"Non
si è mai sviluppata una società così meccanica sulla terra. Non c’è più
alcuna relazione con Dio, nessuna relazione tra uomo e uomo, solo una
relazione tra uomo e oggetto"
(Eduard Limonov, 1989)
"Eduard Limonov è morto. Aveva settantasette anni. È morto da giovane, da
adolescente. Si è sempre rifiutato disperatamente di invecchiare, di
crescere. Non è mai cresciuto. Mi verrebbe da chiamarlo “nonno”, per
sottolineare la sua adolescenza, usando un epiteto assurdamente
contrastante rispetto a come lui si percepiva. Limonov è morto, restando
del tutto giovane. Credo che il suo unico amore fosse quello verso se
stesso. Ma era grande questo amore, gigante… era l’amore di una vita integra, che nessuno avrebbe potuto portargli via (...).
(...) Una volta mi aveva detto che a Kharkov, da giovane, per un amore adolescenziale, si era tagliato le vene; non per disperazione, ma per un eccesso di vitalità – per mancanza di paura e una certa inudibile rimozione di se stesso. (...)
Limonov ha creato il partito dei giovani, che è stato ed è il fenomeno più eclatante della vita politica russa. Un partito folle e allegro, adolescente e indomito come lui stesso. Imitandolo, quei giovani hanno reso le loro carriere più adatte ad epigoni, mentre lui è rimasto da qualche parte ai margini della società, anche se tutti lo conoscevano (...).
È morto com’è vissuto. Senza piegarsi. È morto quando il suo tempo era giunto. Di una buona morte – con la coscienza chiara e lo spirito vivo. E questo è così importante… morire bene. Sì, la morte! Era lo slogan del partito nazional-bolscevico. Limonov ha ribadito queste parole uno volta di più… questa volta in maniera decisiva"
(...) Una volta mi aveva detto che a Kharkov, da giovane, per un amore adolescenziale, si era tagliato le vene; non per disperazione, ma per un eccesso di vitalità – per mancanza di paura e una certa inudibile rimozione di se stesso. (...)
Limonov ha creato il partito dei giovani, che è stato ed è il fenomeno più eclatante della vita politica russa. Un partito folle e allegro, adolescente e indomito come lui stesso. Imitandolo, quei giovani hanno reso le loro carriere più adatte ad epigoni, mentre lui è rimasto da qualche parte ai margini della società, anche se tutti lo conoscevano (...).
È morto com’è vissuto. Senza piegarsi. È morto quando il suo tempo era giunto. Di una buona morte – con la coscienza chiara e lo spirito vivo. E questo è così importante… morire bene. Sì, la morte! Era lo slogan del partito nazional-bolscevico. Limonov ha ribadito queste parole uno volta di più… questa volta in maniera decisiva"
(alcuni passaggi tratti dal ricordo di Aleksandr Dugin)
Nessun commento:
Posta un commento