Alcuni giorni fa è nato un piccolo
dibattito con un vecchio amico che conosco dai tempi in cui
simpatizzavo per il Partito Radicale, ovvero almeno una ventina di
anni fa. Simpatizzavo, ma non vi ho mai aderito, in quanto non ho mai
amato i “centralismi democratici” pannelliani, pur avendo sempre
ammirato lo spirito libertario e soprattutto creativo e fricchettone
dei radicali vecchio stile. Stile che purtuttavia hanno
progressivamente abbandonato, aprendosi al pensiero
liberal-capital-globalista-economicistico, dimenticando un pezzo
importante della loro storia, fatta di critica all'economia di
mercato tout court, di autogestione libertaria e socialista, di lotta
contro lo sfruttamento e di opposizione alle guerre “occidentali”
nei Paesi del Terzo Mondo (proprio di recente, sulla rivista francese
“Rébellion”, ho ricordato la battaglia di Marco Pannella a
fianco del Presidente del Burkina Faso Thomas Sankara contro lo
sterminio per fame
http://rebellion-sre.fr/15-octobre-1987-15-octobre-2016-29e-anniversaire-de-disparition-de-thomas-sankara/).
Il dibattito di cui parlo è nato ad
ogni modo attorno alla concezione di aspetti quali la “democrazia”
e la “libertà”, che per me non hanno alcuna attinenza con le
ideologie, men che meno con l'ideologia dal mio amico sostenuta,
ovvero quella liberale.
Da buon lettore e ammiratore di Alain
De Benoist, debbo con il saggista francese riconoscere che, se per
“liberalismo” intendessimo un concetto attinente unicamente alle
libertà personali, non ci sarebbe nulla da eccepire. Purtuttavia
sappiamo bene che esso ha implicazioni anche ed eminentemente
economiche oltre che sociali.
Anni fa incorsi anch'io nell'equivoco
di ritenere il liberalismo una forma di liberazione dell'individuo,
così come da giovanissimo – quando avevo all'incirca
quindici-sedici anni - incorsi nell'errore di credere che il
comunismo fosse una forma di emancipazione dell'essere umano.
Con il tempo, lo studio e
l'approfondimento ho compreso quanto tanto il comunismo storico
novecentesco sia stato foriero di totalitarismo burocratico
accentratore (che nulla, peraltro, aveva a che vedere con il pensiero
di Marx ed Engels, i quali puntavano ad una società senza classi né
Stati), quanto il liberalismo sia e sia stato portatore del
totalitarismo dell'egoismo e del consumismo indotto e sfrenato,
responsabile dell'attuale globalizzazione capitalista con tutto ciò
che ne consegue (povertà diffusa, precarietà, immigrazionismo,
insicurezza psicologica e sociale...).
Fu così che ritenni, come oggi
ritengo, superati i concetti di Destra e Sinistra, identificando
queste due ideologie illuministiche quali portatrici di esigenze
anti-popolari, borghesi, economicistiche e, sostanzialmente, non
democratiche né portatrici di libertà.
La mia visione, lungi dall'essere
definitiva (non ho mai creduto infatti che un sistema o una ideologia
possa e debba andare sempre e comunque bene in ogni luogo e in ogni
spazio, anzi !), è dunque schiettamente conservatrice dei valori,
dei sentimenti e dei doveri degli individui verso loro stessi e verso
la loro comunità di appartenenza. Per questo mi sento di abbracciare
il socialismo romantico ed autogestionario fondato sulla cooperazione
e sull'economia del dono (ovvero il socialismo di Pierre Leroux, di
Giuseppe Garibaldi e di Marcel Mauss in primis) ed il mazzinianesimo
che, appunto, anteponeva i “doveri” comunitari delle persone ai
“diritti” egoistici borghesi e “liberali”. Ritengo dunque che
tale visione sia proprio all'origine del pensiero democratico (che
nacque nell'Antica Grecia) ove il popolo ha la sovranità e la
responsabilità del destino della comunità in cui vive. Viene da sé,
dunque, che la libertà nasca dal confronto all'interno della
comunità, non già dalla prevaricazione del singolo individuo sugli
altri o del singolo gruppo (le famose élites) sugli altri.
La democrazia autentica, dunque, è
quella forma che permette a tutti di auto-rappresentarsi, senza
deleghe né mediazioni di sorta. E la libertà è una continua
ricerca: interiore ed esteriore. Un continuo confronto fra il proprio
sé e l'altrui sé.
E' chiaro che ciò presuppone il senso
di comunità; la consapevolezza di essere tutti appartenenti ad
un'unica grande famiglia; la disponibilità al confronto e al dialogo
oltre che una formazione storica, culturale, politica, filosofica,
spirituale e antropologica continua e che guardi non già alle
sedicenti democrazie capitaliste e “liberali” moderne, bensì
alla democrazia ateniese, alle società arcaiche matriarcali e
fondate sul dono (e non già sul “diritto” o sul “libero”
commercio); ad esempi quali la Comune di Parigi, la Repubblica Romana
del 1849 e la libertaria e d'annunziana Repubblica di Fiume, senza
dimeticare gli esempi portati avanti dal Socialismo del Secolo XXI in
America Latina negli ultimi quindici anni.
Alla fine del dibattito con il mio
amico, ad ogni modo, ciascuno è rimasto sulle sue posizioni, ma ci
siamo ripromessi di continuare a confrontarci davanti ad un'ottima
pizza ed a una birra.
Penso dunque, una volta di più, che la
democrazia e la libertà scaturiscano solo dalle diversità e dal
rispetto delle stesse (non certo dall'omologazione, dal pensiero
unico “politicamente corretto”, dall'indistinzione ideologica
tipica della società odierna dei consumi...), dal confronto e da
nuove sintesi ideali. Non certo dalle livorose divisioni fini a sé
stesse o dagli egoismi.
Luca Bagatin
Mi piace la tua franchezza Luca. Ciao.
RispondiEliminaGrazie Giampaolo :)
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