Con il trattato di
Versailles del 1919 - successivo alla sconfitta nella Prima Guerra
Mondiale - la Germania, perdendo la propria sovranità e dovendo
restituire alle potenze dell'Intesa una cifra astronomica a titolo di
riparazioni di guerra, sarà preda di una delle più tremende crisi
economiche della Storia.
Ciò porterà i movimenti
di ispirazione socialista a rafforzarsi e a ribellarsi e, fra questi,
il nascente movimento nazionalbolscevico, sorto da una costola della
socialdemocrazia tedesca, avente per guide Ernst Niekisch e Karl Otto
Paetel e con alle spalle qualche migliaio di militanti e un pugno di
giornali, circoli e case editrici.
Di tale movimento
racconta il saggio accademico "Pugni proletari e baionette
prussiane - Il nazionalbolscevismo nella Repubblica di Weimar"
di David Bernardini, con prefazione del prof. Marco Cuzzi edito da
Biblion Edizioni (www.biblionedizioni.it),
casa editrice specializzata in testi e riviste sul socialismo e la
storia sociale.
Saggio agile e completo,
quello di Bernardini, che contribuisce a colmare non poche lacune
attorno a tale scuola di pensiero e movimento politico sorto nel
cosiddetto "Biennio rosso" tedesco e destinato ad essere
sconfitto e perseguitato durante l'ascesa del nazismo.
Avente per simbolo
l'aquila prussiana con al centro una falce e martello, il movimento
nazionalbolscevico, destinato a superare la dicotomia
destra-sinistra, si proponeva di recuperare la sovranità della
Germania, perduta appunto con il Trattato di Versailles, attraverso
un'alleanza con la Russia bolscevica di Lenin e con il Partito
Comunista Tedesco (KPD).
Contrapposto alla visione
liberale, borghese, illuminista e capitalista propugnata dalla
Rivoluzione Francese del 1789, asse portante delle nazioni
capitaliste occidentali, il nazionalbolscevismo vedeva nella
Rivoluzione d'Ottobre del 1917 il suo punto di riferimento, fondato
sul primato della comunità e dell'operaio-proletario al servizio
della stessa, rispetto all'egoismo dell'"homo economicus"
della borghesia capitalista, la quale pensava unicamente al proprio
egoistico tornaconto personale.
I nazionalbolscevichi
proponevano dunque l'unità della classe operaia e proletaria in
chiave nazionale e antiborghese in alleanza all'Unione Sovietica e a
tutte le potenze oppresse dal colonialismo economico occidentale. In
tal senso i nazionalbolscevichi si contrapposero altresì al nazismo
hitleriano e al fascismo, sia per il carattere antisemita di tali
ideologie, che in quanto vedevano in esse la prosecuzione della
politica capitalista, borghese, imperialista e antisovietica. Tali
critiche saranno formulate in particolare da Niekisch nei suoi
saggi, pubblicati negli Anni '30: "Hitler - una fatalità
tedesca" e "Il Regno dei Demoni" (ripubblicati
recentemente da NovaEuropa e sarà mia cura recensirli
prossimamente), che gli costeranno successivamente l'internamento in
un campo di concentramento dal quale uscirà solo a guerra finita,
nel 1945, liberato dalle tuppe sovietiche e successivamente aderirà
al Partito Comunista Tedesco della nascente DDR.
Nel saggio di Bernardini
si parla di questo e dell'evoluzione del movimento nazionalbolscevico
dagli Anni '20 agli Anni '30, nell'epoca della Repubblica di Weimar.
Ovvero dai tempi in cui i socialdemocratici amburghesi Laufenberg e
Wolffheim iniziarono a distaccarsi dal loro partito, la SPD, in
quanto troppo transigente nei confronti dei crediti di guerra nel
1914. Nel 1918 i due parteciparono ai moti rivoluzionari di Amburgo,
successivamente aderiranno alla KPD, ovvero al Partito Comunista
Tedesco e nel 1920 parteciparono alla costituzione della KAPD, il
Partito Comunista Operaio di Germania. Infine costituiranno un
circolo di ispirazione nazionalcomunista, la cui eredità sarà
successivamente raccolta da Karl Otto Paetel e dalla sua cerchia
nazionalrivoluzionaria, dando successivamente origine al Gruppo
Nazionalista Social Rivoluzionario (GNSR).
Negli Anni '20, un altro
esponente socialdemocratico, Ernst Niekisch, iniziò a ritenere utile
e necessario un avvicinamento fra la Germania e la Russia bolscevica,
contrapponendosi via via sempre di più alla visione più
marcatamente filo occidentale del suo partito, la SPD e dando vita ad
un raggruppamento di socialisti indipendenti denominato ASP che,
purtuttavia, ebbe scarsissimo seguito elettorale.
A Niekisch va ad ogni
modo il merito di aver, fra i primi, elaborato il concetto che, per
emancipare i lavoratori tedeschi fosse necessario emancipare la
Germania dalle potenze dell'Intesa, le quali le avevano imposto il
Trattato di Versailles e, dunque, guardare verso l'Unione Sovietica e
ad un modello anticapitalista e socialista autentico.
Nei primi Anni '30 i vari
circoli nazionalbolscevichi e i loro organi di stampa, pur poco
numerosi e scarsamente coordinati fra loro, elaboreranno una
piattaforma che prevedeva in sostanza un tipo di economia pianificata
sotto il controllo dello Stato, la separazione fra Stato e Chiesa e
un orientamento verso Est in politica estera.
Il 30 gennaio 1933,
dunque, mentre Hitler veniva nominato Cancelliere, un manipolo di
nazionalisti socialrivoluzionari, in polemica con tale avvenimento,
distribuiranno per le strade di Berlino un opuscolo dal titolo "Il
manifesto nazionalbolscevico", con in copertina il curioso
simbolo composto da una falce e martello che incrociavano una spada.
Purtuttavia quello sarà proprio l'inizio della fine del movimento
nazionalbolscevico, soffocato dalla dittatura hitleriana.
Il saggio di David
Bernardini sul nazionalbolscevismo quale movimento politico e
corrente culturale della Rivoluzione conservatrice tedesca, è dunque
strumento utilissimo di approfondimento a tale aspetto storico spesso
tralasciato, pur rientrando a pieno titolo fra le correnti
dell'antifascismo, dell'antimperialismo e dell'anticapitalismo
europeo e tedesco.
Come rilevato dal prof.
Marco Cuzzi sin dalle prime righe dell'introduzione al saggio, di
nazionalboscevismo si è tornato a parlare grazie a esponenti quali
lo scrittore Eduard Limonov ed il filosofo Alexandr Dugin (da non
dimenticare anche il cantante e chitarrista Egor Letov), fondatori
negli Anni '90 del Partito Nazionalbolscevico in Russia, i quali,
ispirandosi proprio al nazionalbolscevismo storico, hanno elaborato
una critica al materialismo e al totalitarismo borghese, liberale,
comunista e fascista e si sono posti quali guida di un movimento di
sottoproletari e di giovani delusi dall'avvento del capitalismo
assoluto nell'ex URSS, in chiave eurasiatista e multipolare,
alternativa rispetto al blocco statunitense e capitalista.
"Pugni proletari e
baionette prussiane" è dunque un saggio sul passato per
comprendere anche alcuni aspetti storici e geopolitici del presente,
scritto da un giovane studioso - David Bernardini - dottorato in
Storia dell'Europa presso l'Università degli Studi di Teramo, che ha
già all'attivo un saggio sull'anarchico Rudolf Rocker e collabora
con la Rivista storica del socialismo, edita dalle stesse Biblion
Edizioni.
Luca Bagatin