Desidero rifarmi all'articolo di
Giancarlo Magni, apparso su Pensalibero.it il 17 aprile scorso dal
titolo “La sinistra del XXI secolo”
(http://www.pensalibero.it/2016/04/17/la-sinistra-del-xxi-secolo/),
al fine di dimostrare l'assoluta incompatibilità fra il concetto di
“sinistra” e quello di “socialismo” e rilanciare -
contrapponendomi all'idea di una “sinistra del XXI secolo” - il
“Socialismo del XXI secolo”, tema centrale della stragrande
maggioranza dei governi dell'America Latina degli ultimi quindici
anni.
Innanzitutto, l'articolista, esaltando
il pensiero del Governatore della Toscana Enrico Rossi, riporta le
sue parole, a parer mio intrise di contraddizioni e di aspetti non
propriamente rispondenti alla realtà: “Io credo che l’identità
del PD non possa essere che quella del socialismo e del suo contenuto
fondamentale che consiste nella lotta contro le diseguaglianze”.
Innanzitutto il PD,
nato dalla fusione delle culture comunista e democristiana, è
partito totalmente estraneo alla tradizione socialista. Lo è sia per
storia, cultura e tradizione, ma anche per politiche attuate che,
dalle liberalizzazioni bersaniane sino ai jobs act renziani,
rappresenta un partito che, nei fatti, ha abbracciato in toto
posizioni capital-borghesi (si noti anche, peraltro, il rapporto
privilegiato del PD con i poteri economico-finanziari del Paese) e,
dunque, antisocialiste.
In tutto ciò,
infatti, non si comprende ove il Governatore Rossi ravvisi lotta
contro le disuguaglianze, visto che nel Paese governato da
diversi anni dal PD le diseguaglianze sono aumentate
esponenzialmente.
Proseguendo nella
lettura dell'articolo di Giancarlo Magni, egli riporta il fatto che
il Governatore Rossi, a sostegno dell'endorsment
piddino-“socialista”, ha pubblicato sul suo blog il simbolo del
“sole nascente” di saragattiana memoria.
Il Sole Nascente,
va detto, si ispira innanzitutto alla celebre frase di Giuseppe
Garibaldi: “L'Internazionale è il sol dell'avvenire”, che
proferì allorquando decise di entrare nella Prima Internazionale dei
Lavoratori del 1864, che comprendeva – oltre che mazziniani –
anche anarchici e marxisti. Una visione che, con la sinistra
capitalista del PD ha ben poco a che vedere, in sostanza.
Anzi, volendo
citare il filosofo francese Jean-Claude Michéa (di cui parlammo già
nei seguenti articoli:
http://www.pensalibero.it/2016/02/07/il-socialismo-non-e-di-sinistra-parola-di-jean-claude-michea/
- http://www.pensalibero.it/2016/02/21/il-vicolo-cieco-delleconomia/)
- che nel suo recente saggio “I misteri della sinistra” (Neri
Pozza) ha dimostrato l'assoluta incompatibilità fra i concetti
“sinistra” e “socialismo” - né Marx, né Engels, né Pierre
Leroux, né Proudhon, né Mazzini si sono mai definiti “di
sinistra”.
L'incontro fra la
“sinistra” - ovvero i borghesi illuministi e i bottegai - ed il
socialismo - ovvero i ceti popolari, sottoproletari e proletari - si
ebbe in Francia solo ai tempi dell'”Affaire Dreyfus”, allorquando
questi ultimi si allearono – in chiave antimonarchica - alla
borghesia progressista (la Sinistra parlamentare) di Adholpe Thiers,
ovvero colui in quale, nel 1871, soffocherà i sogni popolari e
proletari reprimendo la Comune di Parigi (il cui simbolo fu quel
garofano rosso utilizzato anni dopo in Italia da Bettino Craxi per
rifondare il PSI su basi proudhoniane).
Volendo
riallacciarci alla tradizione del “sole nascente” saragattiano –
mutuato peraltro già dal simbolo del Partito Socialista Unitario di
Turati del 1922 – si noti come Saragat, già abbracciando nel
dopoguerra l'universalismo ed il capitalismo borghese degli Stati
Uniti d'America, si sia allontanato dalla tradizione socialista
originaria, a differenza di quel Bettino Craxi che, decenni dopo, in
più occasioni, diede del filo da torcere alla Potenza a Stelle e
Strisce (fatti di Sigonella, finanziamento ai movimenti di
liberazione nazionale osteggiati dagli USA...).
Craxi, dunque,
riallacciandosi nel 1976 alla tradizione anarco-socialista di
Proudhon e combattendo l'universalismo borghese nell'ambito della
politica estera, oltre che opponendosi alle privatizzazioni selvagge
in quella interna, sarà l'unico e l'ultimo rappresentante italiano
ed europeo del socialismo delle origini. Non a caso fu defenestrato,
in sede nazionale ed internazionale, da quei poteri forti
economico-finanziari e statunitensi che, progressivamente, in Italia
ed in Europa, saranno punto di riferimento della sinistra borghese,
postcomunista, pseudo-socialista, liberale e capitalista dei giorni
nostri (pensiamo ai vari Gonzales, ai Blair, agli Hollande, agli
Schulz ed ai Renzi).
Ovvero di quella
sinistra di cui parla sia il già citato Michéa che lo scrittore e
filosofo Alain De Benoist i quali, nei loro saggi e discorsi, hanno
dimostrato come la sinistra europea abbia favorito tutte le politiche
imposte dal Fondo Monetario Internazionale e dalla BCE:
privatizzazioni selvagge; austerità; flessibilità del lavoro;
rafforzamento delle élite e conseguente perdita di sovranità
popolare; apertura indiscriminata delle frontiere e conseguente
sfruttamento della manodopera straniera a basso costo; rafforzamento
delle istituzioni europee a scapito delle diversità di ogni nazione
e dei rispettivi popoli; politica estera invasiva nei confronti di
Stati sovrani – che peraltro ha favorito il terrorismo
internazionale come nel caso libico (ciò vale in particolare per la
Gran Bretagna di Blair - colpevole peraltro di aver mentito al suo
stesso popolo nella faccenda delle armi di distruzioni di massa in
Iraq rivelatisi inesistenti – e per la Francia di Sarkozy e
Hollande, rea non solo di aver barbaramente fatto uccidere Gheddafi,
ma anche di sostenere Paesi legati al terrorismo come l'Arabia
Saudita e di aver tentato di rovesciare il governo laico siriano di
Assad).
Ecco, dunque, se
questa è la sinistra europea, per fortuna, il socialismo - da Pierre
Leroux, Marx, Engels, Proudhon, Garibaldi, sino a Craxi, Hugo Chavez
e Pepe Mujica - è altra cosa.
Non a caso, mentre
in Europa trionfava la sinistra capitalista e solo partiti non di
sinistra come il Front National di Marine Le Pen e lo spagnolo
Podemos rappresentavano e rappresentano i ceti popolari e proletari e
per questo in crescita nei consensi, in America Latina abbiamo
assistito ad un fenomeno opposto.
Ovvero al trionfo
del Socialismo del XXI secolo, portato avanti da Chavez, Morales, i
coniugi Kirchner, Mujica, Correa, Lula e Ortega. Forme differenti di
socialismo fondate purtuttavia su una radice comune, ovvero la
matrice latina, con influenze indios ed arcaiche, ma anche cristiane,
garibaldine, sandiniste, proudhoniane e libertarie.
Un socialismo né
di destra né di sinistra, ma unicamente dalla parte dei popoli e dei
poveri. Un socialismo che non aveva né ha nulla a che vedere con i
totalitarismi novecenteschi, ma anzi ha contribuito a risollevare le
sorti dell'America Latina combattendo il terzo totalitarismo: ovvero
il totalitarismo neoliberale e capitalista, fulcro del modello
unipolare statunitense e anglosassone che, per secoli e decenni ha
depredato quelle terre anche finanziando e fomentando colpi di Stato
autoritari.
L'autore
dell'articolo apparso su Pensalibero.it dal titolo “La sinistra del
XXI secolo” conclude il suo endorsment in favore delle
dichiarazioni del Governatore della Toscana Rossi affermando che vi è
l'esigenza di ripensare la sinistra e il socialismo democratico in
Italia e in Europa. Quando, in realtà, occorre distinguere
nettamente la sinistra – le cui origini sono illuministe e borghesi
- dal socialismo democratico e popolare, poiché non sono affatto
sininimi e si prestano ad equivoci che, in Italia e in Europa, hanno
fatto trionfare il capitalismo assoluto in nome dell'illuminismo
borghese e dell'universalismo progressista e modernista. Il tutto a
scapito dei ceti meno abbienti: costretti o a lavorare di più a
fronte di salari, diritti e pensioni ridotte o costretti ad una
disoccupazione endemica resa sempre più endemica dalla possibilità
per le aziende o di delocalizzare in Paesi stranieri ove è
economicamente più favorevole investire o sfruttando
l'immigrazionismo, ovvero la manodopera straniera a basso costo.
Occorre dunque
decidere se si vuole seguire la via del socialismo, ovvero quella dei
ceti popolari e della lotta alle diseguaglianze e per una democrazia
partecipativa diretta e autogestionaria, oppure quella del
progressismo borghese della sinistra, di cui ci pare che il
Governatore della Toscana Enrico Rossi sia rappresentante e, per
questo, molto distante dalle nostre idee e prospettive.
Luca Bagatin
io comunue credo che la via per un socialismo vero debba , oggi ,passare per dei passi intermedi. E' inutile illudersi. Se si indebolisce l'attuale PD per dare quindi spazio alla destra meloniana o peggio salviniana, considerando anche la nuova legge parlamentare, alle prossime elezioni ci beccheremo un governo che avra' mano libera nel fare tabula rasa di tutto quel poco di buono che c'e' rimasto. In questo momento , e' mia opinione che ci si debba fondere nuovamente e con vigore nel PD in modo tale che nella prossima legiuslatura , non essendo necessario il gruppo alfaniano ,si possa dall'interno controllare , limitare e guidare moltissime cose all'interno del governo. Insistendo sulla linea attuale ,alle prossime elezione con la nuova legge elettorale la sinista non PD sparira' totalmente dallo scenario politico italiano lasciando traccia solamente nei forum e nei salotti intellettuali. La sinistra vera invece deve esistere e essere, ovviamente in parte, timone della nave del PD. Solamente con questo passo intermedio si puo' sopèravvivere(dal punto di vista elettorale) e costruire un piu' ampio spazio parlamentare che lentamente ma inesorabilmente portera' ad avere il consenso che merita.
RispondiEliminaGentile el hidalgo, il PD non è affatto diverso dalla destra meloniana o salviniana in quanto capitalista e contiguo al sistema elettoralistico ed ai Poteri Forti di sempre. Lo vediamo con Renzi, ma lo abbiamo già visto con Letta, D'Alema, Prodi e così via.
RispondiEliminaE' anche per questo che noi di "Amore e Libertà", contrapponendoci sia alla destra che alla sinistra dei borghesi, preferiamo scegliere una collocazione extraparlamentare di "estremo centro". Perché al centro c'è l'essere umano (non l'uomo politico, che ricerca il potere !). Con i suoi bisogni ed i suoi sogni.
Ovvero siamo per i contenuti e non per le ideologie. Sostenendo così la rappresentanza diretta di tutti, per la decrescita economica e per l'autogestione.