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mercoledì 20 novembre 2024
martedì 19 novembre 2024
Dove pensiamo di andare, oggi, in Italia e UE, con questa classe politica? Articolo di Luca Bagatin
La metà degli elettori di Emilia Romagna e Umbria, pressoché si astiene, alle recenti elezioni regionali.
In linea, del resto, con quanto accaduto in tutte le ultime tornate elettorali e in linea con quanto accade in gran parte dell'UE.
Del resto, se si presentano politici e schieramenti che solo a parole dicono di essere differenti, ma nella realtà sono tutti uniti nel fronte guerrafondaio e bellicista (sia nella crisi ucraina che in Medio Oriente) e nel non fare nulla per rendere il comparto pubblico efficiente ed efficace, con sostanziosi aumenti di bilancio, soprattutto nella sanità e nell'istruzione; oltre che a non far nulla contro la crescente ondata di criminalità, soprattutto minorile, gli elettori continueranno a votare loro contro.
Astenendosi.
La democrazia, del resto, soprattutto a livello locale, dovrebbe essere diretta. E sarebbe ora di permettere ai cittadini di autogestirsi e di autogovernarsi, oltre questo finto bipolarismo, introdotto nel 1993, ovvero quando la democrazia dei partiti veri e seri, che facevano anche formazione politica, fu completamente distrutta.
E occorrerebbe, contestualmente, adoperarsi per fare e promuovere formazione politica e storica, a partire dalle scuole, che ormai sembrano sempre contare meno, sempre più relegate ai margini (o, peggio, vilipese), come il comparto sanitario pubblico.
Settori che, invece, dovrebbero essere messi al primo posto in ogni Paese che si voglia definire civile e democratico.
Dove pensa poi di andare, questa UE, se continua a seguire i diktat d'Oltreoceano, ove la più pericolosa amministrazione USA della Storia, quella di Biden, ha addirittura autorizzato i missili a lungo raggio contro la Russia?
Dove si pensa di andare se non si sanzionano, invece, governi che vogliono evitare ogni forma di negoziato – tanto a Est quanto in Medio Oriente - e, addirittura, bombardano civili e le basi italiane di UNIFIL?
Dove si pensa di andare con la cosiddetta “maggioranza Ursula”?
I governanti Occidentali e dell'UE di oggi, salvo i rarissimi casi di Orban e del socialista slovacco Robert Fico, che si sono spesso smarcati, vogliono davvero continuare a seguire una linea tanto irresponsabile e assurda?
L'unico spiraglio di negoziato e pace lo offrono i Paesi del Sud del mondo, Repubblica Popolare Cinese e Brasile in testa, oltre che la diplomazia Vaticana.
Ed è assurdo che non vengano ascoltati, perché i danni, sia in termini di vite umane che economici, portati dagli attuali conflitti in atto, sono ingenti.
Chissà se il neo-eletto Trump farà qualche cosa, oltre a qualche proclama e oltre ad aver comunque nominato nel suo staff l'ottima Tulsi Gabbard e l'ottimo Robert F. Kennedy (ma ha nominato anche il pessimo Musk e molti pessimi neocon vecchio stampo).
Lontani sono gli anni in cui esistevano politici responsabili, seri e lungimiranti.
Già sarebbe molto se in Italia e, perché no, anche nel resto dell'UE, si studiasse la politica estera degli allora Ministro Gianni De Michelis e del Presidente del Consiglio Bettino Craxi. La politica economica del Ministro Roberto Tremelloni; la politica di difesa del Ministro Randolfo Pacciardi (oltre che le riforme nel settore introdotte dallo stesso Tremelloni) e la politica in ambito sanitario dell'ottimo e purtroppo dimenticato Ministro Luigi Mariotti.
Grandi socialisti e repubblicani mazziniani. Nomi che ai più non diranno nulla.
E questo è già grave.
Perché sintomo di come siamo finiti in basso e di come abbiamo dimenticato o ignoriamo il nostro glorioso passato, che molti, troppi, hanno ingiustamente e pretestuosamente infangato.
Luca Bagatin
sabato 16 novembre 2024
I socialisti Robert Fico e Xi Jinping si incontrano. Nel segno della pace, del pragmatismo e del multipolarismo. Articolo di Luca Bagatin
In UE, almeno un Premier socialista degno di questo nome esiste e si chiama Robert Fico.
Un Premier alla guida di Direzione-Socialdemocrazia (SMER), che conta circa il 25% dei consensi e ha una piattaforma che rifiuta le ricette economiche liberali e promuove un'economia fondata sull'intervento pubblico; sulla sovranità nazionale e l'euro-scetticismo e su politiche anti-immigrazioniste, come del resto hanno sempre fatto tutti gli storici partiti socialisti del secolo scorso (molti dei quali totalmente scomparsi in Europa o quantomeno sono scomparse le loro serie leadership), che rifiutavano lo sfruttamento della manodopera straniera a basso costo, promuovendo politiche di cooperazione e partnership con i Paesi del Terzo Mondo e del Sud del mondo.
In tale ottica va visto anche l'incontro fra i Premier Fico e il Presidente della Repubblica Popolare Cinese Xi Jinping, lo scorso 1 novembre.
Nell'ambito dell'incontro, Robert Fico ha affermato che la Slovacchia sostiene la politica di una sola Cina e che si oppone a qualsiasi ingerenza negli affari interni di altri Paesi, rispettendo il percorso di sviluppo di ogni Paese del mondo.
Oltre a voler rafforzare gli scambi con la Cina e a promuovere il dialogo fra Cina e UE, superando le eventuali divergenze, nell'ambito della crisi ucraina, tanto Fico che Xi, si sono detti favorevoli a svolgere un ruolo positivo nella promozione dei colloqui di pace.
Robert Fico, in particolare, ha affermato che la posizione della Cina, relativamente al conflitto russo-ucraino è “equa, obiettiva e costruttiva” e che la Slovacchia è disposta a unirsi al gruppo degli “Amici per la pace sulla crisi ucraina” - promosso dalla Cina e dal Brasile di Lula, oltre che da altri Paesi del Sud del mondo - e a contribuire alla risoluzione politica della crisi stessa.
Entrambi i leader si sono peraltro detti concordi nel sostenere e salvaguardare il sistema internazionale, con le Nazioni Unite al centro, e un ordine fondato sul diritto internazionale, oltre che la promozione di un mondo “multipolare, equo e ordinato e una globalizzazione economica universalmente vanteggiosa e inclusiva”, volta a “promuovere la costruzione di una comunità con un futuro condiviso per l'umanità”.
Una visione, in sostanza, fondata su un approccio positivo e pragmatico alla quale, oggi, solo i socialisti seri e vecchio stampo sembrano guardare.
Luca Bagatin
mercoledì 13 novembre 2024
Profondità. Poesia di Luca Bagatin
PROFONDITA'
Poesia di Luca Bagatin
Perdersi nella profondità
Dell'Enigma
Perdersi nella profondità
Di occhi
Che illuminano anime profonde.
Perdersi
Nella profondità
E mai più risalire.
Perdersi
E poi risalire
Dagli Abissi al Cuore.
All'ombra del Pentacolo
Entrando nell'Ombra
E uscendo rinati
A nuova Luce.
Luca Bagatin
lunedì 11 novembre 2024
Panafricanismo e Repubblica Popolare Cinese. L'intervento della scrittrice, giornalista e attivista panafricana statunitense Margaret Kimberly. Articolo di Luca Bagatin
Margaret Kimberly è una scrittrice, giornalista (già editorialista di Black Agenda Report) e attivista panafricana statunitense, molto attiva nei movimenti per la pace, la giustizia sociale, i diritti civili e umani, nonché sostenitrice, alle ultime elezioni presidenziali USA, della candidata verde Jill Stain.
Lo scorso 29 settembre, ha partecipato all'incontro organizzato dall'associazione “Friends of Socialist China”, tenutosi a New York, in occasione del 75esimo anniversario della nascita della Repubblica Popolare Cinese e ha tenuto un interessante discorso.
Molto interessanti diversi passaggi, in cui, nel solco del grande intellettuale panafricano W.E.B. Bois (1868 – 1963) – socialista che per primo incoraggiò, nel 1955, la Conferenza di Bandung, che riuniì il cosiddetto Sud del mondo per la prima volta - che ha citato anche nel suo discorso, ha tratteggiato le attuali relazioni fra Africa e Cina: “Ho visto di persona perché la Cina ha scavalcato il resto del mondo nel suo sviluppo economico, la dedizione ai principi del socialismo e un impegno per la cooperazione mondiale che ha reso le relazioni con la Cina attraenti per l'intero continente africano. Di recente 53 nazioni, ci sono 54 nazioni in Africa, quindi significa che tutte le nazioni tranne una hanno partecipato al recente Forum sulla cooperazione Cina-Africa, noto come Forum di Pechino. Perché dovrebbero partecipare tutte? Beh, immagino che una domanda migliore sia, perché non dovrebbero, considerando i modi in cui le nazioni africane sono trattate dall'Occidente capitalista. Ed ecco un esempio. Sappiamo tutti che gli Stati Uniti hanno imposto sanzioni alla Russia due anni fa, ma non hanno pensato alle relazioni, alle esigenze, al commercio tra le nazioni africane e la Russia per il grano, per il fertilizzante, e hanno semplicemente detto, “Beh, ti sanzioneremo se continui ad acquistarlo””.
C'erano accordi già elaborati. Ma la rappresentante dell'ONU, Linda Thomas Greenfield, stava agitando il dito contro gli africani, e se vi discostate da questo, vi sanzioneremo tutti. Quindi perché le nazioni africane non vorrebbero allontanarsi da quelle relazioni tossiche? La Cina è devota alla cooperazione, fornendo la cancellazione del debito, le nazioni occidentali, la Banca Mondiale e il FMI, condonano mai i debiti? Non credo”.
Ed ha proseguito sottolineando: “Ora, ci sono delle contraddizioni, ovviamente, perché queste 50 e passa nazioni africane sono tutte molto diverse. Quindi, per esempio, si sono presentati tutti questi Capi di Stato, quindi ci sarebbero stati Ruanda e Uganda, ma hanno trascorso decenni a saccheggiare violentemente la Repubblica Democratica del Congo. Ma tutti e tre erano lì. C'è una nuova alleanza di stati del Sahel, Mali, Niger, Burkina Faso, sono stati attaccati da alcuni dei loro vicini nella Comunità economica degli stati dell'Africa occidentale, ECOWAS, che dovrebbe essere un raggruppamento economico, ma è sotto il controllo degli Stati Uniti che hanno persino minacciato un intervento militare contro quegli stessi Paesi.
Quindi abbiamo le nazioni fantoccio occidentali e quelle che cercano l'indipendenza che erano tutte presenti. E voglio sottolineare, se parlo di nazioni africane, penso che dovremmo sempre menzionare l'Eritrea, l'unico Paese che ha mantenuto il suo impegno per il socialismo, motivo per cui è sempre sotto attacco. Ecco perché è considerato un insulto. È chiamata la Corea del Nord dell'Africa, sai, come se la Corea del Nord, la DPRK, fosse una specie di strano insulto. L'Eritrea è solo un Paese che ha mantenuto la sua indipendenza che non vuole prendere prestiti dalla Banca Mondiale e soffre a causa delle sanzioni”.
Relativamente ai rapporti economici Africa-Cina, Kimberly ha sottolineato che: “E' importante, molto importante, che la Cina mantenga il suo impegno ad avere relazioni più eque e non sia come voi, gli Stati Uniti, il Canada e l'Europa, che si limitano a estrarre. Le società di costruzioni cinesi nella RDC, nella Repubblica Democratica del Congo, ad esempio, hanno accettato di investire fino a 7 miliardi di dollari in progetti infrastrutturali come parte dei loro accordi per l'attività mineraria nella RDC, il che è molto importante, sapete, quello che succede nella RDC è una catastrofe per i diritti umani. Abbiamo tutti visto le immagini di uomini, donne e bambini piccoli con solo un secchio e una pala che estraggono minerali e risorse che altre persone usano per arricchirsi”.
E relativamente ai BRICS e al futuro del Sud del mondo, Margaret Kimberly ha fatto presente che: "Unire le mani per far progredire la modernizzazione e costruire una comunità Cina-Africa di alto livello con un futuro condiviso" è un titolo fantastico e riassume il modo in cui la Cina si sta avvicinando alle nazioni del Sud del mondo e questo spiega perché le nazioni africane vogliono unirsi ai BRICS.
Parole di grande ispirazione e auspicio, nel solco di un mondo multipolare, pacifico, cooperante, in grado di superare i blocchi contrapposti e le vecchie logiche da Guerra Fredda, le cui origini affondano proprio nella Conferenza di Bandung e nel lavoro di grandi leader storici di vari Paesi del mondo: Pietro Nenni, Zhou Enlai, Josip Broz Tito, Jawaharal Neru, Gamal Abd Al-Nasser, Nicolae Ceausescu, Juan Domingo Peron e gli attuali Lula Da Silva e Xi Jinping, per citare i più celebri e attivi.
Luca Bagatin
venerdì 8 novembre 2024
Jill Stein, l'unica candidata seria alle Presidenziali USA che meritava di vincere. Articolo di Luca Bagatin
Fra i due contendenti dell'omologazione e del vuoto slogan, senza un programma di ampio respiro, ovvero la guerrafondaia Harris e il parolaio Trump, c'era almeno un terzo candidato, o, meglio, candidata seria e degna di attenzione e simpatia.
Probabilmente la candidata più interessante e di cui pressoché nessun grande media ha parlato: Jill Stein, medico, 74 anni, leader del Partito Verde degli Stati Uniti d'America (https://www.jillstein2024.com).
Partito socialista democratico, anticapitalista, ecosocialista, democratico diretto.
Un partito verde molto diverso e ben più serio rispetto a quelli europei, ormai conquistati da un vuoto liberal capitalismo omologante.
Pasionaria dell'ambientalismo serio e non modaiolo, Jill Stein è l'unica dei candidati davvero contro la guerra e unica a denunciare l'allargamento della NATO ad Est; unica a denunciare la politica bellicista di Netanyahu contro il popolo palestinese in Medio Oriente; unica contro quelle che definisce “le guerre di espansione degli USA”; unica contro il nucleare e per lo sviluppo delle energie pulite; unica contro il sistema bipartitico-oligarchico negli USA e che pretende una riforma delle campagne elettorali, in modo che siano accessibili anche ad altri partiti; unica contro il razzismo e dalla parte dei diritti dei disabili e delle minoranze; unica ad aver proposto una carta dei diritti economici in ambito occupazionale e per il diritto alla casa, all'istruzione, alla sanità pubblica e all'accesso al cibo per tutti.
Una candidata di buonsenso, insomma, che in un Paese serio, civile, democratico avrebbe già la maggioranza assoluta e invece...all'ultima elettorale ha preso dallo 0,4% allo 0,9%.
Assurdo, ma tant'è.
Interessanti e degne di nota, ad ogni modo, le sue dichiarazioni post-voto, riportate nei social, che mostrano come il Partito Verde USA possa rappresentare l'unica vera speranza e l'unica vera opposizione per degli Stati Uniti d'America più democratici, civili e libertari, oltre ogni forma di oligarchia e oppressione:
“Ancora una volta il
sistema bipartitico ha prodotto un risultato disastroso per il popolo
americano. Ora dobbiamo continuare la rivolta per una politica basata
sul popolo e chiedere il mondo che meritiamo, che non verrà mai
consegnato dai partiti gemelli della guerra e di Wall Street.
I
democratici non hanno nessuno se non loro stessi da incolpare per
aver perso di nuovo contro Trump, dopo decenni di fallimenti e
tradimenti che hanno spianato la strada all'ascesa di Trump in primo
luogo.
Dal loro sostegno incondizionato alla macchina da guerra
infinita e al genocidio a Gaza, alla loro sottomissione a Wall
Street, alla loro indifferenza per i diritti umani, alla loro
sconsiderata accelerazione dell'inquinamento da combustibili fossili
che guida il collasso climatico, al loro assalto alla democrazia, su
tutti questi temi e molti altri il Partito Democratico ha tradito la
fiducia del popolo.Ancora una volta il sistema bipartitico ha dato un
risultato disastroso al popolo americano. Ora dobbiamo continuare la
rivolta per una politica popolare e chiedere il mondo che meritiamo,
che non sarà mai ottenuto dai due partiti gemelli della guerra e di
Wall Street.
I democratici hanno solo loro stessi da incolpare per aver perso di nuovo contro Trump, dopo decenni di fallimenti e tradimenti che hanno aperto la strada all'ascesa di Trump.
Dal loro sostegno incondizionato all'infinita macchina da guerra e al genocidio a Gaza, alla loro sottomissione a Wall Street, alla loro indifferenza per i diritti umani, alla loro sconsiderata accelerazione dell'inquinamento da combustibili fossili che provoca il collasso climatico, al loro assalto alla democrazia - su tutti questi temi e molti altri il Partito Democratico ha tradito la fiducia del popolo.
Queste elezioni eliminano ogni dubbio rimasto sul fatto che il Partito Democratico abbia completamente deluso il popolo che afferma di rappresentare, e che abbiamo bisogno di un vero partito di opposizione per le persone, il pianeta e la pace.
Nell'ultimo anno, abbiamo continuato i nostri sforzi a lungo termine per costruire il movimento per la pace, per un pianeta vivibile e per tutti gli innumerevoli milioni di persone in America e nel mondo che sono state trascurate e abusate dai partiti della guerra e di Wall Street. Lo slancio che abbiamo raggiunto nonostante il pervasivo blackout mediatico ha minacciato così tanto il Partito Democratico che hanno organizzato un'operazione senza precedenti dedicata alla soppressione del nostro movimento di base. Ci hanno molestato con costose cause legali per cacciarci dalle schede elettorali, ci hanno emarginati e diffamati sui media, hanno pubblicato annunci di lavoro in cerca di persone per sabotare la nostra campagna e hanno persino lanciato annunci di attacco contro di noi, cosa che non avevano mai fatto prima per nessun concorrente indipendente.
Questi attacchi senza precedenti contro di noi da parte dell'establishment politico corrotto si sono ritorti contro in modo folle. Questi attacchi hanno ispirato una nuova coalizione multirazziale e multigenerazionale di elettori, organizzatori e attivisti per unire le forze con il Partito Verde - e questa coalizione continuerà a crescere. La nostra campagna ha costruito relazioni con i potenti attivisti anti-genocidi, specialmente nella comunità musulmana e araba-americana, la comunità nera, il movimento studentesco, il movimento antiguerra risvegliato, il movimento operaio radicale e molti altri.
Anno dopo anno,
milioni di elettori aventi diritto si sono rifiutati di votare per
entrambi i partiti istituzionali, in particolare i giovani, le
persone di colore e le persone con redditi più bassi. Nella corsa
presidenziale del 2020, un terzo degli elettori aventi diritto ha
rifiutato di partecipare. Sono esattamente queste le persone a cui si
rivolge il nostro programma. La stragrande maggioranza degli elettori
chiede un'alternativa politica come il Partito Verde che serva il
bene comune invece dei guerrafondai e delle élite
economiche.
L'establishment politico trema nei loro stivali perché
il pubblico ci sta scoprendo. Saranno scioccati nel vedere quanto
crescerà la nostra coalizione man mano che più elettori scopriranno
di avere effettivamente una scelta per il futuro che
meritano.
Abbiamo le soluzioni per porre fine al genocidio e
all'impero; per adottare una politica estera basata sul diritto
internazionale, sui diritti umani e sulla diplomazia; per affrontare
l'emergenza climatica; per invertire la disuguaglianza della
ricchezza e investire nel benessere umano; per smantellare i sistemi
di oppressione e costruire una società radicata nella giustizia,
nella libertà e nell'equità. Il nostro movimento per le persone, il
pianeta e la pace è allineato con i valori e le priorità del popolo
americano e insieme abbiamo i numeri di cui abbiamo bisogno per
trasformare il nostro futuro. Dobbiamo solo far arrivare la parola ai
milioni di americani che rifiutano lo status quo fallito e portarli
nel nostro movimento.
Tutto ciò che abbiamo realizzato insieme è
una vittoria per i lavoratori, per la giustizia, per la pace e per un
futuro in cui tutti noi possiamo prosperare.
Grazie per il vostro
incrollabile sostegno e per esservi uniti a questa lotta per
costruire un'America e un mondo che funzioni per tutti noi. Da qui
diventeremo solo più forti.
La pressione continuerà a crescere
per la trasformazione politica che il popolo americano richiede. Le
élite politiche continueranno a dirvi che la resistenza è inutile.
Ignoratele. Questo è il nostro momento.
Insieme, siamo
inarrestabili”.
Luca Bagatin
Randolfo Pacciardi e Mario Bergamo, gli ultimi rivoluzionari mazziniani e garibaldini. Articolo di Luca Bagatin
Randolfo Pacciardi (1899 – 1991) fu un combattente, un eroe, un antitotalitarista e proprio per questo la sua storia, fu, molto probabilmente, volutamente rimossa dalla memoria di quell'Italia che egli tentò, a rischio della vita, di edificare.
In nome di Mazzini e di Garibaldi fu audace eroe antifascista della Guerra di Spagna, al comando del Battaglione Garibaldi, nonché fu fiero anticomunista, specie dopo aver conosciuto i massacri contro i repubblicani, i socialisti e gli anarchici operati dai comunisti europei su ordine di Stalin.
Guidò il PRI nel primo dopoguerra e fu Ministro della Difesa dal 1948 al 1953.
Estraneo alla cultura liberaldemocratica, si oppose alla formula di Centro-Sinistra e quindi a Ugo La Malfa, che purtroppo lo espulse dal partito negli anni '60.
Espulso dal PRI, Pacciardi fondò – nel 1964 - il movimento politico Unione Democratica per la Nuova Repubblica, con posizioni nettamente presidenzialiste e solo per questo fu sospettato ingiustamente di simpatia fasciste e golpiste (proprio lui che aveva combattuto il nazifascismo!) e di aver appoggiato il cosiddetto Piano Solo, che avrebbe dovuto portare ad una svolta autoritaria nel Paese.
Niente di più falso e vergognoso fu detto su di un personaggio al quale la Repubblica e la democrazia italiana devono moltissimo. Se solo parlassimo di una vera Repubblica, democratica e fondata su principi mazziniani e garibaldini.
L'idea pacciardiana di Repubbica presidenziale, ispirata a Charles De Gaulle, prefigurava un Presidente eletto e sganciato dal parlamento partitocratico, tendendo così verso una democrazia partecipativa, nel solco di Giuseppe Mazzini.
Così come nel solco di Mazzini saranno le sue idee politiche e sociali, costituite dall'unione fra capitale e lavoro nelle stesse mani, fondamento di una Repubblica che avrebbe dovuto essere contraria ad ogni mentalità parlamentaristica, fondata sugli interessi di retrobottega dei partiti e sulle lobby economiche che li sostengono.
Questi i fondamenti ideali di quella Unione Democratica per la Nuova Repubblica (il cui nome derivava dal partito gollista Unione per la Nuova Repubblica) che ispirò – nel 1969 - finanche il movimento giovanile di derivazione nazionalcomunista Lotta di Popolo, che ebbe, fra i suoi riferimenti ideali e culturali, oltre che Pacciardi, anche Che Guevara, Juan Domingo Peron, Jack Kerouac, Julius Evola e Pierre-Joseph Proudhon.
Quella pacciardiana fu un'idea e una prospettiva, sia istituzionale che sociale, ispirata a quello che potrebbe essere definito “socialismo mazziniano”, retto da tre pilastri: federalismo sociale, associazionismo volontario (o cooperativismo) e democrazia diretta.
Aspetti peraltro condivisi e portati avanti dall'altro contemporaneo compagno di partito, Mario Bergamo (1892 – 1963), la cui vicenda politica merita, parimenti, di essere ricordata e onorata, perché con Pacciardi ha innumerevoli punti in comune.
Trevigiano, antifascista, repubblicano della prima ora, anche Mario Bergamo subirà la medesima sorte di Pacciardi, ovvero l'oblio politico a causa delle sue idee saldamente mazziniane e garibaldine.
Mario Bergamo fu fondatore, nel 1912, a Bologna – a soli vent'anni – dell'Alleanza Universitaria Repubblicana. Successivamente fu capostipite della corrente di sinistra del PRI, denominata “Repubblica Sociale”, la quale mirava a recuperare l'ideale autogestionario e cooperativista di Giuseppe Mazzini.
Fervido sostenitore, anche negli organi di stampa, dell'impresa di Fiume di Gabriele D'Annunzio e Alceste De Ambriis, oltre che del cooperativismo, nel 1919, fonderà, assieme all'allora repubblicano Pietro Nenni, al fratello Guido e al socialista Arpinati, il Fascio di combattimento di Bologna, abbandonandolo poco dopo nel momento in cui le idee squadriste e violente di Mussolini presero il sopravvento. Egli stesso ricevette le percosse dei fascisti e il suo studio fu più volte devastato.
Fu eletto, nel 1924, nelle file del Partito Repubblicano Italiano e, dalle colonne de “La Voce Repubblicana”, divenne uno dei più acerrimi oppositori al fascismo mussoliniano e propose la costituzione di un partito repubblicano-socialista, in grado di raccogliere le migliori forze antifasciste.
Nel 1926, accusato dell'attentato contro Mussolini, fu costretto a fuggire, assieme a Nenni, prima a Lugano e successivamente a Parigi, contribuendo alla costituzione della Concentrazione antifascista, ponendo ad ogni modo come primo obiettivo l'abolizione della monarchia e la nascita della Repubblica.
Nel 1928 propugnò l'idea di costituire un'Internazionale Repubblicana e, in quell'anno, elaborò la sua teoria sul Nazionalcomunismo, che molti punti aveva in comune sia con l'esperienza dannunziana di Fiume che con il Nazionalbolscevismo promosso dall'ex socialdemocratico tedesco Ernst Niekisch e Karl Otto Paetel, i primi a combattere – in Germania – il nascente nazismo hitleriano e a subirne le persecuzioni.
Il Nazionalcomunismo, termine ideato dallo stesso Bergamo, non era altro che un recupero del repubblicanesimo mazziniano originario e degli ideali della Prima Internazionale dei Lavoratori del 1864, fuso con il nascente Bolscevismo sovietico e gli ideali patriottici. Una fusione, in sostanza, fra il nazionale e l'internazionale, che avrebbe dovuto portare alla nascita di una Repubblica Sociale.
Non sappiamo se Bergamo – che sempre si definì un “socialista mazziniano” - abbia avuto rapporti, anche epistolari, con Niekisch o avesse attinto alle sue pubblicazioni (al giornale Widerstand ad esempio), ad ogni modo, anche il Nazionalbolscevismo, negli stessi anni, voleva fondere gli ideali leninisti con quelli nazionali e patriottici, in opposizione al capitalismo, al liberalismo, all'antisemitismo dei regimi totalitari nazifascisti, proponendo un radicale rinnovamento sociale di stampo repubblicano.
Negli Anni '30, Mario Bergamo, editò la rivista “I nuovissimi annunci”, ove elaborò e diffuse le sue teorie socio-politiche e, nel 1935, a Parigi, diede alle stampe “Un italiano ribelle” (Un italien révolté), raccolta di epistole a personalità europee nelle quali egli condannava la politica coloniale fascista in Etiopia e l'ipocrisia della Società delle Nazioni.
Sul finire degli Anni '30, aderirà alla Lega dei combattenti per la pace e, allorquando i nazisti occuperanno la Francia, sarà attivo nell'aiuto ad ebrei e antifascisti.
Mussolini, comunque affascinato dai suoi ideali, gli proporrà più volte di tornare in patria, ma Bergamo sempre rifiuterà. Così come rifiuterà di partecipare alla redazione della costituzione della Repubblica Sociale Italiana nel 1943. Il suo rifiuto del fascismo e l'opposizione allo stesso furono sempre totali e intransigenti.
Mario Bergamo, peraltro, si rifiuterà di tornare in Italia anche alla fine della guerra, ritenendo che la nuova Repubblica non avesse imparato nulla dalle tristi vicende del fascismo e non rispecchiasse affatto l'idea di Repubblica popolare e socialista propugnata da Mazzini e Garibaldi.
Diverrà, successivamente, consigliere legale dell'editore socialista e garibaldino Cino Del Duca, il quale pubblicherà, nel 1965, postumo, il saggio “Nazionalcomunismo”, che raccoglierà gli ideali socialisti e repubblicani del Bergamo.
Mario Bergamo morirà a Parigi nel maggio 1963.
Il figlio di Mario Bergamo, Giorgio Mario, sarà peraltro e non a caso, uno dei collaboratori del giornale “Nuova Repubblica”, organo del partito di Pacciardi.
Decenni dopo la morte di Mario Bergamo e quella di Niekisch, in Russia – negli Anni ’90 – lo scrittore Eduard Limonov, il chitarrista Egor Letov ed il filosofo Aleksandr Dugin fonderanno il Partito NazionalBolscevico, propugnatore del ritorno del socialismo in Russia e oppositore del totalitarismo liberal-capitalista di Eltsin e Putin. E, per queste ragioni, il partito sarà messo fuorilegge nel 2007 dalla Corte Suprema russa e successivamente rifondato, con la denominazione “Altra Russia”, guidato dal solo Limonov e ancor oggi perseguitato.
L’Ideale Nazionalcomunista e Nazionalbolscevico, può essere per molti versi contiguo e finanche aver ispirato il Peronismo argentino, il Sandinismo del Nicaragua, il Socialismo arabo, jugoslavo, panafricano e quello cubano. Un ideale repubblicano e laico, che mette al primo posto l’autogestione e l’autogoverno dei lavoratori e dei cittadini.
Mario Bergamo e Randolfo Pacciardi si possono dunque definire, per la loro intransigenza, per la loro opera e storia politica, pur inascoltata e ingiustamente vilipesa, gli ultimi rivoluzionari italiani del mazzinianesimo e del garibaldinismo.
Rivoluzionari che hanno lottato, immaginato, sognato e prefigurato l'idea di una Repubblica autentica e diversa dall'attuale. Libera dal fascismo, dal malaffare, dal liberalismo, dal parlamentarismo intriso di lobbismo.
Non sappiamo se nasceranno ancora, in Italia, dei rivoluzionari come loro. Personalmente ne dubito, se penso che l'ultimo rivoluzionario degno di questo nome fu Bettino Craxi, che fu costretto all'esilio.
Sicuramente quelle idee, attualissime oggi più ancora che ieri, non moriranno mai.
Luca Bagatin
domenica 3 novembre 2024
Per un possibile tavolo di confronto europeo sui BRICS e le nuove tecnologie. Articolo di Luca Bagatin
Nel recente convegno, tenutosi a Roma, lo scorso 23 ottobre, dal titolo “Mondializzazione, confini, identità (https://amoreeliberta.blogspot.com/2024/10/mondializzazione-confini-identita-un.html), organizzato dal prof. Giancarlo Elia Valori, Presidente della Fondazione di Studi Internazionali e Geopolitica, gran parte dei relatori ha convenuto nella necessità di creare un tavolo di confronto/organismo (pensiamo a quanto affermato dal Dr. Marco Tronchetti Provera), capace di regolare l'attuale situazione internazionale, preda di conflitti e capace, altresì, di governare l'avvento delle nuove tecnologie (Intelligenza Artificiale in primis), anche per evitare la perdita di posti di lavoro.
Un organismo che dovrebbe ricevere una “spinta che viene dal basso”, come affermato dal prof. Paolo Savona e che potrebbe lavorare in sinergia con i BRICS, che il prof. Oliviero Diliberto ha affermato essere un gruppo che sembra tentare di riequilibrare il mondo, aldilà di un ONU in “crisi verticale”.
Potrebbe essere interessante la creazione, in tal senso, come propone il prof. Giancarlo Elia Valori, di un tavolo/organismo di confronto europeo fondato sullo studio e l'applicazione delle prospettive dei BRICS.
Prospettive fondate su pace, sicurezza, sviluppo, cooperazione, prosperità, modernizzazione e collaborazione con un Sud del mondo in crescita e che rappresenta il futuro di un Pianeta che non può più essere governato da un unilateralismo protezionista, sanzionatorio e omologato alle vecchie logiche della Guerra Fredda.
Un tavolo di confronto europeo, in tal senso, potrebbe aprire spiragli a uno scenario in grado non solo di riequilibrare l'attuale situazione internazionale, ma anche di aprire a nuove prospettive, per un'Europa che politicamente si è chiusa in sé stessa e che rischia, ancora una volta, di rimanere passiva spettatrice delle vecchie logiche dei blocchi contrapposti.
Le nuove tecnologie, Intelligenza Artificiale in primis, ci obbligano, pragmaticamente, a costruire un mondo sempre più interconnesso e fondato sulla fiducia reciproca e sulla collaborazione.
Governare le nuove tecnologie, oggi, significa anche evitare che queste cadano nelle mani sbagliate o che vengano utilizzare a detrimento della comunità internazionale. O che, addirittura, finiscano per sostituire in toto l'intelligenza umana, già messa a repentaglio da una formazione scolastica sempre più omologata e scadente.
E' molto interessante, in tal senso, il monito del prof. Geoffrey Hinton, recente Premio Nobel per la Fisica, il quale ha ravvisato i “troppi pericoli” inerenti all'Intelligenza Artificiale. Primo fra tutti i rischi che l'IA diventi “più intelligente di noi”.
Ipotesi al momento remota, ma che potrebbe non essere così remota in un prossimo futuro.
Un mondo alla deriva, sempre più diviso, preda di conflitti, incomprensioni, sfiducia, imbarbarimento culturale e morale, come quello che oggi appare, non può che essere un mondo meno sicuro e, soprattutto, un mondo in cui le tecnologie potrebbero – se non governate – essere più un pericolo che un vantaggio.
Un tavolo di confronto europeo, in tal senso, privo di pregiudizi e preconcetti, che guardi alle prospettive modernizzatrici del BRICS, che ormai rappresentano il 42% della popolazione mondiale e il 37% del PIL globale, sarebbe quanto di più auspicabile e necessario.
Un tavolo aperto a capi di Stato e di governo; intellettuali; società civile; professionisti e analisti, sia geopolitici che delle nuove tecnologie; rappresentanti di ogni fede.
Lontani sono i tempi del Concilio Vaticano II, avviato da Papa Giovanni XXIII. Ma le prospettive e le aspettative potrebbero essere le medesime e lo si può dire anche laicamente parlando.
In tempi di divisione e burrasca, di nuove Guerre Fredde, la ricerca dell'apertura e della modernizzazione, potrebbe essere ancora una volta la via maestra per seminare per la nascita di un futuro differente.
Luca Bagatin
sabato 2 novembre 2024
Marxismo occidentale e marxismo occidentale. La Cina alla prova dei fatti. Articolo di Luca Bagatin
Lo scorso 24 ottobre, l'associazione socialista Friends of Socialist China ha organizzato un evento, a New York – presso la sede dell'International Action Center - per presentare l'uscita dei saggi “People's China at 75: The Flag Stays Red”, a cura di Keit Bennet e Carlos Martinez e “Western Marxism”, del filosofo italiano Domenico Losurdo, nella sua traduzione in lingua inglese.
Il convegno - presieduto da Sara Flounders dell'International Action Center - ha visto la partecipazione dello studioso Carlos Martinez; dell'editore di “Western Marxism” Gabriel Rockhill e di Danny Haiphong, giornalista indipendente e conduttore radiotelevisivo.
Temi particolarmente trattati, l'impatto della Rivoluzione cinese, la quale ha cambiato profondamente il mondo e i processi di costruzione del socialismo e l'analisi del marxismo occidentale, rispetto al marxismo e al socialismo originario, che viene maggiormente seguito nelle società orientali.
Relativamente a tale aspetto, scrisse molto il filosofo Domenico Losurdo (1941 – 2018), di cui è appunto stato recentemente pubblicato il saggio in lingua inglese.
Secondo Losurdo, infatti, il “marxismo occidentale” è piuttosto dogmatico e considera il socialismo in modo astratto.
Secondo Losurdo, i cosiddetti “marxisti occidentali” sono una sorta di accademici che passano il loro tempo partecipando a conferenze e scrivendo enormi volumi incomprensibili alle masse.
Diversamente, il marxismo orientale è orientato alla lotta, alla pratica contro l'imperialismo e per l'edificazione di un socialismo autentico. Contro ogni egemonia e per l'elevazione della collettività umana.
Da notare, in tal senso che, mentre in Occidente le condizioni economiche di benessere, hanno favorito un certo ammorbamento/addormentamento della coscienza; in Oriente le difficoltà economiche, hanno spinto le masse fare in modo di emanciparsi, lottando e rimanendo vigili. Esattamente come avveniva per i nostri operai e contadini nei secoli passati, allorquando nacquero i primi movimenti socialisti e le prime Società Operaie di Mutuo Soccorso.
I relatori del convegno hanno ricordato, peraltro, come Mao avesse affermato nel suo saggio “Sulla pratica” che “Se vuoi la conoscenza, devi prendere parte alla pratica del cambiamento della realtà. Se vuoi conoscere il sapore di una pera, devi cambiare la pera mangiandola tu stesso”.
Rimanere ancorati alla teoria, come fanno gli intellettuali occidentali, in sostanza, è mero esercizio di retorica, senza alcuna incidenza nella realtà pratica.
La Cina socialista moderna, del resto, ha fatto dell'azione pratica il suo fiore all'occhiello. E, mentre essa cresce, l'Occidente arretra, preda di fondamentalismi, scelte irresponsabili, infantilismo e ignoranza di ritorno.
Aspetti, se vogliamo e se mi è consentito sottolineare, dovuti anche alla distruzione della scuola pubblica, resa fin troppo semplice, con promozioni anche per chi non ha voglia di studiare, anziché invitare gli svogliati, caldamente, a trovarsi un lavoro, anche e soprattutto umile.
Nell'ambito del convegno newyorchese, gli intervenuti hanno rilevato peraltro come Marx ed Engels non vissero abbastanza a lungo (e forse non avevano sufficiente conoscenza del mondo intero) per prevedere l'emergere di Paesi socialisti in Asia e dei processi di riforma che sarebbero stati avviati in Cina a partire dal 1978.
Un Paese che, del resto, sviluppò il socialismo dopo essere passato da Paese semi-coloniale e semi-feudale, accerchiato dalle potenze imperialiste occidentali e con un quinto della popolazione mondiale da sfamare, oltre che con il 6% delle terre coltivabili al mondo.
Un Paese, la Cina, che molti cosiddetti intellettuali “di sinistra” vedono erroneamente come capitalista, ma non notano l'eliminazione della povertà assoluta; il miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, ove tutti hanno una casa, oltre che accesso a istruzione, sanità, e energia gratuite.
Una Cina che, come fatto presente dai relatori, si è concentrata sui diritti fondamentali delle persone a partire dai bisogni fondamentali, sviluppando nuove tecnologie nell'esclusivo benessere della comunità e salvando vite durante l'epidemia di Covid 19.
E ciò grazie a una economia mista, in cui il pubblico domina il privato e non viceversa, come accade nel moderno Occidente, che ha completamente distrutto o dimenticato gli antichi insegnamenti socialisti.
Aggiungerei che, chiunque volesse ricostruire il socialismo in Occidente, dovrebbe partire da qui.
Dal superamento dei vecchi steccati ideologici della Guerra Fredda. Dalla consapevolezza che il liberal capitalismo ha fallito, ma che ha parimenti fallito anche il dogmatismo vetero-sovietico, che la Cina dal 1978 in avanti superò, introducendo quel “socialismo con caratteristiche cinesi” che fu, di fatto, economia socialista di mercato.
Ove capitale e lavoro convivono e sono posti al servizio delle comunità e non del singolo o dell'egoismo del singolo privato o di un manipolo di azionisti privati.
Una lezione che in Italia compresero e intrapresero per primi il PSI di Pietro Nenni e Bettino Craxi; il PSDI di Giuseppe Saragat e Pietro Longo e il PRI di Mario Bergamo e Randolfo Pacciardi.
Nenni e Craxi, peraltro, furono fra i primi a credere nella Cina socialista e a mantenere, con essa, un rapporto di amicizia, solidarietà e fratellanza.
Il marxismo originario dei socialisti, del resto, è sempre stato un marxismo umanista e libertario. Non dogmatico, elitario, intellettualoide, servile nei confronti di uno dei blocchi contrapposti, come quello dei comunisti italiani e occidentali. I cui eredi, peraltro, passarono ben presto – a partire dal 1993 in avanti - dalla parte del carro dei momentanei vincitori a Stelle e Strisce.
La Storia, nei fatti, anche se in Italia e Europa non esistono pressoché più, ha dato ragione ai socialisti e continua a farlo.
Luca Bagatin