mercoledì 13 settembre 2017

Gabriele D'Annunzio fondatore della prima ed autentica Repubblica libertaria e dell'Amore

«Io sono per il comunismo senza dittatura […] È mia intenzione di fare di questa città un’isola spirituale dalla quale possa irradiare un’azione, eminentemente comunista, verso tutte le nazioni oppresse»
(Gabriele D'Annunzio)




L'8 settembre 1920 il Vate Gabriele D'Annunzio - a conclusione dell'Impresa di Fiume - proclama la Reggenza del Carnaro, ovvero quella che amo definire la prima ed autentica Repubblica libertaria e dell'Amore che sia mai stata fondata.
A memoria di ciò desidero riportare due articoli che dedicai a D'Annunzio ed alla sua celebre impresa.

Luca Bagatin


Il "Manuale del Rivoluzionario" di Gabriele D'Annunzio.
Articolo di Luca Bagatin del 25 agosto 2014
 

La fantasia al potere, attraverso una critica del potere stesso, la porterà certamente Gabriele D'Annunzio (e non certo i figli di papà del '68 italiano), il Vate della letteratura italiana per eccellenza, il poeta armato, l'eroe dell'impresa di Fiume e che fece della città di Fiume – occupata con soli 1500 uomini e senza sparare un colpo – una città libera, liberata e libertaria.
Gabriele D'Annunzio fu, secondo le parole di Lenin, l'unico rivoluzionario dell'Italia dei suoi tempi e da molti fu considerato un novello Giuseppe Garibaldi, per il suo ardimento e per la sua portata socialisteggiante, dagli echi mazziniani e garibaldini.
Ce ne ha parlato a lungo lo storico Giordano Bruno Guerri, ma ce ne parla diffusamente – proprio attraverso gli scritti ed i discorsi di D'Annunzo stesso – il “suo” “Manuale del Rivoluzionario”, a cura di Emiliano Cannone ed edito dalla Tre Editori (www.treditori.com). Un bellissimo saggio che abbiamo scoperto e che desideriamo far conoscere e diffondere.
Un Manuale che, non a caso, reca in copertina un D'Annunzio nei panni di Lenin, contornato da bandiere rosse nell'atto di prendere d'assalto il Palazzo d'Inverno.
Il Palazzo d'Inverno di D'Annunzio fu il potere, la casta politica, il governo di Nitti, di Vittorio Emanuele Orlando e di Giolitti, ovvero dei parrucconi della sua epoca. Ma il Palazzo d'Inverno di D'Annunzio fu anche l'avanzante fascismo e quel Mussolini che cercò, in tutti i modi ma senza riuscirvi, di zittire il Vate della Nuova Italia.
Nel Manuale è rappresentata tutta l'anima anarchica, socialisteggiante, libertaria, antiparlamentare ed internazionalista del Nostro. Un D'Annunzio che, non a caso, dichiara che egli aspira ad un “comunismo senza dittatura” e che – ben prima e meglio di altri – lancerà invettive contro la “casta politica”, dichiarando, fra le altre cose: “La casta politica che insudicia l'Italia da cinquant'anni, non è capace se non di amministrare la sua propria immondizia, pronta a tutte le turpitudini, pur che sia lasciata fingere di godersi il suo potere impotente”.
D'Annunzio, in questo senso fu un eroe (anti)politico e, dunque, un eroe della vera democrazia, contro i soprusi e le ruberie del potere ed in questo senso non mancherà mai in D'Annunzio il suo appello all'Antica Grecia, al mito greco, all'arte ed alla bellezza in tutte le sue forme, quale valori fondanti per l'emancipazione umana. In questo senso – lo si evince dal Manuale stesso – egli scorgerà la natura della crisi dei suoi tempi, che poi è anche la natura della crisi economica e sociale dei nostri, ravvisando l'origine del problema nell'espansionismo capitalistico e nell'imperialismo anglosassone e statunitense, ovvero di coloro i quali egli definisce i “divoratori di carne cruda”. In questo senso D'Annunzio scrive: “La lotta mercantile, la lotta per la ricchezza, porta il pericolo delle più terribili conflagrazioni marziali”. Ora sappiamo che fu profetico e nelle sue parole non possiamo non scorgere quanto avvenne nella Seconda Guerra Mondiale, durante la Guerra Fredda e, oggi, nel Medioriente martoriato ed ove non vi sono eroi, bensì criminali che uccidono, in ogni dove, vittime innocenti.
Ricchezza e potere all'origine della morte dell'umanità stessa, dunque.
Con l'impresa di Fiume possiamo dire che il D'Annunzio concretizzerà i suoi ideali ed i suoi principi. Nel 1919, infatti, in opposizione al Trattato di Versailles che negava la città di Fiume all'Italia, D'Annunzio - alla testa di un drappello di legionari - la occupò e ne fece una città libera in tutti i sensi, al punto che a Fiume erano tollerate e praticate le libertà sessuali, nonché era tollerata l'omosessualità e, grazie al contributo dell'aviatore Guido Keller e dello scrittore Giovanni Comisso, fu fondato il gruppo Yoga – avente per simbolo la svastica di origine vedica (che nulla aveva a che spartire con il nazismo, anzi !) ed una rosa a cinque petali - e che proponeva una visione esoterica e spirituale della realtà.
Non solo, in collaborazione con il sindacalista rivoluzionario Alceste De Ambris, D'Annunzio redasse la famosa Costitituzione di Fiume o Carta del Carnaro, la quale fu un documento avanzatissimo per l'epoca, prevedendo: libertà di associazione, libertà di divorziare, libertà religiosa e di coscienza al punto che furono proibiti i discriminatori crocifissi nei luogi pubblici, assistenza ai disoccupati ed ai non abbienti, promozione di referendum, promozione della scuola pubblica, risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario, inviolabilità del domicilio e altro ancora che, peraltro, non fu mai garantito nemmeno dalla Costituzione della Repubblica italiana partitocratica, fondata nel 1948 e nella quale viviamo tutt'oggi. Una Costituzione tanto decantata, ma assai poco approfondita e che poco aveva a che spartire con la vera democrazia della Repubblica Romana del 1849 e con la Carta del Carnaro, fondata da spiriti rivoluzionari e non già da canuti uomini politici, servi dei partiti e delle ideologie e che il potere ha reso schiavi.
Un'impresa unica nella Storia, dunque, quella di Fiume, purtroppo soffocata dall'imperialismo internazionale e dal governo italiano di Giovanni Giolitti (tutt'altro che un liberale, bensì un famoso Ministro della malavita come lo soprannominò Gaetano Salvemini !) che, nel 1920, inviò le truppe italiane a sgomberare a cannonate i legionari.

Da non dimenticare frasi come queste, contenute nel “Manuale del Rivoluzionario”, che D'Annunzio lancia quali invettive ai governanti dell'Europa e del mondo di ieri, non dissimili da quelli di oggi. Frasi oggi attualissime, se osserviamo la geopolitica mondiale, europea, oltre che i flussi di migranti che approdano giornalmente sulle nostre coste, costretti ad emigrare a causa di una crisi voluta dai Governi e dal sistema economico-monetario: “In tutta Europa, in tutto il mondo, il potere politico è al servizio dell'alta banca meticcia, è sottomesso alle impostazioni ignobili dei rubatori e dei frodatori costituiti in consorzi legali. Neppure nel peggior tempo dei barbareschi e dei negrieri le genti furono mercanteggiate con così fredda crudeltà. Le nazioni sono cose da mercato. La vita pubblica non è se non un baratto immondo esercitato nel cerchio delle istituzioni e delle leggi esauste. Fino a quando ?”.
Il “Manuale del Rivoluzionario”, che raccoglie gli scritti anarco-libertari, socialisti, internazionalisti ed umanitari di D'Annunzio è certamente una fortunata opera editoriale ed il merito va certamente all'ottimo Emiliano Cannone, giovane dottore di ricerca in italianistica, per averlo curato con, peraltro, un'ottima nota introduttiva e precise note a piè di pagina.
La veste editoriale del saggio, poi, curata dalla Tre Editori, è elegantissima, anche a dispetto dell'economico prezzo di copertina. Da notare che, la fine di ogni capitolo del Manuale, reca il simbolo della bandiera della Reggenza del Carnaro: un uroboro – ovvero un serpente che si morde la coda – antico simbolo esoterico e gnostico a rappresentare la natura ciclica delle cose, ovvero simbolo di immortalità (si rammenti che Gabriele D'Annunzio fu peraltro iniziato alla Massoneria della Serenissima Gran Loggia d'Italia, oggi Gran Loggia d'Italia degli ALAM e non ne fece mai mistero), con al centro le sette stelle dell'Orsa Maggiore.
Ulteriori spunti su cui riflettere ed approfondire attorno ad un personaggio poliedrico quale fu Gabriele D'Annunzio, troppo frettolosamente relegato fra i “poeti del nostro Paese”, senza rammentarne (o preferendo piuttosto oscurarne) la portata rivoluzionaria, libertaria ed eminentemente (anti)politica e (contro)culturale.

Luca Bagatin


Giorgia Meloni sbaglia a contrapporre D'Annunzio a Che Guevara, due eroi anti-casta e per l'emancipazione sociale oltre la destra e la sinistra.
Articolo di Luca Bagatin del 9 agosto 2016


Giorgia Meloni informa i suoi “amici virtuali” di Facebook che ogni giorno, per tutto il mese di agosto, pubblicherà un aforisma – iniziando da quello celebre di D'Annunzio “Memento audere semper” - e tale notizia, tutto sommato abbastanza marginale, viene ripresa anche da alcuni organi di informazione, in particolare per informare che la sig.ra Meloni intende contrapporre la figura di D'Annunzio a quella di Che Guevara.
Lei infatti scrive che i ragazzi dovrebbero “studiare sui libri di scuola in maniera più approfondita la figura di D'Annunzio”, “un grande italiano che non ha nulla da invidiare a un qualunque Che Guevara, che pure tanti giovani amano indossare sulle loro magliette” ed afferma ciò esaltando l'impresa di Fiume del 1919.
Lodevole il fatto che la Meloni esalti e ricordi l'impresa di Fiume, meno lodevole il suo tentativo di contrapporre la figura del rivoluzionario anti-casta e libertario D'Annunzio all'altro rivoluzionario anti-casta e libertario Che Guevara.
In questo senso, sia gli studenti che la sig.ra Meloni dovrebbero studiarsi approfonditamente sia la figura di D'Annunzio che quella di Che Guevara, ma su testi che hanno trattato tali figure in modo obiettivo e non ideologizzato.
Per quanto concerne Gabriele D'Annunzio, il “Poeta soldato”, il “Vate” per eccellenza, qualche anno fa segnalammo e recensimmo l'ottimo “Manuale del Rivoluzionario”, edito dalla Tre Editori e curato da Emiliano Cannone (http://www.opinione.it/cultura/2014/08/28/bagatin_cultura-2808.aspx). In questo saggio sono riportati discorsi ed aforismi del Vate e che lo consacrano quale miglior rappresentante della cultura socialista rivoluzionaria, anarchica, antiparlamentare ed internazionalista, oltre e contro la destra (rappresentante delle élite monarchiche ed oligarchiche) e oltre e contro la sinistra (rappresentante della borghesia industrialista ed affamapopoli).
Nel saggio, infatti, fra le altre, si riportano le parole ad una celebre intervista a D'Annunzio, il quale affermava che egli ambiva ad un “comunismo senza dittatura” (esattamente come Che Guevara peraltro !) e non a caso fu ammirato da Lenin (il quale inizialmente, nella costituzione dei Soviet, si ispirò agli ideali anarchici) e la Repubblica di Fiume - costituita con il contributo di socialisti rivoluzionari e mazziniani quali ad esempio Alceste De Ambriis - fu l'inveramento di quel comunismo libertario d'annunziano che permise le libertà sessuali (con relativa tolleranza e pratica dell'omosessualità), la libertà di associazione, la libertà di divorziare, la libertà religiosa e la libera ricerca spirituale (l'aviatore Guido Keller e lo scrittore Giovanni Comisso fondarono la rivista “Yoga”, che proponeva una visione esoterica e spirituale della realtà), la proibizione dei crocifissi nei luoghi pubblici, l'assistenza ai disoccupati ed ai non abbienti, la promozione dei referendum, la promozione ed il sostegno alla scuola pubblica, il risarcimento dei danni in caso di errore giudiziario ecc... tutte cose che nemmeno l'attuale Repubblica italiana di cui Giorgia Meloni è rappresentante, sembra garantire appieno.
Ci chiediamo, peraltro, se queste cose la sig.ra Meloni le sappia (visto che diversi dei punti del programma della d'annunziana e fiumana “Carta del Carnaro” sono in aperto contrasto con gli ideali da lei stessa propugnati). Così come ci chiediamo se la sig.ra Meloni sappia che Gabriele D'Annunzio fosse apertamente e dichiaratamente massone (massone lo fu anche Che Guevara e la gran parte dei rivoluzionari cubani, oltre che fiumani), appartenente alla Serenissima Gran Loggia d'Italia (oggi Gran Loggia d'Italia degli ALAM) e che la stessa bandiera della Reggenza del Carnaro fosse un chiaro richiamo al simbolismo gnostico e massonico, ovvero un uroboro (un serpente che si morde la coda) con al centro le sette stelle dell'Orsa Maggiore.
Gabriele D'Annunzio e gli eroi di Fiume, così come il Che e gli eroi di Cuba osarono ed osarono sempre, inverando appunto il motto “Memento audere semper”. Eroi (anti)politici e contro la realpolitik, alla quale contrapposero l'amore per le genti, per l'umanità, per la libertà intesa come libertà dal bisogno per approdare al sogno di una società o, meglio, di una civiltà umanitaria e comunitaria diversa ed alternativa a quella dei politicanti, degli oligarchi e degli industriali affamapopoli.
Eroi senza compromessi al punto che furono purtroppo sconfitti. La Repubblica di Fiume fu smantellata dall'esercito del Regno d'Italia nel 1921, non senza scontri (si ricordi in proposito il famoso “Natale di sangue”) e, per quanto riguarda Che Guevara, in polemica con il sostegno sovietico dell'Urss a Cuba e con le posizioni di Fidel Castro in merito, si dimise da tutte le cariche e da Ministro dell'Industria ed andò a combattere per i popoli oppressi in Congo ed infine in Bolivia, ove fu ucciso.
Ecco gli eroi da ricordare, celebrare, emulare da tutti e soprattutto dai giovani d'oggi, amebizzati dagli smartphone e dagli (a)socialnetwork. Eroi senza macchia che lottarono a sprezzo del pericolo e mai furono mantenuti ad ufo dai contribuenti.
Ecco perché è errato, come fa la Meloni, tentare di contrapporre D'Annunzio (accreditandolo magari “a destra”, niente di più sbagliato) a Che Guevara (che comunque non va assimilato alla “sinistra”, ma fu personaggio e studioso che andò ben oltre le ideologie illuministico-borghesi).
Nell'ambito del pensatoio che ho fondato - “Amore e Libertà (www.amoreeliberta.blogspot.itwww.amoreeliberta.altervista.org) – non a caso, tanto D'Annunzio che Che Guevara, sono inseriti nel “pantheon” dei nostri ispiratori (si veda il link: http://www.amoreeliberta.altervista.org/html/manifesto.htm) e proprio per le motivazioni che ho già scritto qui, come in altri articoli.
Dunque la Meloni approfitti della “pausa estiva” per leggere gli scritti ed i discorsi politici di D'Annunzio, la Carta del Carnaro e magari i saggi dello storico Giordano Bruno Guerri in proposito, oltre che il saggio a cura di Emiliano Cannone già citato un questo articolo. Eviterà di fare affermazioni imprecise e di contrapporre dei veri combattenti per l'emancipazione dei popoli, i cui ideali, oggi, nella società liquida dei consumi e della casta politica autoconservativa, mancano enormemente.

Luca Bagatin


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