Matteo Renzi lascia il PD
– pur rimanendone contiguo e alleato - e forma un suo gruppo
parlamentare, che si chiamerà “Partito Socialista Italiano –
Italia Viva”.
Si dirà che si tratta
solo del nome di un gruppo parlamentare, ma che cosa c'entri Matteo
Renzi con il socialismo, viene comunque da chiederselo. La stessa
cosa, peraltro, viene da chiedersela pensando al PD, partito dei
ricchi per eccellenza, di matrice liberal capitalista.
Poi, ad ogni modo, si
scopre da tempo che quelli che si chiamano a parole “socialisti”,
in Italia e in Europa, hanno votato in favore di ogni possibile
deregolamentazione del lavoro, dal Jobs Act alla Loi Travail; in
favore dell'“europeismo dell'austerità e della perdita di
sovranità”; dell'apertura indiscriminata delle frontiere con
conseguente sfruttamento della manodopera a basso costo ed in favore
di una politica estera invasiva nei confronti di Stati sovrani,
spesso laico socialisti (autentici !): dalla guerra alla Libia
socialista (autentica !) di Gheddafi sino a quella alla Siria
socialista (autentica !) di Assad e alle sanzioni al Venezuela
socialista (autentico !) del chavista Maduro.
Mai come oggi, dunque, in
Italia ed in Europa, sarebbe bene chiarire una volta per tutte la
differenza abissale fra il concetto di “sinistra” e
“progressismo” - ovvero di capitalismo assoluto e di crescita
economica illimitata a tutto svantaggio dei popoli e dei poveri –
ed il concetto di “socialismo”, ovvero movimento umanitario,
popolare, populista ovvero di popolo ed in favore del popolo.
Concetto, quest'ultimo,
ben conosciuto non solo da tempo nella già citata Libia gheddafiana,
ove vigeva un governo autogestionario e democratico diretto, non
dissimile da quello jugoslavo di Tito, ma da tempo il socialismo
autentico è o è stato comunque conosciuto nella Bolivia di Evo
Morales; nel già citato Venezuela di Chavez e Maduro; nell'Uruguay
di Pepe Mujica; nel Brasile di Lula; nel Nicaragua di Ortega;
nell'Ecuador di Correa e nell'Argentina peronista dei Kirchner.
Diversamente, in Europa,
da Blair a Hollande e oggi a Macron; da Renzi a Zingaretti; da Schulz
a Sanchez, questi sedicenti “socialisti” - in realtà liberal
capitalisti di sinistra - rappresentano la classe medio alta dei
rispettivi Paesi. Ovvero la logica della crescita illimitata, del
profitto, dell'imprenditorialità liberale contrapposta alle
necessità dei popoli e dei poveri. Popoli e poveri che hanno
necessità di avere un posto di lavoro sicuro e dignitoso; una sanità
e una scuola pubblica che funzionino; un ritorno alle proprie radici
e culture; la necessità di decidere del proprio futuro e di
autogestirsi, senza sovrastrutture autoritarie economiche o
economico-politiche o militari (Unione Europea, Fondo Monetario
Internazionale, NATO).
Il socialismo,
storicamente, ha sempre rappresentato il Quarto Stato. Quel Quarto
Stato escluso dalla borghese Rivoluzione Francese del 1789 e che ha
trovato un suo riscatto decenni dopo, nell'ambito della Prima
Internazionale dei Lavoratori del 1864 composta da socialisti,
anarchici, mazziniani e garibaldini che, pur fallita, ha aperto la
strada alla Comune di Parigi del 1870; alla Rivoluzione Russa del
1917 - autentiche rivoluzioni proletarie - e, negli '60 e '70 al
panarabismo, al socialismo arabo, al panafricanismo in Africa (con
Nasser, Gheddafi, Sankara ecc...) e, negli Anni '90 e 2000,
all'avvento – in America Latina - del Socialismo del XXI Secolo,
con Chavez, Morales ecc...
Mentre altrove fioriva
quel socialismo che l'Europa che aveva visto nascere, nella stessa
Europa veniva via via soffocato, su richiesta degli Stati Uniti
d'America. Veniva soffocato non solo in Paesi sovrani come la
Jugoslavia e le ex Repubbliche Sovietiche, ma anche all'interno della
Comunità Europea, laddove grandi statisti socialisti come Bettino
Craxi venivano ingiustamente accusati di ogni possibile nefandezza e
costretti all'esilio.
E tutto ciò con il
beneplacito dei partiti di sinistra sedicentemente comunisti o post
comunisti, Pds in primis. Partiti che portarono poi avanti quelle
riforme di austerità ed in favore dei poteri forti finanziari ed
economici e divenendo un tutt'uno con i partiti della destra liberale
e della sedicente destra sovranista (Berlusconi, Putin, Orban, Trump,
Salvini, Meloni), in realtà anch'essi propugnatori del sistema
liberale e capitalista.
Ecco
dunque, a parer mio, la necessità della rinascita di un socialismo
né di destra né di sinistra, ma unicamente dalla parte dei popoli e
dei poveri, così come peraltro portato avanti da anni dalla francese
Organizzazione Socialista Rivoluzionaria Europea (OSRE), che edita
l'ottima rivista bimestrale “Rébellion”
(http://rebellion-sre.fr/)
e di cui parlai diffusamente alcuni anni fa in un articolo:
http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/08/rebellion-e-lorganizzazione-socialista.html.
Un
socialismo – quello originario - che non aveva né ha nulla a che
vedere con i totalitarismi novecenteschi, ma anzi ha contribuito a
risollevare le sorti di gran parte del mondo (latino, asiatico,
africano), combattendo il terzo totalitarismo: ovvero il
totalitarismo neoliberale e capitalista, fulcro del modello unipolare
statunitense e anglosassone che, per secoli e decenni, ha depredato
quelle terre anche finanziando e fomentando colpi di Stato
autoritari.
Occorre
dunque distinguere nettamente la sinistra – le cui origini sono
illuministe e borghesi - dal socialismo democratico (inteso come
propugnatore dell'autogestione e della democrazia diretta) e
popolare, poiché non sono affatto sinonimi e si prestano ad equivoci
che, in Italia e in Europa, hanno fatto trionfare il capitalismo
assoluto in nome dell'illuminismo borghese e dell'universalismo
progressista e modernista. Il tutto a scapito dei ceti meno abbienti:
costretti o a lavorare di più a fronte di salari, diritti e pensioni
ridotte o costretti ad una disoccupazione endemica resa sempre più
endemica dalla possibilità per le aziende o di delocalizzare in
Paesi stranieri ove è economicamente più favorevole investire o
sfruttando l'immigrazionismo, ovvero la manodopera straniera a basso
costo.
Luca
Bagatin
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