L'Uruguay, nello scacchiere
geopolitico, appare Paese marginale. Purtuttavia, sotto il profilo
umano e sociale è un Paese modello, al quale, non a caso, sono stati
dedicati diversi saggi e reportage.
Ultimo ma non ultimo l'agile saggio di
Leonardo Martinelli – giornalista de “Il Sole 24 Ore” - “Il
paese dell'utopia – viaggio nell'Uruguay di Pepe Mujica”, edito
da Laterza.
Il Paese dell'utopia è, appunto,
l'Uruguay. Il Presidente che lo ha reso un Paese socialmente e
umanamente progredito è José “Pepe” Mujica, di cui, peraltro,
abbiamo già parlato in numerosi articoli.
Il saggio di Martinelli, ad ogni modo,
ha il pregio di condurre il lettore all'interno del piccolo, ma
vitalissimo Paese latinoamericano. Paese laico e anticlericale sin
tai tempi del suo storico Presidente José Batlle y Ordonez (1856 -
1929), al quale Mujica si è ispirato. Paese tollerante, civile e
democratico.
Ma, andiamo con ordine.
Martinelli esordisce raccontandoci il
suo primo viaggio in Uruguay nel 2003 e racconta di un Paese ove il
tasso di disoccupazione era del 16%, ovvero ben oltre quello italiano
dell'epoca, che era del 9%. Nel 2015, invece, la tendenza si è
radicalmente capovolta: il tasso di disoccupazione italiano è salito
al 12%, mentre quello uruguayano è sceso al 6% ! Merito di politiche
globaliste, keynesiane e/o di austerità ? Niente affatto: merito
delle politiche socialiste e libertarie introdotte dal Frente Amplio
guidato da Pepe Mujica. Politiche che hanno portato a legalizzare la
marijuana (demonizzata in Occidente sin da quando il Presidente USA
Franklin Delano Roosevelt, nel 1937, la mise fuori legge in quanto le
fibre di canapa indiana risultavano non solo utili per produrre
biocombustibile e ciò avrebbe messo in crisi il settore petrolifero,
ma anche più economiche e resistenti di quelle prodotte dai grandi
magnati della cellulosa, sostenitori di Roosevelt); riformato la
sanità, finanziata attraverso i contributi dei lavoratori e delle
imprese; puntato all'autogestione delle impese da parte dei
lavoratori e ridotto i consumi interni. Lo stesso Mujica, amante
della sobrietà, si è ridotto lo stipendio del 90%, arrivando a
guadagnare circa mille euro mensili !
Tutto ciò, oltre a ridurre la
disoccupazione, ha portato ad un aumento dei salari, ad una crescita
del PIL del 6% e a una diminuzione del tasso di povertà dal 39% al
6%.
“Pepe” Mujica, che oggi ha lasciato
la carica di Presidente per cederla al suo vice Tabaré Vazquez, fu
peraltro eletto Presidente all'età di 74 anni, nel 2009, con alle
spalle una vita da ex guerrigliero tupamaro contro la dittatura ed un
lavoro da agricoltore e da fioraio. Tutt'altro, insomma, del
giovinastro figlio di papà cresciuto in qualche collegio britannico.
Leonardo Martinelli, oltre ad
analizzare gli effetti positivi delle riforme portate avanti dal
Presidente Mujica, condensa nel suo saggio la storia dell'Uruguay a
partire dalla definizione della scrittrice ed esploratrice Rosita
Forbes che, sbarcata in Uruguay nel 1932, lo definì “paese
dell'utopia” in quanto già allora vantava un'organizzazione
sociale e civile all'avanguardia, anche sul piano dei diritti delle
donne e ciò proprio grazie al già citato Presidente del Partito
Colorado José Batlle y Ordonez, la cui formazione politica era
repubblicana, anarchica e socialista-proudhoniana ed amava dire che
“i poveri dovevano diventare meno poveri, mentre i ricchi più
ricchi”.
Fu Batlle Ordonez, ad esempio, a
proporre per primo che i dipendenti delle aziende pubbliche e private
dovessero ricevere una quota dell'utile dell'impresa stessa,
anticipando così il concetto di autogesione portato poi avanti nel
secolo attuale da Mujica.
Capitolo degno di nota del saggio di
Martinelli è quello dedicato al nostro Giuseppe Garibaldi, che
proprio in Uruguay fu celebrato eroe nazionale. Fu proprio nella
capitale, Montevideo, che Garibaldi aderì alla Massoneria, entrando
nella Loggia “Les Amis de la Patrie” e fu in quella città che
iniziò ad ispirarsi al socialismo umanitario. Allorquando scoppiò
la guerra civile fra le fazioni “colorados” e “blancos” - che
durò dal 1839 al 1851 – Garibaldi vi partecipò schiarandosi con i
“colorados” - espressione di laicità ed emancipazione, essendo
peraltro i primi a parlare di diritti civili e di abolizione della
schiavitù – schierando con loro la Legione Italiana, composta da
esuli mazziniani e repubblicani come lui.
Quelle lotte a fianco dei “colorados”
lasciarono un segno profondo nell'immaginario degli uruguaiani, al
punto che il “garibaldinismo”, in Uruguay, è considerato ancora
oggi una vera e propria corrente politica e di pensiero, che
inevitabilmente influenzò prima il Presidente Batlle Ordonez ed oggi
José Mujica.
Il viaggio nel “paese dell'utopia”
di Leonardo Martinelli, ad ogni modo, non si esaurisce qui. Prosegue
nell'illustrare la pesenza di una nutrita comunità valdese in
Uruguay – Colonia Valdense - approdata nel 1858 dal Piemonte a
seguito delle presecuzioni in quelle terre. Colonia ottimamente
integrata proprio grazie al fatto che la Chieda Valdese è una
confessione aperta, tollerante e laica e dunque in totale sintonia
con i valori del Paese che la ospita.
Degno di nota il capitolo dedicato alla
visita di Che Guevara in Uruguay che, al pari di Garibaldi, influenzò
molto la cultura politica degli uruguaiani. Che Guevara, giunto in
visita nel 1961 a Punta del Este a rappresentare Cuba in seno
all'Organizzazione degli Stati Americani (OAS), puntò il dito contro
la proposta del Presidente USA John Kennedy di creare quella che fu
chiamata “Alleanza per il Progresso” allo scopo di rovesciare la
Rivoluzione Cubana e favorire gli interessi delle multinazonali
straniere - in particolare statunitensi - in America Latina, oltre
che quelli del Fondo Monetario Internazionale. Parlando in tal senso,
il “Che”, infiammò gli animi degli uruguaiani, fra cui quello
del giovane Mujica.
José Mujica in un primo tempo si legò
politicamente a Enrique Erro, deputato del Partido Blanco.
Successivamente, nel momento in cui l'Uruguay si stava
progressivmente avviando verso una deriva autoritaria e dittatoriale,
aderì al Movimento di Liberazione Nazionale Tupamaros, fondato dal
socialista proudhoniano Raul Sendic. Fu all'interno del movimento
che, peraltro, conobbe la sua futura moglie, Lucia Topolansky.
I Tupamaros si trovarono dunque a
lottare contro un governo dittatoriale supportato dal governo USA
che, dal 1969, attraverso l'agente della CIA Dan Mitrione, torturò
centinaia di prigionieri attraverso tecniche totalmente disumane.
Alla faccia della più grande democrazia liberale d'Occidente !
Anche José “Pepe” Mujica finì in
prigione, nel 1972, e fu torturato. Vi uscirà solo nel 1985, alla
fine della dittatura militare, per iniziare a lavorare come
agricoltore e fioraio.
Con i suoi vecchi compagni Tupamaros
fonderà, poco tempo dopo, il Movimento di Partecipazione Popolare
che, alle elezioni del 1994, si presenterà all'interno della
coalizione del Frente Amplio, comprendente socialisti, democristiani
e libertari. Mujica fu così eletto in Parlamento.
Nel 2005, il “Pepe”, sarà nominato
Ministro dell'Agricoltura e, finalmente, nel 2009, sarà candidato
alla Presidenza della Repubblica ed eletto con il 52% dei voti.
Il saggio di Leonardo Marinelli parla
dunque di questo e di altro. Parla di un Paese fiero e laico, con le
sue ferite, ma anche con la sua voglia di ricominciare, senza odio
per gli avversari. Un Paese emblema del riscatto Latinoamericano e
del Socialismo del XXIesimo secolo. Un socialismo libertario e
anarchico, se vogliamo, che fonda le sue radici nell'amore per il
prossimo.
“Non esiste alcuna dipendenza buona,
a eccezione di quella dell'amore”, sostiene Mujica. Frase che, non
a caso, viene riportata dall'autore del saggio “Il paese
dell'utopia” in appendice del testo fra le “parole chiave” del
“Pepe-pensiero”.
Un Paese da cui abbiamo molto da
imparare noi europei e noi occidentali. Un Paese che ha compreso che,
per vivere bene e liberi, occorre vivere di e con poco. Un Paese
laico e a-confessionale, in cui, proprio per questo, sono rispettate
le idee di tutti.
Uruguay: patria d'elezione di Giuseppe
Garibaldi, Paese dell'utopia e del primo Presidente povero del mondo:
José Mujica, il cui esempio di vita e la cui storia politica terremo
sempre nel cuore.
Luca Bagatin