Julian Assange, fondatore
di Wikileaks, è da mesi detenuto a Londra, nel carcere di massima
sicurezza di Belmarsh, con accuse che vanno dal presunto terrorismo
alla presunta violazione della legge sullo spionaggio. Assange, per
aver rivelato al mondo i piani segreti dei potenti del Pianeta,
rischia di morire in carcere, in attesa, peraltro, di essere estradato
negli USA, dove deve affrontare ben 18 capi d'accusa. Il Relatore
speciale sulla tortura alle Nazioni Unite, Nils Melzer, aveva di
recente espresso preoccupazione relativamente alla salute di Assange,
esposto a “tortura psicologica continua o altro, trattamenti
inumani o crudeli e degradanti”, ravvisando
ciò dopo averlo visitato in carcere.
Di fronte a questa palese
violazione dei diritti umani, si è levata ieri – in conferenza
stampa - la voce del Presidente socialista del Messico, Andrés
Manuel López Obrador, il quale ha dichiarato: “Speriamo che
venga preso in considerazione e rilasciato e non torturato”,
dichiarando che la sua liberazione sarebbe “una causa molto
giusta per i diritti umani del mondo”. Obrador
ha espresso solidarietà anche sull'attività di Wikileaks nel
rivelare quello che egli ha definito “sistema mondiale nella sua
natura autoritaria”.
Ancora
una volta è dall'America Latina socialista che proviene una
richiesta di rispetto dei diritti civili e umani, verso un mondo più
libero e giusto. Aspetti che, nel mondo liberal-capitalista e
cosiddetto “opulento”, sembrano ormai da tempo dimenticati, se
non addirittura calpestati.
Luca
Bagatin
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