Di fronte alla scomparsa
ormai da tempo, in tutta Europa, della divisione storica risalente
alla Rivoluzione Francese fra destra e sinistra, possiamo dire che
alle elezioni politiche italiane, quelle sconfitte, sono state le
forze dell'austerità, dell'europeismo tecnocratico, della visione
liberal-capitalista a guida USA del mondo.
Ad essere sconfitte, in
sostanza, volendo usare le categorie politiche care ai filosofi
Christopher Lasch, Jean-Claude Michéa e Alain De Benoist, sono state
le forze che rappresentano le élite.
Lungi dal pensare che le
forze elettoralistiche maggioritarie uscite dalle urne, ovvero il
Movimento Cinque Stelle e la Lega, rappresentino quel populismo
originario caro sia a Lasch, Michéa e a De Benoist, ovvero
rappresentante del Quarto Stato e del socialismo autentico, possiamo
ad ogni modo dire che l'elettorato italiano si è espresso in massa -
come in altri Paesi europei - in favore di forze alternative al
modello unico liberal-europeista a tutela unicamente dei ceti medio
alti.
Aspetto simile è
peraltro accaduto anche alle elezioni Presidenziali francesi, ove la
maggioranza dei voti, se sommati fra loro, sarebbe stata ottenuta dai
partiti populisti Front National (21,3%) e dalla France Insoumise
(19,58%) e solo una propaganda avversa ad un inesistente "fascismo"
ha determinato la sconfitta - al secondo turno - di Marine Le Pen e
l'incoronazione del rappresentante delle élite finanziarie Emmanuel
Macron, continuatore delle politiche precarieggianti e di austerità
intraprese dai suoi predecessori sedicenti socialisti, in realtà
liberal-capitalisti.
La volontà degli
elettori è dunque chiara: no alle politiche globaliste imposte dal
Fondo Monetario Internazionale e dall'Unione Europea. Che ciò possa
essere recepito dai Cinque Stelle e da un centrodestra a guida
leghista è tutto da vedere ad ogni modo. Del resto tali partiti e la
medesima Le Pen, rispetto alle promesse originarie, hanno purtroppo
ridimensionato molto i loro programmi relativi ad una uscita
dall'Unione Europea e dalla Nato.
Interessante ad ogni modo
sarebbe il dialogo fra la Lega ed il Presidente russo Putin, la cui
Russia è attualmente l'unico vero argine al terrorismo islamico,
come si è ben potuto vedere in Siria. Una Russia che da tempo guarda
ad un mondo multipolare, alternativo rispetto al monolitismo
statunitense volto a destabilizzare Stati sovrani, come già accaduto
in Stati laici e socialisti quali Iraq, ex Jugoslavia, Libia e non
ultima la Siria, a tutto vantaggio dei fondamentalisti dell'Isis.
Putin ad ogni modo, lungi
dal rappresentare anch'egli il modello del socialista e del populista
autentico è, infondo, il rappresentante dei ceti più ricchi della
Russia postmoderna e domenica 18 marzo, alle elezioni Presidenziali,
dovrà vedersela con un candidato autenticamente socialista e che
potrebbe seriamente impensierirlo, ovvero il candidato del Partito
Comunista della Federazione Russa, dato in ascesa nei sondaggi,
ovvero Pavel Grudinin, erroneamente definito da taluna stampa
occidentale quale "comunista capitalista". Grudinin, in
realtà, è un ingegnere ed imprenditore agricolo della cooperativa
"State Farm Lenin", ovvero una vera e propria fattoria
collettiva i cui profitti vengono in larga parte investiti nello
sviluppo di programmi sociali per i lavoratori e le loro famiglie, i
quali hanno a disposizione case, cure mediche, parchi giochi e
istruzione scolastica completamente gratuiti. Un vero modello di
azienda socialista nella Russia postmoderna.
Interessante, almeno a
parole, anche la proposta lanciata da Beppe Grillo di una società
senza lavoro e basata su un reddito di nascita. Interessante in
quanto critica nei confronti del modello unico capitalista, della
crescita economica (che non è certo infinita e che danneggia i più
deboli e l'ambiente), del consumismo e del lavoro ad ogni costo in
una società ormai iper tecnologica e di non-lavoro ed ove le merci
sono in sovrabbondanza, almeno per quanto riguarda la parte più
ricca del pianeta.
Ovviamente tale proposta
non è affatto originale, ma già da tempo auspicata da economisti
della decrescita quali Serge Latouche e, anticamente,
dall'antropologo e sociologo socialista Marcel Mauss, autore di un
saggio sull'economia del dono.
Forse un ritorno a forme
economiche mutualistiche e autogestionarie, come nelle idee e
nell'attuazione pratica del socialismo, dell'anarchismo e del
repubblicanesimo europeo originario (Pierre Leroux, Proudhon,
Bakunin, Garibaldi, Mazzini, per molti versi Marx ed Engels) e
successivamente di quello arabo e latinoamericano, mutuato proprio da
quello europeo, potrebbe essere una soluzione atta ad andare incontro
a quel Quarto Stato ormai non più rappresentato autenticamente da
nessuno in Europa, ma che rappresenta ormai la maggioranza della
popolazione sfruttata.
Non più lavoratori e
salariati, quindi, ma unicamente produttori e proprietari del proprio
lavoro (come nell'esempio dell'azienda agricola socialista del
candidato russo Grudinin).
Forse anche un
superamento del sistema del danaro ed un ritorno a forme di scambio
paritario e del dono sarebbero auspicabili, come peraltro scrivo da
tempo. Occorre, in sostanza, un cambio radicale di mentalità.
Passare dall'attuale sistema fondato sull'ego, sulla competizione e
sull'accumulo, ad un sistrma fondato sul bene ed il progresso della
comunità e quindi dell'umanità.
La costruzione, in
sostanza, di una autentica Civiltà dell'Amore e della condivisione,
che non ha nulla a che vedere con la pseudo "condivisione"
dei post sui cosiddetti "social"network, ma può
rappresentare davvero un nuovo modello di sviluppo. Finalmente umano,
sociale ed ecosostenibile.
Luca Bagatin
Nessun commento:
Posta un commento