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mercoledì 13 novembre 2019

AGGIORNAMENTO SITUAZIONE IN BOLIVIA. Colpo di Stato, ma il legittimo Presidente, Evo Morales, in esilio in Messico, resisterà, in nome del socialismo. Articolo di Luca Bagatin

Il 20 ottobre, in Bolivia, il socialista Evo Morales – forte dei suoi successi in campo sociale, economico e politico (drastica riduzione della povertà, dell'analfabetismo, forte aumento del PIL) - aveva vinto per un terzo mandato, le elezioni presidenziali, con il 47% dei consensi. Una cifra che, per la legge elettorale boliviana, avendo battuto il suo avversario di oltre 10 punti percentuali, gli ha garantito la rielezione, senza passare per il ballottaggio.
Ad ogni modo, l'opposizione di centro e di centrosinistra, guidata da Carlos Mesa, ovvero lo sconfitto delle presidenziali con il 35,%% dei consensi, ha sin da subito tentato di fomentare la piazza contro il Presidente eletto.
Nel corso dei giorni si è addirittura arrivati ad una escalation di violenza, con poliziotti ammutinati e gruppi paramilitari guidati dall'opposizione, con il concorso di gruppi razzisti e di estrema destra, pronti a organizzare un golpe per defenestrare Morales. Gruppi che hanno occupato le sedi della tv statale “Bolivia Television”, della radio statale “Radio Patria Nueva” e quella della Confederazione del sindacato dei contadini , catturando e intimidendone i giornalisti, oltre che dando alle fiamme le case di due governatori socialisti e della sorella del Presidente Morales.
Anche qui, come in Venezuela, il copione è il medesimo: destra, centro e centrosinistra uniti – in forme antidemocratiche - contro il socialismo che ha vinto le elezioni e, in tutti questi anni, ha garantito pace sociale e prosperità civile.
Uno scenario che ricorda, peraltro, il colpo di Stato in Cile contro il Presidente socialista Allende, guidato dal dittatore Pinochet nel 1973 e sostenuto dagli Stati Uniti d'America e dagli economisti liberali della “Scuola di Chicago”.
Anche in questo caso, la cacciata di Morales, farebbe comodo agli USA, i quali vorrebbero – come in Venezuela e nel resto dell'America Latina – che a comandare ritornassero le multinazionali statunitensi e i ricchi oligarchi liberal capitalisti.
Una situazione allarmante e pericolosa per la democrazia boliviana, di cui i grandi media parlano poco o nulla, ma segnalata con forza dal Papa dei cattolici Bergoglio, il quale, ha immediatamente esortato a un clima di pace. Pace richiesta immediatamente dal Presidente Evo Morales, il quale, nonostante sia risultato il vincitore, ha annunciato nuove elezioni e il rinnovo dei componenti del Supremo Tribunale elettorale.
Il Presidente Morales ha così richiesto la cessazione di ogni forma di violenza e il rispetto delle famiglie, delle proprietà, delle autorità e di ogni settore sociale. "Tutto ciò che abbiamo in Bolivia è l'eredità del popolo boliviano, possiamo farci del male, quindi chiedo a tutti di garantire una convivenza pacifica, di garantire la fine violenza per il bene di tutti ", ha dichiarato Morales, il quale, costretto dai golpisti a lasciare il Paese, ha ricevuto – nei giorni scorsi - asilo politico in Messico, grazie all'invito del presidente socialista Andres Manuel Lopez Obrador. “Voglio dare il benvenuto a Evo Morales e alla sua delegazione in Messico. E’ un giorno di allegria perché l’asilo che si offre a Morales è effettivo e in Messico sarà protetto”, ha dichiarato il Ministro degli Esteri messicano Marcelo Ebrard.
Evo Morales, ringraziando il Presidente Obrador, ha altresì dichiarato che continuerà la sua lotta per il ritorno in patria e per rivendicare la sua vittoria elettorale, contro gli usurpatori. Morales ha peraltro fatto riferimento all'autoproclamatosi Presidente della Bolivia, ovvero alla deputata liberale Jeanine Anez Chavez, la quale, oltre a rappresentare l'oligarchia ricca e il fondamentalismo evangelico, ha espresso – nei “social” – giudizi razzisti nei confronti della comunità indigena boliviana.
"Si è consumato il golpe più subdolo e disastroso che la storia ricordi. Un senatore di destra si è autoproclamato Presidente del Senato e poi Presidente ad interim della Bolivia senza un quorum legislativo, circondato da un gruppo di complici e guidato da settori della polizia e delle forze armate che reprimono il popolo con la violenza", ha dichiarato Evo Morales, facendo presente che la Anez Chavez si è autoproclamata Presidente in un Parlamento nei quale la maggioranza assoluta dei deputati, ovvero quelli del Movimento al Socialismo, si è rifiutata di partecipare al voto in aula per la sua proclamazione, di fatto, disconoscendola.
Appoggio al Presidente eletto Evo Morales è giunto immediatamente dai governi di Venezuela, Nicaragua, Uruguay, Argentina, Cina, Russia, e Siria, mentre gli USA meditano di utilizzare tale colpo di Stato per tornare nuovamente a destabilizzare i legittimi governi socialisti di Venezuela e Nicaragua.
Il Presidente socialista del Venezuela, Nicolas Maduro, ha dichiarato a proposito della volontà di Trump di rovesciare i governi socialisti dell'America Latina: "Volete lo scontro ? Andremo a questo scontro per la pace, la Patria, la sovranità e per la rivoluzione bolivariana del Venezuela". Ed ha aggiunto: "La vittoria ci appartiene e lo dimostreremo nelle strade con la nostra unione civico-militare".
Sostegno a Evo Morales anche dal cantautore britannico Roger Waters, cofondatore dei Pink Floyd, il quale – attraverso un video pubblico - gli ha espresso solidarietà politica e umana e totale contrarietà al golpe liberale in corso.
Il socialismo latinoamericano non soccomberà, nemmeno questa volta.
L'amore del socialismo e della democrazia popolare prevarrà anche questa volta, sull'odio dei più ricchi, dei razzisti, dei sostenitori della violenza e dell'autoritarismo liberal capitalista.

Luca Bagatin


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