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lunedì 5 agosto 2019

La Siberia brucia. Comunisti, nazionalbolscevichi e Greenpeace contro il governo Putin. Articolo di Luca Bagatin

Le foreste siberiane bruciano da due settimane. Si stimano oltre tre milioni di ettari di foresta distrutti.
La colpa è del cambiamento climatico in atto, denunciato solo a parole da fantomatici attivisti mediatici stile “piccola Greta”, senza andare mai al cuore del problema.
Ovvero una denuncia radicale del sistema economico capitalista, fondato sull'ideologia della crescita e il conseguente consumo illimitato di risorse naturali.
Si parla di una vera e propria catastrofe ecologica in Russia, al punto che i fumi dell'incendio si sono spostati sino al Canada e all'Alaska, giungendo sino allo Stato dello Utah, negli USA.
Gli abitanti della Siberia accusano il governo Putin di essere intervenuto troppo tardi, tanto che più di 800mila abitanti hanno firmato una petizione per chiedere interventi più rapidi e incisivi.
Il governo ha avviato un'indagine per comprendere se il fulmine sia di natura dolosa.
Secondo Greenpeace e lo scienziato Mark Parrington, l'incendio sarebbe invece causato in parte dai cambiamenti climatici (quest'anno la temperatura media della Siberia è stata di 10 gradi superiore rispetto alla media del periodo), oltre che all'incapacità del governo russo di proteggere le aree verdi. Problemi simili si sono peraltro verificati, nei giorni scorsi, anche in Groenlandia, Canada ed Alaska.
Il Partito Comunista della Federazione Russa, attraverso il Segretario Gennady Zjuganov, ha puntato il dito contro la gestione privatizzata delle foreste, fondata unicamente sul business, che ha completamente distrutto il sistema di protezione delle foreste dei tempi sovietici.
Sulla stessa linea anche i nazionalbolscevichi di “Altra Russia”, guidati dallo scrittore Eduard Limonov, che anche il 31 luglio scorso hanno peraltro manifestato anche - e ancora una volta - a sostegno dell'Articolo 31 della Costituzione, ovvero in favore della libertà di espressione, di riunione e di parola, oggi negate in Russia, permettendo così pari diritti per tutti i candidati e i partiti che concorrono alle elezioni. Imminenti infatti le elezioni per il rinnovo del consiglio comunale di Mosca dell'8 settembre, che assegnerà ben 45 seggi della Duma.
E' previsto un arretramento del partito liberale putiniano al governo e una avanzata dell'opposizione comunista, che già alle amministrative dello scorso autunno ha conquistato importanti realtà regionali.

Luca Bagatin

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