mercoledì 25 aprile 2018

Sulle elezioni politiche italiane, la sconfitta delle élite e prospettive socialiste autogestionarie. Articolo di Luca Bagatin tratto da Pensalibero.it del 18 marzo 2018

Di fronte alla scomparsa ormai da tempo, in tutta Europa, della divisione storica risalente alla Rivoluzione Francese fra destra e sinistra, possiamo dire che alle elezioni politiche italiane, quelle sconfitte, sono state le forze dell'austerità, dell'europeismo tecnocratico, della visione liberal-capitalista a guida USA del mondo.
Ad essere sconfitte, in sostanza, volendo usare le categorie politiche care ai filosofi Christopher Lasch, Jean-Claude Michéa e Alain De Benoist, sono state le forze che rappresentano le élite.
Lungi dal pensare che le forze elettoralistiche maggioritarie uscite dalle urne, ovvero il Movimento Cinque Stelle e la Lega, rappresentino quel populismo originario caro sia a Lasch, Michéa e a De Benoist, ovvero rappresentante del Quarto Stato e del socialismo autentico, possiamo ad ogni modo dire che l'elettorato italiano si è espresso in massa - come in altri Paesi europei - in favore di forze alternative al modello unico liberal-europeista a tutela unicamente dei ceti medio alti.
Aspetto simile è peraltro accaduto anche alle elezioni Presidenziali francesi, ove la maggioranza dei voti, se sommati fra loro, sarebbe stata ottenuta dai partiti populisti Front National (21,3%) e dalla France Insoumise (19,58%) e solo una propaganda avversa ad un inesistente "fascismo" ha determinato la sconfitta - al secondo turno - di Marine Le Pen e l'incoronazione del rappresentante delle élite finanziarie Emmanuel Macron, continuatore delle politiche precarieggianti e di austerità intraprese dai suoi predecessori sedicenti socialisti, in realtà liberal-capitalisti.
La volontà degli elettori è dunque chiara: no alle politiche globaliste imposte dal Fondo Monetario Internazionale e dall'Unione Europea. Che ciò possa essere recepito dai Cinque Stelle e da un centrodestra a guida leghista è tutto da vedere ad ogni modo. Del resto tali partiti e la medesima Le Pen, rispetto alle promesse originarie, hanno purtroppo ridimensionato molto i loro programmi relativi ad una uscita dall'Unione Europea e dalla Nato.
Interessante ad ogni modo sarebbe il dialogo fra la Lega ed il Presidente russo Putin, la cui Russia è attualmente l'unico vero argine al terrorismo islamico, come si è ben potuto vedere in Siria. Una Russia che da tempo guarda ad un mondo multipolare, alternativo rispetto al monolitismo statunitense volto a destabilizzare Stati sovrani, come già accaduto in Stati laici e socialisti quali Iraq, ex Jugoslavia, Libia e non ultima la Siria, a tutto vantaggio dei fondamentalisti dell'Isis.
Putin ad ogni modo, lungi dal rappresentare anch'egli il modello del socialista e del populista autentico è, infondo, il rappresentante dei ceti più ricchi della Russia postmoderna e domenica 18 marzo, alle elezioni Presidenziali, dovrà vedersela con un candidato autenticamente socialista e che potrebbe seriamente impensierirlo, ovvero il candidato del Partito Comunista della Federazione Russa, dato in ascesa nei sondaggi, ovvero Pavel Grudinin, erroneamente definito da taluna stampa occidentale quale "comunista capitalista". Grudinin, in realtà, è un ingegnere ed imprenditore agricolo della cooperativa "State Farm Lenin", ovvero una vera e propria fattoria collettiva i cui profitti vengono in larga parte investiti nello sviluppo di programmi sociali per i lavoratori e le loro famiglie, i quali hanno a disposizione case, cure mediche, parchi giochi e istruzione scolastica completamente gratuiti. Un vero modello di azienda socialista nella Russia postmoderna.
Interessante, almeno a parole, anche la proposta lanciata da Beppe Grillo di una società senza lavoro e basata su un reddito di nascita. Interessante in quanto critica nei confronti del modello unico capitalista, della crescita economica (che non è certo infinita e che danneggia i più deboli e l'ambiente), del consumismo e del lavoro ad ogni costo in una società ormai iper tecnologica e di non-lavoro ed ove le merci sono in sovrabbondanza, almeno per quanto riguarda la parte più ricca del pianeta.
Ovviamente tale proposta non è affatto originale, ma già da tempo auspicata da economisti della decrescita quali Serge Latouche e, anticamente, dall'antropologo e sociologo socialista Marcel Mauss, autore di un saggio sull'economia del dono.
Forse un ritorno a forme economiche mutualistiche e autogestionarie, come nelle idee e nell'attuazione pratica del socialismo, dell'anarchismo e del repubblicanesimo europeo originario (Pierre Leroux, Proudhon, Bakunin, Garibaldi, Mazzini, per molti versi Marx ed Engels) e successivamente di quello arabo e latinoamericano, mutuato proprio da quello europeo, potrebbe essere una soluzione atta ad andare incontro a quel Quarto Stato ormai non più rappresentato autenticamente da nessuno in Europa, ma che rappresenta ormai la maggioranza della popolazione sfruttata.
Non più lavoratori e salariati, quindi, ma unicamente produttori e proprietari del proprio lavoro (come nell'esempio dell'azienda agricola socialista del candidato russo Grudinin).
Forse anche un superamento del sistema del danaro ed un ritorno a forme di scambio paritario e del dono sarebbero auspicabili, come peraltro scrivo da tempo. Occorre, in sostanza, un cambio radicale di mentalità. Passare dall'attuale sistema fondato sull'ego, sulla competizione e sull'accumulo, ad un sistrma fondato sul bene ed il progresso della comunità e quindi dell'umanità.
La costruzione, in sostanza, di una autentica Civiltà dell'Amore e della condivisione, che non ha nulla a che vedere con la pseudo "condivisione" dei post sui cosiddetti "social"network, ma può rappresentare davvero un nuovo modello di sviluppo. Finalmente umano, sociale ed ecosostenibile.

Luca Bagatin

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