GLORIA ETERNA A LIMONOV !
LUNGA VITA AI NAZIONALBOLSCEVICHI !
UN'ALTRA RUSSIA E UN'ALTRA EUROPA SONO POSSIBILI !
SENZA PIU' RICCHI, SENZA PIU' OLIGARCHI, SENZA PIU' CAPITALISTI !
Foto di Dmitry Ivanov |
GLORIA ETERNA A LIMONOV !
LUNGA VITA AI NAZIONALBOLSCEVICHI !
UN'ALTRA RUSSIA E UN'ALTRA EUROPA SONO POSSIBILI !
SENZA PIU' RICCHI, SENZA PIU' OLIGARCHI, SENZA PIU' CAPITALISTI !
Foto di Dmitry Ivanov |
In un'India piegata da settimane di proteste di milioni di contadini contrari alle riforme agrarie di stampo liberale - imposte dal governo di centrodestra - la giovane Arya Rajendran, 21 anni, rappresentante degli studenti del Partito Comunista Marxista d'India, diventa il Sindaco più giovane del Paese.
Arya, infatti, è stata in questi giorni eletta Sindaco di Thiruvananthapuram, Capitale del Kerala, città che conta 745.000 abitanti.
Studentessa universitaria di matematica presso l'All Saint's College della città, Arya Rajendran, componente del Partito Comunista Marxista d'India (CMP) e sostenuta dal Fronte Democratico della Sinistra, ha sconfitto – con il 40,2% - il candidato di centrosinistra del Fronte Democratico Unito (di cui fa parte anche il Partito del Congresso Indiano), che è rimasto al 37,9%. Fanalino di coda per la coalizione governativa di centrodestra, l'Alleanza Nazional Democratica, ferma al 15%.
Arya Rajendran, il cui padre, elettricista, è sempre stato un militante del CMP e le ha infuso la passione per gli ideali marxisti-leninisti, ha dichiarato che: “La democrazia non è una sola persona al comando, ma si tratta di prendere decisioni collettive. Il partito ha inaugurato una nuova era sulla base di questa prospettiva e mettendo in campo così tanti giovani candidati, comprese giovani donne”.
Le politiche impopolari del governo di centrodestra e l'incapacità del centrosinistra di contrastarle (Partito del Congresso Indiano in testa), stanno da tempo facendo crescere i consensi del Partito Comunista Marxista d'India, che in Kerala si è presentato in una coalizione composta da partiti comunisti, ambientalisti e nazionalisti di sinistra.
Luca Bagatin
Il Natale è una forma rituale antica il cui significato originario andò perduto già per molti versi con l'avvento del cristianesimo, il quale utilizzò la festività pagana del Sol Invictus ovvero del Dies Natalis Solis Invicti (Giorno Natale del Sole Invincibile), la festività di Yule secondo il calendario celtico e dei Saturnalia secondo quello romano, per decretare - attraverso l'Imperatore Costantino - la nascita di Gesù detto Il Cristo.
Il Solstizio d'Inverno, in celtico Yule, rappresenta dunque un passaggio fondamentale per tutte le persone impegnate sul sentiero spirituale, da comprendere e interiorizzare. È il momento in cui la luce vince sull'oscurità, il momento in cui la Dea partorisce il Bambino Sacro, il momento in cui la vibrazione della speranza si diffonde come un'onda sulla Terra.
Simbolicamente, ad ogni modo, anche la nascita (simbolica ma non storica) del Cristo può indicare la Luce, il Sole che illumina d'amore le coscienze terrene e le invita al dono ed è in questo senso che il Natale può essere celebrato e vissuto. Non dovrebbe, in sostanza, essere certo la festa del commercio, del consumo, dello spreco, tanto in voga nell'occidente liberal-capitalista.
Ricordo che, anni fa, partecipai alla presentazione di un illuminante saggio dell'amico prof. Claudio Bonvecchio, dall'emblematico titolo “Filosofia del Natale”.
Un saggio senza tempo, che merita di essere conosciuto, in quanto va ad approfondire il significato di questa festività, troppo relegata al consumismo e molto poco al suo profondo significato spirituale, gnostico ed esoterico.
Il testo del prof. Bonvecchio spiega infatti come il Natale, Yule, la Festa della Luce o, appunto, il “Giorno Natale del Sole Invincibile”, fosse festeggiato tanto dalle popolazioni indo-iraniche devote al dio del sole Mithra, quanto dagli antichi romani, attraverso le celebrazioni dei “Saturnalia” in onore, appunto, di Saturno, il mitico dio della pace e della felicità.
Con l'avvento del cristianesimo, come spiegato anche dal prof. Bonvecchio, per volontà dell'Imperatore romano Costantino, fu deciso di cumulare la festa del Sol Invictus con quella della nascita del Cristo, considerato, appunto, la “Luce del Mondo” e fu così che il 25 dicembre divenne la data ufficiale della festività del Natale.
Di quel Natale ricco di simboli antichissimi, dunque, tutti spiegati nel testo del buon prof. Bonvecchio: dall'Albero natalizio – simbolo dell'unione fra Cielo e Terra – passando per il significato della stella di Natale, del vischio, dei cibi natalizi, dei canti di Natale e via via sino agli ornamenti dell'albero di Natale stesso e del presepe.
In particolare il prof. Bonvecchio si sofferma sulla spiegazione del simbolismo della grotta, ovvero della capanna nella quale, secondo quanto scritto nei Vangeli Apocrifi (e non in quelli canonici), nacque il Cristo. La grotta, secondo tutte le tradizioni simboliche, rappresenta infatti l'“uterus mundi”, ovvero il luogo nel quale si trovano le acque primordiali che, come il liquido amniotico per il feto, portano alla nascita/rinascita di una nuova vita. Oltretutto, come spiegato nel saggio, le grotte erano i luoghi nei quali non solo nascevano le grandi divinità, ma erano anche il santuario nel quale venivano praticati i rituali in onore alla Grande Madre o al dio Mithra, imperniati non a caso sulla morte simbolica e sulla rinascita dell'iniziando.
Altra figura simbolica del Natale è quella relativa a Babbo Natale, il quale incarna la figura di San Nicola, vescovo in Asia Minore e protettore dei bambini ai quali, come tradizione vuole, porta in dono dei regali. I bambini, peraltro, secondo tutte le tradizioni simboliche, sono considerati l'incarnazione degli antenati morti che, peraltro, erano i veri protagonisti della festività romana dei “Saturnalia”. E' così che, per allontanare l'immagine della morte dalla società e farci credere nella vita, Babbo Natale colma i bambini di doni, propiziandosi così anche le anime degli antenati defunti.
Anche il prof. Bonvecchio, in conclusione del suo saggio, sempre attuale, pone l'accento sul drammatico abbandono dello spirito del Sacro da parte di un'incalzante società mercantilista e dei consumi, che ha trasformato il Natale – persino in piena pandemia Covid 19 – nel solito happening del commercio, figlio di una società sempre più relativista, nichilista, fredda, tecnologica, edonista, globalizzata.
Una società neo-oscurantista, potremmo dire, laddove le tenebre sono rappresentate da questi aspetti materialistici e volti al profitto individuale, anziché al bene collettivo e comunitario.
Ecco dunque la necessità di invertire la rotta, di ricercare la luce dentro noi stessi, attraverso la riscoperta della dimensione del Sacro: restituendo dignità al simbolo, alla simbolica, alla filosofia del Natale, liberando così la società della metaforiche tenebre che l'avvolgono.
Solo allora potremo assistere ad una nuova rinascita del Vero, del Buono, del Bello, ovvero nel momento in cui ci riapproprieremo dell'autentico significato gnostico della festività natalizia.
Non il Natale del consumismo, dunque, ma il Natale della Luce, del Sole, dell'innocenza dei bambini non più resi adulti da una società senza coscienza, ma aperti alla conoscenza di sé stessi per costruire, da adulti, un mondo d'amore, armonia e fratellanza universale.
Luca Bagatin
“Tracciare, Testare, Trattare”.
Questo il metodo pragmatico e scientifico utilizzato in Cina per debellare il Covid 19.
Nessuna mezza misura. Milioni di tamponi. Efficienza e cooperazione: dal vertice alla base. Nessuna irresponsabile e sciocca protesta di piazza per i lockdown, in quanto ciò avrebbe significato mandare in tilt il sistema sociale e sanitario, atto a fermare l'epidemia.
Nel cosiddetto Occidente liberal-capitalista, dagli USA all'Europa, diversamente, si sono attuate mezze misure, spesso contraddittorie; non si sono fatti abbastanza tamponi (nei week-end addirittura meno che negli altri giorni); si è andati a risparmio, non si è potenziata la sanità pubblica; non si sono potenziati i trasporti pubblici; si è scesi in piazza contro le decisioni dei comitati tecnico-scientifici; non si è cercata una collaborazione in primis con la Cina, Paese dal quale tutto sembra essere partito e che da decenni ad ogni modo studia le epidemie. Si è preferito, invece, accusare la Cina, alimentare uno spirito anti-cinese, senza sapere che la Cina è una grande democrazia popolare. Ovvero l'opposto rispetto alle democrazie parlamentaristiche borghesi, inefficienti, al servizio non già della comunità, ma del capitale privato e dell'individualismo.
La chiave del successo dei Paesi socialisti, Cina in testa, ma anche Cuba, il Vietnam e il Venezuela (che hanno resistito in modo efficiente alla pandemia), è stato il loro senso di efficienza, comunità, primato della pianificazione pubblica rispetto al profitto privato; mentalità improntata all'esaltazione della sovranità e della democrazia popolare, rispetto ad un parlamentarismo liberale fatto di pseudo contrapposizioni fra maggioranze e opposizioni che, nei fatti, rimangono al servizio del profitto, della “libera” impresa, del sistema bancario privato, a scapito della sanità pubblica, dello stato sociale, dei servizi pubblici.
Due modelli che, questa terribile pandemia, ha messo e sta mettendo a confronto.
Gli USA – patria del capitalismo e del primato del profitto privato - rimangono il Paese più colpito dai contagi. La Cina ne è uscita e sta già vaccinando, garantendo il suo vaccino, gratuitamente, anche ai cinesi residenti all'estero che decidono di farlo.
Cuba, altro Paese socialista, durante tutto il periodo della pandemia, ha inviato le sue brigate mediche all'estero, anche in Italia e in Francia. E ha sviluppato ben due vaccini: il Soberana 1 e 2.
In Germania aumentano i contagi, in Italia non cessano e così in Francia. E i morti aumentano ovuque. Il tanto osannato modello svedese, ovvero nessun distanziamento sociale, ha miseramente fallito prima di altri. Come era peraltro più che prevedibile.
L'UE discute di finanza, Recovery Fund, MES. Ma non della salute delle persone. Non si fanno milioni di tamponi, non si traccia come si dovrebbe, non si investe massicciamente in sanità pubblica sul territorio. Si danno soldi alle imprese, si salvano banche... Ma non si pianifica alcunché.
Le imprese private, nonostante i morti, richiedono di aprire il prima possibile. In Cina, diversamente, l'impresa privata è sottomessa al controllo e alla volontà pubblica.
Le emergenze, le calamità naturali, impongono sempre un cambio radicale di mentalità e di organizzazione. Un cambio radicale di passo. Un rafforzamento del senso di comunità e una direzione volta a un destino comune.
Non è e non sarà più possibile continuare a mantenere una mentalità ed un sistema economico individualista, capitalista, fondato sul profitto privato.
Il profitto privato ha, da tempo, dimostrato i suoi limiti e le sue perverse storture. Esso genera sfruttamento del lavoro (lavoro sempre più peraltro raro, sempre meno tutelato, sempre meno al servizio della comunità e sempre più al servizio del profitto fine a sé stesso); genera consumismo e bisogni fittizi e indotti dalla pubblicità; genera diseguaglianze in quanto le risorse non sono illimitate; genera inquinamento, anche sociale.
Solo un sistema improntato alla comunità, al lavoro in comune al servizio della stessa, fatto di scuola, sanità, ricerca al servizio del pubblico e non del lucro e del profitto privato, potrà essere funzionale ad affrontare le sfide del presente e del futuro.
Occorre essere realisti e osservare i fatti con realismo, pragmatismo, pianificazione.
Non c'è affatto necessità di un effimero ottimismo (il virus non è scomparso con l'inizio dell'estate né con un paio di mesi di lockdown, ad esempio, e credere che scomparirà dopo le feste di Natale è oltremodo ridicolo) e tantomeno di uno sciocco quanto ignorante edonismo (c'è chi pensa stupidamente ai pranzi di Natale, agli impianti sciistici, ai fuochi d'artificio...in barba a quanto sta accadendo).
Il 2021 non sarà un anno facile. E' il momento giusto per cambiare la nostra mentalità, il nostro stile di vita e il nostro sistema sociale e economico.
Luca Bagatin
Sono passati due anni, ma rileggendo i tuoi romanzi, rivedendo i tuoi video, le tue interviste, ricordando le nostre bevute e fumate al bar, sembra che tu non te ne sia mai andato.
In realtà Andrea G. Pinketts, per quel che mi riguarda, è ancora con me e il suo stile scanzonato mi accompagna. Uno stile che mi affascinò quando ci conoscemmo. Quel "senso della frase" in grado di sovvertire ogni regola e di spiazzare ogni interlocutore.
Non riesco a ricordarti con frasi tristi, ma vorrei ricordarti con l'articolo che scrissi due anni fa, nel quale volli ricordarti, per come ti ho conosciuto.
E, qui, ti confesso anche una cosa. Ti invidio. Non per le ragazze che hai avuto in vita, molte più delle mie. Ma perché sei morto godendoti tutti i tuoi vizi e prima del tuo affetto più grande. Ti sei risparmiato un dolore che francamente, se fosse possibile, vorrei fosse risparmiato anche a me.
L. B.
Luca Bagatin e Andrea G. Pinketts, aprile 2004 |
Il 16 dicembre scorso, attivisti nazionalbolscevichi del partito “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, in circa 20 regioni russe, hanno tenuto azioni – distribuendo volantini e esponendo cartelli dimostrativi - per la richiesta di rilascio di Ermek Taychibekov, blogger, imprenditore e attivista politico di origine kazaka.
Taychibekov è in carcere dal 23 settembre scorso, su decisione del tribunale di Almaty (Kazakistan), con l'accusa di incitamento al separatismo e alla discordia nazionale.
Taychibekov, già arrestato nel 2015 con la medesima accusa, si è espresso, nei media russi, in favore del ritorno alla Russia delle zone “kazakizzate” dopo lo smembramento dell'Unione Sovietica.
Gli attivisti de “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, già alcuni giorni fa, avevano manifestato davanti all'Ambasciata del Kazakistan a Mosca, erigendo uno striscione per chiedere la liberazione di Taychibekov.
Il 16 dicembre, in occasione dell'indipendenza del Kazakistan, i nazionalbolscevichi hanno dunque esposto dei cartelli, con la scritta “Libertà per Ermek Taychibekov!”, in numerose città russe, da Samara a Barnaul, chiedendo peraltro allo Stato russo di considerare Taychibekov un prigioniero politico da difendere.
Lo scrittore Eduard Limonov, fondatore e già leader di “Altra Russia” prima della sua scomparsa, fra il 1998 e il 2001 si trasferì al confine con il Kazakistan, sui monti Altaj, assieme ad attivisti dell'allora Partito NazionalBolscevico.
Già all'epoca, Limonov – preoccupato per il destino dei russi in quelle regioni - denunciò come quelle terre fossero state brutalmente “kazakizzate” dal Presidente Nursultan Nazarbaïev, al potere dal 1990. Nazarbaïev, una sorta di Lukashenko kazako, guidò con il pugno di ferro il Kazakistan sino al 2019, in virtù di essere stato l'ultimo notabile del PCUS kazako.
Limonov, dunque, già allora, sostenne come il Kazakistan, dovesse tornare alla Russia e, da sempre, il suo partito, sostiene come le ex Repubbliche Socialiste Sovietiche dovrebbero ricomporsi e ricostituirsi, sia sotto il profilo geopolitico che socio-economico, liberandosi dall'oligarchia e promuovendo il socialismo popolare.
Proprio nel 2001, a seguito di un provocatorio articolo apparso sul giornale nazionalbolscevico "Limonka", Limonov fu arrestato con l'accusa di “tentativo di colpo di Stato in Kazakistan”.
Il pubblico ministero chiese sino a 14 anni di carcere. Limonov alla fine fu condannato a 4 anni di carcere, ma ne scontò 2 e mezzo, per buona condotta.
L'esperienza della reclusione fu da lui raccontate nel romanzo “Il trionfo della metafisica: memorie di uno scrittore in prigione”, edito, in Italia, da Salani nel 2005.
Luca Bagatin
IL NATALE, TRA IL SACRO E IL PROFANO
di Pierpaola Meledandri, tratto da L'Opinione del 9 dicembre 2020
Abbiamo già intervistato lo scrittore e saggista Luigi Pruneti su argomenti come la massoneria o su un libro da lui pubblicato di recente; dato, però, che s’interessa di miti, leggende, simbologia e tradizioni popolari, abbiamo pensato bene di rivolgergli qualche domanda sul Natale, per sapere quali siano gli aspetti meno noti della grande festa e per ottenere, caso mai, qualche “spigolatura” sul Natale attuale.
A suo avviso quando è nata l’attuale festa del Natale così come l’intendiamo oggi?
Il Natale, come solenne ricorrenza liturgica per celebrare la nascita del Salvatore, è nato nel IV secolo dopo Cristo; invece, come fenomeno sociologico, ha origini molto più tarde, riconducibili alla metà dell’Ottocento, quando scaturì in Gran Bretagna per poi svilupparsi negli Stati Uniti.
Ci illustri il fatto o l’episodio che generò il “fenomeno” Natale quale grande festa collettiva.
Fu un breve romanzo fantastico dal titolo “Canto di Natale” o “Ballata di Natale” o ancora “Racconto di Natale”, pubblicato nel dicembre 1843 dal grande scrittore Charles Dickens. Questa novella ebbe un enorme successo e contribuì a diffondere quella che alcuni chiamano le “filosofia del Natale”, una sorta di buonismo riformista e cristianeggiante, secondo il quale, con la carità, l’altruismo, la generosità era possibile risolvere numerosi problemi sociali e costruire un mondo migliore.
Quali sono i principali simboli, sacri e profani, della prossima Festività?
Ve ne sono moltissimi; fra i tanti, ricordo i principali, quelli più conosciuti e celebrati: il Presepe e l’albero di Natale.
Il primo si fa risalire a San Francesco che nel 1223 celebrò il Natale a Greccio, nella Valle Santa, con un quadro vivente, dove figuravano anche il bue e l’asinello, non presenti nei Vangeli Sinottici ma riferibili a una tradizione liturgica del IX secolo. Questa iniziativa si diffuse velocemente. I personaggi reali furono sostituiti da statue e nel 1301 Giotto, lo affrescò a Padova nella Cappella degli Scrovegni, inserendoci la stella dei Magi, in quanto quell’anno aveva visto la cometa di Halley. Il più antico Presepe, ancora visibile, è quello di Arnolfo di Cambio, conservato in Santa Maria Maggiore a Roma. L’abete, il simbolo laico del Natale, ha origini ancestrali probabilmente deriva dall’antico culto degli alberi che a sua volta era connesso a Yggdrasil, l’albero del mondo degli antichi germani. L’abete era, inoltre, un simbolo sacro e l’icona della speranza, del verde che rompe il biancore sepolcrale del ghiaccio. Con l’avvento del Cristianesimo tutto questo sparì a livello religioso, ma rimase nelle tradizioni popolari. Si sa che nel Medioevo, in Germania e in Scandinavia, sotto Natale, si tagliava un abete per poi decorarlo con ghirlande, uova dipinte e dolci. Si dice, inoltre, che Lutero, avvinto dallo splendore del ghiaccio sulle fronde degli abeti, volle adornarne uno con delle candeline. Si tratta chiaramente di un mito delle origini, presente solo fra i seguaci di Martin Lutero e non in altre chiese riformate. L’uso di addobbare l’abete per Natale fu poi introdotto nel 1840 dalla principessa Elena di Mecklenburg, moglie del duca d’Orléans, alle Tuileries e da Alberto di Sassonia-Coburgo-Gotha, marito della Regina Vittoria, a Londra. Furono sempre i Tedeschi che portarono la tradizione dell’abete negli Stati Uniti.
Vi è un comune denominatore tra il Natale e il Solstizio d’inverno?
Certamente, il Solstizio d’inverno era un giorno sacro già per i popoli preistorici, rappresentava la rinascita del sole nel giorno più buio dell’anno. Per questo divenne il momento della nascita di numerose divinità, fra le quali la più celebre fu Mitra. In seguito, il Cristianesimo fece coincidere la nascita del Salvatore con il Solstizio, sia per sovrapporsi ai culti solari, sia perché il Redentore, nelle scritture veterotestamentarie (Malachia) e neotestamentarie (Luca), viene rappresentato come un sole che porta nuova luce all’umanità.
La religione cattolica parla di un evento eccezionale la nascita del Salvatore, altre tradizioni affermano che quella del 25 dicembre è una notte magica. Tutto questo non dovrebbe caricarci di particolare energia?
Certo, di solito avviene proprio questo. Al di là della fede religiosa, le feste, i grandi riti collettivi hanno proprio siffatta funzione. La partecipazione a un evento comune riesce a innescare una fiducia di gruppo, a riaccendere la speranza che si diffonde in modo esponenziale, a comunicare pulsioni positive. È una dinamica sociale, tipica delle solennità a sfondo ottimistico che implicano un contagio salutare. Non a caso le grandi feste vi sono sempre state; esse consolidano la società e infondono fiducia nei singoli. Non so, tuttavia, se questo Natale grigio, caratterizzato da un lockdown o da un semi- lockdown, è difficile prevederlo, sarà adeguato a tale funzione.
Nella sua veste di scrittore quale favola racconterebbe ai bambini per il Natale di quest’anno?
Il “Racconto di Natale”, di Charles Dickens è come un abito da mezza stagione, va sempre bene, in fin dei conti veicola sentimenti positivi e un ottimismo di fondo; per lo scrittore inglese, infatti, basterebbe poco per migliorare la società, sarebbe sufficiente essere più caritatevoli, umani e avere governi più giusti. Secondo me, tuttavia, per un Natale come questo, sarebbe più adatta la fiaba di Cenerentola.
Perché proprio Cenerentola?
In primo luogo perché è una fiaba antichissima, noi la conosciamo nelle versioni di Charles Perrault e dei fratelli Grimm, ma in realtà era già presente nel “Cunto de li Cunti” di Giambattista Basile e le sue radici affondano nel mondo ellenico, dove era conosciuta come “Favola dell’Antico Egitto”. Ora, come tutti i racconti ancestrali, essa comunica un archetipo, in questo caso quello della speranza che non si spegne mai, anche quando la situazione sembra essere senza vie di uscita. Inoltre, mi sembra che vi siano alcuni aspetti nella narrazione di Cenerentola che richiamano la situazione attuale. La protagonista era la figlia di un uomo ricco e poi si ritrovò a vivere in uno stato miserrimo, l’Italia, ugualmente, era, un tempo, un Paese prospero e libero, ora non è più né l’uno, né l’altro. Eventuali altri parallelismi con gli ulteriori protagonisti della fiaba: matrigna, sorellastre, scarpetta di cristallo, principe e zucca, li affido alla sua immaginazione.
Tra carbone e zucchero filato di Père Noël, cosa immagina ai piedi dell'albero del 2020?
I dolciumi e lo zucchero filato che desidero tanto, sarebbero l’eclisse dell’incubo Covid-19 e la fine della dittatura sanitaria; non entro nel merito della sua necessità (“necessitas non habet legem”), ma è indubbio che di ciò si tratta. Il carbone vorrei proprio non averlo, ne abbiamo già fatta indigestione nel 2020, ma temo di trovarne un gran sacco, si chiama recessione e crisi economica.
Il Natale richiama un messaggio di speranza: la nascita salvifica del Messia, il Solstizio d’inverno preannuncia il ritorno graduale della luce e il suo trionfo sulle tenebre. Possiamo attenderci nell’anno del Covid-19 una nuova luce?
Quando si soffre di molti mali se il principale se ne va ci pare di stare già benissimo, anche se tutti gli altri acciacchi permangono. La fine della pandemia è il sole nel quale fidiamo, rimarrebbero tutti gli altri accidenti, ma intanto speriamo in questa luce.
La Stella cometa, nel Presepe, indica la giusta direzione per giungere a una meta. Quale è la meta per l’uomo del terzo millennio?
Un mondo migliore di questo, avviluppato da una globalizzazione disumanizzante, un mondo dove il protagonista torni a essere l’uomo e non il consumatore.
Se, da un lato, il governo di estrema destra polacco inasprisce le già restrittive misure anti-aborto, provocando così manifestazioni di piazza, a Varsavia, con migliaia di persone che domenica 13 dicembre hanno sfilato, spontaneamente, accusando l'esecutivo di autoritarismo; dall'altro, sempre tale governo, tenta di dichiarare illegali le attività del Partito Comunista di Polonia (KPP).
Il governo presieduto da Andrzej Duda, atlantista e fautore della cooperazione fra i Paesi del Gruppo di Visegrad (Slovacchia, Repubblica Ceca, Ungheria e, naturalmente, Polonia), noti per il loro autoritarismo e anticomunismo, incassa dunque le proteste sia dei cittadini nel loro complesso, compresi agricoltori, imprenditori e donne, trasformandosi nel più grande movimento di protesta in Polonia degli ultimi decenni, che dei comunisti.
L'inasprimento della legge sull'aborto, non è che la goccia che sta facendo traboccare il vaso. Nonostante le proteste di domenica siano state dichiarate illegali - in quanto non autorizzate - e la polizia abbia tentato di usare gas lacrimogeni contro i manifestanti, queste non si sono placate.
A ciò si sommano le proteste da parte dei comunisti di Polonia, che, come in Slovacchia alcune settimane fa, rischiano di veder dichiarate illegali le loro attività.
Accusati – dal Ministro della Giustizia, Zbigniew Ziobro - di fomentare la rivoluzione anticapitalista e di inneggiare a un'idea considerata “totalitaria”. Peraltro con il beneplacito dell'Unione Europea, che ha ritenuto di equiparare il comunismo al nazifascismo, come da sempre richiesto dai partiti dell'estrema destra, spesso proprio di matrice neonazista, i quali, nell'Est europeo, avanzano indisturbati.
Il Ministro Ziobro vorrebbe, inoltre, introdurre una legge che criminalizzi ogni riferimento al ruolo della Polonia durante l'Olocausto, in modo da evitare qualsiasi criminalizzazione di quei nazisti polacchi che collaborarono con il regime hitleriano, i quali, peraltro, combatterono contro l'Unione Sovietica.
In Polonia, nel silenzio complice dell'UE, nuove forme di autoritarismo d'estrama destra avanzano, tanto quanto avanzano il numero dei poveri e dei poverissimi. Il 17,4% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, il 4% vive addirittura in condizioni di estrema povertà.
Luca Bagatin
E' deceduto all'età di 80 anni, l'ex Presidente socialista dell'Uruguay Tabaré Vazquez, a seguito di un tumore al polmone destro, già diagnosticato nel 2019.
Tabaré Vazquez, oncologo, fu Sindaco di Montevideo dal 1990 al 1994 e guidò l'Uruguay dal 2005 al 2010 e, successivamente, dal marzo 2015 sino al marzo 2020.
Indimenticato Presidente alla guida del partito socialista Frente Amplio, tanto quanto l'ex Presidente José “Pepe” Mujica - suo compagno di partito - Vazquez va ricordato sia per il rafforzamento del sistema sociale uruguayano, che per la legalizzazione della cannabis e per il miglioramento del tenore di vita della popolazione.
L'attuale Presidente, Luis Lacalle Pou, pur avversario di Tabaré Vazquez e leader del partito conservatore Partido Nacional, ha decretato tre giorni di lutto cittadino.
Luca Bagatin
Vittoria schiacciante - alle elezioni del 6 dicembre, per il rinnovo dell'Assemblea nazionale venezuelana - con il 67,6% dei consensi (oltre 3 milioni e mezzo di voti), della coalizione socialista del Gran Polo Patriottico Simon Bolivar.
Fondata da Hugo Chavez nel 2011 e ispirata, appunto, a Simon Bolivar, ovvero il “Giuseppe Garibaldi dell'America Latina”, il Gran Polo Patriottico è la coalizione che sostiene l'attuale governo, presieduto da Nicolas Maduro e composta da partiti di ispirazione socialista, guevarista, bolivariana, marxista-leninista, socialista rivoluzionaria e indigenista.
Al secondo posto si è piazzata la coalizione centrista e di centrosinistra Alianza Democratica, che raccoglie il 17,95% dei consensi (944.665 voti); al terzo posto la coalizione Alianza Venezuela Unida, composta da partiti centristi, di centrosinistra e liberali, fra cui il partito di Juan Guaidò (l'autoproclamatosi Presidente, pur non essendo mai stato candidato a tale carica), Volontà Popolare, Primero Venezuela e Venezuela Unida, che raccoglie il 4,19% (220.502 voti) e, a seguire, la coalizione Alternativa Popolare Rivoluzionaria, guidata dal Partito Comunista del Venezuela, che ottiene il 2,73% (143.917 voti). Alti partiti hanno complessivamente ottenuto il 6.79% dei consensi (357.609 voti).
Soddisfazione da parte del Presidente in carica Maduro, il quale ha dichiarato che “E' stata una gigantesca vittoria elettorale”. E ha proseguito affermando che “oggi, cinque anni dopo, sapendo tutto quello che ha fatto questa Assemblea contro il popolo, colpi di stato, interferenze, sanzioni, oggi abbiamo una nuova Assemblea nazionale”. Ed ha sottolineato “Che nessuno interferisca negli affari del Venezuela. Sappiamo gestire i nostri problemi con il voto popolare'”.
Come nelle elezioni in Romania, tenutesi anch'esse il 6 dicembre, che hanno dato la vittoria ai liberali di centrodestra, anche in Venezuela l'affluenza alle urne è stata del 31% (5.264.104 voti), a causa della pandemia Covid 19.
Alle elezioni parlamentari venezuelani concorrevano 107 forze politiche, 14.400 candidati per conquistare 277 seggi nell'Assemblea.
Alcuni giorni fa era stata presentata una petizione, firmata, fra gli altri, dall'ex relatore speciale del Consiglio dei Diritti Umani dell'ONU, Alfred De Zayas e dal cofondatore dei Pink Floyd, Roger Waters, affinché l'Unione Europea riconoscesse il risultato elettorale, senza interferenze. Rispettando la sovranità e volontà popolare del Venezuela.
Luca Bagatin
(nella foto sotto la ripartizione dei seggi della nuova Assemblea nazionale venezuelana)
Domenica 6 dicembre 2020 si terranno, in Venezuela, le elezioni per il rinnovo dell'Assemblea nazionale.
107 i partiti in lizza, fra cui l'attuale partito di governo, il Partito Socialista Unito del Venezuela, di ispirazione bolivariana e nazionalista di sinistra; Primero Justicia, partito di area centrista; Azione Democratica, partito di centrosinistra socialdemocratico e il Partito Comunista del Venezuela.
14.400 i candidati in corsa, per conquistare 277 seggi parlamentari.
Nonostante i ripetuti appelli al dialogo da parte del governo venezuelano, presieduto dal socialista Nicolas Maduro, l'Unione Europea, in linea con le politiche dell'ex Presidente degli USA, Donald Trump, ha sempre rifiutato di riconoscere il governo legittimamente eletto in Venezuela, preferendo riconoscere un ex deputato, Juan Guaidò, mai eletto alla carica presidenziale, anche perché mai candidato a tale carica.
L'UE, in tal senso, ha persino respinto l'invito, da parte del Venezuela, di inviare osservatori in qualità di garanti del buon svolgimento elettorale.
Nei giorni scorsi, è stata presentata una petizione, sottoscritta al momento da oltre 3.500 persone e personalità, proprio chiedendo all'UE di rispettare il verdetto che uscirà dalle urne il 6 dicembre, rispettando così la sovranità e volontà popolare dei venezuelani, senza pretendere un “cambio di regime”, come invece chiederebbero gli USA.
Fra i firmatari della petizione, il cofondatore dei Pink Floyd e attivista per i diritti civili e umani, Roger Waters; il Premio Nobel per la Pace, Adolfo Perez Esquivel; l'ex Presidente dell'Ecuador, Rafael Correa; il deputato francese e dirigente de La France Insoumise, Jean-Luc Mélenchon; la deputata del Partito del Lavoro brasiliano, Gleisi Hoffman; il giornalista e scrittore Ignacio Ramonet; la deputata portoghese al Parlamento Europeo, Sandra Pereira e l'ex relatore speciale del Consiglio dei Diritti Umani dell'ONU, Alfred De Zayas.
“Se l'Unione Europea vuole davvero essere ciò che afferma, un vettore di pace in un mondo turbolento, non deve sostenere la via della violenza e degli scontri in Venezuela”, affermano i firmatari della petizione.
Luca Bagatin
Sino a che la sinistra europea non comprenderà che il peggior fascismo moderno è il liberalismo, il cui retaggio dovrà imparare a scrollarsi di dosso, continuerà ad essere la migliore servitrice del capitalismo.
Il liberalismo è la prostituta del capitalismo.
Ho iniziato ad allontanarmi dal cattolicesimo quando avevo 10 anni. Proprio perché ho frequentato spesso le lezioni di catechismo e ho capito che ciò che veniva detto erano invenzioni. Negli anni ho avuto modo di comprendere, anche, che erano cose totalmente estranee alla nostra cultura e appartenevano a una cultura a noi distante, sia per forma mentis, che geograficamente. La spiritualità è un'altra cosa.
Mi auguro che un giorno ci si renderà conto che l'unico animale guasto e fuori posto è l'essere umano. Che, con quella che (impropriamente) viene chiamata "intelligenza", cerca di piegare la Natura al suo volere. E' uno sciocco, che solo le calamità naturali possono contribuire, in parte, a rinsavire. La Natura è selvaggia e non ha alcun sentimento di bontà e cattiveria. E' al di là del bene e del male e per questo è naturale. L'essere umano, invece, è naturalmente guasto. E causa del suo e dell'altrui danno (anche alle specie animali).
(Luca Bagatin)
Il 25 novembre scorso, la Presidente della Repubblica Slovacca, la liberal-progressista Zuzana Čaputová, ha firmato un emendamento alla legge nr. 125 del 1996, che considera “immorale” il sistema comunista.
Tale emendamento, che entrerà in vigore il 1 dicembre 2020, di fatto è un attacco al Partito Comunista della Slovacchia (KSS) e a tutti i sostenitori del sistema socialista e sovietico. Infatti, tale legge, palesemente liberticida e censoria, vieta la costruzione di monumenti, memoriali, targhe commemorative, redazione di testi, immagini e simboli che celebrano, promuovono o difendono l'ideologia comunista e/o i suoi rappresentanti. Tale legge, inoltre, definisce il Partito Comunista Cecoslovacco e il Partito Comunista Slovacco (1948/1989) quali “organizzazioni criminali e riprovevoli”.
Il Partito Comunista Slovacco ha immediatamente dichiarato che la legge è “in flagrante contraddizione con i fatti storici oggettivi” e, nel suo comunicato, ha proseguito affermando che “l'attuale coalizione di governo ha elevato l'anticomunismo a livello di ideologia di Stato” e che “equiparando il comunismo al fascismo, c'è la volontà deliberata e risoluta nel distorcere la coscienza e i valori storici”.
Il KSS considera dunque tale legge incostituzionale e lesiva nei confronti dei diritti umani fondamentali e, in tal senso, intende intraprendere un'azione legale, rivolgendosi anche alla Corte costituzionale e alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo, per avere un parere in merito.
Il KSS ha altresì chiesto il sostegno di tutti i partiti comunisti europei, aggiungendo che, legislazioni di questo tipo, sono frutto della paura nei confronti dei valori del socialismo, i quali ricercano “l'organizzazione di una società giusta nel momento in cui il progetto capitalista liberale ha palesemente fallito”.
In Slovacchia almeno il 40% della popolazione esprime un'opinione positiva sul socialismo e sul passato sovietico del Paese.
Il Partito Comunista di Slovaccha è stato fondato nel 1992 e già con la legge precedente gli era vietato inserire nel suo simbolo la falce e martello comunista.
Luca Bagatin
Il 28 novembre 1994, usciva – in Russia - il primo numero del giornale “Limonka”, organo del Partito NazionalBolscevico (PNB), editato dallo scrittore Eduard Limonov e con una tiratura di circa 15.000 copie.
Un partito composto da intellettuali e artisti, ma anche e soprattutto da giovani e giovanissimi, provenienti dalle periferie russe, delusi dal crollo dell'URSS e dall'avvento del capitalismo assoluto e dalla conseguente povertà diffusa fra i ceti meno abbienti.
Fondato da tre artisti e intellettuali, ovvero dallo scrittore Eduard Limonov, dal filosofo Aleksandr Dugin e dal chitarrista punk rock Egor Letov, il PNB trasse ispirazione dal nazionalbolscevismo degli Anni '20 di Ernest Niekisch e di Karl Otto Paetel, primi ad opporsi in Germania al nazismo, e a vedere nella Rivoluzione d’Ottobre del 1917 il loro punto di riferimento, fondato sul primato della comunità e dell’operaio-proletario al servizio della stessa, rispetto all’egoismo dell'”homo economicus” della borghesia capitalista, la quale pensava unicamente al proprio egoistico tornaconto personale.
“Limonka”, oltre e sebbene fosse un organo di partito, si occupava principalmente di rock e di letteratura e sulle sue pagine si formarono fior fiore di aspiranti artisti russi.
Un giornale underground nella Russia di quegli anni, che poneva i nazionalbolscevichi o nazbol, quale avanguardia controculturale, artistica, oltre che politica, al punto che furono ammirati persino dalla giornalista Anna Politkovskaja, che li difese a spada tratta in vari processi che li videro coinvolti per insubordinazione nei confronti dell'autorità, ed allo stesso modo la pensava Elena Bonner, vedova dello scienziato dissidente Andrej Sacharov, che li stimava.
“Sei giovane, non ti piace vivere in questo paese di merda. Non vuoi diventare un anonimo compagno Popov, né un figlio di puttana che pensa soltanto al denaro, né un cekista. Sei uno spirito ribelle. I tuoi eroi sono Jim Morrison, Lenin, Mishima, Baader. Ecco sei già un nazbol”, questo il provocatorio slogan recitato da Limonov, in quegli anni, per esortare i giovani a entrare nel partito.
Eduard Limonov, nel suo articolo “Punk e nazionalbolscevismo”, ricordò peraltro che “Limonka” usò spesso slogan di impatto, tipici della controcultura punk russa, fra i quali: “Mangia i ricchi!”, “Il buon borghese è un borghese morto!” e “Il capitalismo è una merda!”.
Il PNB, ad ogni modo, bollato di “estremismo”, fu messo fuorilegge dalla Procura Generale russa nel 2007, essendo il principale movimento di piazza a contrapporsi al governo liberal capitalista di Putin e ciò pur non avendo mai commesso atti di violenza, ma unicamente manifestazioni pacifiche e a carattere goliardico, pur non autorizzate e decisamente molto incisive.
Nel frattempo si era già consumata la frattura ideologica fra Dugin e Limonov, il primo maggiormente sostenitore del governo in carica e il secondo decisamente critico.
Sebbene oggi l'erede del PNB abbia assunto la denominazione di “L'Altra Russia di Eduard Limonov” (il cui simbolo è, appunto, una limonka, ovvero una granata) e il nuovo giornale ufficiale si chiami “Mobilitazione Totale”, l'anniversario di “Limonka” rimane, ogni 28 novembre, molto festeggiato degli eredi di Limonov.
A San Pietroburgo, infatti, il 28 novembre prossimo, nel 26esimo anniversario della fondazione di “Limonka”, il coordinatore del partito nazionalbolscevico “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, Andrey Dmitriev, terrà una conferenza pubblica, in Via Majakovskij, con inizio alle ore 18.00.
Fra le tematiche trattate la storia del giornale; del Partito NazionalBolscevico e le sue azioni dirette e la sua nuova rinascita, dopo la morte di Eduard Limonov, avvenuta il 17 marzo scorso.
“L'Altra Russia di Eduard Limonov” e i giovani nazionalbolscevichi russi, sono oggi l'avvenire di quella sinistra nazionalpatriottica che ancora non si è arresa ad un presente e ad un futuro diverso e alternativo rispetto al totalitarismo liberal capitalista che, dagli Anni '90 ad oggi, comanda imperterrito in Russia e in tutta Europa.
Luca Bagatin
Grandi cambiamenti in Bolivia, dopo la vittoria alle elezioni del socialista Luis Arce, con oltre il 50% dei consensi, al primo turno, tenutesi il 18 ottobre scorso.
Introdotte le prime misure sociali e il ritorno alla normalizzazione del Paese, dopo il golpe bianco liberale che, un anno fa, aveva costretto l'ex Presidente socialista Evo Morales all'esilio e gettato la Bolivia nel caos e nello sfacelo economico e sociale.
Evo Morales ha potuto rientrare, nelle scorse settimane, dal suo esilio in Argentina e un altro importante cambiamento è giunto.
Sabina Orellana Cruz, di origine indigena e leader della Confederazione Femminile, ha prestato giuramento come Ministro delle Culture, della Decolonizzazione e della Depatriarcalizzazione e ha già affermato che intende portare avanti misure atte a combattere il razzismo, i residui di colonialismo e di cultura patriarcale presenti nel Paese, riaffermatesi purtroppo dopo l'avvento al potere dei golpisti liberali e di estrame destra.
“Sono una donna orgogliosa delle mie radici, perché sono quechua e tutti dovremmo essere orgogliosi di avere radici indigene”, ha dichiarato la neo Ministra Orellana, nell'ambito della cerimonia di investitura, che ha avuto luogo presso la Casa Grande del Popolo.
“Lavoreremo tra arte e cultura, est e ovest, campagna e città. Lavoreremo insieme e vi chiedo di darmi l'opportunità di lavorare per la gestione culturale collettiva, a beneficio del nostro popolo di Bolivia”, ha dichiarato.
E ha altresì aggiunto: “La fine del razzismo è una responsabilità che incombe su tutti noi, che vogliamo attuare una pacifica convivenza, nella quale nessuno possa vedere una donna o un uomo inferiori perché diversi. Siamo diversi come i colori della nostra wiphala”. La wiphala è la bandiera rappresentativa di tutti i popoli Nativi che vivono nei territori andini, che il governo golpista liberale, suprematista bianco e fondamentalista evangelico, aveva proibito.
La Ministra Sabina Orellana Cruz, ha concluso il suo discorso affermando che la Bolivia socialista vuole costruire “un Paese decolonizzato, depatriarcalizzato, orgoglioso delle sue radici e della sua grande ricchezza culturale”.
Diritti sociali e lotta al patriarcato sono da sempre cavalli di battaglia dei movimenti sociali, socialisti e peronisti in America Latina, almeno sin dagli Anni '50. Fra le pasionarie di tali diritti, ricordiamo Evita Peron, la quale, assieme al marito, il Presidente argentino Juan Domingo Peron, molto si è battuta, sia per l'emancipazione delle donne argentine, che per il diritto di voto alle donne.
Luca Bagatin
La Regione Sicilia, a seguito dell'emergenza Covid 19 nell'isola, ha avanzato una richiesta all'Ambasciata di Cuba, di 60 medici e infermieri da impiegare negli ospediali, così come fece, nel marzo scorso, la Regione Lombardia.
La richiesta è di due contingenti da 30 esperti ciascuno, fra anestesisti, pneumologi, infettivologi e infermieri di rianimazione.
Una corsa contro il tempo, prima che siano altre Regioni ad accaparrarseli.
Una richiesta analoga sarà inoltrata anche al governo cinese, tramite l'Ambasciata.
Ricordiamo che medici cubani sono all'avanguardia, al punto che sono da sempre inviati, dal loro governo, in ogni parte del mondo, per sopperire alle emergenze sanitarie. Pensiamo ad esempio all'emergenza Ebola in Africa occidentale nel 2013.
Il Ministero della Salute cubano stima che, dagli Anni '60 ad oggi, i suoi medici siano stati attivi in ben 600.000 missioni, in 164 Paesi. Molti dei quali attivi ancora oggi in ben 67 Paesi, in particolare africani e latinoamericani.
Luca Bagatin