E' probabilmente il primo
movimento di protesta e di proposta nato dal basso in Francia e in
Europa in epoca odierna. Quello dei Gilet Gialli è forse oggi
l'unico movimento che si contrappone proprio a quell'Europa
autoreferenziale e delle élite economiche abituate a imporre misure
di austerità e a incoraggiare una crescita economica - che non è
affatto illimitata - e a deregolamentare un mercato sempre più
dannoso. Dannoso per i lavoratori, i quali sono costretti a
svendersi e per i disoccupati che il lavoro non lo trovano affatto; dannoso per quelle piccole e medie imprese che non sono in
grado di tenere il passo della globalizzazione, ovvero del
capitalismo assoluto e infine dannoso per i cittadini, bombardati dal
consumismo e dalla pubblicità commerciali, che li ha resi nuovi
automi in balia del sistema economico-commerciale (il famoso trinomio
"produci-consuma-crepa").
E così, un movimento
sorto spontaneamente in opposizione all'aumento del carburante
imposto dal governo Macron-Philippe, è diventato molto di più. Con
l'80% dei consensi popolari e recentemente sostenuto da filosofi del
calibro di Jean-Claude Michéa e di Alain De Benoist, i Gilet Gialli
hanno rivendicato numerose proposte sociali. Un vero e proprio
programma di governo autenticamente populista e socialista, potremmo
dire. Un programma che consta di vari punti, qui riassunti: richiesta
di un salario minimo di 1300 euro netti e di uno massimo a 15.000
euro; aumento dei fondi per i disabili; taglio delle tariffe di luce
e gas, con rinazionalizzazione delle società energetiche; lotta
alla povertà e eliminazione del problema dei senzatetto; abolizione
del Senato e introduzione di una Assemblea dei cittadini; riduzione
delle imposte sul reddito e inasprimento delle tasse sulle grandi
imprese commerciali (McDonald, Google, Carrefour, Amazon);
proibizione delle delocalizzazioni; affrontare le cause della
migrazione forzata; divieto di vendita del patrimonio pubblico
francese; mezzi adeguati alle forze di polizia e all'esercito, con
straordinari pagati; pensioni a 60 anni; introduzione dei referendum
popolari in Costituzione; abolizione dell'indennità Presidenziale a
vita e altre misure che, ad oggi, nessun partito né della destra, né
del centro, né della sinistra, ha mai proposto o attuato. Sia in
Francia che in Europa.
Anche per questo i Gilet
Gialli, pur sostenuti e "corteggiati" sia da Marine Le Pen
che da Jean-Luc Mélenchon, oltre che dal maggior sindacato francese,
ovvero la CGT, rifiutano di identificarsi con qualsivoglia partito o
movimento politico e vogliono mantenersi civici e del tutto
indipendenti.
Pur con tentativi di
infiltrazione violenta e con tentativi di screditarli da parte delle
élite politiche e talvolta mediatiche, il movimento del Gilet Gialli
incassa ad ogni modo la sua prima, per quanto parziale, vittoria sul
governo francese. Il Primo Ministro Edouard Philippe ha infatti
annunciato una moratoria di alcuni mesi sull'aumento delle tasse sui
carburanti. Moratoria che dovrebbe essere accompagnata da altre
misure di pacificazione nei giorni seguenti.
Poco, molto poco, come
afferma Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, che
definisce il governo "non all'altezza delle attese e delle
precarietà in cui si dibattono i francesi".
Ad ogni modo i Gilet
Gialli intendono nuovamente scendere in piazza sabato prossimo.
Il governo
Macron-Philippe, che oggi gode di appena il 25% di popolarità e che
già è stato eletto da una minoranza del Paese nel 2017 (il 18%
netto circa dei consensi, in quanto molte sono state le astensioni e
i voti alla Le Pen e a Mélenchon), non può non tenere conto del
fatto che non è possibile governare senza il sostegno popolare.
Questa è la democrazia.
Luca Bagatin
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