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giovedì 9 febbraio 2017

Evita Peron e il peronismo. Articoli di Luca Bagatin tratti dal quotidiano nazionale "L'Opinione delle Libertà" (nel video alcuni frammenti della vita di Evita, con in sottofondo la canzone "Maria Eva" di Ignacio Copani)

 

Evita Perón: la Santa
dei “descamisados”

di Luca Bagatin
23 maggio 2015POLITICA
 
Maria Eva Duarte de Perón: per tutti e per sempre Evita. Soprattutto per coloro i quali l’hanno amata. Il popolo dei descamisados in primis. Figlia illegittima di Juana Ibarguren, nata poverissima nel 1919 a Los Toldos, estrema periferia argentina, Evita imparò presto a conoscere le difficoltà della vita e a pagare il prezzo dell’essere poveri nell’Argentina degli anni Trenta. Nel 1936 esordirà in teatro e da allora intraprenderà, pur con scarso successo, la carriera di attrice e, con maggiore successo, negli anni Quaranta, l’attività radiofonica. Solo l’incontro con il generale Juan Domingo Perón (1944) le permetterà di comprendere la sua vera vocazione per la politica e per le attività sociali.
E da allora la sua vita cambierà per sempre, assieme a quella dei suoi descamisados, ovvero i più poveri fra i poveri d’Argentina. Con la vittoria alle elezioni del 1946 di Perón con il 53 per cento dei consensi, Evita si insedierà al ministero del Lavoro e si occuperà di diritti degli anziani, delle donne, dei bambini e, attraverso la Fondazione da lei istituita, si occuperà di assistenza sociale, oltre che occupersi attivamente dei problemi sindacali dei lavoratori argentini, acquistando e dirigendo, fra l’altro, il giornale “Democracia” e fondando il Partito Peronista Femminile. La sua vita fu però di brevissima durata. Evita morì infatti nel 1952, ad appena 33 anni, lasciandoci purtuttavia un documento fondamentale, che racchiude il suo amore per il popolo e per Perón, oltre che il suo testamento politico e spirituale: “La ragione della mia vita”, pubblicato nel 1951 e divenuto poi testo fondamentale nelle scuole dell’obbligo sino all’avvento delle dittature militari (1955), che cacciarono Perón e abolirono il Partito Peronista.
“La ragione della mia vita” è un inno al popolo ed alla dottrina giustizialista avviata da Perón per un’Argentina libera, economicamente giusta e politicamente sovrana attraverso la cooperazione fra il capitale ed il lavoro, in chiave alternativa al capitalismo imperialista ed al comunismo collettivista. Nelle sue pagine, Evita riporta frasi significative, spesso piene di amarezza nei confronti dell’esistenza delle deseguaglianze sociali: “Ricordo nitidamente la tristezza provata nello scoprire che nel mondo c’erano i poveri e i ricchi; e la cosa strana è che non mi addolorava tanto l’esistenza dei poveri quanto il fatto di sapere che, al tempo stesso, esistevano i ricchi”; oppure piene d’amore e sentimento: “... ho capito che non deve essere molto difficile morire per una causa che si ama. O più semplicemente: morire per amore”.
E ancora: “Quando sarà fatta giustizia non ci sarà più nessun povero” e, ricordando una celebre frase di Perón a proposito del messaggio d’amore del Cristo ed al cristianesimo praticato dagli uomini, scrisse: “Non è il cristianesimo ad essere fallito. Sono gli uomini che hanno sbagliato applicandolo male. Il cristianesimo non è ancora stato applicato rettamente dagli uomini perché il mondo non è mai stato giusto... il cristianesimo sarà una realtà quando l’amore regnerà tra gli uomini e tra i popoli; ma l’amore giungerà solo quando gli uomini e i popoli saranno giustizialisti”. La terza parte de “La ragione della mia vita” è invece dedicata alle donne ed al messaggio di emancipazione che Evita vuole loro impartire, denigrando la figura delle “femministe” inglesi, che si fanno uomini per tentare di emanciparsi.
Evita, diversamente, spiega alle donne che non devono affatto rinunciare alla propria femminilità, dolcezza, altruismo, amore per la propria famiglia e quindi all’orgoglio di essere donne. E vorrebbe che le casalinghe ricevessero una retribuzione, pagata da tutti i lavoratori e dalle donne medesime, che consentisse loro di essere economicamente indipendenti dagli uomini e vedessero così ricompensate le faccende domestiche e la cura dei propri figli, perché – ella afferma – la missione delle donne è quella di creare e non di sacrificarsi. In questo senso Evita scrive, nel suo saggio: “Non disprezzo l'uomo, né la sua intelligenza. Mi chiedo però: se in molti luoghi del mondo abbiamo creato insieme famiglie felici, perché non possiamo creare insieme un’umanità felice ? Questo deve essere il nostro obiettivo: guadagnarci il diritto di creare, insieme all’uomo, un’umanità migliore”. E ancora, ella scrive, a proposito degli stereotipi secondo i quali la donna viene dipinta: “... la donna non è vacua, leggera, superficiale, vanitosa... egoista, fatale, romantica (…) la donna autentica si rifugia nelle famiglie del popolo, di cui l’umanità si fa eterna. Questa donna non è esaltata dagli intellettuali. Non ha storia. Non dà ricevimenti. Non gioca a bridge. Non fuma. Non va all’ippodromo. È l'eroina che nessuno conosce. Neppure suo marito. Neppure i suoi figli! Di lei non si dirà mai nulla di raffinato, nulla di spiritoso. Al massimo, dopo che sarà morta, i suoi figli diranno: “Ora ci rendiamo conto di cosa era per noi”.
Parole forti, toccanti, che Evita scrive per descrivere donne come lei, donne del popolo, dimenticate persino dai propri uomini, ma che meritano riscatto. Proprio quel riscatto che lei fornirà loro attraverso il diritto di voto alle donne e con il Partito Peronista Femminile, composto da sole donne ed unito sono da suo marito Perón, l’uomo che ama e che fu una guida per coloro i quali, negli anni precedenti al suo avvento al governo, erano sfruttati dagli oligarchi e dagli imperialisti statunitensi ed europei. Evita Perón, pur non avendo avuto figli ed essendo morta molto giovane, è stata una vera madre per il suo popolo e lo è anche oggi, se pensiamo che la presidente dell’Argentina, Cristina Fernández de Kirchner, si ispira lei, come si ispira a lei il Movimiento Evita (www.movimiento-evita.org.ar) vicino ed a sostegno del partito della presidente Kirchner.
Vorremmo concludere questo ricordo di Evita con l’ultima frase del suo testamento al popolo argentino, estremamente toccante e commovente: “Le mie ultime parole sono le stesse del principio: voglio vivere eternamente con Perón e con il mio popolo. Dio mi perdonerà se preferisco restare con loro, perché anche lui è tra gli umili; in ogni descamisado ho sempre visto Dio che mi chiedeva un po damore e non gliel’ho mai negato”.

La dottrina di
Evita e Perón

di Luca Bagatin
28 maggio 2015POLITICA
 
La “Dottrina Peronista”, oltre ad essere il testo fondamentale del peronismo, fu la raccolta principale degli scritti e dei discorsi del presidente e generale Juan Domingo Perón (1895-1974), che governò democraticamente l′Argentina dal 1946 al 1955, prima di essere defenestrato ed esiliato dai regimi dittatoriali successivi.
La Dottrina Peronista, testo pubblicato nel 1947 e poi ripubblicato a più riprese anche dopo il ritorno di Perón in Argentina (1973), dopo il suo esilio forzato ed imposto dai dittatori che lo defenestrarono e durato ben 18 anni, è oggi testo purtroppo di difficile reperibilità nel nostro Paese (ma scaricabile in lingua originale dal sito ufficiale del Partito Giustizialista argentino). Tale testo, che consta di ben 670 pagine nella sue prima edizione, illustra la visione politica, sociale ed umanista di Juan Domingo Perón, il quale fonde in sé dottrine e suggestioni di ispirazione socialista, nazionalista, cristiana ed anarchica, dando così vita ad una nuova dottrina ideale di “terza posizione”, come egli stesso la amava definire, né di destra né di sinistra, che supera tanto la visione capitalista del mondo e dell′economia, che quella tipicamente marxista/comunista.
Già ne “Le venti verità del giustizialismo peronista”, Perón enuncia la sua visione di democrazia, ovvero dichiara che “la vera democrazia è dove il governo fa ciò che il popolo vuole e difende un solo interesse: quello del popolo”, sgomberando così il campo da ogni possibile equivoco su ciò che rappresentava e rappresenta il peronismo, che è stato l′esatto opposto di una dittatura totalitaria ed oligarchica. Per Perón ed il peronismo, esiste una sola classe di individui: quelli che lavorano e che producono, per il bene della nazione e dunque a beneficio del popolo medesimo ed in questo senso promuove - come peraltro fece il nostro Giuseppe Mazzini nel suo “Doveri dell′Uomo” (1860) - l′unione fra capitale e lavoro, ovvero un′alternativa reale al capitalismo, pur senza sfociare nel livellamento collettivista. In questo senso Perón, nella sua “Dottrina”, promuove il ruole del sindacato e del sindacalismo attivo e pone una critica alla società capitalista definendola “né cristiana né civile” ed a quella comunista affermando che l′unico scopo del comunismo è quello di “dominare il popolo” ed è per questo che il suo ideale si riassume nel trinomio: “Vogliamo un′Argentina socialmente giusta, economicamente libera e politicamente sovrana”. Ciò che infatti egli riuscirà ad ottenere durante i suoi dieci anni di governo, realizzando un giusto equilibrio fra diritti degli individui e quelli della comunità.
Pur essendo laico, al punto che durante il suo mandato soppresse l′educazione religiosa nelle scuole, introdusse il divorzio e legalizzò la prostituzione - tutte cose che gli costarono una scomunica da parte del Papa dei cattolici Pio XII - la sua visione rimase sempre cristiana, al punto da enunciarlo nei suoi discorsi, che concorreranno a formare la sua “Dottrina”. Il Presidente Perón riteneva infatti che solo una visione “cristiana e profondamente umanista” potesse contrastare lo sfruttamento dell′uomo sull′uomo tipico del capitalismo ed al contempo lo sfruttamento dell′uomo da parte dello Stato tipico del comunismo, ovvero solo una visione basata sulla “giustizia” e sull′“amore”, valori cardine del giustizialismo peronista, inteso appunto come dottrina di “giustizia sociale” e di “aiuto sociale”. Ridicole poi le accuse mosse a Perón da parte dei suoi nemici di xenofobia o di filo-nazismo, al punto che egli scrisse e dichiarò, l′8 dicembre del 1945: “Non abbiamo pregiudizi razziali. Gli uomini decenti e di buona volontà saranno sempre accolti in questa patria generosa e buona”.
Interessante poi la promozione del cooperativismo da parte della “Dottrina” di Perón, che apriva all′autogestione delle imprese da parte dei lavoratori, oggi una realtà in molti Stati dell′America Latina. In attesa della pubblicazione in lingua italiana di una nuova edizione della Dottrina Peronista, non possiamo non notare delle similitudini fra il pensiero mazziniano e quello peronista. Entrambi di matrice laica e cristiana al contempo. Entrambi di matrice nazionalista nel senso di esaltazione dei valori specifici di ciascuna nazione e di ciascun popolo sovrano. Entrambi rivolti appunto ai popoli, spesso oppressi, tanto dal giogo straniero quanto dagli opposti imperialismi.
Si pensi che fu Perón a definire “Terzo Mondo” i cosiddetti “Paesi non allineati”, invitandoli ad emanciparsi - come aveva fatto l′Argentina - e ad opporsi democraticamente all′oppressione ed all′influenza statunitense e sovietica, così come Mazzini invitò i popoli di tutta Europa a ribellarsi ai loro sovrani e, tanto Perón quanto Mazzini invitarono gli operai, i lavoratori tutti ad associarsi in libere cooperative ed a concorrere alla formazione di una Patria giusta, libera e sovrana. Interessanti tali similitudini e francamente mi stupisce che nessuno storico serio - tranne il sottoscritto che è uno storico per passione, ma non certo un cattedratico - le abbia mai notate. Sarebbe interessante, oggi, viste le similitudini fra Argentina ed Italia, proporre agli studenti dei due Paesi uno studio comparato della “Dottrina Peronista” e dei “Doveri dell’Uomo” mazziniani.
Sono certo che, quantomeno la presidentessa argentina Cristina Fernandez de Kirchner, erede diretta della tradizione peronista, la quale, assieme al defunto marito Néstor ha – pur fra moltissime difficoltà – risollevato le sorti del suo Paese (riducendo la povertà, la fame e analfabetismo), sarebbe certamente favorevole. E sono parimenti certo che i nostri studenti imparerebbero finalmente e davvero i valori della giustizia, della libertà, della tolleranza e della fratellanza fra i propri simili. Aspetti di cui, mai come oggi, abbiamo urgente necessità.

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