale serie tv, dedicata a Gino Santercole e prodotta da Claudia Mori, la cui bellissima immagine fu rappresentata anche nel cartone quale compagna di Adrian.
“Solo l'Amore ci può salvare” è una frase apparentemente banale, ma che dice tutto.
Solo ciò che non si può ancora vendere e comprare ci può salvare. Perché ci stiamo condannando e non ce ne stiamo nemmeno rendendo conto.
E i governi di tutti il Pianeta ci stanno condannando. Da secoli, da decenni.
Sarebbe bello che, a ricordarcelo, a livello istituzionale, fosse un Adriano Celentano nelle vesti di Presidente della Repubblica. Per la prima volta un Presidente superpartes e oltre ogni forma di Potere.
Sarebbe bello, ma, come dicevo, purtroppo, non accadrà.
Luca Bagatin
martedì 29 marzo 2022
L'India in sciopero contro le privatizzazioni. Articolo di Luca Bagatin
In India milioni di lavoratori hanno indetto uno sciopero nazionale, il 28 e 29 marzo, contro le politiche di privatizzazione selvaggia attuate dal governo conservatore di Narendra Modi.
Dieci i sindacati che hanno organizzato lo sciopero e pretendono che il governo fornisca una copertura sociale universale, aumenti il salario minimo e blocchi la privatizzazione del settore bancario.
Lo sciopero ha avuto maggiori successi nel Kerala meridionale, il cui governo è retto dal Partito Comunista Marxista d'India, fra i maggiori sostenitori dello sciopero.
Proprio nel Kerala era stata eletta Sindaco della capitale, nel dicembre 2020, la giovane Arya Rajendran, di 21 anni, la quale si contrappose, già allora, alle riforme agrarie di matrice liberale imposte dal governo e scarsamente contrastate dal centrosinistra, ovvero dal Congresso Nazionale Indiano, che è stato sconfitto in ben 5 Stati alcune settimane fa.
Allora, Arya Rajedran, aveva affermato, al momento della sua elezione: “La democrazia non è una sola persona al comando, ma si tratta di prendere decisioni collettive. Il partito ha inaugurato una nuova era sulla base di questa prospettiva e mettendo in campo così tanti giovani candidati, comprese giovani donne”.
Luca Bagatin
lunedì 28 marzo 2022
Comunisti per la pace e contro i governi capitalisti guerrafondai. Articolo di Luca Bagatin
L'Incontro Internazionale dei Partiti Comunisti e Operai (IMCWP o Solidnet), rete di solidarietà internazionale, alla quale aderiscono partiti comunisti e operai di tutto il mondo, ha esposto – già da alcune settimane - la sua posizione, in merito al conflitto russo-ucraino.
E lo ha fatto attraverso una dichiarazione congiunta – dal titolo “No alla guerra imperialista in Ucraina!” - pubblicata in varie lingue, sul suo sito ufficiale: http://solidnet.org/article/Urgent-Joint-Statement-of-Communist-and-Workers-Parties-No-to-the-imperialist-war-in-Ukraine.
“I Partiti Comunisti e Operai” - si legge nel testo della dichiarazione - “si oppongono al conflitto imperialista in Ucraina, che costituisce una delle conseguenze della tragica situazione per i popoli formatisi dopo il rovesciamento del socialismo e la dissoluzione dell'Unione Sovietica. (…) la restaurazione del capitalismo ha significato lo smantellamento delle conquiste storiche degli operai e del popolo e ha portato i popoli dell'URSS all'era dello sfruttamento di classe e delle guerre imperialiste”.
“Gli sviluppi in Ucraina che hanno luogo nel quadro del capitalismo monopolistico” – prosegue la dichiarazione - “sono legati ai piani di USA, NATO e UE e al loro intervento nella regione nel contesto della loro feroce competizione con la Russia capitalista per il controllo dei mercati, delle materie prime e delle reti di trasporto del Paese. Questi propositi sono nascosti dalle potenze imperialiste, che sono in conflitto promuovendo i propri pretesti come la “difesa della democrazia”, l'”autodifesa”, e il diritto di “scegliere le proprie alleanze”, il rispetto dei principi dell’ONU o dell’OSCE, o il presunto “fascismo”, mentre separano deliberatamente il fascismo dal sistema capitalista che lo genera e lo utilizza”.
Nella dichiarazione vengono altresì denunciate le persecuzioni contro i dissidenti, i cittadini di lingua russa e i comunisti, in Ucraina: “Denunciamo l’attività delle forze fasciste e nazionaliste in Ucraina, l’anticomunismo e la persecuzione dei comunisti, la discriminazione della popolazione di lingua russa, gli attacchi armati del governo ucraino contro la popolazione del Donbass. Condanniamo l’utilizzo delle forze politiche reazionarie dell’Ucraina, compresi i gruppi fascisti, da parte delle potenze euro-atlantiche per la realizzazione dei loro piani (…)”.
Nella dichiarazione comunista viene inoltre espressamente condannato il governo capitalista di Putin: “La decisione della Federazione Russa di riconoscere inizialmente l'”indipendenza” delle cosiddette “Repubbliche popolari” nel Donbass e poi di procedere a un intervento militare, che si sta svolgendo con il pretesto dell'”autodifesa” della Russia, della “smilitarizzazione” e della “defascistizzazione” dell’Ucraina, non è stata presa per proteggere il popolo della regione o la pace, ma per promuovere gli interessi dei monopoli russi nel territorio ucraino e la loro feroce concorrenza con i monopoli occidentali”.
Viene dunque espressa solidarietà sia ai comunisti che ai popoli fratelli di Russia e Ucraina, invitandoli a prendere le distanze dai rispettivi governi e ad allearsi in nome del socialismo: “Esprimiamo la nostra solidarietà ai comunisti e ai popoli della Russia e dell’Ucraina e siamo al loro fianco per rafforzare la lotta contro il nazionalismo, che è favorito da ogni borghesia. I popoli di entrambi i Paesi, che vivevano in pace e prosperavano insieme nel quadro dell’URSS, così come tutti gli altri popoli non hanno alcun interesse a schierarsi con l’uno o l’altro imperialista o alleanza che serve gli interessi dei monopoli”
Ferma condanna viene espressa anche contro UE e NATO: “(…) la verità è che la NATO e l’UE, come ogni unione transnazionale capitalista, sono alleanze predatorie di natura profondamente reazionaria che non possono diventare a favore dei popoli e continueranno ad agire contro i diritti dei lavoratori e dei popoli; e che il capitalismo va di pari passo con le guerre imperialiste”.
Un invito - a resistere alla propaganda capitalista - viene dunque posto ai popoli di tutti i Paesi: “Invitiamo i popoli dei Paesi i cui governi sono coinvolti negli sviluppi (…) a lottare contro la propaganda delle forze borghesi che attirano i popoli nel tritacarne della guerra imperialista usando vari falsi pretesti”.
E viene ribadita l'esigenza di “chiusura delle basi militari, il ritorno a casa delle truppe dalle missioni all’estero e a rafforzare la lotta per il disimpegno dei Paesi dai piani e dalle alleanze imperialiste come la NATO e l’UE”.
La dichiarazione congiunta si conclude come segue, ovvero con un invito agli strati popolari a non dividersi, ma a rafforzarsi, contro il capitalismo: “L’interesse della classe operaia e degli strati popolari ci impone di rafforzare il criterio di classe per analizzare gli sviluppi, per tracciare il nostro cammino indipendente contro i monopoli e le classi borghesi, per il rovesciamento del capitalismo, per il rafforzamento della lotta di classe contro la guerra imperialista, per il socialismo, che rimane più che mai attuale e necessari”.
Tale dichiarazione è stata firmata da oltre 60 partiti e movimenti comunisti e operai, dall'Europa all'Asia, passando per l'Africa, il Nordamerica e l'America Latina.
Luca Bagatin
sabato 26 marzo 2022
Il Potere (politico, economico, mediatico, religioso) è opposto alla democrazia (e all'amore). Articolo di Luca Bagatin
Nessun governo dovrebbe essere legittimato ad agire al posto dei cittadini. Sono convinto che i governi non siano affatto i rappresentanti dei cittadini, ma siano il primo ostacolo alla democrazia.
Sono i cittadini, liberi dall'ego, che possono fondare una democrazia e una civilità. Che sarà tale solo quando sarà fondata sui valori di Amore e Libertà, Giustizia e Bellezza, Emancipazione e LiberAzione.
La democrazia è volontà di un popolo. Decisione diretta di un popolo. Senza sovrastrutture.
Ma, senza autocritica e liberazione dall'ego, le sovrastrutture rimangono.
Per sovrastrutture intendo i sistemi politici, mediatici, religiosi e economici.
Che sono tali e sono presenti per alimentare l'ego, ovvero il senso di potere degli individui. E tale senso di potere genera oppressione (degli uni verso gli altri) e dentro sé stessi.
Penso che la politica, come l'economia, il sistema religioso e mediatico, vadano de-strutturati. E analizzati sotto il profilo sociologico e psicologico.
Tutto nasce dalla vita di tutti i giorni di noi comuni mortali. Ovvero dai nostri bisogni primari. E forse il principale dei bisogni primari è l'amore, inteso in tutte le sue forme.
Le sovrastrutture nascono dall'ego.
Ego con il quale, purtroppo, veniamo al mondo. E con il conseguente desiderio di potere e di controllo (sugli altri e su noi stessi).
Le
sovrastrutture esistono solo per proteggere l'ego e per alimentarlo.
Diffondendo e propagando ulteriore discordia, ulteriore dipendenza
(psicologica e sociale) e ulteriore potere (che genera, appunto,
oppressione). E tutto ciò genera, appunto, odio e violenza.
Finché non
sviscereremo questo nodi, non andremo lontano e ci troveremo a
ripetere le stesse situazioni, le stesse tragedie, anche nelle nostre stesse vite (è così da sempre, nel corso della Storia)
Molte persone, nella vita, purtroppo, amano essere ingannate e sottomesse.
Il sistema politico, mediatico, religioso e economico, è cucito loro addosso e realizzato (o auto-realizzato) proprio sulla base del fatto che amano essere ingannate e sottomesse.
Personalmente non sono contro le ideologie, di per sé stesse. Ma le apprezzo solamente se sono libere dal dogma. Apprezzo molto il socialismo autogestionario (che poi non è così lontano da com'erano organizzate le società arcaiche e matriarcali). Ma le ideologie, come ogni altro aspetto, compresa la ricerca spirituale e interiore, sono utili solo se usate non come fine ultimo, ma come strumento per comprendere sé stessi e per trascenderle.
Arrivando alla liberazione dell'ego e al raggiungimento della vera emancipazione (dalle dipendenze, ovvero dalle sovrastrutture).
Purtroppo, chi è legato alle ideologie dogmatiche (di ogni colore), fatica ad andare oltre a queste.
Non penso che i dogmatismi ideologici (al pari di quelli religiosi o mediatici) abbiano nulla di intressante.
Chi ha delle verità in tasca, in realtà, ha solo delle enormi insicurezze, nella sua tasca.
La pigrizia mentale porta ad avere verità preconfezionate. La ricerca incessante, invece, porta all'esercizio della libertà interiore.
Luca Bagatin
mercoledì 23 marzo 2022
AMORE CONTRO IL POTERE. Poesia di Luca Bagatin
Non dal Potere,
Ma dall'Amore
Nasceranno i fiori
Di un'autentica primavera.
Arte – LiberAzione – Creatività
interiore - Erotismo - Spiritualità
Luca Bagatin
#nowar #stopwar #stopsanzioni #nosanctions #givepeaceachance
#noninmionome #mariodraghigohome
Dissidenti di sinistra arrestati in Ucraina. Esattamente come in Russia. Articolo di Luca Bagatin
Il giornalista indipendente ucraino, residente in Cile, Oleg Yasinsky, ha scritto un articolo apparso su Pressenza.com il 21 marzo scorso (https://www.pressenza.com/it/2022/03/caccia-alle-streghe-in-ucraina-contro-giornalisti-attivisti-e-politici-di-sinistra).
Nell'articolo viene segnalato l'arresto del giornalista ucraino Yuriy Tkachev, caporedattore della rivista online “Timer Odessa.net”, da parte degli agenti del Servizio di Sicurezza (SBU) del suo Paese.
Nell'articolo, Yasinsky, spiega come Tkachev, sia sempre “stato molto critico nei confronti del precedente e anche dell’attuale governo ucraino per le sue politiche dopo le proteste della Maidan e dopo il “massacro di Odessa del 2 maggio 2014” a opera di estremisti di destra e i “cecchini della Maidan”; le indagini al riguardo sono state bloccate, rinviate per molti anni e non sono ancora concluse”.
Yasinsky denuncia – fra le altre cose - come “Dall’inizio della guerra in Ucraina, i rappresentanti della destra e del nazionalismo, tra cui diversi noti intellettuali, hanno iniziato a invocare la violenza e persino l’omicidio di coloro che sostenevano pubblicamente gli accordi di Minsk, coloro che protestavano contro la “de-comunistizzazione” (la politica ufficiale dello Stato ucraino per cancellare ogni traccia di ideologia comunista nel paese) e la soluzione politica del conflitto nel Donbass. I primi obiettivi degli attacchi sono stati i gruppi di sinistra”.
Il giornalista ucraino ricorda inoltre come “Il 27 febbraio sono stati arrestati i fratelli Mikhail e Aleksandr Kononovich, leader della Gioventù Comunista Ucraina, etnicamente bielorussi. Non si sa dove siano e di cosa siano accusati. Tutte le comunicazioni con loro sono state interrotte”.
E prosegue elencando i numerosi arresti nei confronti di attivisti di sinistra e pacifisti in Ucraina (il lungo elenco è presente nel suo articolo).
Come se non bastasse, fa presente Oleg Yasinsky, il 20 marzo scorso, il Presidente Volodymyr Zelensky ha bandito tutti i partiti politici di sinistra e di opposizione.
“Violando la Costituzione, il 20 marzo il presidente Volodymyr Zelensky ha bandito tutti i partiti politici di sinistra e di opposizione, con l'accusa di “avere contatti con la Federazione Russa”. “Come se ci fosse qualcuno in Ucraina senza contatti in Russia!”, ha affermato il giornalista.
Sembra una situazione speculare a quella accaduta, da sempre, anche in Russia. Laddove il governo capitalista e autocratico di Putin ha spesso messo i bastoni fra le ruote all'opposizione di sinistra. Arrestando, peraltro diversi suoi esponenti (i deputati comunisti Nikolay Bondarenko e Yuri Yukhnevich e il leader di “Per un Nuovo Socialismo”, Nikolay Platoshkin, ad esempio) e impedendo ad alcuni partiti d'opposizione di essere presenti alle elezioni, fra cui il partito di sinistra “L'Altra Russia di Eduard Limonov” (i cui attivisti vengono continuamente arrestati), il Partito Libertario e il partito di Aleksey Navalny.
Senza dimenticare il caso dell'uccisione della giornalista indipendente Anna Politkovskaya, nel 2006.
In tutto ciò, ad ogni modo, l'UE – anziché ricercare e invocare la pace fra i popoli fratelli russi e ucraini e schiararsi con loro - si schiera con uno dei due governi autocratici e fornisce addirittura armi.
E il Parlamento italiano ospita l'intervento di Zelenksy e aumenta le spese militari, in barba al dettato costituzionale che prevede che “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”.
In tutto ciò, in sostanza, totale mancanza di responsabilità e di senso critico.
Responsabilità e senso critico che, invece, stanno dimostrando la Cina; il Papa dei cattolici Francesco; i socialisti europei Belarra (Ministra spagnola), Corbyn e Melénchon; i deputati comunisti russi (Mikhail Metveyev, Oleg Smolin e Vyacheslav Markhaev) che immediatamente si sono opposti all'intervento militare in Ucraina; il libertarian statunitense Ron Paul; i comunisti britannici e greci e il musicista Roger Waters (che ha denunciato i “gangster capitalisti di Washington e Mosca”).
Tanto per citare solo alcuni fra coloro i quali hanno invocato la non ingerenza, il dialogo e inchiodato ogni attore alle proprie responsabilità. Gli USA per aver preteso l'allargamento ad Est della NATO; l'UE per continuare a fornire di armi all'Ucraina e la Russia per l'attacco all'Ucraina.
E tutti costoro hanno peraltro anche denunciato il sistema delle sanzioni, che danneggiano unicamente i popoli e i più deboli.
In tutto ciò, i potenti, gli autocrati, i guerrafondai e i capitalisti (di USA, UE, Ucraina e Russia), si tengono stretti i loro scranni e i grandi media proseguono la loro propaganda “con l'elmetto”.
Mentre i popoli muoiono sotto le bombe e le sanzioni e, tutti, rischiamo una guerra nucleare.
“Tutto ciò che noi diciamo è: date una possibilità alla pace”, cantavano John Lennon e Yoko Ono (assieme a Timothy Leary e a molti altri attivisti libertari dell'epoca), nel 1969.
Mai, come oggi, abbiamo bisogno dello spirito di questa canzone. Oltre che di “Imagine”.
Perché un mondo completamente diverso, non è poi così difficile da immaginare. Se solo vogliamo dare retta alla logica e alla razionalità.
Luca Bagatin
domenica 20 marzo 2022
L'equilibrio e la razionalità della Cina di fronte al conflitto russo-ucraino. Articolo di Luca Bagatin
Già prima dello scoppio del recente conflitto russo-ucraino, il Ministro degli Esteri cinese, Wang Yi, si era espresso alla Conferenza di Monaco sulla sicurezza nella ricerca di: “una soluzione pacifica che garantisca sicurezza e stabilità in Europa”, sottolineando come “nessuno è al di sopra del diritto internazionale”.
In particolare, relativamente all'Ucraina, aveva affermato – ammonendo tanto gli USA che la Russia e l'UE - che “L'Ucraina deve essere un ponte che unisce Est e Ovest e non una linea di fronte per una competizione tra diverse potenze”.
E il governo socialista cinese, attraverso il suo Ministro degli Esteri, anche in quell'occasione, aveva ribadito due concetti fondamentali.
Il primo affermando: “si è tornati ad una mentalità da Guerra fredda, ma è sbagliato riportare indietro le lancette della Storia. Per trasformare il mondo in un posto migliore, i Paesi devono lavorare insieme, in un clima fondato sulla cooperazione, non sulla competizione”.
Il secondo facendo riferimento alla lotta mondiale contro una pandemia difficile, peraltro non ancora totalmente debellata: “Dopo la pandemia l'economia mondiale si sta riprendendo lentamente e, per avviarci verso un progresso sostenibule, ci appelliamo a tutti i Paesi per agire insieme”.
Pochi giorni fa, il Presidente cinese Xi Jinping, nei colloqui con Biden ha affermato, ancora una volta, cose di totale ragionevolezza: “Un conflitto non è nell'interesse di nessuno. Le relazioni tra Stati non possono arrivare alla fase dello scontro militare”, senza peraltro dimenticare le responsabilità dirette degli USA nell'alimentare il conflitto, tanto che il portavoce del Ministero degli Esteri, Zhao Lijian, aveva ricordato, poco prima dei colloqui che “la Cina fornisce all'Ucraina cibo, latte in polvere, sacchi a pelo, trapunte e materassini impermeabili, ma gli USA offrono armi letali. Non è difficile per le persone giudicare se cibo, sacchi a pelo o armi sono più essenziali per la popolazione ucraina”.
L'Ansa del 20 marzo, ha riportato le recenti dichiarazioni del Ministro degli Esteri cinese Wang, che, ancora una volta, dimostrano equilibrio, razionalità e capacità diplomatica: “La Cina continuerà a formulare giudizi indipendenti basati sul merito della questione e in un atteggiamento obiettivo ed equo. Non accetteremo mai alcuna coercizione e pressione esterna e ci opponiamo anche a qualsiasi accusa e sospetto infondati contro il nostro Paese” Ribadendo che “la soluzione a lungo termine è abbandonare la mentalità della Guerra Fredda, astenersi dall'impegnarsi in scontri di gruppo e formare veramente un'architettura di sicurezza regionale equilibrata, efficace e sostenibile. Solo in questo modo si può raggiungere una stabilità a lungo termine nel continente europeo”. “Il tempo dimostrerà che la posizione della Cina è dalla parte giusta della Storia”, ha concluso Wang.
La Cina, guidata da Xi Jinping, ha ampiamente dimostrato, anche durante la pandemia (che non è finita, ma che anche la Cina si trova ancora, in questi giorni, a contrastare), di aver saputo adottare misure serie e pragmatiche (secondo il principio scientifico “tracciare, testare, trattare”). Fuori da ogni complottismo e da ogni tesi anti-scientifica o fantascientifica. Esattamente come ha fatto l'altrattanto socialista isola di Cuba, che per la Cina è un partner serio e importante.
Esattamente un anno fa, nel febbraio 2021, la Repubblica Popolare Cinese, aveva posto fine alla povertà assoluta, riportando il dato che ben 98,99 milioni di persone erano riuscite a migliorare le proprie condizioni di vita. E che le 832 aree rurali più svantaggiate del Paese, avevano subito profonde trasformazioni che avevano garantito loro alloggi più confortevoli, servizi pubblici, migliori opportunità di lavoro, di istruzione e migliori infrastrutture.
Risultati notevoli in un Paese passato storicamente dal feudalesimo al colonialismo, sino alla rivoluzione maoista prima e “socialista con caratteristiche cinesi” dagli Anni '70 in poi. Ovvero permettendo la proprietà privata, ma ponendola al servizio della comunità e sotto il controllo della comunità stessa e non del profitto.
La Cina è dunque rimasta un Paese socialista, ma non dogmatico e che non vuole imporre il suo sistema ad altri.
Dialoga e commercia con tutti i Paesi e non ha altro interesse a fare questo. Ha creato partnership alla pari in Africa e America Latina. Ha mantenuto il suo sistema socio-economico e politico, adattandolo alla mentalità cinese e dialoga con tutti i partiti comunisti del mondo, ma non volendo imporre la sua visione.
Nel maggio 2021, il governo cinese ha organizzato un convegno mondiale dei 58 partiti marxisti-leninisti del mondo, ciascuno con le proprie peculiarità e differenze.
Il Presidente Xi Jinping ricordò allora come il marxismo sia “pieno di vitalità nella Cina del XXI secolo” e come esso sia “teoria scientifica che rivela i modelli alla base dello sviluppo della società umana”, rappresentando “il formidabile strumento teorico che usiamo per capire il mondo ed effettuare il cambiamento”.
Ora, si può essere marxisti o meno. Si può essere socialisti oppure no. Ma qualsiasi persona dotata di logica, soprattutto se sfruttata, può rendersi conto di come i conflitti, le guerre, la mancanza di dialogo, cooperazione e lo sfruttamento (sia delle risorse naturali che della forza lavoro), non possano che essere uno svantaggio per tutti. Sempre e comunque. E la Storia lo ha ampiamente dimostrato in ogni e per ogni Paese al mondo.
La Cina del XXI secolo sembra essere fra i pochi Paesi al mondo ad aver imparato tale lezione e a trarne insegnamento.
Luca Bagatin
sabato 19 marzo 2022
Ron Paul (membro Camera dei Rappresentanti USA) invoca la non ingerenza nella questione Ucraina. Articolo di Luca Bagatin
Come riportato – venerdì 18 marzo scorso - dal media statunitense “Kitco News” (https://www.kitco.com/news/2022-03-18/Ron-Paul-Bitcoin-still-in-danger-of-being-banned-Ukraine-war-could-get-out-of-control.html), attraverso una video intervista e un articolo, sulla questione Ucraina è intervenuto l'ex membro del Congresso degli USA, nonché attuale componente della Camera dei Rappresentanti, Ron Paul.
Ron Paul, classe 1935 e politico libertario di lungo corso, candidato più volte alle primarie per la Presidenza degli Stati Uniti d'America (nel 1988 con il Partito Libertario e nel 2008 e 2012 alle primarie del Partito Repubblicano), ha dichiarato che gli USA, dall'Ucraina, anziché inviare armi o assistenza militare, dovrebbero “fare le valigie e tornare a casa”.
“Non avremmo mai dovuto essere lì se avessimo avuto una politica estera costituzionale non interventista”, ha affermato Ron Paul a Michelle Makori, caporedattrice di Kitco News.
“Penso che uno degli eventi più importanti che ha portato alla crisi che abbiamo ora, è il colpo di stato che c'è stato in Ucraina nel 2014, e l'evidenza è schiacciante che abbiamo partecipato a questo colpo di stato, per sbarazzarci di un leader che è stato in qualche modo equo ed equilibrato nel trattare con la Russia”, ha affermato Ron Paul.
Aggiungendo: “Non c'è niente nella Costituzione che dice che arbitrariamente possiamo essere coinvolti in conflitti stranieri senza una dichiarazione di guerra”.
Ron Paul teme che la situazione possa degenerare ulteriormente, se si continua a soffiare sul fuoco e ha affermato: “Spero sicuramente che coloro i quali predicono una escalation nucleare siano assolutamente in errore. È solo qualcosa a cui non voglio nemmeno pensare perché è così folle, ma poi di nuovo, sei costretto a pensarci quando le persone iniziano a parlarne”.
E i suoi pensieri vanno ai tempi della guerra nel Vietnam, che fu un lungo conflitto, che portò solo sciagura per gli stessi USA, alimentando l'inflazione degli Anni '70.
Ron Paul è noto per le sue posizioni libertarie nell'ambito dei diritti civili e contro il razzismo e per una politica economica di stampo liberal-liberista, che purtuttavia ha sempre sottolineato di non voler esportare ad alcun Paese.
In politica estera si è sempre opposto ad ogni intervento militare all'estero, sin da quando mosse dure accuse contro l'amministrazione Clinton in merito alla conduzione della guerra del Kosovo, affermando che il Presidente non aveva informato in tempo reale il Congresso dello svolgimento degli eventi militari. Non rispettando, in questo modo, la Costituzione degli USA. E denunciò quella dichiarazione di guerra, approvata da Clinton senza il consenso del Congresso.
Parimenti si è sempre espresso per una politica non-interventista e anti-guerrafondaia degli USA.
Da sempre molto boicottato dai media e dal sistema politico statunitense, è sempre stato molto rispttato e popolare fra i cittadini, che hanno sostenuto spesso con entusiasmo le sue discese in campo.
E' inoltre da sempre per l'abolizione della Federal Reserve e quindi per il ritorno al sistema aureo e per il ritiro degli USA dalla NATO, oltre che per la fine dell'embergo contro Cuba.
Ha sempre sostenuto che la Costituzione degli USA deve essere rispettata e quindi che gli USA non debbono entrare in guerra contro altri Paesi, ma unicamente commerciare con loro e avere relazioni pacifiche, senza ingerenze.
Fu sostenuto anche dal regista Oliver Stone (noto per le sue idee libertarie, ma di sinistra), il quale dichiarò, nel 2012, che “è l'unico tra quelli che dice qualcosa di intelligente sul futuro del mondo”.
Saggi politici di Ron Paul sono stati editi anche in Italia, dalla casa editrice Liberilibri, pensiamo a “La terza America” e “End the Fed”.
Probabilmente, se al governo degli USA, rispetto a un Clinton, a un Bush, a un Obama, a un Trump e a un Biden, ci fosse stato il purtroppo volutamente boicottato Ron Paul, la Storia sarebbe stata molto diversa e molte guerre e conseguenti morti civili, sarebbero state evitate.
E sarebbero evitate ancora oggi. In questi giorni.
Pur con idee socio-politiche e economiche diametralmente opposte rispetto a quelle del Presidente cinese Xi Jinping, Ron Paul, come il leader cinese, segue la linea della non ingerenza, del dialogo e del rispetto reciproco.
Xi, nei colloqui con Biden, ha affermato – fra le altre cose - "Un conflitto non è nell'interesse di nessuno. Le relazioni tra Stati non possono arrivare alla fase dello scontro militare".
E il portavoce del Ministero degli Esteri cinese, Zhao Lijian, aveva ricordato, poco prima del colloqui, che “la Cina fornisce all'Ucraina cibo, latte in polvere, sacchi a pelo, trapunte e materassini impermeabili, ma gli USA offrono armi letali. Non è difficile per le persone giudicare se cibo, sacchi a pelo o armi sono più essenziali per la popolazione ucraina”.
Questi dovrebbero essere i punti di partenza di ogni persona di buona volontà, che abbia a cuore gli interessi degli abitanti del pianeta.
Indipendentemente dalle idee politiche che professa, occorre sempre onestà intellettuale, morale e capacità di apertura e dialogo. Qualità spesso rare, ma le uniche capaci di fare uscire il mondo da ogni forma di conflitto.
Luca Bagatin
venerdì 18 marzo 2022
DEA DELLE ACQUE. Poesia di Luca Bagatin
DEA DELLE ACQUE
Dalla schiuma
Emergi
Dea dagli occhi profondi
Che cambiano colore.
Dalla schiuma emerge il tuo erotismo.
Emerge la tua saggezza e il tuo senso artistico.
Hai conquistato il mio cuore
E vorrei essere con te, ora
Per farti sentire il mio amore.
Accarezzando la tua pelle,
Che emerge dalla schiuma,
E baciando le tue labbra
Che tale schiuma profuma.
E poi nulla più.
Essere fuso con te,
Nelle acque profumate.
E vivere in eterno, nella Luce.
Dell'Amore.
Luca Bagatin
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18 marzo 1871. A Parigi nasceva la "Comune", ovvero il primo governo socialista della Storia. Articolo di Luca Bagatin
Il 18 marzo 1871, i quartieri popolari di Parigi insorsero e istituirono, per la prima volta nella Storia, un governo socialista autogestionario. Ovvero il primo tentativo di istituire un autogoverno operaio, edificato direttamente dalla classe proletaria per la classe proletaria medesima.
Fu, in sostanza, il primo esempio di rivoluzione proletaria e operaia della Storia. Il primo governo comunista, potremmo dire.
Lontana dalla liberale Rivoluzione Francese del 1789, che pose al governo la classe borghese e liberal-capitalista, la Comune di Parigi anticipò la Rivoluzione Russa del 1905 e la grande Rivoluzione Sovietica del 1917.
Rivoluzione e rivoluzioni che, per la prima volta nella Storia, si contrapposero non solo all'oligarchia monarchica, ma anche alla borghesia sfruttatrice e al totalitarismo liberale, ancora oggi imperante in tutta Europa e nei Paesi capitalisti.
La Parigi del 1871, già provata dall'insensata guerra franco-prussiana che vide la sconfitta di Napoleone III, insorse e organizzò le prime barricate armate.
Per la prima volta nella Storia, i cittadini presero così il potere, scacciando il governo liberal-borghese di Adolphe Thiers, adottando il colore rosso quale propria bandiera e dichiarando costituita una Repubblica socialista. La Comune di Parigi, appunto, il cui Consiglio fu eletto il 28 marzo.
La Comune, fondata su principi di democrazia sociale e municipale, proclamò – fra le altre cose - la parità di salario fra uomini e donne; promosse l'istruzione femminile; garantì un alloggio per tutti; introdusse norme a tutela del lavoro; garantì libertà di stampa e di parola e la laicità assoluta dell'autogoverno costituitosi.
Purtroppo, come l'esperienza mazziniana della Repubblica Romana del 1849 e quella d'annunziana di Fiume del 1920, altri esempi di profonda democrazia diretta e socialismo autogestionario e laico, anche la Comune di Parigi ebbe vita breve e fu soppressa nel sangue nel maggio 1871, da parte del governo francese, causando un eccidio di almeno 20.000 comunardi in una settimana.
Fra gli eroi della Comune, merita un particolare ricordo l'anarchica e socialista Louise Michel (1830 – 1905). Insegnante e scrittrice, Louise Michel, fu infatti una delle più fervide combattenti fra le barricate.
Con l'accusa di istigazione alla guerra civile e al colpo di Stato, Loiuse fu successivamente condannata alla deportazione e incarcerata per vent'anni.
Tornò in Francia nel 1880 e non smise mai di fare politica, sostenendo l'ideale socialista autogestionario. Nel 1904, un anno prima di morire, sarà iniziata in Massoneria nella Loggia di Rito Scozzese Antico ed Accettato “La Philosophie Sociale”.
E' ancora oggi ricordata, come la Comune di Parigi stessa, da tutti i movimenti di ispirazione socialista, autogestionaria e anticapitalista del mondo.
Luca Bagatin
giovedì 17 marzo 2022
Nasce un fronte socialista europeo per la pace e il disarmo. Articolo di Luca Bagatin
Pur nel silenzio dei grandi media, grazie al Segretario Generale del partito socialista spagnolo Podemos, nonché Ministra dei Diritti Sociali e dell'Agenda 2030, Ione Belarra, sta avanzando – da alcune settimane - un fronte socialista europeo per la pace e il disarmo.
Un appello colto immediatamente dall'ex leader laburista Jeremy Corbyn e dal candidato alle Presidenziali francesi – contro Macron – Jean-Luc Mélenchon, leader della coalizione socialista e comunista “La France Insoumise”.
Ione Belarra, smarcandosi dal suo stesso governo, ha infatti lanciato una campagna europea contro l'invio di armi in Ucraina, concordata nell'ambito UE.
Podemos sta infatti lavorando per promuovere un movimento per la pace, condannando l'aggressione di Putin all'Ucraina e allo stesso tempo promuovendo canali diplomatici di dialogo, rifiutando ogni invio di armi.
Si sono detti concordi, su tale tesi, sia Mélenchon che Corbyn. Il primo ha dichiarato, in un video, che “Il pianeta può essere completamente distrutto da una guerra, se la lasciamo diffondere” e che “L'invasione dell'Ucraina è responsabilità esclusiva del governo nazionalista di Vladimir Putin in Russia”. Aggiungendo che “Non c'è altro modo che la diplomazia per risolvere questo problema” - in quanto – afferma il leader socialista francese - “Nel continente europeo abbiamo già conosciuto due guerre mondiali, non ne vogliamo una terza”.
“Dobbiamo raddoppiare, sostenere e accompagnare i colloqui che sono già in corso tra Russia e Ucraina”, ha affermato, peraltro, la Ministra Belarra.
L'ex leader laburista Jeremy Corbyn, oggi deputato indipendente del Parlamento britannico, da parte sua, ha sempre criticato sia l'allargamento NATO ad Est, che il governo capitalista autoritario di Putin e i suoi oligarchi, anche quando i governi britannici precedenti (Blair in testa), lo elogiavano.
In sintonia con tale appello, anche i comunisti britannici, che, attraverso le parole del Segretario Generale Robert Griffiths hanno dichiarato: “I comunisti britannici hanno espresso la loro solidarietà con gli attivisti per la pace in tutto il mondo, inclusa la Russia, e hanno riaffermato la loro opinione che la NATO è una forza per l'instabilità e il conflitto, piuttosto che per la sicurezza e la pace”.
E dello stesso avviso anche i comunisti greci del KKE, il cui Segretario Generale, Dimitris Koutsoumpas, ha dichiarato - fra le altre cose - che “Il KKE dedica tutte le sue forze al popolo greco e agli altri popoli per combattere il nazionalismo e le alleanze imperialiste borghesi, per rafforzare la lotta comune dei lavoratori, per liberarsi finalmente del sistema capitalista, che genera solo povertà, sfruttamento e guerra”.
Tutti aspetti, peraltro, molto in sintonia con quando aveva affermato, di recente, anche il musicista e co-fondatore dei Pink Floyd, nonché attivista socialista per i diritti civili e umani, Roger Waters.
Luca Bagatin
mercoledì 16 marzo 2022
Due anni senza Eduard Limonov, scrittore e politico dissidente. Articolo di Luca Bagatin
Due anni fa, il 17 marzo 2020, ci lasciava Eduard Veniaminovich Savenko, per tutti Eduard Limonov, scrittore e leader politico russo di fama internazionale.
A comunicarlo per primo fu lo scrittore e deputato comunista Sergey Shargunov, su Telegram.
L'ultimo e definitivo numero della rivista statunitense “Esquire”, in Russia, che uscirà ad Aprile 2022 (prima di chiudere la versione russa, a causa delle sanzioni), dedica la copertina proprio a Eduard Limonov, con il titolo: “La vita e il posto nella Storia del grande scrittore russo”.
Classe 1943, Limonov, il 15 marzo 2016, aveva già subìto un delicato intervento chirurgico al cervello, con l’estrazione di un enorme ematoma, apparso misteriosamente fra i due emisferi del cervello e già allora rischiò la vita. Egli evocò l’ipotesi di essere stato avvelenato, ma non ebbe modo di dimostrarlo con prove concrete.
Di quel periodo ne ha parlato nel suo romanzo, “Et ses démons”, pubblicato in Francia dalle edizioni Bartillat, nel quale si agitano – appunto - i suoi “demoni” interiori. Egli rievoca la drammatica guerra nella quale i cittadini russi di Donetsk vengono bombardati dai nazionalisti ucraini (quanta attualità!); nel quale racconta il ritorno a casa dai suoi genitori, a Kharkov, oltre che al fronte del Donbass. Romanzo nel quale, la fine della sua vita, sembra prossima e i ricordi della stessa gli affiorano alla mente.
La vita di Limonov fu raccontata da Emmanuel Carrère nel romanzo “Limonov”, del 2011 (edito in Italia da Adelphi). Romanzo che Limonov non amava, perché lo considerava scritto dal punto di vista di un “ricco borghese” come Carrère, ma aveva anche dichiarato di non averlo mai letto. Romanzo che, ad ogni modo, per accostarsi a Limonov, può risultare piuttosto interessante.
Limonov, alla sua morte, aveva all’attivo oltre 60 libri. Prevalentemente romanzi a sfondo autobiografico.
Dissidente integrale, negli Anni ’70, si fece volutamente espellere dall’URSS per approdare negli USA, ove vivrà di scrittura e di umilissimi lavori, assieme alla moglie dell’epoca, Elena Schapova, la quale diverrà presto una modella e oggi è moglie di un nobile italiano.
Fu autodidatta, sarto, attivista trotzkista, redattore di giornali, maggiordomo di un miliardario e, per un periodo, visse persino da senzatetto.
Visse a Parigi negli Anni ’80, con la nuova moglie, la cantante e scrittrice Natalya Medvedeva, e successivamente, negli Anni ’90, partecipò alla guerra civile nell’ex Jugoslavia a sostegno della Repubblica Federale di Jugoslavia e alla guerra di Transnistria, a sostegno della Repubblica Socialista Sovietica Moldava di Pridnestrovie. Successivamente, tornato in Russia, prese parte alla resistenza popolare in difesa del Parlamento russo, fatto bombardare da Eltsin.
Nel 1992 collaborò con Vladimir Zirinovskij, leader del Partito LiberalDemocratico russo, ricevendo la nomina a “Ministro della Sicurezza” del governo ombra creato dallo stesso Zirinovskij. Presto ne prese le distanze, spiegandone le ragioni nel saggio “Limonov contro Zirinovskij”.
L’anno successivo, invece, organizzò un gruppo di poveri, sbandati, emarginati, punk ed ex punk delusi dal crollo dell’Unione Sovietica e vittime dell’avvento dei liberalismo oligarchico.
Quel nucleo di “desperados”, nel 1993, prenderà il nome di Fronte Nazionale Boscevico e, nel 1994, di Partito Nazionalbolscevico (PNB), unendo i principi del nazionalbolscevismo di Ernst Niekisch (ex deputato socialidemocratico e primo oppositore, in Germania, del totalitarismo hitleriano), a quelli della controcultura punk e beatnik.
Limonov, il filosofo Aleksandr Dugin (prima di andarsene dal partito e prendere le distanze da Limonov), il cantante e chitarrista punk rock Egor Letov e il musicista e attore Sergey Kuryokhin (oltre che numerosi altri artisti, scrittori e musicisti), saranno dunque i maggiori animatori del PNB e del suo giornale controculturale “Limonka” (“Granata”) e riusciranno, via via, ad aggiudicarsi le simpatie di quei giovani delusi dall’avvento di Eltsin al potere e della conseguente distruzione economico-sociale della Russia, che favorì gli oligarchi e le politiche globaliste e imperialiste degli USA e della NATO.
Il Partito NazionalBoslcevico sarà bandito in Russia, nel 2007, con l’infondata accusa di “estremismo”. Ma, nel settembre 2021, la Corte Europea dei Diritti Umani (CEDU), con sede a Strasburgo, ha dichiarato che lo scioglimento del Partito NazionalBolscevico (PNB) è da considerarsi una violazione dei diritti umani e ha condannato le autorità russe a pagare un risarcimento ai giovani figli adolescenti di Limonov e ai dirigenti del partito di allora.
La CEDU ha infatti stabilito che vietare il PNB fu un atto “sproporzionato e non necessario in una società democratica” e ha fatto cadere ogni accusa attribuita al partito dalla giustizia russa, ovvero le accuse infondate di “estremismo”, “incitamento all’odio” e “appelli a disordini di massa”.
Nel 2001, Limonov, accusato di un inesistente traffico d’armi e di tentativo di colpo di stato in Kazakistan, sconterà ben due anni e mezzo di carcere, nel quale scriverà il suo romanzo “Il trionfo della metafisica. Memorie di uno scrittore in prigione”, edito, in Italia, da Salani.
Dopo una breve alleanza con i liberali di Kasparov e Kasyanov - oltre che con i comunisti di Viktor Anpilov – nella coalizione democratica “Altra Russia” (il nome è tratto da un saggio politico dello stesso Limonov, del 2003), Limonov e i suoi giovani militanti organizzeranno, nel 2010, il partito nazionalbolscevico “L’Altra Russia” che, dopo la sua morte, ha assunto la denominazione “L’Altra Russia di Eduard Limonov”. Collocato a sinistra e spesso alleato, in varie manifestazoni, a diversi partiti comunisti russi, non rappresentati in parlamento.
Ancora oggi partito di opposizione fra i più perseguitati in Russia (ed ai quali è impedito presentare liste elettorali), il partito di Limonov propone – fra le altre cose – una forma di socialismo popolare, fondato sull'anticapitalismo e sulla nazionalizzazione dei settori chiave dell'economia; il rispetto dell’articolo 31 della Costituzione che sancisce la libertà di riunione e manifestazione; la fine dell’autoritarismo imposto dal governo Putin; la maggiore età ai 14 enni; la tutela del patrimonio ambientale e la ricostituzione delle Repubbliche Socialiste Sovietiche, gestite non più dagli oligarchi, ma direttamente dai cittadini.
Interessante, in proposito, un passo del saggio “Altra Russia”, nel quale Limonov sogna la creazione di “comunità nomadi” fondate sulla “comunanza degli uomini e delle donne basata sulla fratellanza, sul libero amore e sull'educazione sociale dei figli”. E, in “Russan Psycho”, immagina – da libertario e femminista - di far crollare “il Sistema, mandare all'aria lo Stato, la famiglia, l'istruzione, l'industria”, denunciando “Il mondo borghese, l'ordine borghese” che “ha reso la ragazza una giovenca (…), un “pulcino” che deve scomparire”.
La compianta giornalista Anna Politkovskaja sui nazionalbolscevichi di Limonov ebbe a scrivere:
“Mi sono ritrovata a pensare di essere completamente d'accordo con ciò che dicono i Nazbol. L'unica differenza è che a causa della mia età, della mia istruzione e della mia salute, non posso invadere i ministeri e lanciare sedie.
(...) I Nazbol sono soprattutto giovani idealisti che vedono che gli oppositori storici non stanno facendo nulla di serio contro l'attuale regime. Questo è il motivo per cui si stanno radicalizzando.
(...) I Nazbol sono probabilmente il gruppo di sinistra più attivo, ma il loro nucleo si è ridotto da quando molti sono stati arrestati e imprigionati.
(...) I Nazbol sono giovani coraggiosi, puliti, gli unici o quasi che permettono di guardare con fiducia all'avvenire morale del Paese”.
Eduard Limonov di Anna Politkovskaja scrisse:
"(...) Cosa ha fatto Anna Politkovskaja per noi ? Ci ha fatti conoscere nella società. Ci ha spiegati alla gente, perché ci ha riconosciuti prigionieri politici. Ha ricreato nei suoi articoli l'atmosfera di un terribile processo contro i giovani della Russia. Questo processo di massa non avveniva sulla nostra terra dalla fine del XIX secolo. E così rinasceva nel XXI secolo".
(...) Il 7 ottobre 2006 Anna Politkovskaya fu uccisa all'ingresso della casa dove abitava. Sono andato al cimitero. C'erano già tutti i nazionalbolscevichi di Mosca. E quelli che sono riusciti a venire dalle zone limitrofe. I ragazzi mi hanno consegnato fiori di garofano bianco. Poi si è svolta la processione funebre. Il ritratto di Anna Politkovskaja è stato portato da una nostra compagna nazbol, che indossava occhiali in una cornice in metallo. Molto simili a quelli della Politkovskaja".
In Italia, di recente, opere di Limonov sono state editate da Sandro Teti, che continuerà, negli anni a venire, a pubblicare sue opere. Fra queste ricordiamo il romanzo dai contorni noir e erotici “Il Boia” e “Zona Industriale”, nel quale l'autore racconta il periodo trascorso dopo l'uscita dal carcere di Lefortovo e il ritorno nel suo malmesso e fatiscente appartamento, sito nella periferica zona industriale moscovita di Syri.
Limonov, infatti, non si è mai arricchito e non gli è mai interessato vivere negli agi.
Nonostante la sua ultima moglie sia stata l'affascinante attrice, cantautrice e modella Ekaterina Volkova, amante del jet set, e dalla quale ha avuto due figli, Aleksandra e Bogdan.
La sua ultima compagna, al quale è stato sempre fedele, fu Fifì, alla quale dedicò una raccolta di poesie erotiche - “A Fifì” - appunto, con l'affascinante fanciulla in copertina, nuda, di spalle.
Sandro Teti, suo editore italiano, ha peraltro curato anche la prefazione al mio saggio “L'Altra Russia di Eduard Limonov. I giovani proletari del nazionalbolscevismo”, edito da IlMioLibro (https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/) e che proprio di Limonov e del suo partito racconta, cercando di coglierne l'immagine controculturale, artistica, eretica e erotica, come amo dire. Anche attraverso un'intervista che gli feci, alcuni anni fa e interviste ad alcune persone che, in vita, gli furono vicine, oltre che all'ottimo José Setien, che cura il sito indipendente francese (in varie lingue) “Tout Sur Limonov” (https://www.tout-sur-limonov.fr), che raccoglie molto materiale biografico e artistico, spesso inedito, su Limonov.
Personalità, quella di Limonov, affascinente per artisti e pensatori liberi, che per molti versi ricorda un po' Lenin, un po' Machno, un po' d'Annunzio, un po' Jack Kerouac.
Il regista italiano Mimmo Calopresti lo accostò a Pasolini, dedicando ai due scrittori un bellissimo docu-film.
L'eternamente giovane e ribelle Limonov, guardava comunque - tutto ciò - con distacco. A lui – come mi disse appunto nell'intervista – non interessavano affatto tutti i paragoni, ovvero quelle che definì “tutte le sciocchezze”, che le persone avrebbero detto nei suoi riguardi.
Luca Bagatin
Pensieri sparsi contro la guerra e il Potere
Timothy Leary, John Lennon e Yoko Ono contro la guerra in Vietnam |
"La pace in Ucraina e nel mondo può essere raggiunta solo in modo non violento. La guerra è un crimine contro l’umanità. Pertanto, siamo determinati a non sostenere alcun tipo di guerra e a lottare per la rimozione di tutte le cause di guerra. È difficile rimanere calmi e sani di mente ora, ma con il sostegno della società civile globale è più facile.
Fonte: https://le-citazioni.it/autori/timothy-leary/
Fonte: https://le-citazioni.it/frasi/528702-hunter-stockton-thompson-america-solo-una-nazione-di-duecento-milioni-di-v/
Fonte: https://le-citazioni.it/autori/hunter-stockton-thompson/