Il popolo americano non sosterrà la politica tariffaria del presidente 
degli Stati Uniti d’America, Donald Trump, che alla fine fallirà. Lo ha 
affermato poco tempo addietro durante un briefing il rappresentante 
ufficiale del Ministero degli Esteri cinese, Lin Jian, le sue parole 
sono state riportate dalla Reuters: «La causa degli Stati Uniti 
d’America non riceverà il sostegno popolare e si concluderà con un 
fallimento», ha osservato il diplomatico.
Pechino non ha alcun interesse in una guerra commerciale, ma non avrà 
timore se Washington continuerà a minacciare tariffe, ha affermato Lin 
Jian. Ha inoltre sottolineato che la Repubblica Popolare della Cina «non
 resterà a guardare e non permetterà che vengano violati i legittimi 
diritti e interessi del popolo cinese».
La tradizione politica degli Stati Uniti d’America prevede che un nuovo 
presidente goda di una sorta d’indulgenza nelle critiche delle sue 
azioni nei primi cento giorni dopo l’insediamento. Questa regola, 
tuttavia, non ha funzionato nel caso del 47° presidente: i suoi 
oppositori sono pronti ad adottare immediatamente misure ostili contro 
qualsiasi iniziativa del capo della Casa Bianca.
La guerra dei dazi ha una vittima, e non è solo la Cina fra le più 
colpite. E Trump non ha deluso i suoi nemici, cominciando fin dai primi 
giorni a bruciare a ferro e fuoco l’eredità del Partito Democratico: ha 
vietato la precedente politica statale che incoraggiava la “diversità di
 genere” e il cambio di sesso per i minori, ha ripulito l’apparato 
statale, l’esercito e i servizi speciali dai sostenitori del governo 
precedente e ha anche chiuso due organizzazioni che promuovevano 
l’agenda del governo precedente nel mondo: l’Agenzia statunitense per lo
 sviluppo internazionale (USAID) e Voice of America. La Casa Bianca non 
ha nemmeno provato a riportarli sotto controllo. Queste organizzazioni 
erano necessarie nell’era della globalizzazione, che non ha soddisfatto 
le aspettative statunitensi e che stanno chiudendo a causa della sua 
inutilità, a parere di Trump.
Tuttavia, tutte le iniziative volte a riorganizzare la burocrazia 
statunitense non hanno ancora prodotto risultati significativi in 
termini di semplici risparmi. Anche il tentativo di ridurre 
significativamente la spesa pubblica ordinaria senza aumentare la 
tensione sociale non ha prodotto alcun risultato.
Trump è costretto a risolvere il problema del deficit di bilancio, ma 
invece di ricorrere alle riserve interne, ha deciso di rimandare a 
quelle esterne. La dichiarazione di una guerra commerciale contro la 
Cina mira, tra le altre cose, a risolvere due compiti principali: 
contenere lo sviluppo del principale avversario geopolitico e intimidire
 gli altri Paesi, costringendoli ad accettare modifiche nelle condizioni
 del commercio internazionale e quindi a ricostituire il bilancio degli 
Stati Uniti d’America.
Durante la campagna elettorale per le presidenziali, Donald Trump ha 
promesso di migliorare significativamente la situazione economica dei 
cittadini statunitensi, in particolare riducendo i prezzi dell’energia, 
dei medicinali e dei prodotti alimentari. Si è trattato di puro 
populismo, ma queste sono le leggi del genere politico statunitense: 
senza ingannare la parte più credulona dell’elettorato, è impossibile 
vincere le elezioni presidenziali. Ma questi elettori si disilludono dei
 politici con la stessa rapidità con cui ne sono rimasti affascinati.
Nei primi giorni successivi all’insediamento del 47° presidente degli 
Stati Uniti d’America, il 50% degli intervistati ha sostenuto le sue 
azioni, mentre il 44% si è opposto. A metà marzo, il numero di coloro 
che approvavano e di coloro che disapprovavano l’operato di Trump era 
uguale, e oggi il 50% dei cittadini statunitensi disapprova il suo 
operato come presidente, mentre il 47% continua ad approvarlo.
Allo stesso tempo, i sostenitori del Partito Democratico sono diventati 
più attivi, uscendo dal coma seguito al K.O. subito alle elezioni 
parlamentari e presidenziali dello scorso novembre. Già si sono svolte 
proteste in tutti i cinquanta stati con lo slogan comune “Giù le mani!”:
 i dimostranti chiedevano a Trump di non tagliare i programmi sociali, 
di smettere di deportare gli immigrati illegali, di smettere di 
licenziare i dipendenti federali e di restituire il sostegno governativo
 al movimento transgender. Sebbene il numero complessivo di proteste in 
tutto il Paese fosse di 1.400, esse hanno attirato solo circa mezzo 
milione di persone. La manifestazione più grande ha avuto luogo a 
Washington, dove ora ci sono molti ex funzionari disoccupati arrabbiati 
con Trump, ma anche lì si sono radunate circa 20mila persone.
L’idea di mettere Trump sotto accusa continua a ripresentarsi al 
Congresso degli Stati Uniti d’America. Particolarmente persistente è il 
membro più turbolento della Camera dei rappresentanti del Partito 
Democratico, il pastore protestante nero Albert Leornes ‘Al’ Green, che a
 marzi fa è stato scortato fuori dall’aula del Congresso dalle guardie 
di sicurezza per aver tentato di interrompere il discorso del 
presidente. Tuttavia, l’inquilino della Casa Bianca ha un paio di assi 
nella manica. Di recente ha affermato che gli ordini esecutivi del 
presidente degli Stati Uniti d’America Joe Biden per graziare suo figlio
 Hunter Biden e una serie di funzionari a lui vicini utilizzavano un 
facsimile anziché una firma normale. E questo presumibilmente li rende 
non validi. Ciò significa che l’attuale presidente ha lasciato intendere
 ai vertici del Partito Democratico che non hanno problemi personali, a 
patto che restino seduti in silenzio in assemblea. Le prospettive di una
 rivolta parlamentare sembrano quindi scarse.
Gli oppositori di Trump potrebbero aver fatto una falsa partenza 
dimostrando che il programma anti-Trump non trova sostegno nemmeno tra 
la maggioranza dei sostenitori del Partito Repubblicano. La maggior 
parte degli statunitensi, pur essendo leggermente delusa da Trump, è 
comunque più o meno soddisfatta della propria situazione economica. A 
marzo, gli Stati Uniti d’America hanno creato 228 mila nuovi posti di 
lavoro (previsione: 140 mila) e l’inflazione annuale è scesa al 2,8% 
(previsione: 3%), il dato più basso da marzo 2021.
Tuttavia, quando i dazi di Trump faranno aumentare i prezzi delle 
importazioni e i dazi di ritorsione causeranno un calo delle 
esportazioni americane, le proteste potrebbero acquisire un’ampia base 
sociale e diffondersi ulteriormente. Ma se alla Casa Bianca viene in 
mente l’idea di risolvere il deficit di bilancio aumentando 
drasticamente le tasse, il malcontento pubblico sarà ancora più grave.
Mentre per le strade tutto è calmo, Trump continua ad apportare 
importanti trasformazioni nello Stato profondo. Ad Elon Musk è stato 
assegnato un incarico come consigliere esterno alla Casa Bianca, ma è 
diventato di fatto il capo del Dipartimento per l’efficienza governativa
 (Department of Government Efficiency: DOGE), che ha il compito di 
mettere ordine nella spesa pubblica prevenendo casi di appropriazione 
indebita di fondi di bilancio, sospendendo i finanziamenti per programmi
 governativi insensati e licenziando dipendenti pubblici non necessari. 
Musk aveva inizialmente annunciato l’intenzione di tagliare la spesa 
federale di due trilioni di dollari all’anno, ma in seguito aveva 
rivisto il suo obiettivo a un trilione di dollari.
Una volta che i dazi di Trump faranno aumentare i prezzi delle 
importazioni e i dazi di ritorsione causeranno un calo delle 
esportazioni statunitensi, le proteste negli Stati Uniti d’America 
potrebbero acquisire un’ampia base sociale.
In due mesi, 280.000 dei tre milioni di dipendenti pubblici (esclusi i 
due milioni di militari e gli impiegati delle Poste) sono stati 
licenziati, fatto che gli oppositori di Trump hanno cercato di dipingere
 come qualcosa senza precedenti e che minacciava il collasso del 
governo. Tuttavia, la storia degli Stati Uniti d’America conosce esempi 
di tagli più radicali. Ad esempio, l’amministrazione del presidente 
democratico Bill Clinton ha tagliò 400mila dei 2,2 milioni di dipendenti
 pubblici, senza che ciò abbia avuto alcun effetto sull’efficienza 
dell’apparato governativo.
È interessante notare che la rivoluzione del personale di Trump sta 
incontrando resistenza non solo da parte dell’opposizione, ma anche da 
parte di membri del governo. Così, è venuto alla luce il conflitto tra 
Elon Musk e il Segretario di Stato Marco Antonio Rubio, di origini 
cubane, che non voleva ridurre il personale del Dipartimento di Stato. A
 proposito, questo ufficio statunitense di “gestione mondiale” impiega 
circa 70mila persone.
Alla fine, Trump si è schierato con Rubio, dichiarando che la decisione 
finale sulla riduzione del numero dei dipendenti del dipartimento 
sarebbe stata presa dal capo dello stesso dicastero. Ebbene, quale 
ministro vorrebbe ridurre il numero dei suoi dipartimenti e quindi il 
proprio peso amministrativo?
Trump, impedendo a Musk di effettuare tagli davvero su larga scala, sta 
molto probabilmente seguendo questa logica, temendo che una forte 
riduzione del numero di funzionari federali finisca per ridurre il peso 
del potere presidenziale nel Paese.
Inoltre, il capo della Casa Bianca ha le sue idee su come addestrare lo 
“Stato profondo”. I suoi rappresentanti temono molto di Musk, il che 
significa che Trump sta interpretando il ruolo del poliziotto buono, 
contando sul fatto che i funzionari sviluppino la sindrome di Stoccolma.
 Invece di bombardamenti a tappeto, la Casa Bianca preferisce effettuare
 attacchi mirati contro i dipendenti sleali.
Secondo il DOGE, il dipartimento ha già fatto risparmiare al governo 140
 miliardi di dollari. Ma allo stesso tempo, solo a febbraio di 
quest’anno, il deficit di bilancio federale ammontava a 307 miliardi di 
dollari, il 3,7% in più rispetto a febbraio 2024. Pertanto, è ancora 
troppo presto per parlare di grandi successi del DOGE.
Il suo capo, Elon Musk, è chiaramente infastidito dal fatto che Trump lo
 abbia strappato al mondo degli affari e gli abbia affidato un compito 
che Trump stesso sta impedendo di attuare. Ma Trump non aveva bisogno di
 risultati da Musk, aveva bisogno di pubbliche relazioni, come il 
recente utilizzo di aerei militari per deportare gli immigrati illegali 
dagli Stati Uniti d’America. Far volare degli immigrati clandestini su 
un aereo da trasporto militare C-17 verso il Guatemala costava cinque 
volte di più che volare in business class: era terribilmente 
inefficiente, ma era una bella notizia.
Donald Trump ha dichiarato pubblicamente che Elon Musk potrebbe lasciare
 il servizio governativo a fine maggio secondo l’AP/TASS. Ecco perché 
oggi il rapporto tra Trump e Musk si sta deteriorando sotto gli occhi di
 tutti. A fine marzo 2025, il presidente degli Stati Uniti d’America ha 
dichiarato pubblicamente che Musk avrebbe potuto lasciare l’incarico 
governativo alla fine di quel mese e tornare a gestire le sue numerose 
attività.
È ormai chiaro che Donald Trump non è disposto a prendere scorciatoie 
per ridurre il deficit di bilancio, soprattutto se ciò comporta dei 
costi politici. Ad esempio, il presidente non sta cercando di tagliare i
 costi dell’assistenza sanitaria, che assorbono un terzo delle spese del
 bilancio federale, nonostante abbia adottato misure simili all’inizio 
del suo primo mandato presidenziale. Trump punta sulla stabilità 
sociale. Tra appena un anno e mezzo si terranno le elezioni di medio 
termine per il Congresso e, con un forte aumento del numero di persone 
insoddisfatte, i democratici potrebbero prendere il controllo di 
entrambe le camere del parlamento, soffocando sul nascere la 
“rivoluzione” trumpista.
In queste condizioni, il commercio estero è diventato il principale 
ambito di trasformazione. Durante la campagna elettorale, Trump ha 
continuato a creare l’immagine di un nemico economico straniero che 
«approfittava dei nostri scambi commerciali», concentrandosi in 
particolare sulla Cina. La disequità, secondo Trump, consisteva nell’uso
 di una vasta gamma di barriere non tariffarie, ad esempio la 
manipolazione del tasso di cambio o la tassazione delle importazioni in 
aggiunta ai dazi sotto forma di imposte ordinarie. Trump non ha però 
specificato che le regole della globalizzazione sono stabilite dagli 
stessi Stati Uniti d’America. Ha preferito concentrarsi sul risultato 
negativo, rappresentato da un enorme deficit commerciale.
Il grado di intensità delle passioni anti-cinesi alla Casa Bianca è 
dimostrato dalla recente dichiarazione del capo del Pentagono, Pete 
Hegseth, il quale, accusando la Cina di ambizioni militari globali e di 
desiderio di militarizzare lo spazio, ha anche affermato l’assurdità 
para-razzista che «i pescatori cinesi stanno rubando cibo ai Paesi 
dell’emisfero occidentale». Seguendo questa logica, dovremmo aspettarci 
che gli statunitensi accusino i cinesi di rubare l’ossigeno agli Stati 
Uniti d’America perché pure in Cina la gente respira.
Imponendo tariffe elevate alla Cina, all’Unione Europea, al Giappone, 
alla Corea del Sud e a numerosi altri Paesi, Trump ha agito secondo uno 
scenario pianificato in precedenza, che prevedeva originariamente il 
proseguimento della guerra commerciale solo con la Cina. Ad esempio, la 
Casa Bianca ha giustificato la sospensione per 90 giorni dell’aumento 
delle tariffe doganali nei confronti di tutti i Paesi, eccetto la Cina, 
con il fatto che non sono state prese misure di ritorsione contro gli 
Stati Uniti d’America e si è chiesto di avviare negoziati. Tuttavia, non
 è così: l’UE ha annunciato tariffe di ritorsione, ma Trump ha scelto di
 ignorarle e di continuare ad agire secondo il piano pre-approvato in 
funzione anticinese. Se gli Stati Uniti d’America adottassero politiche 
commerciali contro la Cina e l’UE, ciò potrebbe contribuire a formare 
un’alleanza sino-europea anti-statunitense, alla quale altri Paesi 
danneggiati da Washington sarebbero lieti di aderire.
Ma anche dopo la “generosa” riduzione dei dazi contro l’UE dal 20 al 
10%, la deriva dimostrativa degli europei verso la Cina è continuata. La
 stampa ha così appreso che la Cina e l’UE hanno concordato di avviare i
 negoziati per l’abolizione dei dazi UE sui veicoli elettrici cinesi. È 
stato anche annunciato che a luglio i leader dell’UE si recheranno a 
Pechino per un vertice con il presidente cinese Xi Jinping.
Washington e Pechino hanno continuato a scambiarsi tariffe doganali con 
apparente superficialità, con il risultato che venerdì sera, 11 aprile, 
le tariffe statunitensi sui prodotti cinesi ammontavano al 145%, mentre 
la Cina ha aumentato le tariffe sulle importazioni statunitensi al 125%.
 A questo livello di tariffe, il commercio reciproco perde significato, 
dovremmo aspettarci la sua completa cessazione e possiamo cominciare a 
calcolare le perdite reciproche.
Entro la fine del 2024, il volume degli scambi commerciali tra Stati 
Uniti d’America e Cina (secondo l’Amministrazione generale delle dogane 
della Repubblica Popolare Cinese) ammontava a 688,28 miliardi di 
dollari, di cui 163,62 miliardi di dollari di esportazioni statunitensi 
verso la Cina e 524,66 miliardi di dollari di esportazioni cinesi verso 
gli Stati Uniti d’America.
Ma se valutiamo i rischi politici, questi sono più elevati per gli Stati
 Uniti d’America. Il consumatore statunitense è da tempo viziato 
dall’abbondanza dei beni e viziato dalla loro reperibilità, e qualsiasi 
peggioramento, anche minimo, della sua situazione finanziaria si 
rifletterà sicuramente alle prossime elezioni. Se consideriamo che il 
Paese proporzionalmente con più obesi al mondo è Nauru con il 71,7% 
degli abitanti (19,3 kmq; 12.623 ab.), il secondo sono gli Stati Uniti 
d’America 9.833.520 kmq e 340.110.988 di cui due terzi sono potenziali 
elettori sovrappeso.
Elon Musk ha iniziato una ribellione pubblica contro la guerra 
commerciale appena iniziata, permettendosi di insultare pubblicamente il
 consigliere economico capo della Casa Bianca, Peter Kent Navarro, che è
 un sostenitore dell’introduzione dei dazi.
La risposta di Trump, tuttavia, è stata dura. Poco dopo, durante una 
riunione del suo gabinetto alla presenza di Musk, dichiarò: «Non ho 
affatto bisogno di Elon, mi piace e basta. Ha fatto un ottimo lavoro. 
Non mi serve la sua Tesla. Sai cosa ci faccio? La lascio guidare a 
quelli in ufficio».
I dazi sono stati osteggiati anche dal famoso economista americano 
Jeffrey Sachs, professore alla Columbia University, il quale ha 
affermato che «se i dazi hanno lo scopo di ridurre il deficit 
commerciale degli Stati Uniti d’America, falliranno» e ha promesso che 
tali misure porteranno ad una diminuzione della competitività degli 
Stati Uniti d’America e del tenore di vita dei cittadini.
Ma per Trump questo ragionamento è simile a quello di un giocatore di 
scacchi che spiega che un pugile non potrà mai batterlo. Il capo della 
Casa Bianca capisce perfettamente che le difficoltà temporanee sono 
inevitabili e mette in guardia i cittadini statunitensi al riguardo. 
«Eravamo delle ‘vittime’ stupide e indifese, ma questo non accadrà più. 
Stiamo riportando in vita posti di lavoro e imprese come mai prima 
d’ora. Sono già stati investiti più di cinquemila miliardi di dollari, e
 questa cifra sta crescendo rapidamente! Questa è una rivoluzione 
economica e vinceremo! Tenete duro, non sarà facile, ma il risultato 
finale sarà storico», ha scritto Trump sui suoi social media. Andra 
così, oppure no?
Giancarlo Elia Valori 

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