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venerdì 8 giugno 2018

"Il Fastello della Mirra", opera postuma di Gabriele d'Annunzio. Articolo di Luca Bagatin

Gabriele d'Annunzio, il Vate della letteratura italiana, il grande amatore e seduttore, ma anche l'anticipatore del '68, attraverso la libertaria impresa di Fiume, unificando tutti gli spiriti repubblicani, mazziniani, rivoluzionari, anarchici e socialisti dei suoi tempi e che per la prima volta produsse una Costituzione avanzatissima per l'epoca, che - fra le altre cose - introdusse la libertà di divorziare, il diritto di voto alle donne, garantì l'assistenza ai disoccupati e ai non abbienti, garantì le libertà sessuali e tollerò l'omosessualità.
Gabriele d'Annunzio, di cui ricorrono gli 80 anni dalla scomparsa e i 155 dalla nascita, fu il punto cardine della letteratura del Novecento, oltre che coniatore di numerosi neologismi ormai d'uso comune, fra i quali i termini "tramezzino", "scudetto", "vigili del fuoco" e numerosi altri.
Di d'Annunzio si è parlato a Roma presso la Sala Del Carroccio di Piazza del Campidoglio l'8 giugno scorso, nella conferenza di presentazione della sua autobiografia, "Il Fastello della Mirra", edito postumo da Vallecchi per la prima volta nel 2004 e rieditato da Bibliotheka Edizioni (www.bibliotheka.it), curato ancora una volta da Angelo Piero Cappello e che sarà disponibile nelle librerie da giovedì 14 giugno.
La conferenza, presenziata dal curatore Angelo Piero Cappello, appassionato studioso di letteratura italiana e già autore di studi e saggi su Dante, Manzoni, Pirandello, Capuana, Svevo, Morselli Jahier, oltre che curatore di varie opere di d'Annunzio, è stata moderata e condotta dai giornalisti Luciano Lanna e David Frati, direttore di Mangialibri.
Lanna ha esordito spiegando come i primi studi approfonditi su d'Annunzio, in Italia, siano iniziati attorno al 1979 e di come da allora si sia particolarmente approfondita la sua visione libertaria e repubblicana, che per molti versi sembrò anticipare i moti rivoluzionari del '68 francese ed italiano.
Il curatore del testo, Angelo Piero Cappello, ha spiegato come nel 2004 sia per caso venuto in possesso di questo manoscritto dannunziano postumo, redatto fra il 1923 ed il 1927, ovvero attraverso una sua ricerca della corrispondenza di d'Annunzio presso il Vittoriale degli Italiani.
"Il Fastello della Mirra" è dunque un'autobiografia antologica che il Vate avrebbe voluto lasciare ai posteri, senza purtuttavia riuscire a pubblicarlo in vita, ovvero rimanendo escluso da ogni progetto editoriale.
Il giornalista David Frati ha spiegato come il Vate sia molto presente nell'immaginario collettivo e popolare, nonostante il suo stile letterario sofisticato e l'ostracismo subito da d'Annunzio, forse dovuto alle ingiuste accuse di fascismo, mentre egli fu uno dei primi oppositori di Mussolini nel '24, dopo il delitto Matteotti, al punto che il Duce lo farà mettere sotto controllo, temendo che il Vate potesse sobillare la popolazione in chiave antifascista, così come antifascisti diventeranno molti dei suoi compagni di Fiume, fra i quali spicca il sindacalista rivoluzionario, mazziniano e socialista Alceste de Ambriis, già co-autore della Carta del Carnaro, ovvero la Costituzione fiumana.
Angelo Piero Cappello spiega come lo stile letterario sia sì sofisticato, ma frutto di uno studio maniacale della parola sin dalla sua origine e quindi come il Vate di fatto abbia voluto svelare, attraverso la sua arte, il significato più profondo della lingua italiana.
D'Annunzio ritiene, peraltro, a differenza del suo contemporaneo Pirandello, che la scrittura si faccia vita e che la vita si faccia scrittura, ovvero che le esperienze di vita dell'autore medesimo siano e debbano essere raccontate attraverso la letteratura.
E' così che, come ha spiegato Cappello, alla base di ogni gesto di d'Annunzio, vi è una trasposizione sul piano letterario. La verità, nella letteratura dannunziana, non esiste in quanto il Vate racconta la sua vita attraverso degli aneddoti verosimili, ma non necessariamente veritieri e ciò in quanto egli brama alimentare la curiosità del lettore. Peraltro, spesso, il Vate era solito costruire i suoi racconti sulla base di una singola parola, magari desueta, tratta dal dizionario della lingua italiana.
Il d'Annunzio de "Il Fastello della Mirra" è dunque il d'Annunzio che si è ritirato nel Vittoriale, lontano dai fasti di un tempo. E' qui che egli svela la sua autentica musa di sempre, ovvero quella malinconia che lo ha accompagnato ed ispirato per tutta la vita, ma che egli ha spesso tentato di celare ai lettori ed ai suoi sodali attraverso le sregolatezze sessuali e l'uso di stimolanti.
Il d'Annunzio del "Fastello" è quello alle prese con la "decrepita vecchiezza", che sembra voler ricorrere al suicidio e che, per alcuni, fu la vera causa della sua morte, attraverso l'uso di medicinali che gli avrebbero indotto l'emorragia cerebrale.
"Il Fastello della Mirra", che sarà mia cura recensire prossimamente, è dunque un testo che completa l'opera dannunziana. Opera fondamentale per chiunque voglia cimentarsi con la letteratura e analizzare a tutto tondo chi sia stato e chi sia Gabriele d'Annunzio.
Gabriele d'Annunzio, con le sue opere letterarie, la sua attività politica e la sua vita, sregolata, per alcuni incoerente, sicuramente appassionata ed eroica, ha anticipato per molti versi il "momento populista" nel senso originario e positivo del termine che per molti versi oggi è patrimonio di quei popoli oppressi dalle élite finanziarie ed opulente e che vorrebbero un cambio di passo. Egli ha dato moltissimo all'Italia, all'Europa ed a quei popoli oppressi dall'imperialismo che Egli stesso avrebbe voluto uniti in un'unica Lega terzomondista, che fondò negli Anni Venti - la Lega dei Popoli Oppressi, appunto - e di cui ancora oggi ci sarebbe bisogno, così come ci sarebbe bisogno di una letteratura che, come quella dannunziana, recuperasse il significato profondo della parola scritta e ne facesse novello strumento di seduzione.

Luca Bagatin

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