«Io
sono per il comunismo senza dittatura […] È mia intenzione di fare di
questa città un’isola spirituale dalla quale possa irradiare un’azione,
eminentemente comunista, verso tutte le nazioni oppresse»
(Gabriele D'Annunzio)
(Gabriele D'Annunzio)
L'8 settembre 1920 il Vate Gabriele D'Annunzio - a conclusione dell'Impresa di Fiume - proclama la Reggenza del Carnaro, ovvero quella che amo definire la prima ed autentica Repubblica libertaria e dell'Amore che sia mai stata fondata.
A memoria di ciò desidero riportare due articoli che dedicai a D'Annunzio ed alla sua celebre impresa.
Luca Bagatin
Articolo di Luca Bagatin del 25 agosto 2014
La
fantasia al potere, attraverso una critica del potere stesso, la
porterà certamente Gabriele D'Annunzio (e non certo i figli di papà
del '68 italiano), il Vate della letteratura italiana per eccellenza,
il poeta armato, l'eroe dell'impresa di Fiume e che fece della città
di Fiume – occupata con soli 1500 uomini e senza sparare un colpo –
una città libera, liberata e libertaria.
Gabriele
D'Annunzio fu, secondo le parole di Lenin, l'unico rivoluzionario
dell'Italia dei suoi tempi e da molti fu considerato un novello
Giuseppe Garibaldi, per il suo ardimento e per la sua portata
socialisteggiante, dagli echi mazziniani e garibaldini.
Ce
ne ha parlato a lungo lo storico Giordano Bruno Guerri, ma ce ne
parla diffusamente – proprio attraverso gli scritti ed i discorsi
di D'Annunzo stesso – il “suo” “Manuale del Rivoluzionario”,
a cura di Emiliano Cannone ed edito dalla Tre Editori
(www.treditori.com).
Un bellissimo saggio che abbiamo scoperto e che desideriamo far
conoscere e diffondere.
Un
Manuale che, non a caso, reca in copertina un D'Annunzio nei panni di
Lenin, contornato da bandiere rosse nell'atto di prendere d'assalto
il Palazzo d'Inverno.
Il
Palazzo d'Inverno di D'Annunzio fu il potere, la casta politica, il
governo di Nitti, di Vittorio Emanuele Orlando e di Giolitti, ovvero
dei parrucconi della sua epoca. Ma il Palazzo d'Inverno di D'Annunzio
fu anche l'avanzante fascismo e quel Mussolini che cercò, in tutti i
modi ma senza riuscirvi, di zittire il Vate della Nuova Italia.
Nel
Manuale è rappresentata tutta l'anima anarchica, socialisteggiante,
libertaria, antiparlamentare ed internazionalista del Nostro. Un
D'Annunzio che, non a caso, dichiara che egli aspira ad un “comunismo
senza dittatura” e che – ben
prima e meglio di altri – lancerà invettive contro la “casta
politica”, dichiarando, fra le altre cose: “La
casta politica che insudicia l'Italia da cinquant'anni, non è capace
se non di amministrare la sua propria immondizia, pronta a tutte le
turpitudini, pur che sia lasciata fingere di godersi il suo potere
impotente”.
D'Annunzio,
in questo senso fu un eroe (anti)politico e, dunque, un eroe della
vera democrazia, contro i soprusi e le ruberie del potere ed in
questo senso non mancherà mai in D'Annunzio il suo appello
all'Antica Grecia, al mito greco, all'arte ed alla bellezza in tutte
le sue forme, quale valori fondanti per l'emancipazione umana. In
questo senso – lo si evince dal Manuale stesso – egli scorgerà
la natura della crisi dei suoi tempi, che poi è anche la natura
della crisi economica e sociale dei nostri, ravvisando l'origine del
problema nell'espansionismo capitalistico e nell'imperialismo
anglosassone e statunitense, ovvero di coloro i quali egli definisce
i “divoratori di carne cruda”.
In questo senso D'Annunzio scrive: “La
lotta mercantile, la lotta per la ricchezza, porta il pericolo delle
più terribili conflagrazioni marziali”.
Ora sappiamo che fu profetico e nelle sue parole non possiamo non
scorgere quanto avvenne nella Seconda Guerra Mondiale, durante la
Guerra Fredda e, oggi, nel Medioriente martoriato ed ove non vi sono
eroi, bensì criminali che uccidono, in ogni dove, vittime innocenti.
Ricchezza
e potere all'origine della morte dell'umanità stessa, dunque.
Con
l'impresa di Fiume possiamo dire che il D'Annunzio concretizzerà i
suoi ideali ed i suoi principi. Nel 1919, infatti, in opposizione al
Trattato di Versailles che negava la città di Fiume all'Italia,
D'Annunzio - alla testa di un drappello di legionari - la occupò e
ne fece una città libera in tutti i sensi, al punto che a Fiume
erano tollerate e praticate le libertà sessuali, nonché era
tollerata l'omosessualità e, grazie al contributo dell'aviatore
Guido Keller e dello scrittore Giovanni Comisso, fu fondato il gruppo
Yoga – avente per simbolo la svastica di origine vedica (che nulla
aveva a che spartire con il nazismo, anzi !) ed una rosa a cinque
petali - e che proponeva una visione esoterica e spirituale della
realtà.
Non
solo, in collaborazione con il sindacalista rivoluzionario Alceste De
Ambris, D'Annunzio redasse la famosa Costitituzione di Fiume o Carta
del Carnaro, la quale fu un documento avanzatissimo per l'epoca,
prevedendo: libertà di associazione, libertà di divorziare, libertà
religiosa e di coscienza al punto che furono proibiti i
discriminatori crocifissi nei luogi pubblici, assistenza ai
disoccupati ed ai non abbienti, promozione di referendum, promozione
della scuola pubblica, risarcimento dei danni in caso di errore
giudiziario, inviolabilità del domicilio e altro ancora che,
peraltro, non fu mai garantito nemmeno dalla Costituzione della
Repubblica italiana partitocratica, fondata nel 1948 e nella quale
viviamo tutt'oggi. Una Costituzione tanto decantata, ma assai poco
approfondita e che poco aveva a che spartire con la vera democrazia
della Repubblica Romana del 1849 e con la Carta del Carnaro, fondata
da spiriti rivoluzionari e non già da canuti uomini politici, servi
dei partiti e delle ideologie e che il potere ha reso schiavi.
Un'impresa
unica nella Storia, dunque, quella di Fiume, purtroppo soffocata
dall'imperialismo internazionale e dal governo italiano di Giovanni
Giolitti (tutt'altro che un liberale, bensì un famoso Ministro
della malavita come
lo soprannominò Gaetano Salvemini
!) che, nel 1920, inviò le truppe italiane a sgomberare a cannonate
i legionari.
Da
non dimenticare frasi come queste, contenute nel “Manuale del
Rivoluzionario”, che D'Annunzio lancia quali invettive ai
governanti dell'Europa e del mondo di ieri, non dissimili da quelli
di oggi. Frasi oggi attualissime, se osserviamo la geopolitica
mondiale, europea, oltre che i flussi di migranti che approdano
giornalmente sulle nostre coste, costretti ad emigrare a causa di una
crisi voluta dai Governi e dal sistema economico-monetario: “In
tutta Europa, in tutto il mondo, il potere politico è al servizio
dell'alta banca meticcia, è sottomesso alle impostazioni ignobili
dei rubatori e dei frodatori costituiti in consorzi legali. Neppure
nel peggior tempo dei barbareschi e dei negrieri le genti furono
mercanteggiate con così fredda crudeltà. Le nazioni sono cose da
mercato. La vita pubblica non è se non un baratto immondo esercitato
nel cerchio delle istituzioni e delle leggi esauste. Fino a quando
?”.
Il
“Manuale del Rivoluzionario”, che raccoglie gli scritti
anarco-libertari, socialisti, internazionalisti ed umanitari di
D'Annunzio è certamente una fortunata opera editoriale ed il merito
va certamente all'ottimo Emiliano Cannone, giovane dottore di ricerca
in italianistica, per averlo curato con, peraltro, un'ottima nota
introduttiva e precise note a piè di pagina.
La
veste editoriale del saggio, poi, curata dalla Tre Editori, è
elegantissima, anche a dispetto dell'economico prezzo di copertina.
Da notare che, la fine di ogni capitolo del Manuale, reca il simbolo
della bandiera della Reggenza del Carnaro: un uroboro – ovvero un
serpente che si morde la coda – antico simbolo esoterico e gnostico
a rappresentare la natura ciclica delle cose, ovvero simbolo di
immortalità (si rammenti che Gabriele D'Annunzio fu peraltro
iniziato alla Massoneria della Serenissima Gran Loggia d'Italia, oggi
Gran Loggia d'Italia degli ALAM e non ne fece mai mistero), con al
centro le sette stelle dell'Orsa Maggiore.
Ulteriori
spunti su cui riflettere ed approfondire attorno ad un personaggio
poliedrico quale fu Gabriele D'Annunzio, troppo frettolosamente
relegato fra i “poeti del nostro Paese”, senza rammentarne (o
preferendo piuttosto oscurarne) la portata rivoluzionaria, libertaria
ed eminentemente (anti)politica e (contro)culturale.
Luca Bagatin
Giorgia Meloni sbaglia a contrapporre D'Annunzio a Che Guevara, due eroi anti-casta e per l'emancipazione sociale oltre la destra e la sinistra.
Articolo di Luca Bagatin del 9 agosto 2016
Giorgia Meloni informa i
suoi “amici virtuali” di Facebook che ogni giorno, per tutto il
mese di agosto, pubblicherà un aforisma – iniziando da quello
celebre di D'Annunzio “Memento audere semper” - e tale notizia,
tutto sommato abbastanza marginale, viene ripresa anche da alcuni
organi di informazione, in particolare per informare che la sig.ra
Meloni intende contrapporre la figura di D'Annunzio a quella di Che
Guevara.
Lei infatti scrive che i
ragazzi dovrebbero “studiare sui libri di scuola in maniera più
approfondita la figura di D'Annunzio”, “un grande italiano che
non ha nulla da invidiare a un qualunque Che Guevara, che pure tanti
giovani amano indossare sulle loro magliette” ed afferma ciò
esaltando l'impresa di Fiume del 1919.
Lodevole il fatto che la
Meloni esalti e ricordi l'impresa di Fiume, meno lodevole il suo
tentativo di contrapporre la figura del rivoluzionario anti-casta e
libertario D'Annunzio all'altro rivoluzionario anti-casta e
libertario Che Guevara.
In questo senso, sia gli
studenti che la sig.ra Meloni dovrebbero studiarsi approfonditamente
sia la figura di D'Annunzio che quella di Che Guevara, ma su testi
che hanno trattato tali figure in modo obiettivo e non ideologizzato.
Per quanto concerne
Gabriele D'Annunzio, il “Poeta soldato”, il “Vate” per
eccellenza, qualche anno fa segnalammo e recensimmo l'ottimo “Manuale
del Rivoluzionario”, edito dalla Tre Editori e curato da Emiliano
Cannone
(http://www.opinione.it/cultura/2014/08/28/bagatin_cultura-2808.aspx).
In questo saggio sono riportati discorsi ed aforismi del Vate e che
lo consacrano quale miglior rappresentante della cultura socialista
rivoluzionaria, anarchica, antiparlamentare ed internazionalista,
oltre e contro la destra (rappresentante delle élite monarchiche ed
oligarchiche) e oltre e contro la sinistra (rappresentante della
borghesia industrialista ed affamapopoli).
Nel saggio, infatti, fra
le altre, si riportano le parole ad una celebre intervista a
D'Annunzio, il quale affermava che egli ambiva ad un “comunismo
senza dittatura” (esattamente come Che Guevara peraltro !) e non a
caso fu ammirato da Lenin (il quale inizialmente, nella costituzione
dei Soviet, si ispirò agli ideali anarchici) e la Repubblica di
Fiume - costituita con il contributo di socialisti rivoluzionari e
mazziniani quali ad esempio Alceste De Ambriis - fu l'inveramento di
quel comunismo libertario d'annunziano che permise le libertà
sessuali (con relativa tolleranza e pratica dell'omosessualità), la
libertà di associazione, la libertà di divorziare, la libertà
religiosa e la libera ricerca spirituale (l'aviatore Guido Keller e
lo scrittore Giovanni Comisso fondarono la rivista “Yoga”, che
proponeva una visione esoterica e spirituale della realtà), la
proibizione dei crocifissi nei luoghi pubblici, l'assistenza ai
disoccupati ed ai non abbienti, la promozione dei referendum, la
promozione ed il sostegno alla scuola pubblica, il risarcimento dei
danni in caso di errore giudiziario ecc... tutte cose che nemmeno
l'attuale Repubblica italiana di cui Giorgia Meloni è
rappresentante, sembra garantire appieno.
Ci chiediamo, peraltro,
se queste cose la sig.ra Meloni le sappia (visto che diversi dei
punti del programma della d'annunziana e fiumana “Carta del
Carnaro” sono in aperto contrasto con gli ideali da lei stessa
propugnati). Così come ci chiediamo se la sig.ra Meloni sappia che
Gabriele D'Annunzio fosse apertamente e dichiaratamente massone
(massone lo fu anche Che Guevara e la gran parte dei rivoluzionari
cubani, oltre che fiumani), appartenente alla Serenissima Gran Loggia
d'Italia (oggi Gran Loggia d'Italia degli ALAM) e che la stessa
bandiera della Reggenza del Carnaro fosse un chiaro richiamo al
simbolismo gnostico e massonico, ovvero un uroboro (un serpente che
si morde la coda) con al centro le sette stelle dell'Orsa Maggiore.
Gabriele D'Annunzio e gli
eroi di Fiume, così come il Che e gli eroi di Cuba osarono ed
osarono sempre, inverando appunto il motto “Memento audere semper”.
Eroi (anti)politici e contro la realpolitik, alla quale contrapposero
l'amore per le genti, per l'umanità, per la libertà intesa come
libertà dal bisogno per approdare al sogno di una società o,
meglio, di una civiltà umanitaria e comunitaria diversa ed
alternativa a quella dei politicanti, degli oligarchi e degli
industriali affamapopoli.
Eroi senza compromessi al
punto che furono purtroppo sconfitti. La Repubblica di Fiume fu
smantellata dall'esercito del Regno d'Italia nel 1921, non senza
scontri (si ricordi in proposito il famoso “Natale di sangue”) e,
per quanto riguarda Che Guevara, in polemica con il sostegno
sovietico dell'Urss a Cuba e con le posizioni di Fidel Castro in
merito, si dimise da tutte le cariche e da Ministro dell'Industria ed
andò a combattere per i popoli oppressi in Congo ed infine in
Bolivia, ove fu ucciso.
Ecco gli eroi da
ricordare, celebrare, emulare da tutti e soprattutto dai giovani
d'oggi, amebizzati dagli smartphone e dagli (a)socialnetwork. Eroi
senza macchia che lottarono a sprezzo del pericolo e mai furono
mantenuti ad ufo dai contribuenti.
Ecco perché è errato,
come fa la Meloni, tentare di contrapporre D'Annunzio (accreditandolo
magari “a destra”, niente di più sbagliato) a Che Guevara (che
comunque non va assimilato alla “sinistra”, ma fu personaggio e
studioso che andò ben oltre le ideologie illuministico-borghesi).
Nell'ambito del pensatoio
che ho fondato - “Amore e Libertà (www.amoreeliberta.blogspot.it
– www.amoreeliberta.altervista.org)
– non a caso, tanto D'Annunzio che Che Guevara, sono inseriti nel
“pantheon” dei nostri ispiratori (si veda il link:
http://www.amoreeliberta.altervista.org/html/manifesto.htm)
e proprio per le motivazioni che ho già scritto qui, come in altri
articoli.
Dunque la Meloni
approfitti della “pausa estiva” per leggere gli scritti ed i
discorsi politici di D'Annunzio, la Carta del Carnaro e magari i
saggi dello storico Giordano Bruno Guerri in proposito, oltre che il
saggio a cura di Emiliano Cannone già citato un questo articolo.
Eviterà di fare affermazioni imprecise e di contrapporre dei veri
combattenti per l'emancipazione dei popoli, i cui ideali, oggi, nella
società liquida dei consumi e della casta politica autoconservativa,
mancano enormemente.
Luca Bagatin
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