La crescita economica
"illimitata", il capitalismo, l'egoismo, la distruzione
dell'ambiente, delle culture, delle identità, delle differenze (con
la conseguente xenofobia e sciovinismo) sono tutti aspetti
dell'ideologia del progresso e della modernità.
Aspetti denunciati dal
filosofo francese Alain De Benoist in numerosi interventi e saggi, in
particolare nel suo "Oltre il moderno - Sguardi sul terzo
millennio", edito alcuni anni fa in Italia da Arianna Editrice.
Il filosofo da sempre
ravvisa la necessità di approdare ad una società democratica
autentica, ove le differenze siano valorizzate e così il patrimonio
ecologico; ove la politica e la sovranità tornino a primeggiare
sulla dittatura dell'economia e del danaro. Una società, in
sostanza, populista nel senso originario e positivo del termine e non
a caso uno dei suoi ultimi saggi è dedicato proprio al troppo
ingiustamente bistrattato fenomeno "populista" (al seguente
link la mia recensione al suo "Populismo - La fine della destra
e della sinistra":
http://amoreeliberta.blogspot.com/2017/08/populismo-lultimo-saggio-di-alain-de.html).
Nel saggio "Oltre il
moderno" egli analizza tutti questi aspetti, partendo dalla
critica all'ideologia illuminista portata avanti dalla borghese e
sanguinaria Rivoluzione Francese del 1789 e contrapponendole gli
ideali democratici, federalisti comunitari di Jean-Jacques Rousseau
(e di Proudhon), i quali erano in aperta opposizione al liberalismo
inglese, ammirato invece dagli illuministi. Alla visione
rappresentativa dei liberali, Rousseau, contrapponeva l'ideale
democratico diretto, ovvero favorendo il concetto di partecipazione
attiva del cittadino alla vita pubblica e politica della propria
comunità, del proprio Stato. Anteponendo così una visione
patriottica e civica - ovvero non sciovinista - rispetto ad una
visione cosmopolita e finanche colonialista tipica del liberalismo
anglosassone.
E' da ciò che De Benoist
imposta la sua critica al liberalismo, dottrina essenzialmente
economica che tende ad infrangere tutti i legami sociali che vanno al
di là dell'individuo, la quale ha favorito, nel corso dei secoli,
l'avvento della società borghese industriale, post industriale e
l'avvento - infine - del capitalismo assoluto, ovvero del mondialismo
e dell'attuale globalizzazione, che ha distrutto ogni senso di
appartenenza, comunità, sicurezza sociale, legame amicale e
sentimentale, offrendo all'essere umano una sorta di supermercato ove
tutto ha un prezzo, ove tutto si vende e si acquista, ove ogni cosa e
finanche persona è ridotta a merce. Ove, in sostanza, la famiglia è
ormai una sorta di piccola impresa, le relazioni sociali una
serie di stretegie concorrenziali interessate e la politica un
mercato nel quale gli elettori "vendono" il proprio voto al
"miglior offerente".
Tutto,
nella società liberale borghese, è demandato al mercato ed ai
concetti di "utilitarismo" e "individualismo" e
tutto gira in funzione di questo: dalla libera circolazione dei
capitali a quella delle persone; dalla delocalizzazione delle imprese
sino alla distruzione dell'ambiente, alla distruzione di milioni di
posti di lavoro ed alla scomparsa dello stato sociale e di
quei legami sociali che erano il fondamento di ogni comunità e del
suo "bene comune".
L'ideologia giacobina
della Rivoluzione Francese, in sostanza, ha sostituito il potere
della vecchia aristocrazia con un nuovo potere, quello della
borghesia economica e - non a caso - ha escluso del tutto la
partecipazione del Quarto Stato, che ha ben pensato di continuare a
sfruttare, almeno sino all'avvento di rivoluzioni proletarie quali la
Comune di Parigi del 1870 e la Rivoluzione d'Ottobre del 1917, pur
episodi assai circoscritti e che hanno influenzato la Storia umana
solo in parte.
Con il dominio
dell'ideologia liberale e individualista, ogni differenza e identità
si è uniformata al modello unico occidentale, nordamericano e bianco
e ciò ha fatto riaffiorare nuovi sciovinismi e xenofobie, i quali
hanno origine - come afferma De Benoist - non dagli immigrati, bensì
dalla totale perdita di identità degli stessi autoctoni. Si crede
- scrive De Benoist - di fortificare il sentimento nazionale
fondandolo sul rifiuto dell'Altro. Dopodiché, una volta presa
l'abitudine, si finisce con il trovare normale il rifiuto dei propri
compatrioti.
E' perciò che il
filosofo francese ritiene che una società cosciente della propria
identità - che è anche affermazione della differenza - possa essere
forte solo quando antepone il bene comune all'individualismo,
anteponendo convivialità e generosità rispetto alla concorrenza ed
al sistema del danaro.
E' proprio in nome
dell'affermazione delle differenze che De Benoist critica il
nazionalismo sciovinista (che in Francia nell'800 ha avuto origini
repubblicane e liberali) e promuove la valorizzazione e
rivitalizzazione delle autonomie culturali e linguistiche, oggi
particolarmente oppresse in Francia in nome dell'unità nazionale e
dell'ideologia giacobina del 1789 (qui fa riferimento in particolare
alla cultura bretone e corsa, ancora oggi viste con sufficienza e
spesso disprezzo in Francia).
Unitamente a tali aspetti
De Benoist analizza il fenomeno ecologista - trascurato sia nel mondo
capitalista che comunista - ravvisando nei movimenti Verdi europei la
ricerca di recupero della valorizzazione delle differenze, delle
identità, delle culture, assieme al recupero della natura intesa
come bene pubblico, dell'ecologia profonda in antitesi rispetto a
certo riformismo "ecologico", che si limita a contenere i
danni all'ecosistema solo in quanto questi potrebbero rallentare il
processo economico e dunque l'interesse del ricco borghese, per dirla
più prosaicamente.
Egli mette peraltro in
parallelo la sensibilità ecologista con quella religiosa, ravvisando
- esattamente come scrisse lo storico statunitense Lynn White Jr. -
nelle religioni monoteiste una visione antropocentrica e quindi
scarsamente o per nulla sensibile nei confronti dell'ambiente - in
quanto il Dio giudiaico-cristiano, come indicato nelle Scritture, ha
stabilito che l'Uomo può disporre dell'ambiente e degli animali a
suo piacimento - rispetto invece ai culti orientali, gnostici e
pagani, fondati sull'armonia del Cosmo e dell'unione fra Essere Umano
e Natura, che è anch'essa vista come manifestazione del Divino e
quindi come tale deve essere salvaguardata, difesa e amata.
Per concludere, Alain De
Benoist, denuncia la mondializzazione capitalista ed il sistema dei
media, ad esso peraltro correlata. La prima ha reso gli Stati ed i
governi stessi - in particolare quelli del Terzo Mondo (grazie alle
politiche di deregulation della Banca Mondiale e del Fondo Monetario
Internazionale) schiavi del debito pubblico (impagabile, come
dimostrato dallo stesso De Benoist in altri saggi) e del sistema del
mercato globale, assoggettati alla volontà stessa delle
multinazionali al fine di attrarre investitori. E dunque li ha
privati di ogni reale sovranità.
Il sistema dei media,
invece, come peraltro già profetizzato e denunciato dal nostro Pier
Paolo Pasolini negli Anni '70, omologano i telespettatori, ovvero li
rendono schiavi del sistema del consumo, ipnotizzandoli e rendendoli
acritici, spoliticizzati, permeabili a qualsiasi immagine o
manipolazione imposta loro dal mercato, sin dalla più tenera età. E
ciò sembra peraltro fare lo stesso internet che, lungi dall'essere
diventato luogo di libertà, comunicazione e approfondimento, sembra
utilizzare e veicolare gli stessi messaggi sensazionalistici, gli
stessi luoghi comuni, le stesse modalità del mezzo televisivo (si
pensi all'assurdo fenomeno mediatico, mediocre e commerciale degli e
delle "influencer"), creando e ricreando una realtà non
così dissimile da quella descritta da George Orwell nel suo "1984".
Quello denunciato da De
Benoist - filosofo in grado di coniugare valori di destra con idee di
sinistra - è, in sostanza, una sorta di totalitarismo moderno
liberal-capitalista che domina menti, corpi e ambiente, in maniera
quasi silenziosa, ma costante.
Luca Bagatin
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