Simpatico non è, ma almeno è
politicamente scorretto al punto giusto da non apparire fasullo. O
quantomeno da apparire meno fasullo della sua ormai ex avversaria.
Non sarà affatto il miglior Presidente
degli Stati Uniti d'America, ma certamente, almeno stando alle sue
proposte, per l'Europa ed un mondo che auspica ad essere più libero
e multipolare, oggi, ci saranno maggiori chances di libertà e forse
anche di democrazia e sovranità.
Donald Trump ha vinto le elezioni
presidenziali USA a dispetto dei boicottaggi mediatici orchestrati
dall'oligarchia liberal-fighetto-mediatica, tutta appiattita in
favore della guerrafondaia Hillary Clinton.
Donald Trump si presenta - come da
miglior tradizione repubblicana statunitense (dimenticata dai Reagan
e dai Bush) - come un isolazionista sul piano politico-militare e
dunque appare come uno che, finalmente, non vuole mettere becco negli
affari degli Stati sovrani come invece fecero tanto i Reagan quanto i
Bush, oltre che i Kennedy, i Nixon, i Clinton e gli Obama, esportando
una loro singolarissima idea di “democrazia” a suon di
bombardamenti su popolazioni inermi.
Chissà che gli Stati Uniti d'America,
dopo aver destabilizzato la penisola balcanica; dopo aver
destabilizzato la Libia ed il Medioriente socialista e laico; dopo
aver destabilizzato e continuare a destabilizzare l'America Latina
socialista e libertaria, non stiano imparando la lezione: farsi gli
affari propri; rendere grande il proprio Paese senza andare a scapito
degli altri; attuare politiche protezionistiche e sovraniste.
Politiche che Donald Trump sembra voler
attuare. In primis rinunciando al Grande Mercato Transatlantico
(TTIP), che avrebbe di fatto inglobato l'Europa nel mercato
statunitense, con enormi svantaggi per i nostri mercati (già prede
della concorrenza straniera, cinese in primis) e con grandi svantaggi
per le produzioni locali, l'ambiente ed i diritti dei lavoratori (già
di per sé pressoché smantellati). Oltre a ciò Trump punta ad
innalzare le barriere doganali, privilegiando così i prodotti
statunitensi ed i lavoratori autoctoni, sfavorendo l'immigrazionismo.
Politiche che anche un'Europa che ambisse ad essere sovrana, più
sociale e più democratica, ovvero meno “liberista”, dovrebbe
certamente iniziare a ripensare proprio per arginare una
globalizzazione che ha svantaggiato sia coloro i quali erano già
poveri, che quella classe media ormai trasformatasi in nuova classe
proletaria e che è stanca di subire le politiche di austerità delle
Banche Centrali e del Fondo Monetario Internazionale.
Trump, a differenza dei governi
precedenti (non solo quello Clinton e Obama, ma anche Bush), intende
inoltre andare allo scontro con il mercato cinese, che ha invaso
ormai il pianeta, svantaggiando tutti quanti. Ed intende finalmente
tornare a dialogare con la Russia, ponendo fine ad un clima di nuova
Guerra Fredda che ha caratterizzato le ultime amministrazioni
statunitensi. Iniziando, peraltro, a rendere le truppe Nato meno
impegnate ad Est, trasformando il Patto Atlantico in uno strumento
contro il vero nemico dell'Occidente, ovvero il terrorismo islamico.
Se da un lato negli USA non vi sarà
alcune rivoluzione popolare e democratica autentica - come sarebbe
diversamente stato possibile con una eventuale vittoria del
socialista Bernie Sanders - dall'altro il mondo libero – forse –
può quantomeno tirare un sospiro di sollievo.
Auguriamoci che il neoeletto Presidente
USA intenda anche porre fine alla destabilizzazione in atto in
America Latina e, diversamente, inizi a dialogare con spirito
pacificatore e di collaborazione con i Paesi dell'ALBA, ovvero
dell'Alleanza Bolivariana per le Americhe, che comprendono – fra
gli altri - il Venezuela, la Bolivia, l'Ecuador, Cuba e il Nicaragua.
Tutti Paesi, ultimo proprio il Nicaragua che ha riconfermato alla
guida del Paese il sandinista Daniel Ortega domenica scorsa, a guida
socialista, libertaria e bolivariana.
La via maestra che i popoli
dell'America Latina hanno indicato da tempo è una via democratica,
sovranista, protezionista, socialista libertaria, fatta dal popolo ed
in favore del popolo.
Sembra che anche l'Europa stia da tempo
ritenendo che la strada liberal-capitalista di apertura totale dei
mercati e delle frontiere, voluta e imposta dalle élite
economico-finanziarie e privilegiata in particolare dalle forze
cosiddette “progressiste”, non sia affatto la migliore, ed abbia,
diversamente, generato unicamente povertà diffusa e nuove
diseguaglianze.
Il voto in favore di Trump fa davvero
pensare che anche gli Stati Uniti d'America necessitassero di un
cambio di passo in questo senso.
I media occidentali hanno in tutti
questi sensi creato unicamente un eccessivo, pericoloso ed inutile
allarmismo. Gli elettori, ad ogni modo, li hanno smentiti. Un altro
punto il favore dei popoli sovrani. Un'altra sconfitta delle élite
globaliste.
Luca Bagatin
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