La postmodernità, la
globalizzazione, il glamour, lo showbusiness, hanno inghiottito e
divorato ogni identità, ogni individualità e, dunque, ogni
comunità. L'essere umano non è già più solo o tanto alienato,
quanto piuttosto inglobato nell'effimera esistenza di cartapesta
costruita da ad uso e consumo delle multinazionali, della grande
impresa, della finanza, del sistema economico-politico-culturale
occidentale americanocentrico.
Ecco dunque riaffiorare
sulla scena movimenti che al mito totalitario liberaldemocratico si
contrappongono e superano ogni ideologia passata. Fra questi il
comunitarismo, movimento che vuole - oltre le vecchie
contrapposizioni destra/sinistra - liberare l'essere umano dalla
modernità della società commerciale, ipertecnologica, globalista e
materialista.
In questo senso ecco una
piccola ed interessante casa editrice che fonda il suo progetto
editoriale proprio su questo, ovvero NovaEuropa
(http://www.novaeuropa.it),
che si è posta come obiettivo quello di pubblicare testi di
approfondimento comunistarista.
Fra questi quello che a
parer mio è il più importante, oltre che il più recente in termini
di pubblicazione, ovvero "La Quarta Teoria Politica" del
filosofo e politologo russo Aleksandr Dugin.
Dugin è personaggio
polieditrico e difficilmente inquadrabile ideologicamente. Nato nel
1962 in una famiglia della classe medio-alta, è filosofo che si pone
in termini di critica radicale proprio dell'alta borghesia. Già ex
collaboratore ed ispiratore, subito dopo il crollo sovietico, del
leader del Partito Comunista della Federazione Russa, ovvero Gennadij
Zjuganov, Dugin è fondatore - assieme allo scrittore Eduard Limonov
ed ad altri militanti della galassia punk-rock, trasgressiva e
underground di quegli anni - del Partito NazionalBolscevico negli
Anni '90, che raccoglie i giovani sbandati e poveri, delusi
dall'avvento del liberismo sfrenato in Russia.
Dugin si ispira sia allo
spiritualismo gnostico di René Guénon e di Evola (nella sia
interpretazione "di sinistra") che al Nazionalbolscevismo
di Ernst Niekish ed alla Rivoluzione Conservatrice tedesca degli Anni
'20, critica ed oppositrice del nascente nazismo di quegli anni e
portatrice, con Niekish, di istanze di fusione fra il socialismo
originario ed il nazionalismo non sciovinista.
Alla fine degli Anni '90
Dugin rompe con Limonov - diventato un fiero oppositore di Putin -
per diventare uno dei filosofi più ascoltati in Russia, specie fra i
settori più critici nei confronti del liberalismo, sino ad
affascinare talvolta lo stesso Putin.
Aleksandr Dugin -
attraverso quella che definisce appunto la "Quarta Teoria
Politica" - si propone dunque di analizzare, per quindi
superare, le tre teorie politiche dei secoli passati, ovvero il
liberalismo, il comunismo ed il nazifascismo, che identifica come
totalitarismi ideologici della modernità in antitesi rispetto a
valori quali la giustizia sociale, la comunità popolare, la libertà
della persona nell'ottica di un nuovo progetto culturale che guardi
all'essere umano.
In questo senso, nel suo
saggio per la prima volta tradotto in Italia, Dugin recupera il
concetto del filosofo Alain De Benoist - con il quale ha spesso
collaborato - ovvero la contrapposizione fra centro (le élite) e la
periferia (i popoli), che è aspetto che fa decadere l'antico
steccato destra/sinistra e di fatto lo supera. Il liberalismo, ovvero
la prima teoria politica, è diventata l'ideologia dominante del
centro, ovvero delle élite politiche occidentali, sconfiggendo la
seconda teoria (il comunismo) e la terza (il fascismo). Il
liberalismo, che di fatto ha ormai inglobato tanto la Destra che la
Sinistra, sorto nell'800, si è sì dimostrata la teoria più
stabile, ma ha di fatto negato cittadinanza a tutte le altre in nome
di una falsa idea di libertà, ovvero in nome della libertà
economica (di chi possiede le risorse) e dunque dello sdoganamento
dell'egoismo umano. In questo senso Dugin precisa e rileva che i
liberali sono "liberi da" (governi, chiese, dogmi,
responsabilità comune dell'economia, redistribuzione della
ricchezza, legami etnici, identità collettive), ma non sono affatto
"liberi di", come invece lo erano i socialisti originari e
gli anarchici alla Proudhon, ovvero coloro i quali puntano
all'autonomia ed all'autodeterminazione e considerano ad esempio
alternativo al governo il lavoro libero e autogestito in comune. Per
Dugin dunque, la libertà positiva (essere "liberi di")
rappresenta l'autentica libertà dell'essere umano.
Dugin inoltre sostiene
che il liberalismo non è estraneo a crimini storici tanto quanto il
nazifascismo ed il comunismo, in quanto, egli scrive, "...è
responsabile della schiavitù e della distruzione dei nativi
americani negli USA, per Hiroshima e Nagasaki, per le aggressioni in
Serbia, Iraq e Afganistan, per la devastazione e lo sfruttamento di
milioni di persone sul pianeta, e per le menzogne ignobili e ciniche
che imbellettano queste verità storiche".
In
questo senso la visione di Dugin e della sua Quarta Teoria è
multipolare, ovvero contro ogni scontro di civiltà teorizzato dai
Neocon statunitensi ed è per il dialogo fra civiltà, popoli e
persone diverse.
A
differenza del filosofo di formazione marxista e orwelliana
Jean-Claude Michéa, Dugin identifica la seconda teoria politica,
ovvero il comunismo ed il socialismo, con la sinistra, la quale fu la
prima teoria a criticare radicalmente il liberalismo. All'interno di
questa teoria Dugin identifica diverse sottocategorie ovvero: la
Vecchia Sinistra (i marxisti ortodossi, i socialdemocratici ed i
seguaci della Terza Via blairiana); i nazionalisti di sinistra (i
nazionalboscevichi) e la Nuova Sinistra (neo-gauchisti postmoderni).
Alla
Vecchia Sinistra marxista Dugin, oltre al materialismo, rimprovera di
ammorbidire eccessivamente il pensiero rivoluzionario di Marx e di
adattarsi alla società post-industriale; ai socialdemocratici e
seguaci della Terza Via, Dugin rimprovera invece di essere dei
liberali mancati, seguaci del progresso e della crescita economica
illimitata o, meglio, di pretendere di fondersi con i liberali
mantenendo, di fatto, lo stesus quo.
Dugin
sembra dunque identificarsi, senza farne alcun mistero, con i
nazionalbolscevichi, ovvero i nazionalisti di sinistra, che egli
individua nei movimenti politici dell'America Latina del Socialismo
del XXI secolo del Venezuela, Bolivia, Cuba, Ecuador ecc... ove
peraltro i leaders sono spesso persone di origine indigena (vedi Evo
Morales, Presidente della Bolivia), oltre che nel bolscevismo
originario dell'URSS. Il significato nel nazionalismo di sinistra o
nazionalbolscevismo, secondo Dugin, sta dunque nella "liberazione
di forze arcaiche che emergono in superficie e si manifestano in una
certa creatività sociopolitica".
Qui, dunque, il socialismo viene interpretato in chiave nazionale ed
assume forme molteplici a seconda della cultura e persino della
religione o delle correnti spirituali (pensiamo all'influenza del
cristianesimo e della teosofia nel socialismo latinoamericano) con la
quale il socialismo viene in contatto (e così abbiamo la via cubana
al socialismo, la via boliviana al socialismo e così via).
Dugin
ad ogni modo ritiene che il nazionalbolscevismo sia ostacolato da tre
fattori: lo shock persistente della dissoluzione del comunismo
nazionale sovietico; la mancanza di concettualizzazione dell'elemento
nazionale nel complesso ideologico (la maggioranza dei nazionalisti
di sinistra si definisce semplicemente socialista o marxista, senza
riconoscere le proprie peculiarità nazionali); la scarsa
comunicazione, su scala globale, dei vari movimenti
nazionalbolscevichi.
Alexandr
Dugin critica invece in toto la terza teoria politica, ovvero il
nazifascismo in quanto - benchè critico nei confronti del
capitalismo e del liberalismo - esso si fonda sul razzismo e sulla
presunzione di superiorità di una razza, di un'etnia, sulle altre e
lo giudica repellente. Ad ogni modo, oltre alla Germania hitleriana,
Dugin ritiene che un certo razzismo sia presente anche nelle società
europee e stetunitensi, che hanno prima messo a ferro e fuoco il
Terzo Mondo con colonialismo e neo-colonialismo ed oggi mantengono un
certo razzismo intellettuale attraverso il politicamente corretto, il
glamour, il fashon, la tecnologia alla moda che invita tutti a
possedere l'ultimo modello di cellulare (sic !) !
Dugin
ritiene dunque che l'ideologia del progresso sia in sé razzista in
quanto presume che il presente sia migliore rispetto al passato,
insultando così la dignità dei nostri avi, nonché quella delle
società e civiltà arcaiche (molte delle quali ancora oggi presenti,
si pensi ad alcune società matriarcali presenti in Cina). E ritiene
altresì razzista la globalizzazione unipolare, fondata sull'idea che
la storia ed i valori occidentali e statunitensi siano leggi
universali da imporre a tutti i popoli, che, diversamente, hanno
invece una loro propria e rispettabile identità, storia e cultura.
In
questo senso Dugin afferma che la Quarta Teoria Politica, rigettando
tutte le altre, è profondamente antirazzista, combattendo il
razzismo biologico fascista, il razzismo di classe comunista e quello
liberista, fondato sul razzismo economico, tecnologico e culturale
(ti accetto solo se ricco, con l'ultimo modello di smartphone e
bianco...sic !).
Crollato
il fascismo prima nel 1945 ed il comunismo poi nel 1992, l'ultima
teoria da sconfiggere, per Dugin, rimane nel concreto il liberalismo,
che identifica, assieme al già citato De Benoist, come "il
nemico principale" in quanto fondato sull'egosimo individualista
ed è lungi dal tollerare le differenze fra le persone, le culture ed
i modi di pensare (a meno che non siano di matrice liberale...sic !).
All'ideologia
liberale progressista, Dugin contrappone dunque una visione
socialista originaria, citando fra gli altri il sociologo francese
Marcel Mauss, autore di un celebre saggio sul dono, il quale ha
spiegato come le società arcaiche considerassero - a differenza di
quelle moderne e fondate sulla crescita economica illimitata - i
raccolti in eccesso delle assolute catastrofi. Una volta soddisfatti
i bisogni di ciascuno, dunque, dal raccolto in eccesso non si doveva
trarre assolutamente alcun profitto (identificato anche nella società
moderna come l'interesse sul capitale o usura), bensì andava
ritualmente ed attraverso una cerimonia sacra o donato ad altri o
distrutto.
Ecco
dunque l'essenza della Quarta Teoria Politica che, forse, non ha
nulla di nuovo, ma piuttosto di antico e genuino.
Nella
sua critica al liberalismo Dugin non può che identificarlo, come
peraltro già detto, con il modello unipolare statunitense e con il
suo tentativo reiterato di imporre al mondo il suo modello politico
attraverso guerre sia economiche (vedasi nell'attuale America Latina
socialista) che sul piano militare (vedasi i casi di ex Jugoslavia,
Iraq, Libia, Siria ecc...). E la risposta della sua Quarta Teoria
Politica rimane sempre il multipolarismo ed il rispetto/dialogo fra
le culture e gli Stati sovrani.
Il
nemico della Quarta Teoria Politica duginiana è dunque
l'individualismo, la liberaldemocrazia, il consumismo, la xenofobia,
lo sciovinismo, il razzismo, il capitalismo, la società dello
spettacolo già denunciata dal filosofo francese situazionista Guy
Debord.
La
Quarta Teoria, nelle parole stesse di Dugin, è un recupero del
nazionalbolscevismo che rappresenta "il
socialismo senza materialismo, ateismo, modernismo e progressivismo".
E'
altresì un recupero della Tradizione spirituale gnostica ed
esoterica originaria e un invito al dialogo costruttivo fra la
sinistra radicale e la Nuova Destra debenostiana, oltre che con i
vari movimenti Verdi ed ecologisti, superando vecchi steccati
ideologici ed approdando a nuove sintesi ideali.
Una
visione - quella di Aleksandr Dugin - antica, ma, forse, proprio per
questo, profondamente attuale e destinata a diventare una
interessante alternativa democratica allo status quo.
Luca
Bagatin
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