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lunedì 18 febbraio 2019

Bolsonaro il distruttore: dall'Amazzonia ai diritti degli indigeni. Articolo di Luca Bagatin tratto da "Alganews"

Bolsonaro è come Macron, ovvero è la destra liberalcapitalista.
Questa l'ottima definizione che diede il filosofo francese Alain De Benoist in un'intervista al sito Boulevard Voltaire nel gennaio scorso, denunciando peraltro una serie di aspetti del nuovo governo brasiliano, fra cui la riduzione delle tasse ai più grandi gruppi industriali, la privatizzazione quasi totale delle imprese pubbliche, il ritiro del Brasile dall'accordo di Parigi sul clima e i progetti di Bolsonaro di distruzione ambientale, fra cui la decisione di voler costruire un'autostrada attraverso l'Amazzonia.
Oltre a ciò, De Benoist, faceva notare come la politica estera di Bolsonaro fosse tutt'altro che nazionalista, ma del tutto piegata agli interessi di USA e dei sui alleati: Arabia Saudita e Israele in primis, e di totale ostilità nei confronti di Europa, Russia e Cina.
La simpatia di Bolsonaro nei confronti della dittatura militare dal 1964 al 1985 ne completano peraltro il quadro. De Benoist lo definì “umanamente vuoto e senza scrupoli” e, esattamente come Macron, politicamente liberale. Facendo peraltro notare come: l'uomo forte del suo governo, Paulo Guedes, sia un liberale cresciuto alla Scuola di Chicago, laureato con Milton Friedman e fondatore della banca d'investimento BTG Pactual; il suo Ministro degli Esteri, Ernesto Araùjo, sia un anti-ecologista legato agli interessi dell'agro-business e il suo Ministro dell'Agricoltura, Tereza Cristina, sia rappresentante dei latifondisti.
Bolsonaro, in questi giorni, in barba ai diritti dei popoli indigeni del suo Paese, ha smontato le funzioni principali della Fondazione che si occupa di loro, ovvero la FUNAI, il cui compito principale era quello di demarcare e proteggere i territori abitati dai popoli nativi sopravvissuti alla colonizzazione, ovvero coloro i quali più di tutti dovrebbero avere il diritto di essere chiamati brasiliani e abitare quelle terre.
Bolsonaro sta dunque tentando, attraverso i suoi primi atti di governo, di demolire sia la legislazione ambientale che culturale del Paese, così faticosamente costruita nel trentennio successivo alla dittatura militare da lui ignobilmente tanto amata. Legislazione che, grazie anche al contributo del sindacalista ambientalista Chico Mendes, ha garantito quel minimo di protezione sia alla foresta Amazzonica che al popolo che la abita.
Bolsonaro sarà anche stato eletto “democraticamente”, ma le sue politiche sono l'esatto opposto della democrazia. Peccato in Europa siano in pochi a denunciare tale triste fenomeno, ma preferiscano accanirsi contro il socialismo dell'America Latina, sia in Venezuela che in Nicaragua e altrove. Proprio quel socialismo che ha liberato i poveri e i popoli indigeni dall'oppressione coloniale e liberal capitalista.
Un giorno, forse, chissà, apriremo finalmente gli occhi. Speriamo non sia troppo tardi.

Luca Bagatin

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