Bettino Craxi fu l'ultimo
dei grandi statisti socialisti che l'Europa abbia avuto, prima che il
cosiddetto “socialismo europeo” si tramutasse in capitalismo
assoluto, ovvero in esecuzione sistematica dei diktat dei potentati
sovranazionali, fossero essi di natura politica (Unione Europea,
Stati Uniti d'America...) o economico-finanziaria (Fondo Monetario
Internazionale, Banche Centrali...).
Bettino Craxi ravvisò,
ben prima di altri, il destino che avrebbe atteso l'Europa, stretta
nella morsa di una probabile immigrazione incontrollata – generata
da guerre imperialiste, povertà, sfruttamento dell'Africa – e
nella morsa dei potentati economici, che egli tentò in ogni modo di
arginare.
Fu profetico e in questo
senso scomodo, con il suo opporsi da una parte alle privatizzazioni
selvagge e dall'altra attuando una politica estera di amicizia con il
mondo arabo laico socialista; sostenendo in Medioriente la lotta
palestinese di Arafat, paragonandola alle lotte risorgimentali
italiane e in America Latina il Frente Sandinista del Presidente del
Nicaragua Daniel Ortega, contro l'embargo statunitense, così come
nel recente passato rese omaggio alla memoria del socialista Salvador
Allende in Cile, sfidando Pinochet, alleato degli USA.
Craxi fu sì opposto ai
comunisti italiani ed europei, ma parimenti fu opposto all'avanzante
liberal capitalismo che, dopo gli Anni '90, travolgerà ogni cosa,
ogni valore, ogni idea politica, mettendo in vendita tutto ciò che
era possibile mettere in vendita.
Craxi, in questo senso,
fu un socialista puro e originario, che da neo-Segretario del Partito
Socialista Italiano, recuperò la figura storica e intellettuale
dell'anarchico conservatore Pierre-Joseph Proudhon, simbolo del
mutualismo ottocentesco, dell'anti-autoritarismo, del federalismo
spinto. Quel Proudhon che considerava la proprierà dei capitalisti
“un furto” ed il socialismo il superamento del liberalismo,
definendo al contempo il comunismo marxista una “assurdità
antidiluviana”. Quel Proudhon critico nei confronti
dell'elettoralismo, definito una sorta di “tirannia dei mediocri”
e che, diversamente, proponeva un sistema federalista integrale e
autogestionario, laddove il suo concetto di anarchia era definito
“governo dell'ordine”. Quel Proudhon che, assieme a Sorel, fu
finanche punto di riferimento, nel 1911, dei nazionalsinidacalisti
francesi, i quali fondarono il “Cercle Proudhon” e proposero
un'aristocrazia operaia, contrapponendosi alla borghesia decadente.
Parimenti, Bettino Craxi,
recuperò il garofano rosso – simbolo della Comune di Parigi del
1871 – inserendolo nel simbolo del suo rinnovato PSI, e le figure
intellettuali e morali di Giuseppe Garibaldi e di Carlo Rosselli,
unendo in questo modo lo spirito battagliero del socialismo
originario a quello liberalsocialista, rilanciando l'alleanza dei
“Meriti e dei Bisogni”, che sarà lo slogan cardine del
socialismo di Craxi nel corso degli Anni '80.
Bettino Craxi, nel
rinnovare il PSI ereditato da Pietro Nenni, in realtà, guardò al
passato, ovvero alle migliori radici del Socialismo. Quelle della
Prima Internazionale dei Lavoratori; quelle del cooperativismo
mazziniano e garibaldino; quelle del conservatorismo dei valori e
dell'autonomismo spinto alla Proudhon.
Ciò non poteva che
infastidire una certa sinistra che, sempre più votata al compromesso
storico con la DC, in questo modo, si vedeva scavalcata sul suo
stesso terreno sociale.
Il PSI di Craxi, nel
solco del primo (e autentico) centrosinistra italiano, rimase alleato
alla DC, ed agli altri alleati di governo minori (PSDI, PRI, PLI), ma
con essa ebbe sempre un rapporto conflittuale e mai subalterno. Così
come mai subalterno fu il rapporto con il PCI di Berlinguer, assai
austero. Quel PCI per molti versi preludio di ciò che sarebbe
diventato quel partito, nella sua metamorfosi, sempre più spostata
verso “destra”, in PDS, DS, PD, ovvero nel partito del
capitalismo assoluto. Si pensi che proprio quel partito, che pur
Craxi aveva cercato, crollato il Muro di Berlino, di portare a sé,
in una rinnovata alleanza di “Unità Socialista”, sarà il
partito che più contribuirà alla sua fine politica e,
successivamente, sarà il partito che porterà Ciampi al governo e
successivamente Prodi, ovvero quelle personalità che più di altre
favoriranno le privatizzazioni selvagge, alle quali Craxi si era
sempre opposto.
Craxi, del resto, era
inviso non solo ai comunisti (ben presto post-comunisti) ed ai
potentati economici che bramavano le svendite di Stato, ma anche a
quegli USA che non gli avevano perdonato lo scatto d'orgoglio a
Sigonella. E nemmeno a coloro i quali temevano una svolta autoritaria
solo perché Craxi aveva rilanciato la storica battaglia
presidenzialista del repubblicano mazziniano Randolfo Pacciardi. Una
battaglia opposta rispetto ai successivi pasticci maggioritari di
Segni e successori, che in realtà avrebbe ridato da una parte
centralità al Parlamento, ma dall'altra maggiori poteri al
Presidente della Repubblica, che sarebbe stato eletto dai cittadini.
Con il senno di poi,
Bettino Craxi, lo rimpiangono in molti.
Persino il leader del
Partito Comunista Marco Rizzo che, forse, è l'unico socialista
autentico ancora rimasto in Italia. Rizzo, infatti, ha anche di
recente dichiarato che la falsa rivoluzione di Tangentopoli ha preso
il via dopo i fatti di Sigonella e – rifacendosi agli eredi del
vecchio PCI, oggi PD - ha ricordato che “la sinistra
ha tradito diventando la parte più
conseguente per le banche, raccontandoci che il mondo sarebbe
cambiato in meglio con un futuro dove si poteva saltare da un lavoro
all’altro, invece ecco cosa è successo”.
Se la Storia fosse andata
diversamente, forse, Bettino Craxi avrebbe fatto davvero grandi cose.
Il precariato sociale e lavorativo sarebbe stato arginato, l'Italia
sarebbe ancora un Paese sovrano e il socialismo, in Europa,
esisterebbe ancora.
Luca Bagatin
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