Il termine socialismo è spesso
frainteso ed equivocato, specie da coloro i quali pretendono di
collocarlo a “sinistra”, ma talvolta anche a “destra”
dell'agone politico, allorquando, invece, i socialisti delle origini,
primo fra tutti quel Pierre Leroux (1797 - 1871) – ex carbonaro,
operaio tipografo e filosofo francese – che ideò il termine ed il
concetto di Socialismo, mai si definirono di sinistra.
Va peraltro detto che il socialismo non
è comunismo marxista, per quanto nella Prima Internazionale dei
Lavoratori si trovarono a dialogare tanto socialisti, quanto
marxisti, ma anche anarchici, mazziniani, repubblicani e garibaldini.
Pierre Leroux, ovvero l'ideatore del
termine “socialismo”, lungi dal proporre una dottrina economica
statalista o, peggio ancora, mercantilista, proponeva una società
fondata sull'autogoverno e l'autogestione. Una visione non dissimile
da quella degli anarchici Bakunin e Proudhon, oltre che per nulla
lontana dalla visione di Giuseppe Mazzini dell'associazionismo
repubblicano e operaio fondato sul concetto di “capitale e lavoro
nelle stesse mani”.
Concetti tutt'altro che antichi, ma che
si sono perduti in nome da una parte del trionfo del capitalismo
mercantilista e liberale ad Ovest e dall'altra dal trionfo, ad Est,
del capitalismo di Stato ovvero del comunismo stalinista e sovietico.
Una visione, quella socialista delle
origini, che filosofi contemporanei quali Jean-Claude Michéa e Alain
De Benoist, definiscono tutt'altro che di sinistra. E ciò in quanto
il concetto di “sinistra” trae origine dalla Rivoluzione
Francese, ovvero da una rivoluzione borghese e
illuministico/modernista, fatta dai borghesi e per i borghesi ed ove
il popolo, quello che definiremmo proletariato e/o sottoproletariato,
fu tenuto ai margini.
E così, infatti, né Pierre Leroux, né
Marx, Engels, Proudhon, Bakunin e Mazzini, mai si sono definiti di
sinistra e certamente non di destra, ma sempre dalla parte dei
lavoratori e degli oppressi.
Su queste basi, infatti, fu fondata la
Prima Internazionale dei Lavoratori nel 1864, ovvero il primo
tentativo ove ideali ed elaborazioni diverse, ma con un medesimo
fine, tentavano di coesistere.
Senza farla troppo lunga e senza
passare per la crisi della Prima Internazionale e tutto il Novecento,
osserviamo, con Michéa e De Benoist, la forte crisi del socialismo
europeo che, da difensore dei lavoratori e dei più deboli è
progressivamente diventato il difensore dei borghesi, dei capitalisti
e dei banchieri, oltre che delle élite sovranazionali come gli Stati
Uniti d'America e le politiche nefaste della Federal Reserve.
Se escludiamo il caso di Bettino Craxi,
messo in croce proprio per essersi opposto più volte alle politiche
imperialiste e di ingerenza degli USA in Italia, oltre che per aver
finanziato movimenti di liberazione nazionale quali l'OLP e per
essersi opposto, in Italia, alle privatizzazioni selvagge, abbiamo
visto come, dagli Anni '90 in poi, da Blair sino a Hollande, Renzi e Schulz, questi abbiano seguito pedissequamente gli ordini ed il
volere degli Stati Uniti d'America, del Fondo Monetario
Internazionale, della Banca Centrale Europea e delle élite
finanziarie a tutto scapito dei loro stessi popoli, oltre che del
popolo libico, iracheno e siriano, barbaramente bombardati in nome di
guerre di presunta esportazione della democrazia.
Non possono costoro, questi “liberal”,
ovvero questi “fighetti di sinistra”, dirsi eredi del socialismo.
Costoro sono infatti conseguenti alla loro estrazione sociale, ovvero
alla borghesia progressista e modernista e dunque servi delle
politiche keynesiane, stataliste e da sempre in favore della media
borghesia e non dei meno abbienti. Costoro, ovvero i vari Blair (che,
come abbiamo scritto altre volte, andrebbe incriminato per crimini
contro l'umanità, assieme a Bush e Obama, per la sua barbarica
politica estera), Hollande, Strauss-Kahn e compagnia, sono infatti
dalla parte del trionfo del capitalismo assoluto.
Il socialismo autentico e delle
origini, che per moltissimi versi fu seguito da statisti del calibro
di Bettino Craxi, Juan Domingo Peron, Hugo Chavez, Gamal Abdel
Nasser, Mu'Ammar Gheddafi, Bashar-Al-Assad e da tempo da pressoché
tutti i leader dell'America Latina degli ultimi quindici anni da Evo
Morales a José Mujica, è di fatto anticapitalismo e politica della
derescita. Visione al contempo nazionalista, sovranista, libertaria e
spiritual-sentimentale della società. Una visione di società o,
meglio, di civiltà, che punti e guardi all'autogestione, al dono
(come insegnò l'antropologo socialista Marcel Mauss) ed alla
condivisione e che, nell'insegnamento di Serge Latouche, liberi la
società occidentale dalla dimensione economicista, classista e
capitalista.
Solo su queste basi può essere
rifondato il socialismo. Una prospettiva che, nell'ambito del mio
pensatoio (anti)politico e (contro)culturale “Amore e Libertà”
(www.amoreeliberta.altervista.org
– www.amoreelberta.blogspot.it),
mi piace definire di “estremo centro”, perché al centro vi è
l'essere umano e non ci si può non collocare, in maniera estrema,
dalla parte dell'essere umano al quale vanno forniti gli strumenti
materiali ed intellettuali per potersi autogestire ed autogovernare
in maniera libera ed indipendente. Senza ingerenze straniere.
Luca Bagatin
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