Colonialismo,
neocolonialismo e schiavismo sono gli aspetti che più hanno
caratterizzato le politiche di dominazione attuate dal cosiddetto
Primo Mondo, dagli Stati Uniti d'America all'Europa, nei confronti
del cosiddetto Terzo e Quarto Mondo.
E tali politiche sono
all'origine della deportazione di massa di esseri umani dai Paesi del
Sud del mondo ai Paesi del Nord del mondo, con tutte le conseguenze
di violenza e sradicamento culturale e identitario che ciò comporta
e ciò unicamente a vantaggio delle élites economiche e
multinazionali che sfruttano da secoli e in varie forme la manodopera
straniera a basso costo.
E ciò sia con lo
sfruttamento delle risorse in loco, che attraverso lo sfruttamento
dell'immigrazione di massa.
Ad opporsi a tale sistema
di sfruttamento le lotte di emancipazione del popolo Nero, attraverso
il movimento denominato "panafricanismo", sviluppatosi nel
corso del '900 in particolare negli Stati Uniti d'America grazie a
personalità quali il sindacalista giamaicano Marcus Garvey (1887 -
1940) ed il saggista ghanese William Du Bois (1868 - 1963). Costoro
furono i primi a lottare per l'emancipazione economica, sociale ed
umana dei popoli afrodiscendenti negli USA ed in particolare Garvey
organizzerà una compagnia marittima - la Black Star Line - al fine
di favorire economicamente il ritorno in Africa di tali popoli, che
non meritavano affatto di essere sradicati, ma di vivere
pacificamente e in piena sovranità e indipendenza nella propria
terra d'origine.
Di questo e non solo
parla il saggio-brochure "L'Europe et l'Afrique: meme combat
contre le mondialisme!" ("L'Europa e l'Africa:
stessa lotta contro il mondialismo!"), edito dalla rivista
Socialista Rivoluzionaria "Rébellion"
(http://rebellion-sre.fr)
attraverso le "Editions des livres noirs" e redatto da Nikos Amilduki .
Dany è attivista
panafricano di origine congolese, collaboratore delle riviste
"Rébellion" (rivista dell'Organizzazione Socialista
Rivoluzionaria Europea), e "Panafrikan" (rivista della Lega
Panafricana Umoja), attivista dell'Organizzazione Socialista
Rivoluzionaria Europea (OSRE) e dottore di ricerca in filosofia
presso l'Università Toulouse II - Jean Jaurès di Tolosa, oltre che
cineasta e studioso di cinematografia.
La riflessione che Nikos Amilduki vuole porre al pubblico è, in sostanza, che il razzismo e la
xenofobia sono fomentate dalle élites economiche e politiche al fine
di dividere le persone ed indebolirle. Un po' come avviene nelle
guerre fra poveri. Bianchi e Neri devono invece unirsi ed allearsi,
rispettendo, valorizzando e non abbandonando la propria cultura e
spiritualità d'origine e lottare sia contro il fondamentalismo
religioso che contro il totalitarismo mondialista, capitalista e
liberale.
Dany individua
nell'alleanza fra le forze e le persone europee ed africane
anti-mondialiste, panafricane, nazionaliste, socialiste
rivoluzionarie, populiste, neo-eurasiatiste, protezioniste sotto il
profilo economico-culturale, quale l'unica a potersi opporre
pragmaticamente ai tentacoli del mondialismo capitalista, che
vorrebbe seguitare ad imporre un modello unico economico-sociale
neololoniale basato sullo sfruttamento dell'uomo sull'uomo.
L'obiettivo finale -
secondo Nikos Amilduki - dovrebbe essere, in sostanza, una Grande Europa
federata, sovrana, indipendente e unita ad una Grande Russia
multipolare teorizzata dal filosofo russo eurasiatista Aleksandr
Dugin e una Grande Africa indipendente, sovrana, federata e in
dialogo costante, pacifico ed amichevole con l'Eurasia.
Per poter approfondire
meglio le sue proposte e far conoscere ai lettori l'attivismo
panafricano, ho avuto la possibilità di intervistare l'amico e
compagno di militanza Socialista Rivoluzionaria Nikos Amilduki ,
segnalando che il suo saggio-brochure è acquistabile, in francese,
al seguente link ad un prezzo davvero simbolico: link:
http://rebellion-sre.fr/boutique/europe-afrique-meme-combat-contre-mondialisme-de-dany-colin/
Luca Bagatin: Tu
sei di origine congolese. Se non erro sei nato in Francia da padre
francese e madre congolese. Nella tua brochure racconti di avere
avuto difficoltà ad essere accettato, da piccolo, a causa del colore
della tua pelle. Hai subito dunque in prima persona il fenomeno
razzista. Puoi parlarcene ?
Nikos Amilduki : Sono
nato a Kamina, Repubblica Democratica del Congo (ex Zaire). Mio padre
era un paracadutista francese (di Lorena), negli ultimi anni della
sua carriera, nel terzo RPIMA (Reggimento Paracadutisti di Fenteria e
Marina) di Carcassonne (città del sud-ovest della Francia), il quale
è stato chiamato ad intervenire in quello che a quel tempo era
chiamato Zaire, sotto la richiesta del suo Presidente Mobutu Sese
Seko. Io sono il frutto della sua unione con una donna congolese la
cui famiglia è originaria della regione mineraria del Katanga,
regione secessionista ai tempi dell'indipendenza del Congo nel 1960.
Sono arrivato in Francia all'inizio - all'età di circa un anno - con
mio padre, ma mia madre rimase in Africa per complesse ragioni
famigliari e politiche.. Così sono cresciuto in una famiglia bianca
borghese, mentre io ero l'unico "meticcio". Ho subito
violenza fisica e morale da un gruppo di ragazzini, la violenza è
spesso - e paradossalmente - più forte quando nell'ambiente
famigliare c'è un genitore nero. Tuttavia, come ho precisato in una
conferenza che ho tenuto quasi un anno fa a Tolosa, anche se la mia
classe sociale di appartenenza è stata quella borghese (anche se io
mi considero come appartenente alla classe media di una famiglia
mantenuta quasi escusicamente dallo stipendio di un uomo, vale a dire
mio padre), sin da ragazzino ho compreso quanto i conflitti fra le
classi sociali fossero interconnessi con i conflitti fra le razze.
Luca Bagatin: Come
e quando hai deciso di diventare un attivista panafricano ?
Nikos Amilduki : Diciamo
che posso raccontare ciò in due fasi.
La prima è il mio primo ritorno nella Repubblica Democratica del Congo nel 2011, che si è concluso con una serie di domande relative all'identità nera, la quale è emersa attraverso la mia pelle e la cui esatta provenienza mi è stata a lungo tenuta segreta per vari motivi famigliari che richiederebbero un ampio discorso che non è il caso di fare qui. Fu così che conobbi mia madre ed in parte il resto della mia famiglia congolese, rendendomi conto che i neri ed i meticci d'Europa conoscono poco l'Africa e spesso ne hanno un'immagine di fantasia. Questo mio viaggio in Africa mi ha permesso di osservare che il conflitto Bianchi contro Neri, sostenuto dal razzismo istituzionale francese, vuole semplicemente annullare in realtà conflitti di classe ben più gravi. Quelli ad esempio costituiti dal sottoproletariato congolese contro l'oligarchia congolese ricca. Un'altra rivalità è di natura etnica e riguarda i balubas di Kasai - una provincia situata tra la parte di Kinshasa e la parte di Lubumbashi - la cui lingua è il Tshiluba, la quale fa parte di una certa élite politico-economica, e dall'altra parte i i balubas del Katanga, i quali parlano il Kiluba.
La prima è il mio primo ritorno nella Repubblica Democratica del Congo nel 2011, che si è concluso con una serie di domande relative all'identità nera, la quale è emersa attraverso la mia pelle e la cui esatta provenienza mi è stata a lungo tenuta segreta per vari motivi famigliari che richiederebbero un ampio discorso che non è il caso di fare qui. Fu così che conobbi mia madre ed in parte il resto della mia famiglia congolese, rendendomi conto che i neri ed i meticci d'Europa conoscono poco l'Africa e spesso ne hanno un'immagine di fantasia. Questo mio viaggio in Africa mi ha permesso di osservare che il conflitto Bianchi contro Neri, sostenuto dal razzismo istituzionale francese, vuole semplicemente annullare in realtà conflitti di classe ben più gravi. Quelli ad esempio costituiti dal sottoproletariato congolese contro l'oligarchia congolese ricca. Un'altra rivalità è di natura etnica e riguarda i balubas di Kasai - una provincia situata tra la parte di Kinshasa e la parte di Lubumbashi - la cui lingua è il Tshiluba, la quale fa parte di una certa élite politico-economica, e dall'altra parte i i balubas del Katanga, i quali parlano il Kiluba.
Un altro
aspetto che mi ha fatto amare il panafricanismo fu l'intensa storia
d'amore che ebbi con una attivista panafricana franco-guineiana
ispirata a grandi figure della Rivoluzione Cubana come Che Guevara.
Lei mi ha ridato la speranza verso un'Africa e un Congo la cui storia
non è stata molto favorevole. Penso ad esempio alla sconfitta subita
dal "Che" durante la guerra del Congo del 1965 tentando di
far cadere l'assassino di Patrice Lumumba, ovvero Moïse Tshombé.
Questa
cara ragazza mi ha permesso di vivere per più di un anno e mezzo a
Conakry. Ho così potuto approfondire la vita dei suoi abitanti e
scoprire un'altra realtà africana, con i suoi altri conflitti
etno-tribali (Soussous, Fulani, Malinke) e socio-culturali. Ma questa
volta ho potuto farlo dopo aver approfondito meglio la realtà
dell'Africa e con uno sguardo maggiormente politicizzato e
radicalizzato. E soprattutto ero tornato nel continente africano in
qualità di militante, di formatore della gioventù patriottica di
Guinea, dotata di una forte fibra panafricanista assai difficile da
trovare fra i nostri attivisti europei della diaspora, troppo spesso
impegnati a consumare e a fare festa.
Luca Bagatin: Il
panafricanismo è fenomeno poco conosciuto, almeno in Italia. Puoi
parlarci della tua militanza panafricanista ? Che ne pensi
dell'attivista panafricano Kemi Séba e delle sue battaglie?
Nikos Amilduki : Il
mio attivismo panafricanista differisce su alcuni aspetti di una
visione più "panégriste", che è piuttosto una concezione
afro-discendente d'origine americana del tipo dell'UNIA di Marcus
Mosiah Garvey e della Nation of Islam della onorevole Elijah
Muhammad, che è stata portata avanti negli Anni '60 da Malcolm X ed
è attualmente rappresentata dal Ministro Louis Farrakhan.
Dal mio punto di vista il panafricanismo deve essere fatto in
Africa, sul campo, e necessita di ri-emigrazione di attivisti
militanti africani panafricani e altri che non si sentono
rappresentati in Europa. Ciò al fine di aiutare gli attivisti
indigeni africani ad ottenere la famosa sovranità africana tanto
decantata su Facebook, ma mai attuata ! La priorità deve essere data
all'istruzione, sin dalla tenera età, alle grandi figure del
panafricanismo e dei concetti politici che l'hanno accompagnato (tra
cui il socialismo di Ahmed Sékou Touré in Guinea, di Kwamé Nkrumah
in Ghana e di Amilcar Cabral in Guinea-Bissau negli anni '60), oltre
che sulla riattualizzazione del pensiero e della dottrina panafricana
in chiave moderna. Il socialismo nazionalista di alcuni attivisti si
mescola al federalismo con accenti liberal-capitalisti, mentre in
altri casi si mescola al tradizionalismo Kamite (chiamato
"Afro-centrismo") di un altro gruppo. Tali divisioni non
aiutano. Occorre unificare una dottrina veramente africana e superare
le nostre difficoltà di azione rivoluzionaria.
Per quanto riguarda il lavoro di Kemi Séba, conosco il suo attivismo da quando ha iniziato a militare in Francia. Ho seguito il suo percorso sia mediatico che ideologico. Egli ha attraversato l'afro-centrismo creando il Ka Tribe (sciolto nel 2006 da Nicolas Sarkozy, allora Ministro degli Interni in Francia) per poi sposare più precetti della Nation of Islam in rappresentanza della sezione Francese del New Black Panther Party (fondato negli Stati Uniti nel 1989 dal Dr. Khalid Abdul Muhammad). Il suo coraggio, la sua insolenza in risposta alla prepotenza di qualche intellighenzia dominante, i suoi pregiudizi sionisti come attivista africano in Francia e le sue alleanze passate con il movimento "Egalité & Réconciliation" (qualificato ingiustamente dai media mainstream in Francia come di estrema destra) erano senza precedenti e stimolanti dal punto di vista delle dinamiche ideologico-politiche e della critica radicale che ora deve essere nostra.
Luca Bagatin: In
Europa molti si lamentano dell'immigrazione che, come dice Alain De
Benoist, "E' un fenomeno capitalista e padronale". In pochi
però comprendono che il fenomeno migratorio è ed è stato
incoraggiato proprio dall'Europa e dagli Stati Uniti d'America
colonialisti e neocolonialisti e che proprio le lotte panafricane
hanno lo scopo di emancipare i popoli africani nella propria terra
d'origine.
Cosa puoi dirci in merito
?
Nikos Amilduki : L'immigrazione
non europea in Europa, tra cui quella degli Anni '70, non è altro
che un effetto in continuità con il colonialismo. Ovvero
l'indipendenza africana concessa negli Anni '60, così come le
rivoluzioni del '68 in Francia e Italia, sono state unicamente nuove
ricomposizioni del capitalismo al fine di estendere la sua logica di
dominio, come spiegato ad esempio da Pier Paolo Pasolini in quella
che egli definisce "società dei consumi". Pasolini ha
descritto il fenomeno italiano come "neofascismo". Direi
che siamo in grado di identificare lo stesso fenomeno in Francia, ma
piuttosto possiamo percepirlo come neocolonialismo, ove, ad essere
colonizzate, sono le popolazioni di immigrati di origine africana che
lavorano in Francia a basso costo, privando così il Paese d'origine
della forza produttiva, ma anche i francesi "nativi",
puniti per le loro aspirazioni rivoluzionarie. Così abbiamo due
frange di proletari e sottoproletari della popolazione francese
assoggettati dalla classe dirigente neoliberale, la quale trae
profitto dalle due chimere del secolo, ovvero dal razzismo e
dall'antirazzismo. Qualsiasi manovra che può reprimere il nostro
spirito rivoluzionario, tutto ciò che può nascondere la lotta di
classe quale strumento di analisi critica sembra essere, nel nostro
mondo ricco fatto di finzione e menzogna, altamente consigliato!
Per quanto riguarda l'emergere di panafricanismo come argine allo sfruttamento dei Neri da parte dell'Occidente, è chiaro che un militante panafricano non può che essere anti-mondialista e dialogare ed allearsi con i nazionalisti europei che criticano l'immigrazione di massa, che è un fenomeno di sradicamento.
Per quanto riguarda l'emergere di panafricanismo come argine allo sfruttamento dei Neri da parte dell'Occidente, è chiaro che un militante panafricano non può che essere anti-mondialista e dialogare ed allearsi con i nazionalisti europei che criticano l'immigrazione di massa, che è un fenomeno di sradicamento.
Luca Bagatin: Fra
i maggiori leaders e politici panafricani che la Storia ha conosciuto
ne cito alcuni: Patrice Lumumba (1925 - 1961) Primo Ministro della
Repubblica Democratica del Congo; Kwamé Nkrumah (1909 - 1972), primo
Presidente del Ghana indipendente; Thomas Sankara (1949 - 1987),
Presidente del Burkina Faso; Mu'Ammar Gheddafi (1942 - 2011) Leader
della Jamahirya Socialista di Libia. Tutti sostenitori di un'Africa
indipendente e sovrana e tutti leaders sostenitori del socialismo
africano, laico e democratico e per tutte queste ragioni contrastati
e fatti uccidere dall'imperialismo statunitense.
Oggi che cosa rimane
della loro opera e del loro messaggio ? Pensi che sia dal loro
insegnamento che possa nascere un'Africa finalmente libera ed
emancipata ? Oggi, secondo te, è possibile ciò ?
Nikos Amilduki : Se proviamo a pensare
dal punto di vista del nemico, diremmo che la colpa di tutti questi
grandi personaggi storici che hanno combattuto le lotte di
emancipazione dei popoli africani e le cui effigi sono ormai note
alla gioventù africana e afrodiscendente attraverso il merchandising
e su Facebook (ossia a metà fra il feticismo delle merci e lo
spettacolo completo), era quella di avere legami con l'URSS, quindi
con un'egemonia comunista che stava crescendo fra i Paesi del Terzo
Mondo. La loro visione, tuttavia, era piuttosto di matrice socialista
e nazionalista (Patrice Lumumba e Thomas Sankara, per esempio). Kwamé
Nkrumah e Mu'Ammar Gheddafi erano più specificamente panafricani, e
ciascuno in un modo diverso. Nkrumah si formò negli Stati Uniti ed
ereditò uno Stato federalista che si mescolò ad un impegno
unificante per l'Africa attraverso il socialismo, volendo abolire i
confini africani creati dai coloni europei nella Conferenza Berlino
(1884-1885), creando dunque una moneta africana, un esercito
africano, un governo africano.
Mu'Ammar
Gheddafi è stato l'unico che è riuscito a risolvere le controversie
etno-tribali e promuovere il nazionalismo ed il socialismo (Gheddafi
non era particolarmente filo-sovietico) attraverso la Jamahiriya
libica ed il metodo di democrazia diretta che espone nel suo
indispensabile Libro Verde. Inoltre ha lavorato ad un progetto di
sovranità monetaria (il dinaro-oro), che ha minacciato di
soppiantare il dollaro USA, prima di essere ignominiosamente
defenestrato dall'Occidente. Naturalmente tutte queste figure ci
lasciano un insegnamento, un patrimonio, ognuno a modo suo e secondo
i loro paradigmi e l'epoca nella quale sono vissuti. Detto questo, il
panafricano di oggi deve essere in grado di distinguere i benefici e
gli errori di quei grandi leader che, nonostante tutte le forze
"soprannaturali" che potrebbero averli guidati, rimangono
esseri umani. Si tratta di un lavoro psichico necessario per
l'attivista, al fine di uscire dalla sua eccessiva propensione
all'idolatria passiva che alcuni pseudo-panafricanisti
malintenzionati sanno molto bene manipolare a loro profitto.
Luca Bagatin: Nella
tua brochure teorizzi un'alleanza fra socialisti rivoluzionari,
panafricani e neo-eurasiatisti d'Europa ed Africa. Puoi spiegarci
meglio la tua prospettiva ?
Nikos Amilduki : Innanzitutto
diciamo che c'è il tentativo strategico del nemico neoliberale di
allineare la totalità del pianeta sotto l'egida del materialismo. E
tale allineamento si struttura attraverso l'inversione totale dei
valori tradizionali che appartengono ai nostri popoli ed alle nostre
diverse civiltà. Tale allineamento è paragonabile a ciò che il
militante comunista Antonio Gramsci definiva "egemonia
culturale". Ovvero noi abbiamo attualmente a che fare con un
centralismo neofascista bancario che ingloba il mondo e lo uniforma
in modo da ridurci a degli atomi senza radici e senza altro scopo che
quello di consumare all'infinito.
Il nazionalismo, a breve termine, è l'unico in grado di arrestare
tale fenomeno totalitario. Un nazionalismo che deve, per quanto
riguarda la Francia, attualizzarsi ed allinearsi alle sue differenti
dottrine politiche (l'Azione Francese realista, il Solidarismo
neo-giacobino...), in particolare in questa fase di globalizzazione,
che non dovrebbe durare a lungo.
L'Europa e l'Africa, a partire dalle loro relazioni storiche,
dovrebbero negoziare la loro autodeterminazione politica, economica e
commerciale e ciò non sarà possibile sino a che l'Europa non si
libererà delle sue scorie ultraliberiste e sino a che l'Africa non
si strutturerà secondo i paradigmi che le sono propri, recupererà
le sue origini e radici mistiche e spirituali e sfrutterà la sua
posizione geopolitica di non allineamento fra il Medioriente e
l'America Latina.
Tale trasformazione continentale africana potrebbe allinearsi ad
un mondo multipolare nella sfera eurasiatica dominata da un Oriente
di rinascita spirituale (il Sole si leva sempre ad Est) e così
l'Europa, che dovrà staccarsi dall'Atlantismo liberal-capitalista.
Lo scopo finale dovrebbe essere quello di ridefinire nuove
alleanze strategiche a lungo termine nel rispetto delle diversità di
ciascun popolo.
Luca Bagatin: Sei
un cineasta ed uno studioso di cinematografia. Oltre ad aver
realizzato dei cortometraggi, nella tua bruchure parli del cinema
africano "sovversivo". Potresti parlarcene ?
Nikos Amilduki : Sono
in effetti essenzialmente un cinefilo e la mia prima vocazione è il
cinema e particolarmente la realizzazione e la scrittura di soggetti
cinematografici.
Ho avuto finora un percorso che mi ha portato a fare un dottorato
di ricerca il cui oggetto filosofico è "l'oggetto film".
Il "cinema sovversivo" che rilevo attraverso alcuni autori
africani (il senegalese Djibril Diop e Sembène Ousmane Mambéty) si
riferisce alla stretta relazione tra cinema e ideologia da un lato,
ma anche i collegamenti tra cinema e spiritualità. Penso che l'arte
cinematografica che appare nella creazione della cinematografia dei
fratelli Lumière, alla fine del XIX secolo, sia fondamentalmente
un'invenzione tecno-scientifica. La presente invenzione concorre con
la fotografia già discussa tra gli artisti nel modo di oggettivare
il mondo che ci circonda rimuovendo per esempio il potere
soggettivista del pittore. Inoltre, il suo recupero da parte della
classe media attraverso la proliferazione di ritratti (a spese dei
paesaggi) simboleggiava l'estensione narcisistica di riproduzione,
tra gli altri castigata dal poeta e critico francese Charles
Baudelaire. Il film aggiunge alla fotografia movimento, che ha
l'effetto di affascinare. Il cinema è un'arte, ma anche un settore,
l'apparato capitalistico ha recuperato rapidamente questa arte in
un'arte messa al servizio della propaganda politica, il che spiega in
parte la profusione di opere in lode del comunismo pre-stalinista con
i film di Sergueï Einsenstein russa (Strike (1925)) o Dziga Vertov
(l'uomo con una macchina fotografica (1929)), o il film
nazionalsocialista tedesco di Leni Riefensthal durante il periodo di
Hitler. Situazione schizofrenica del cinema in quanto è espressione
di rimpianto per le nostri armonie cosmiche (che rappresenta il
cinema Andreï Tarkovsky), ma anche strumento al servizio delle masse
consumistiche (rappresentate dal cinema commerciale americano).
Penso che il cinema abbia ancora la capacità di superare questa
schizofrenia e di prevalere sul dominio neo-capitalista proiettando
nuove immagini sonore che raccolgano al loro interno frammenti di
verità sepolte, che lo spettatore deve decifrare con le sue facoltà
contemplative. La gestione del cinema da parte del Grande Capitale è
compresa dallo scrittore e regista italiano Pier Paolo Pasolini, che,
alla fine degli Anni '60, è stato in grado di identificare
l'allineamento dell'Italia e del mondo intero al consumismo. E lo ha
fatto realizzando film quali "Teorema" (1968) e "Porcile"
(1969).
Il cinema sovversivo oggi, sia africano che non africano, è
qualcosa che può ritrovarsi solo all'interno di un sistema
audiovisivo anticonformista e opposto rispetto al conformismo
globalista dominante. Da lì a liberarsi completamente dal globalismo
è oggetto di lavori in corso...
Luca Bagatin
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