Pedro Eusse, leader sindacale e componente dell'Ufficio Politico del Partito Comunista del Venezuela (PCV), è intervenuto recentemente nel periodico venezuelano online venezuelano “Contrapunto.com”, attraverso un'intervista nella quale ha criticato il governo socialista presieduto da Nicolas Maduro, un tempo sostenuto anche dai comunisti.
Eusse ritiene che il governo Maduro “non è socialista e nel nostro Paese il socialismo non è mai stato raggiunto, la sua costruzione non è nemmeno iniziata”.
A nome dei comunisti venezuelani, Eusse punta il dito contro un orientamento governativo ritenuto “neoliberista” che impone “la tirannia del libero mercato e crea le condizioni per il massimo profitto capitalista, tendendo a ridurre il ruolo normativo dello Stato, mentre sacrifica i lavoratori attraverso la distruzione dei salari, lo smantellamento dei contratti collettivi e l'estrema precarietà del lavoro, imponendo una selvaggia deregolamentazione e flessibilizzazione del lavoro”.
E ciò, a detta di Eusse, a partire dal 2018, anno nel quale, infatti, il PCV iniziò a criticare il governo e a fargli spesso mancare l'appoggio.
Eusse ritiene che, in questo modo, il governo possa amministrare le “sanzioni imperialiste criminali” (il riferimento è alle sanzioni economiche imposte al Venezuela dagli USA e dall'UE), “presentando ai capitalisti stranieri e alla borghesia parassitaria locale, vantaggi come l'esonero delle tasse e una forza lavoro più a buon mercato del continente e forse del mondo”.
L'esponente comunista ha fatto presente come, ai tempi dei governi di Hugo Chavez, “il popolo venezuelano conobbe un processo di riforme progressiste, di ridistribuzione del reddito e di rafforzamento della sovranità nazionale; mentre, con l'attuale governo, nel bel mezzo di accordi di alto livello con l'opposizione di destra, quasi ogni progresso è stato smantellato ed è stato attuato un processo di riforme neoliberiste regressive, con riprivatizzazioni, deregolamentazione, sovrasfruttamento, autoritarismo statale, violenza contro i lavoratori, contadini e militanti rivoluzionari, antidemocrazia, maggiore elitarismo e corruzione sfrenata”.
Pedro Eusse, peraltro Segretario Nazionale del Movimento Operaio e Sindacale, ha spiegato poi che cosa intende fare il PCV per il Paese, ovvero porsi quale alternativa rivoluzionaria “in grado di affrontare sia l'offensiva dell'imperialismo statunitense e dei suoi lacchè dell'opposizione di estrema destra, sia la direzione del governo, che impone politiche contrarie agli interessi della classe operaia e delle masse popolari”.
Egli ritiene che ciò che serve sia “un vero governo rivoluzionario. Un governo esercitato dalle basi lavoratrici, contadine, comunali e popolari. Per conquistarlo occorre un rapporto di forze favorevole alla classe operaia e ai lavoratori delle città e delle campagne”.
Un governo che si proponga di “salvare le conquiste ottenute durante il periodo del Presidente Chávez, ma che trascenda i limiti riformisti del processo bolivariano e avanzi verso il trionfo di un'autentica Rivoluzione Socialista”.
Al momento, come dichiarato dallo stesso Eusse, il Partito Comunista del Venezuela è impegnato nella lotta per il salvataggio del salario, delle pensioni e dei servizi sociali e a mobilitarsi in tal senso.
Il PCV, dall'agosto 2020, staccandosi dalla coalizione governativa Gran Polo Patriottico, fa parte della neonata coalizione Alleanza Popolare Rivoluzionaria, di orientamento comunista, chavista, bolivariano, libertario e nazionalista di sinistra che, alle ultime elezioni legislative del dicembre scorso, ha conquistato un seggio nell'Assemblea Nazionale, ottenendo il 2,7% dei voti.
Luca Bagatin
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