Già nel 1994, se non
prima, il sociologo statunitense Christopher Lasch individuò -
analizzando la società statunitense - una separazione radicale fra
le élite al potere e le masse popolari, fra il liberalismo ed un
rinnovato populismo.
Di recente, non a caso,
la casa editrice Neri Pozza ha rieditato l'ottimo saggio dal titolo
"La rivolta delle élite - Il tradimento della democrazia",
opera nella quale Lasch individua la crisi profonda della democrazia
moderna.
In essa l'autore rileva
come le élite liberali siano completamente scollegate dalla realtà
e dal lavoro produttivo, il cui legame con esso è unicamente legato
al "consumo" e ad una "realtà" parallela fatta
di cosmopolitismo fine a sè stesso, di una visione sostanzialmente
"turistica" del mondo, ove per "far carriera"
occorre spostarsi e gettare alle spalle ogni legame con la propria
terra d'origine.
A tale visione, Lasch,
contrappone diversamente il populismo originario del People's Party
americano ed una visione comunitaria dell'esistente, fondata su
valori egualitari, sull'autogoverno e la mutua collaborazione.
E' dunque, secondo Lasch,
il declino delle comunità fondate sull'autogoverno che mette in
discussione il futuro della democrazia. Esse sono state infatti
sostituite da non-luoghi quali ad esempio il "centro
commerciale" periferico e le città sono diventate una sorta di
bazar ove boutiques e hotel di lusso sono praticamente inaccessibili
ai residenti medesimi, alcuni dei quali si rivolgono al crimine
organizzato quale "unica via d'accesso al mondo scintillante
che viene loro seducentemente presentato come l'incarnazione del
sogno americano".
Lasch esalta dunque le
comunità di quartiere e la complementarietà fra città e campagna e
dunque una visione democratica dell'esistente. Visione democratica,
secondo Lasch, assai poco incoraggiata finanche dal giornalismo, il
quale, lungi dal fornire spunti di discussione e di dibattito fra le
persone della comunità medesima, si limita a diffondere
informazioni, con la conseguenza finale che il popolo statunitense -
bombardato dall'informazione stessa - rimane sempre più disinformato
in quanto non ha spunti di ricerca ed approfondimento. E tutto ciò,
rammenta Lasch, in quanto oggi lo scopo principale della stampa è
quello di diffondere pubblicità commerciale o comunque promuovere
qualsiasi cosa: da un candidato politico ad un prodotto di consumo,
senza entrare nel merito delle sue qualità effettive e ciò riduce
la possibilità per i cittadini di formarsi una propria opinione
personale e di discuterne, come invece dovrebbe avvenire all'interno
di una comunità.
Queste, in sostanza, le
premesse per una società democratica, che Lasch fa coincidere con
una forma di democrazia diretta su larga scala, fondata sulla
formazione in luogo dell'informazione, sull'etica della
responsabilità, del dovere e su principi di eguaglianza economica,
ponendo dei limiti alla ricchezza e all'accumulo tipico delle società
capitalistiche.
Christopher Lasch afferma
dunque che oggi sono le élite, ovvero i gruppi che controllano il
flusso di danaro e dell'informazione, che dettano legge e che
controllano la cultura ed i termini del dibattito pubblico e questo
non può che essere un vulnus per la democrazia. Le masse hanno così
via via perduto interesse per la rivoluzione e la ricerca di
emancipazione e si sono uniformate al modello unico borghese, spesso
politicamente corretto, ove "i giovani professionisti si
sottopongono a un duro, difficile regime di esercizi fisici e di
controlli dietetici al fine di esorcizzare la prospettiva della morte
- per mantenersi in uno stato di eterna giovinezza, per essere
eternamente belli e sposabili - (...)".
In tutto ciò Lasch mette
in discussione anche il cosiddetto principio "meritocratico"
sul quale si fondano le élite liberali borghesi, affermando che "la
meritocrazia è una parodia della democrazia" in quanto essa
offre opportunità di avanzamento a chiunque abbia talento,
purtuttavia tali opportunità non sono il sostituto di valori quali
la civiltà, la cultura e la dignità, che sono il vero fondamento di
una democrazia. In questo senso Lasch afferma che le élite
meritocratiche non sentono affatto di avere degli obblighi nei
confronti della comunità che intendono guidare, ma a loro interessa
unicamente apparire diversi rispetto alla massa. Egli conclude dunque
che l'unico scopo della meritocrazia delle élite è quello del
garantire espansione economica e giudicare le persone unicamente
sulla base della loro capacità di produrre. Questo, in sostanza, è
il principio sul quale si fonda una società mercificata,
mercantilistica e nient'affatto democratica.
"L'aristocrazia del
talento", dunque, non è altro che un'ennesima forma di
oligarchia.
Christopher Lasch, nel
suo saggio, rammenta come i socialisti delle origini e, dunque, i
populisti, abbiano sempre considerato l'indipendenza,
l'autosufficienza e la capacità di autogoverno attraverso
l'assunzione di responsabilità, come l'essenza stessa della
democrazia, in polemica contro ogni forma di produzione su larga
scala e centralizzazione politica. Egli fa quindi risalire il
movimento per i diritti civili alla tradizione populista e rammenta
come Martin Luther King ribadiva come i neri dovessero assumersi le
proprie responsabilità relativamente alla propria sorte e
raccomandava loro laboriosità, sobrietà e sforzo costante per
migliorarsi.
Mentre, dunque, la
tradizione liberale sostiene che la democrazia può esonerare
qualsiasi virtù civica e morale (sdoganando magari aspetti quali
l'egoismo), sollevando i cittadini di ogni dovere nei confronti della
comunità, quella populista, viceversa, pone l'accento su
responsabilità, virtù civica e carattere dei cittadini e ciò al
fine di garantire convivenza e democrazia.
La democrazia, secondo
Lasch, dunque, necessita di un'etica spiritualmente più stimolante
rispetto alla mera "tolleranza" propagandata dai liberali,
in quanto la tolleranza è solo l'inizio della democrazia e non il
suo fine. Il maggior pericolo per la democrazia, secondo il sociologo
statunitense, è dunque non già l'intollerenza, bensì
l'indifferenza, il cinismo dilagante e la paralisi morale. Tutti
aspetti, peraltro, incentivati dai non-luoghi di cui sopra: dai mezzi
di comunicazione di mero intrattenimento e di lavaggio del cervello
pubblicitario e dai centri commerciali ove acquistare
compulsivamente, i quali hanno soppiantato i bar di quartiere ed i
luoghi di socializzazione, di conversazione e di dibattito.
Un tempo erano proprio
quelli che Lasch definisce i "posti terzi", i bar, i luoghi
di socializzazione, il punto di ritrovo degli intellettuali, dei
rivoluzionari, dei giornalisti, degli uomini politici ecc... Erano
luoghi nei quali discutere, argomentare, confrontarsi guardandosi
negli occhi. Oggi i cosiddetti "social"network stessi,
invece, sono il loro esatto opposto e sono l'ennesimo non-luogo,
l'ennesimo "centro commerciale" ove masturbare la mente,
abbeverarsi di informazioni e pubblicità fini a loro stesse e con
l'unico scopo ultimo di indurre le persone al consumo illimitato di
contenuti decisi e veicolati dalle élite. Tutti aspetti già
previsti e segnalati da Christopher Lasch oltre vent'anni fa, quando
internet nemmeno esisteva.
Il mondo reale delle
persone si contrappone dunque a quello irreale delle élite, che,
siano queste di destra o di sinistra, disprezzano il popolo e lo
considerano rozzo e incolto, non permettendo ad esso l'accesso a
quegli strumenti necessari alla sua stessa emancipazione ed
elevazione.
Populismo e socialismo
originario contrapposti a liberalismo e mercantilismo. Responsablità,
senso del dovere e dell'onore, socialità e pubblica decenza,
contrapposte a consumismo illimitato, deregolamentazione,
produttivismo, amoralità, asocialità, mero intrattenimento.
Democrazia diretta e autogesionaria contrapposta a democrazia
rappresentativa ed elitaria. Democrazia contro oligarchia, in
sostanza.
Queste le
contrapposizioni messe in luce dall'ottimo saggio di Christpoher
Lasch. Attuale oggi più che mai e testo fondamentale per capire il
momento presente ed il futuro che ci attende.
Luca Bagatin
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