Questa è la storia
dell'umile beduino della tribù dei Quadhadhfa, figlio di umili
beduini del deserto libico. Suo padre combatté contro l'invasore
fascista - durante la Seconda Guerra Mondiale - e lui stesso, all'età
di sei anni, a causa dell'esplosione di una mina risalente al periodo
bellico, rimase ferito a un braccio e due suoi cugini persero la
vita.
E' la storia di come
questo umile beduino del deserto, animato di ideali rivoluzionari,
laici, socialisti autentici che ebbe modo di scoprire attraverso i
suoi studi, divenne l'emancipatore e il leader – dal 1969 sino alla
sua barbara uccisione, nel 2011 – della Libia.
E' la storia di Mu'Ammar
Gheddafi, il Rais che – con un colpo di stato antimonarchico, senza
alcuno spargimento di sangue, guidato da lui e altri 12 militari di
umili origini – il 1 settembre 1969, proclamerà la Gran Jamahirya
Araba Libica Popolare Socialista, spazzando via il Re corrotto e la
sua corte, servile nei confronti di Gran Bretagna e USA;
nazionalizzando le risorse del Paese a beneficio della comunità e
dando il via a una repubblica delle masse, ovvero a una forma di
democrazia diretta, sulla base degli insegnamenti di Rousseau e di
Proudhon.
Gheddafi era ispirato
dalla rivoluzione sociale e socialista dell'egiziano Nasser e, come
Nasser, il suo ideale era quello di unificare i popoli arabi in una
grande repubblica laica, socialista, sovrana, antifondamentalista e
antimperialista. Non allineata né all'imperialismo USA né
all'Unione Sovietica e con un sistema socio-politico alternativo sia
al capitalismo che al comunismo, come peraltro già avvenuto decenni
prima nell'Argentina di Juan Domingo Peron.
Quella di Gheddafi è la
storia di un umile beduino diventato leader e simbolo di lotta
socialista, laica e panafricana. Un umile beduino che – come ebbe
egli stesso a scrivere nella sua raccolta di racconti “Fuga
dall'inferno e altre storie” - amava le campagne e detestava le
città; amava l'ambiente e la ricchezza della terra e rifuggiva
l'urbanizzazione; amava le masse, ma detestava la tirannia della
maggioranza; amava la sua religione, ma rifuggiva dalle superstizioni
e dal fondamentalismo che generava guerre e divisioni.
Sulla base di tali suoi
ideali utipici, ma allo stesso tempo concreti, nel 1975, redasse
persino un “Libro Verde”, nel quale li mise nero su bianco,
sviluppando quella che chiamerà Terza Teoria Universale (vedi
http://amoreeliberta.blogspot.com/2015/09/il-libro-verde-di-muammar-gheddafi.html).
La storia di questo umile
beduino è raccontata dallo scrittore Andrea Amedeo Sammartano, egli
stesso nato a Tripoli, in Libia, nel 1950. Andrea Sammartano lo fa
nella forma del “racconto autobiografico”, laddove a ripercorrere
la sua autobiografia è lo stesso Gheddafi, attraverso le parole di
Sammartano, il quale immagina il Rais libico – costretto a
rifugiarsi nel condotto idrico per sfuggire ai bombardamenti della
NATO, nel 2011 – mentre riesamina la sua vita.
“Chiudo gli occhi due
secondi, miei poveri detrattori. Ecco a voi il mio cammino
inviolato”, edito da Italic (www.italicpequod.it),
è il racconto della vita di Gheddafi. Dall'infanzia sino alla
maturità e all'atroce morte, nelle mani dei suoi nemici, con il
concorso di USA (guidati dal tanto ingiustamente osannato Obama),
Francia, Gran Bretagna e NATO intera, che non hanno avuto pietà per
l'unico simbolo dell'argine contro il fondamentalismo islamico e
unico simbolo moderno dell'unità dei popoli africani liberi e
sovrani, uniti nella bandiera della laicità e del socialismo.
Il romanzo/racconto di
Sammartano, scritto con uno stile letterario piuttosto aulico e
forbito, è uno scritto che ricostruisce – con dati storici alla
mano – la vita di un uomo considerato, spesso a torto, controverso
e, forse non a caso, rivalutato da molti post-mortem. Un po' come
accaduto, peraltro, ad uno dei suoi contemporanei e con il quale ebbe
rapporti di amicizia, ovvero al già Presidente del Consiglio
italiano, il socialista Bettino Craxi. Altro amico dei popoli e dei
Paesi liberi e sovrani, la cui triste fine politica non coincise
affatto con la fine del suo pensiero e del suo ricordo, nella mente
di coloro i quali lo hanno sostenuto e hanno compreso la lungimiranza
della sua azione. Lungimiranza e visione oggi del tutto assente nella
prospettiva dei politici odierni, sia italiani che europei.
Questo di Andrea Amedeo
Sammartano è il suo secondo romanzo. Nel 2012, pubblicò infatti
“Festa grande alla Dahara”, che ha suscitato l'interesse della
Stony Brook University e della Hofstra University di New York.
Romanzo ove l'autore si
racconta in terza persona, figlio di colonialisti italiani in Libia,
il quale cerca in tutti i modi di integrarsi fra i libici. Anche
quando sarà costretto a lasciare la Libia, con l'avvento al governo
di Gheddafi, nessuna amarezza o risentimento lo toccherà. Rimane
infatti in lui l'amore per quella terra e la comprensione che ogni
popolo nasce libero e non può mai essere colonizzato e soggiogato da
nessun altro popolo.
Andrea Sammartano |
Ho avuto la possibilità
di intervistare Andrea Sammartano, relativamente alle sue opere.
Luca Bagatin: I
due romanzi che hai scritto sono ambientati in Libia, tua terra
natia. Cosa ricordi della tua infanzia in quella terra ?
Andrea Sammartano:
Alla luce della mia esperienza di vita in Italia, Paese nel quale
risiedo dal 1970, potrei affermare di non avere ricordi della vita
trascorsa in Libia e tento di spiegare perché.. La mia nascita e poi
la mia residenza in Libia durata diciannove anni, hanno determinato
all'interno del mio sentire un cambio di identità totale. Da
italiano in quanto figlio di italiani e di conseguenza della loro
cultura, mi sono trasformato nel corso degli anni in un libico. Cosa
ha causato questo totale cambio di identità ? In primo luogo aver
saputo molto precocemente la verità nascosta per molto tempo sulla
crudeltà della colonizzazione italiana in Libia. Questa ha provocato
la forte necessità di una richiesta di perdono, prima nei confronti
di tutti i libici con i quali avevo a che fare ogni giorno, e poi nei
confronti di tutto il popolo libico. L'unico modo che ho ritenuto
fosse valido per raggiungere lo scopo, è stata la mia completa
integrazione negli usi, nei costumi e, aspetto più importante, nel
loro modo di sentire. In definitiva sposare la loro cultura. Scusa
questa lunga premessa alla domanda, ma forse attraverso questa,
riuscirò a farti comprendere come mi sono cimentato a vivere qui in
Italia come se fossi stato sempre in Libia, quindi evitando, non
sempre riuscendoci, i ricordi che oltre a provocare nostalgia non
rappresentano la realtà.
Luca Bagatin:
Gheddafi, una volta diventato leader della Libia e avendola
liberata da ogni colonialismo, esproprierà gli italiani – giunti
in Libia per volere del Duce - dei propri beni e delle proprie
attività economiche. Tu stesso, come racconti anche nel primo
romanzo, sei figlio di colonialisti italiani. Come hai vissuto
l'abbandono di quella terra ? Cosa ne pensi di quella decisione presa
da Gheddafi, oltre che colonialismo italiano in Libia ?
Andrea Sammartano:
La decisione di Gheddafi di espellere i cittadini italiani
in Libia nel 1970 è derivata da numerose circostanze. Ne citerò per
brevità solo tre. La prima riguarda la crudeltà dimostrata durante
la colonizzazione dall'esercito italiano. La seconda il comportamento
di indisponibilità del governo italiano nel momento in cui Gheddafi
ha chiesto il riconoscimento del nuovo Stato libico e l'indennizzo
dei danni provocati dall'invasione coloniale. La terza concerne la
supponenza culturale della maggior parte dei residenti italiani in
Libia nei confronti dei libici. Credo di rispondere a tutte le tue
domande aggiungendo che ho ritenuto legittime le considerazioni che
hanno portato Gheddafi a espellere la comunità italiana.
Luca Bagatin: Hai
deciso di scrivere un romanzo su Gheddafi, attraverso un ipotetico
racconto autobiografico scritto da Gheddafi stesso. Come mai questa
scelta ?
Andrea Sammartano:
Sono partito dalla condizione
più oggettiva possibile. Ho scritto sulla vita e sul pensiero di
Muammar al Gheddafi sulla scorta di un lungo studio del suo operato
e, grazie a fortunate e numerosissime interviste effettuate presso
l'Università di Perugia dove risiede la più consistente comunità
libica in Italia. Con un pizzico di presunzione ritengo il contenuto
del libro non così ipotetico.
Luca Bagatin: Chi
era, secondo te, Mu'Ammar Gheddafi ? Quale la sua eredità politica ?
Andrea Sammartano:
Uno dei rivoluzionari più
coerenti dei nostri giorni. Riguardo alla sua eredità politica, la
Libia ha rappresentato uno Stato unito, sovrano e rispettato in tutto
il mondo solamente sotto il suo regime. Aggiungo il tentativo di
proporre una democrazia diretta. La realizzazione di una
emancipazione scolastica dopo un esagerato analfabetismo.
L'emancipazione femminile. Il basso costo della vita ma, sopra tutto,
il contrasto spietato al consumismo dilagante nei paesi arabi e la
difesa dei valori culturali e religiosi della Libia. Il suo evidente
panafricanismo. Aspetti che lo ha portato alla sua condanna a morte.
Luca Bagatin: La
Libia, dal 2011, è nel caos. Oggi ancor più di prima. Cosa ne pensi
dell'attuale situazione ?
Andrea Sammartano:
La Libia è dilaniata nel suo tessuto interno dal sopravvento delle
realtà libiche legate a interessi stranieri come ai tempi della
Monarchia defenestrata da Gheddafi.
Luca Bagatin: Stai
lavorando a un nuovo romanzo o pensi comunque di scriverne un terzo ?
Andrea Sammartano:
Sto lavorando con uno storico
libico alla stesura di un saggio storico sulla Libia.
Luca Bagatin
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