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lunedì 31 gennaio 2022

Crisi Ucraina. Intervengono i comunisti russi. Articolo di Luca Bagatin

Relativamente alla crisi in Ucraina è intervenuto Gennady Zjuganov, leader del Partito Comunista della Federazione Russa, maggior partito di opposizione alla Duma, Parlamento russo.

Come si legge nel sito ufficiale del partito, Zjuganov denuncia le provocazioni statunitensi contro la Russia, ricordando come, nella Storia, la Russia abbia sempre respinto ogni avversario, a cominciare dai nazifascisti, durante la Seconda Guerra Mondiale.

Riferendosi agli USA, Zjuganov ha fatto presente come questi “in termini di provocazioni e guerra ibrida, sono artigiani molto abili che sanno come minare la stabilità in altri Paesi”.

Allo stesso tempo, Zjuganov, denuncia l'azione del governo russo guidato da Putin, che ha ridotto la spesa pubblica in ogni settore sociale, da quello per la ricerca scientifica, l'istruzione pubblica, sino al settore sanitario. Ovvero il governo ha favorito unicamente l'oligarchia e le classi sociali più ricche, che in Russia continuano ad arricchirsi.

La guerra ibrida e le sanzioni degli USA e dei loro alleati, contro la Russia, dunque, secondo Zjuganov, non fanno che peggiorare ulteriormente le condizioni dei cittadini russi.

Zjuganov e i comunisti russi, dunque, rilanciano la proposta di riconoscimento ufficiale delle Repubbliche Popolari antifasciste di Donetsk e Lugansk, non riconosciute affatto dal governo russo. Zjuganov ritiene che questo riconoscimento può assicurare la protezione dei 600.000 cittadini russi presenti nel Donbass e prevenire ogni conflitto.

La linea dei comunisti russi è dunque quella di proteggere il mondo russo post-sovietico, in Ucraina come in Kazakistan, passando per ogni Repubblica ex sovietica.

Della stessa linea anche il partito nazionalbolscevico “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, il cui fondatore, lo scrittore Eduard Limonov, fu il primo, alla fine degli Anni '90, a sostenere tale tesi.

Una tesi che, in realtà, il governo liberal-capitalista autoritario di Putin, non ha mai voluto realmente prendere in considerazione, esattamente come non aveva voluto farlo il suo predecessore, Boris Eltsin, che ha fortemente contribuito, invece, allo smembramento dell'URSS e all'impoverimento economico e sociale del popolo russo.

Luca Bagatin

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sabato 29 gennaio 2022

VASYA. Poesia di Luca Bagatin

VASYA

Poesia di Luca Bagatin
Musa nelle foto: Vasilisa Semiletova
Vasilisa.

Il tuo nome

Indica il tuo stato di Regina

E così le corone

Che,

Con le tue mani,

Piene d'umanità,

Realizzi.

I tuoi occhi

Cambiano colore.

I tuoi occhi

Mi indicano la via dell'Amore.

Le frasi che mi scrivi,

La loro semplicità,

Mi fanno comprendere

Anche ciò

Che le barriere linguistiche

Potrebbero non far comprendere.

Osservo le tue foto,

Raccontano una storia.

Rimangono scolpite

Nella mia memoria.

Luca Bagatin

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Il nostro candidato Presidente della Repubblica (d'Amore e Libertà) rimane Adriano Celentano


"La solitudine dell'uomo
vive
vive nel marcio
di quelle bustarelle comunali
che concepiscono
quartieri giù infettati
ma per cambiare un po' ci costa
ma per cambiare un po' ci costa
Fino a quando noi
non ci saremo liberati
ma per cambiare un po' ci costa
da una globalità
che ama giocare
coi nostri guai
Gli Stati invocano la crescita
ma l'unica via contro lo Spread
per una sana e angelica
economia:
è la decrescita
Senza abbassare lo stipendio
di chi non ci arriva
alla fine del mese
rinunciando a qualcosa
per primi, gli indistriali
Se non lo faranno
i padroni ricchi falliranno
è inutile poi andar in Cina
in cerca di un nuovo profitto
E' solo questione di tempo
verrà il giorno che pure la Cina si inceppa
e... dopo la seconda guerra mondiale
ci fu il grande Boom economico
Le macerie riunirono la gente
Come in un solo corpo nell'amor patrio
Ma oggi non è poi tanto diverso
Siamo vittime di un crollo economico mondiale
Ma l'unico Boom che ci potrà salvare
è solo il Boom
il Boom della bellezza
E allora l'Italia sarà bella come una volta
senza più nessuno che vuole dividerla...
spaccarla, invocare la secessione...
E la gente sarà felice perché avrà qualcosa da AMARE
qualcosa che è dentro il proprio DNA... la BELLEZZA
La bellezza di un'Italia UNITA, dell'ambiente,
di come sono fatte le case, la bellezza della gente che si
incontra nelle PIAZZE,
nei BAR, nei piccoli NEGOZI.
La bellezza delle cose fatte a misura d'uomo dove la corruzione
e la violenza non possono attecchire, perché sarebbero
troppo esposte.
Quella bellezza che è dentro di noi, fin dalla nascita
e ci tiene saldamente attaccati alla VERITA'
poiché nasce dalla VERITA' e non ci permette di fare
cose di cui vergognarsi,
perché la bellezza è ovunque: nell'uomo, nelle donne,
nei vecchi, nei bambini, nelle PIETRE.
Anche se i partiti e i governi arraffoni di tutto il mondo
dopo il famoso Boom economico...
l'hanno mezza massacrata...
Ma noi possiamo ricominciare,
e fare le cose da capo,
perché lei è lì
è lì che ci aspetta
fin dalla notte dei tempi"
 

Il processo alla Democrazia Cristiana di Pier Paolo Pasolini

Pier Paolo Pasolini, nell'agosto 1975, sul più grande quotidiano italiano, "Il Corriere della Sera", pubblicò un lungo articolo nel quale inchiodò alle sue responsabilità politiche, morali, civili, il partito di governo, la DC.

Un vero e proprio processo al partito di potere che a lungo (mal)governò l'Italia.
Pasolini fu ucciso nel novembre 1975.
Non si seppero mai i veri colpevoli.
L'Italia non ha mai fatto i conti con la DC, che ne rappresenta la coscienza più ipocrita e nera. Come nero fu quel fascismo, denunciato da Pasolini, del quale la DC fu la continuatrice.
 
L.B. 
 

[pubblicato nel “Corriere della Sera” del 24 agosto 1975] (tratto da: http://www.asiablog.it/2007/07/29/pasolini-processo-alla-democrazia-cristiana/)
 
Il processo

Dunque: indegnità, disprezzo per i cittadini, manipolazione del denaro pubblico, intrallazzo con i petrolieri, con gli industriali, con i banchieri, connivenza con la mafia, alto tradimento in favore di una nazione straniera, collaborazione con la CIA, uso illecito di enti, come il SID, responsabilità nelle stragi di Milano, Brescia e Bologna (almeno in quanto colpevole incapacità di punirne gli esecutori), distruzione paesaggistica e urbanistica dell’Italia, responsabilità della degradazione antropologica degli italiani (responsabilità. questa, aggravata dalla sua totale inconsapevolezza), responsabilità della condizione, come si usa dire, paurosa delle scuole, degli ospedali e di ogni opera pubblica primaria, responsabilità dell’abbandono «selvaggio» delle campagne, responsabilità dell’esplosione «selvaggia» della cultura di massa e dei mass media, responsabilità della stupidità delittuosa della televisione, responsabilità del decadimento della Chiesa, e infine, oltre a tutto il resto, magari anche distribuzione borbonica di cariche pubbliche ad adulatori. […]
L’immagine di Andreotti o Fanfani, di Gava o Restivo, ammanettati tra i carabinieri, sia un’immagine metaforica. Il loro processo sia una metafora. Al fine di rendere il mio discorso comico oltre che sublime (come ogni monologo!), e soprattutto didascalicamente molto più chiaro.
Cosa verrebbe rivelato alla coscienza dei cittadini italiani da tale Processo (oltre, si intende, alla fondatezza dei reati più sopra enunciati secondo una terminologia etica se non giuridica)?
Verrebbe rivelato ai cittadini italiani qualcosa di essenziale per la loro esistenza, cioè questo: i potenti democristiani che ci hanno governato negli ultimi dieci anni non hanno capito che si era storicamente esaurita la forma di potere che essi avevano servilmente servito nei vent’anni precedenti (traendone peraltro tutti i possibili profitti) e che la nuova forma di potere non sapeva più (e non sa) che cosa farsene di loro.
Questa «millenaristica» verità è dunque essenziale per capire (al di là del Processo e delle sue condanne penali) che è finita l’epoca, appunto millenaria, di un «certo» potere ed è cominciata l’epoca di un certo «altro» potere.
Ma soltanto un Processo potrebbe dare a questa astratta affermazione i caratteri di una verità storica inconfutabile, tale da determinare nel paese una nuova volontà politica.
Una volta condannati i nostri potenti democristiani (alla fucilazione, all’ergastolo, all’ammenda di una lira, cosa di cui qualsiasi cittadino infine si accontenterebbe) ogni confusione dovuta a una falsa e artificiale continuità del potere democristiano verrebbe vanificata. L’interruzione drammatica di tale continuità renderebbe al contrario chiaro a tutti non solo che un gruppo di corrotti, di inetti, di incapaci è stato democraticamente tolto di mezzo, ma soprattutto (ripeto) che un’epoca è finita e ne deve cominciare un’altra.
Se invece questi potenti resteranno ai loro posti di potere – magari scambiandoseli un’ennesima volta –, se cioè la Dc, e con essa, quindi, il paese, opteranno per la continuità, più o meno drammatizzata, non sarà mai chiaro, per esempio, il fatto che gli italiani oggi sono laici almeno nella misura in cui fino a ieri erano cattolici, oppure che i valori dello sviluppo economico hanno dissolto tutti i possibili valori delle economie precedenti (insieme a quelli specificatamente ideologici e religiosi), oppure ancora che il nuovo potere ha bisogno di un nuovo tipo di uomo.
Ora (o almeno così sembra a un intellettuale solo in mezzo a un bosco) gli osservatori politici italiani insistono colpevolmente a optare, in fondo, per la continuità democristiana: per adesso anche i comunisti. Gli osservatori borghesi indicano settorialmente, nel campo economico (e non dell’economia politica!!), le possibili soluzioni di quella che essi chiamano crisi; gli osservatori comunisti – insieme a tale indicazione, naturalmente più radicale e pur accettando come buone le intenzioni dei democristiani demandati alla continuità – lamentano il persistente anticomunismo.
Ma che senso ha pretendere o sperare qualcosa da parte dei democristiani? O addirittura chiedere loro qualcosa?
Non si può non solo governare, ma nemmeno amministrare senza dei principi. E il partito democristiano non ha mai avuto dei principi. Li ha identificati, e brutalmente, con quelli morali e religiosi della Chiesa in grazia della quale deteneva il potere. Una massa ignorante (e lo dico col più grande amore per questa massa) e una oligarchia di volgari demagoghi dalla fame insaziabile, non possono costituire un partito con un’anima. Ciò l’abbiamo sempre saputo, e l’abbiamo anche sempre detto: ma non l’abbiamo saputo e detto fino in fondo: per una ragione molto semplice: perché la Chiesa cattolica era una realtà, e la maggioranza degli italiani erano cattolici. […]
Torniamo dunque al nostro Processo (metaforico): ma stavolta in relazione e in funzione della politica del Pci (o di un Psi ipoteticamente rinnovato da una sua «rivoluzione culturale»), che è l’unica che importa. Se, invece di fingere di accontentarsi delle parole dei «galantuomini della continuità», i comunisti e i socialisti decidessero di spezzare tale continuità intentando un Processo penale a Andreotti e a Fanfani, a Gava e a Restivo ecc. ecc., che cosa metterebbero in chiaro una volta per sempre di fronte alla propria coscienza? Una serie di fatti banali che portano a un fatto essenziale, e cioè:
Primo fatto banale: si presenterebbe, in tutta la sua estensione e profondità, ma anche in tutto il suo definitivo anacronismo, il quadro clerico-fascista in cui il malgoverno democristiano ha potuto essere attuato attraverso una serie di reati classici. Reati dunque non reati, in quanto consustanziali alla realtà del paese, e quindi (come quelli mussoliniani) perpetrati in fondo nel suo ambito e col suo consenso. Durante i primi venti anni del regime democristiano, si è governato un popolo storicamente incapace di dissentire: esattamente come durante il ventennio fascista, come durante l’Ottocento pontificio o borbonico, e addirittura come durante i secoli feudali.

Nel palazzo

Secondo fatto banale: la qualificazione di «antifascista» (di cui insistono a gratificarsi uomini anche autorevoli di sinistra, che in questo non si distinguono affatto dai democristiani) diventa una sinonimia assurda, anzi, ridicola, di antiborbonico o antifeudale…
Terzo fatto banale: un paese non più clerico-fascista, e cioè un popolo non più religioso, non può non ripercuotere la propria realtà nel «Palazzo», vanificandone i codici e rendendo le manovre dei potenti degli automatismi pazzi (di cui son complici anche gli oppositori).
Fatto essenziale: ciò che al contrario il Processo renderebbe chiaro – folgorante, definitivo – è che il contesto in cui governare non è più quello clerico-fascista, e che proprio nel non aver capito questo consiste il vero reato, politico, dei democristiani. Il Processo renderebbe chiaro – folgorante, definitivo – che governare e amministrare bene non significa più governare e amministrare bene in relazione al vecchio potere, bensì in relazione al nuovo potere.
Per esempio: i beni superflui in quantità enorme, ecco qualcosa di assolutamente nuovo rispetto a tutta la storia italiana, fatta di puro pane e miseria. Aver governato male significa dunque non aver saputo far sì che i beni superflui fossero un fatto (come oggettivamente dovrebbe essere) positivo: ma che, al contrario, fossero un fatto corruttore, di selvaggia distruzione di valori, di deterioramento antropologico, ecologico, civile.
Altro esempio: la democratizzazione derivante dal consumo estremamente esteso dei beni (compresi, perché no?, i beni superflui), ecco un’altra grande novità. Ebbene, l’aver governato male significa non aver fatto sì che tale democratizzazione fosse reale, viva: ma che, al contrario, fosse un orribile appiattimento o un decentramento puramente enfatico (gestito in genere da illusi progressisti).
Altro esempio ancora: la tolleranza, che il nuovo potere ha elargito, per delle sue buone ragioni, è anch’essa una grande novità. L’aver governato male – ancora una volta consiste nel non aver fatto di tale tolleranza una conquista, ma di averla trasformata nella peggiore intolleranza reale che si sia mai vista (ossia la tolleranza di una maggioranza, resa sconfinata dalla sua nuova «qualità» di «massa», che tollera, in realtà, solo le infrazioni che fanno comodo a lei stessa).
Quindi, nella mia ansia didascalica, insisto: governare bene o amministrare bene non significa più affatto governare bene o amministrare bene rispetto al governare male o all’amministrare male clerico-fascista (e quindi democristiano). La moralità politica non consiste più nel confrontarsi con l’immoralità clerico-fascista e magari col debellarla: cosa che i democristiani, in quanto cristiani, hanno sempre detto, a parole, di voler fare. Di conseguenza, se i comunisti – nelle giunte amministrative regionali, provinciali e comunali – si limitassero ad attenersi a una simile moralità politica, essi altro non sarebbero che i veri democristiani.
Ma – e questo è il punto – anche facendo dei beni superflui, della democratizzazione consumistica e della falsa tolleranza, qualcosa di avanzato, di vivo, di reale – anche in tal caso – i comunisti altro non sarebbero che i veri democristiani. Perché? Perché beni superflui, democratizzazione consumistica, tolleranza sono fenomeni che caratterizzano il nuovo potere (il nuovo modo di produzione) e tale nuovo potere (tale nuovo modo di produzione) è capitalistico.
Bologna è in realtà un esempio di come avrebbe dovuto essere amministrata dai democristiani una città.
Ma è a questo punto che si ha il «risvolto» del mio presente scritto (reso evidentemente romanzesco dalla presenza di un Processo…).
Il «risvolto» consiste in questo: la continuità democristiana, voluta in realtà da tutti indistintamente – in barba alla terribile «crisi», da tutti, altrettanto indistintamente, recepita e drammatizzata – in realtà non è possibile […]

Pier Paolo Pasolini

giovedì 27 gennaio 2022

Per non dimenticare

Io non dimentico che il nazifascismo è stato un crimine.
Io non dimentico i morti, le loro sofferenze, i soprusi subiti.
E non è retorica, perché ancora ci sono morti.
E muoiono e soffrono per colpa di governi autoritari, capitalisti, oligarchici e pseudo democratici. Con i loro pregiudizi.
Anche Hitler e Mussolini andarono al potere perché eletti.
Ma le elezioni non sono affatto democrazia.
Ma dittatura della maggioranza.
Oppressione del potere.
E il potere corrompe.
E il potere è violenza.
E il potere è sopruso.
E, quindi, il potere va estinto, superato, in nome dell'Amore e della Libertà.

(Luca Bagatin)

martedì 25 gennaio 2022

Il nostro Presidente della Repubblica (d'Amore e Libertà): Adrian -Adriano Celentano

"Io sono, disse la vita quando nacque in un’esplosione di bellezza. Io sono, dissero la donna e l’uomo e nessuno prevaleva sull’altro perché io voleva dire noi. Noi siamo la vita. Poi l’uomo disse io ho, e nacque l’infelicità" 

(Adrian)

"Solo l'Amore ci può salvare"
(Adrian) 

"Come faccio girare le palle io, non le fa girare nessuno"
(Adrian)

"Sono qui,
ti aspetto qui
oltre il buio mi vedrai.
Saprò difenderti
proteggerti
e non stancarmi mai"
(Adrian) 
 

Adriano Celentano Presidente della Repubblica. Articolo di Luca Bagatin del 15 dicembre 2021

Il prossimo Presidente della Repubblica sarà eletto a inizio 2022.

Come al solito è partito il consueto balletto dei politici, sempre più slegati dai problemi del Paese, sempre più uniti da un sistema economico che favorisce i più abbienti, il sistema bancario, il sistema delle imprese e quello di una crescita economica (niente affatto illimitata), volta alla distruzione del Pianeta e allo sfruttamento del lavoro.

Un sistema, peraltro, governato sempre più dalle logiche di Washington e di Bruxelles.

Così è da almeno quasi trent'anni. E oggi, con un governo espressione praticamente di tutto il Parlamento e di tutti i poteri forti internazionali, è ancora più evidente.

In tutto ciò, non potrà che essere eletto il solito Presidente espressione dei veti incrociati fra i politici e gradito ai poteri forti internazionali.

Ma ciò, non ci toglie il piacere di sognare e di immaginare come, per una volta, sarebbe bello eleggere un Presidente totalmente fuori dai giochi.

In questo senso trovo che Adriano Celentano sarebbe la persona più giusta e lo dico tanto seriamente quanto, proprio per questo, sono consapevole che non potrebbe mai e poi mai, non solo essere eletto, ma nemmeno essere preso in considerazione.

E ciò non in quanto Celentano è uomo di spettacolo (lo sono gran parte dei politici italiani più noti, ormai da qualche decennio), ma in quanto Celentano ha sempre usato la sua immagine e popolarità per fare politica. O, meglio (anti)politica. Che è la politica più alta che possa esistere, in quanto volta alla sovversione della realpolitik e del Potere prostituito (prima ancora che costituito) alle logiche del mercato e dell'economia.

Celentano, dicevamo, ha sempre fatto politica. Non partitica, anzi. Non ha mai fatto parte di alcun partito. Ma, sin dagli Anni '80 almeno, ha sollevato questioni sociali e politiche molto forti. Per quanto scarsamente comprese, in un'Italia che ha preferito lasciarsi abbindolare dalla pubblicità commerciale (sin da tempi non sospetti) e dalla propaganda partitica.

Nel 1985, Celentano, realizzò un bellissimo quanto dimenticato film: “Joan Lui – Ma un giorno nel paese arrivo io di lunedì”. Un film a tratti comico, ma anche profondamente crudo e drammatico.

Un film nel quale, il Molleggiato, vestiva i panni del Messia o, quantomeno, di un Messia. Un Messia moderno/antimoderno, che tentava di illuminare il cammino di un'umanità preda della dittatura tecno-mercantile e consumista. Una dittatura già denunciata, qualche tempo prima, da Pier Paolo Pasolini, totalmente inascoltato.

E Celentano ha proseguito su questo filone, pur prendendosi critiche e perdendo finanche in popolarità.

Non era già più il Celentano semplice cantante “molleggiato” degli Anni '50 e '60, o quello divertente e a tratti romantico delle commedie di Castellano & Pipolo, con Ornella Muti.

Era qualcosa che mirava a scuotere le coscienze, usando per la prima volta il mezzo televisivo volto all'intrattenimento.

Nel 1987, in una puntata di “Fantastico”, da lui diretta, realizzò un monologo nel quale si definì, provocatoriamente “figlio della foca” e lanciò lo slogan “La caccia è contro l'amore”, che i cittadini avrebbero dovuto scrivere sulla scheda elettorale dei referendum abrogativi, che si tenevano in quei giorni.

La cosa costò a Celentano un processo da parte della Corte di Assise di Roma, nel febbraio 1988, che portò alla sua assoluzione nel 1989.

Ma, per la prima volta, una star della televisione faceva apertamente politica o, meglio, (anti)politica, sovvertendo le regole del gioco e parlando al cuore delle persone.

Ecco, Celentano, da allora, iniziò a parlare al cuore delle persone.

Contro la caccia, per la tutela dell'ambiente (decenni prima del fenomeno mediatico Greta Thumberg, che non ha mai rischiato alcun processo), per una società diversa e più giusta.

E lo farà negli anni successivi, con i suoi show e con molte delle sue canzoni (pensiamo ad esempio a “Arrivano gli uomini” e a “Facciamo finta che sia vero”).

E lo farà anche con il purtroppo ignorato cartone animato-serie evento “Adrian”, del 2019.

Una serie animata nella quale lui stesso si trasforma in una sorta di supereroe che abita nelle periferie di Milano e diviene, così, una bandiera post-ideologica.

La bandiera dei più deboli, schiacciati dal cemento, dalla mafia, dai soprusi di una politica autoreferenziale e di una economia che promuove la dittatura del danaro e del consumo e lo fa in modo subdolo, strisciante, come il peggiore dei totalitarismi.

Una serie animata sulla realtà che stiamo vivendo e su quella ancora peggiore che potremmo vivere, se non acquisiremo consapevolezza della deriva che sta prendendo questa sedicente “civiltà”.

“Solo l'Amore ci può salvare”, fu il leitmotiv che accompagnava tale serie tv, dedicata a Gino Santercole e prodotta da Claudia Mori, la cui bellissima immagine fu rappresentata anche nel cartone quale compagna di Adrian.

“Solo l'Amore ci può salvare” è una frase apparentemente banale, ma che dice tutto.

Solo ciò che non si può ancora vendere e comprare ci può salvare. Perché ci stiamo condannando e non ce ne stiamo nemmeno rendendo conto.

E i governi di tutti il Pianeta ci stanno condannando. Da secoli, da decenni.

Sarebbe bello che, a ricordarcelo, a livello istituzionale, fosse un Adriano Celentano nelle vesti di Presidente della Repubblica. Per la prima volta un Presidente superpartes e oltre ogni forma di Potere.

Sarebbe bello, ma, come dicevo, purtroppo, non accadrà.

Luca Bagatin

http://amoreeliberta.blogspot.com/2021/12/adriano-celentano-presidente-della.html

 
 Facciamo finta che sia vero
(cantata da Adriano Celentano, testi del filosofo Manlio Sgalambro e Franco Battiato, musica di Nicola Piovani)

Facciamo finta che sia vero quello che vi dico
Ma è giusto essere per forza governati
Siamo nelle mani del peggiore stile di vita
Nelle mani di insensati governanti
Che si danno il turno
Mentre navighiamo senza più comando
In preda alla tempesta
Quando ero giovane ho visto altri mondi
Un'altra razza di esseri umani
Volavano corpi di arcobaleni
Nel cielo, nel cielo
Stavamo bene
Sveglia, svegliamoci
Dormienti in stato di sonno perenne
I servi del potere si vendono per quattro soldi
Pappagalli ammaestrati
Che ripetono ossessivamente
Sempre le stesse irresponsabili bugie
Dobbiamo risvegliare adesso le coscienze
Adesso forse è troppo tardi
Com'era bella negli anni sessanta
Milano sotto una luce dorata
Vedevo corpi di arcobaleni
Nel cielo, nel cielo
Milano sotto una luce
Volavano corpi di arcobaleni nel cielo

domenica 23 gennaio 2022

OCCHI DI GIADA. Poesia di Luca Bagatin / EYES OF JADE. Poem by Luca Bagatin / ГЛАЗА НЕФРИТА Стихотворение Луки Багатина

OCCHI DI GIADA
Poesia di Luca Bagatin
Musa nella foto: Vasilisa Semiletova


Perdere il controllo

Perdermi per sempre

In quegli occhi da gatta.

Di che colore sono?

Non lo so.

Non è importante.

Il tuo volto

E' arte.

Il tuo corpo, minuto e asciutto,

E' arte.

I tuoi capelli rossi

Sono arte.

Le tue mani

Sono arte.

E con esse

Realizzi, magicamente,

Dei fantasmagorici gioielli

Che mi ricordano i tuoi occhi.

Occhi di giada.

Nei quali voglio perdermi.

“Voglio un amore tragico

E una morte tragica”

Scriveva Sergey Kuryokhin.

Voglio anch'io morire,

Tragicamente nei tuoi occhi

Che amo.

“Ciò che serve”, scriveva Sergey,

“è un potente impulso romantico

che raggiunga il livello eroico”.

Arte e eroismo,

Sono i due elementi

Che mi ispiri.

E erotismo.

Libero da ogni volgarità.

Libero da ogni malizia.

Libero da ogni ipocrisia.

Luca Bagatin

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EYES OF JADE  

Poem by Luca Bagatin 

Muse in the photo: Vasilisa Semiletova 


To lose control  

Losing myself forever  

In those cat eyes. 

What color are they?  

I do not know.  

It's not important. 

Your face It is art.  

Your body, small and dry,  

It is art.  

Your red hair  

They are art.  

Your hands  

They are art.  

And with them  

You magically realize  

Phantasmagorical jewels 

That remind me of your eyes. 

Jade eyes.  

In which 

I want to get lost.  

“I want tragic love  

And a tragic death"  

Sergey Kuryokhin wrote.  

I want to die too, 

Tragically in your eyes 

That I love. 

"What is needed", wrote Sergey, 

“It's a powerful romantic impulse that reaches the heroic level". 

Art and heroism, 

They are the two elements 

That inspires me. 

And eroticism. 

Free from any vulgarity. 

Free from all malice. 

Free from all hypocrisy. 

Luca Bagatin

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 ГЛАЗА НЕФРИТА
Стихотворение Луки Багатина
Муза на фото: Василиса Семилетова


Потерять контроль
Потерять себя навсегда
В этих кошачьих глазах.
Какого они цвета?
Я не знаю.
Не важно.
Твое лицо
Это искусство.
Твое тело, маленькое и сухое,
Это искусство.
твои рыжие волосы
Они искусство.
Твои руки
Они искусство.
И с ними
Сделайте свой волшебным
Фантасмагорические драгоценности
Напоминает мне твои глаза.
Нефритовые глаза.
В котором я хочу потеряться.
«Я хочу трагической любви
и трагическая смерть.
- написал Сергей Курёхин.
я тоже хочу умереть
трагично в твоих глазах
Что я люблю.
"Что тебе надо" - написал Сергей,
"Это мощный романтический порыв
что достигает героического уровня».
Искусство и героизм
это два элемента
Это вдохновляет меня.
И эротика.
Свободный от всякой пошлости.
Свободен от всякой злобы.
Свободный от всякого лицемерия.

Лука Багатин

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mercoledì 19 gennaio 2022

Esce l'ultimo saggio di Luca Bagatin: "L'Altra Russia di Eduard Limonov - I giovani proletari del nazionalbolscevismo"

“LAltra Russia di Eduard Limonov – I giovani proletari del nazionalbolscevismo”, è l'ultimo e completo saggio di Luca Bagatin, edito da IlMioLibro e acquistabile al seguente link: https://ilmiolibro.kataweb.it/libro/saggistica/617218/laltra-russia-di-eduard-limonov-2/

“L'Altra Russia di Eduard Limonov”, partito dissidente russo rifondato nel settembre 2020, raccoglie l'eredità del Partito NazionalBolscevico (PNB), fondato negli Anni '90, dallo scrittore Eduard Limonov, dal filosofo Aleksandr Dugin e dal chitarrista punk Egor Letov. Vero e proprio incontro di spiriti eclettici, controculturali, artistici e soprattutto di giovani, il PNB – messo fuorilegge, in Russia, nel 2007, con l'accusa di “estremismo” – fu il principale partito di opposizione di piazza al totalitarismo liberal-capitalista di Boris Eltsin prima e di Vladimir Putin poi. E così “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, che ne raccoglie il testimone. Unico partito al quale, ancora oggi, in Russia, è impedito di presentarsi alle elezioni e i cui attivisti vengono perseguitati. Il saggio di Luca Bagatin racconta tutto questo e molto altro ancora, anche attraverso la voce di molti dei protagonisti.

Il saggio, con prefazione dell'editore italiano di Eduard Limonov, Sandro Teti, è impreziosito – per gentile concessione dell'autore dell'opera – da una copertina raffigurante Eduard Limonov, realizzata dal giovane artista russo Stepan Biryukov, specializzato in ritratti di scrittori e poeti russi, attraverso un'innovativa tecnica iperrealista.

Luca Bagatin, nato a Roma nel 1979, è blogger dal 2004 (www.amoreeliberta.blogspot.it). Già collaboratore di riviste di cultura esoterica e risorgimentale, attualmente collabora con “Olnews”, “Electomagazine” e “Liberalcafé”, oltre che con la rivista online “L'Ideologia Socialista”. Suoi articoli sono stati tradotti e pubblicati in Francia, Serbia, Brasile e in lingua fiamminga. E' autore di saggi sulla storia della Massoneria, sul mondo femminile, sull'erotismo e sul socialismo.

Bettino Craxi, l'ultimo dei socialisti italiani e europei. Articolo di Luca Bagatin

Il socialismo da parecchi decenni, è del tutto assente, sia in Italia che in Europa.

Per questo, in particolare, occorre ricordare la figura di Bettino Craxi, ultimo socialista italiano e europeo, la cui fine politica - nel 1993 – ha coinciso con la fine di un'epoca storica.

Fu la fine di un'epoca nella quale la politica contava ancora qualche cosa e teneva a freno l'economia e la finanza.

Un'epoca nella quale l'Est e l'Ovest erano in conflitto, certo, ma gli equilibri geopolitici ancora reggevano, non come oggi ove a livello internazionale gli USA e l'UE sembrano voler a tutti i costi entrare in conflitto con Cina, Russia, Venezuela e numerosi altri Paesi sovrani.

Un'epoca nella quale l'immigrazione e l'emigrazione di massa erano ancora sconosciute, in quanto il capitalismo assoluto, la globalizzazione e la conseguente deregolamentazione dei mercati, erano fenomeni tenuti a freno dalla politica e dal sistema democratico.

Un'epoca nella quale esistevano in Nordafrica – prima fra tutti la Libia di Gheddafi - ancora Stati laici, socialisti e sovrani, che tenevano a bada il fondamentalismo islamico e sapevano creare prosperità per i rispettivi popoli. Esisteva ancora la Jugoslavia, la quale era uno Stato socialista unitario e autogestito.

Il caos occidentalista, fondamentalista religioso, ultra-capitalista e globalista, era ancora al di là da venire e Bettino Craxi, pur essendo un sostenitore della modernizzazione, fu un sostenitore di quel socialismo che sapeva guardare ai popoli laici e socialisti del Mediterraneo, del Medioriente, dell'America latina e dell'Est (pensiamo agli ottimi rapporti fra il PSI di Craxi e il Partito Comunista Rumeno di Ceausescu), oltre che dell'Estremo Oriente.

Fu un sostenitore di quel socialismo che sapeva tenere a bada il capitalismo e i poteri forti finanziari, che dalla falsa rivoluzione di Tangentopoli seppero come trarre vantaggio economico, sulle spalle del Paese e di una classe politica dell'unico e solo centro-sinistra che l'Italia abbia mai avuto, che aveva, nel bene o nel male, saputo garantire stabilità e prosperità.

Craxi sarà l'avversario principale dei postcomunisti, o, meglio, degli pseudo “comunisti”, ormai votati al capitalismo assoluto, che si sentivano maggiormente “protetti sotto l'ombrello della NATO” e di quei poteri forti che il socialismo italiano contrasterà sempre, oltre che delle nascenti destre, più o meno estreme.

Craxi sarà – da Presidente del Consiglio - l'amico persino di quel Mario Appignani detto “Cavallo Pazzo”, orfano, figlio di una prostituta, freak, beatnik, indiano metropolitano che primo fra tutti denunciò – per averli subiti sulla sua pelle – gli orfanotrofi “lager” gestiti dall'Opera Nazionale Maternità e Infanzia.

Sarà dunque amico dei potenti, ma anche dei più umili e, soprattutto, sarà amico dei Paesi e dei popoli liberi, dall'America Latina alla Palestina e lo sarà sempre in nome dell'Eroe dei Due Mondi, Giuseppe Garibaldi, di cui fu appassionato collezionista di cimeli.

Bettino Craxi recupererà, nel panorama culturale e politico, figure allora marginalizzate dall'intellighenzia italiana e europea, ovvero l'anarchico conservatore Pierre-Joseph Proudhon e il socialista liberale Carlo Rosselli, unendo aspetti sino allora considerati ossimorici dal sinistrismo borghese imperante che, negli anni successivi alla morte fisica di Craxi, darà vita al partito delle élite antisocialiste, ovvero al PD.

E da non dimenticare come il socialismo di Craxi fosse contrastato dai post fascisti del MSI (poi AN, poi Fratelli Meloni) e dalla Lega (prima Nord e poi non più Nord), oggi partiti sostenitori del capitalismo assoluto e della politica atlantista e filo USA tanto quanto il PD.

In Europa, parimenti, dopo l'esempio del Partito Socialista Italiano di Craxi, nessun partito che si richiamava – a parole – al socialismo, fu più davvero socialista, ma adottò l'ideologia della crescita economica illimitata, delle privatizzazioni selvagge, dell'immigrazionismo senza regole, dell'esportazione della “democrazia”... ma unicamente contro Paesi laici e socialisti quali Iraq, Libia, Siria e Jugoslavia (sic!).

Il socialismo, in Europa, scomparve dunque con il PSI di Bettino Craxi. Craxi che, persino oggi, viene ricordato da taluni comunisti duri e puri (i pochi che ancora esistono in questo Paese) per essere stato l'unico Presidente del Consiglio italiano ad aver sfidato, con la vicenda di Sigonella, gli Stati Uniti d'America. Come il miglior Charles De Gaulle. Come dovrebbe fare un leader europeo che prende ordini unicamente dal suo popolo e non da altri Paesi stranieri.

E' così che, oltre vent'anni dopo essere passato a miglior vita, Bettino Craxi merita di essere ricordato. Un raro uomo politico socialista, di quelli che oggi, almeno in Europa, non esistono davvero più.

Luca Bagatin

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domenica 16 gennaio 2022

Russia. Arrestati 16 attivisti nazionalbolscevichi per aver difeso i diritti dei russi in Kazakistan. Articolo di Luca Bagatin

 
In diverse città russe si sono tenuti picchetti a sostegno dei 16 attivisti del partito nazionalbolscevico “L'Altra Russia di Eduard Limonov”, arrestati a Mosca, nei giorni scorsi, per aver appeso – l'8 gennaio scorso - uno striscione su un treno della metropolitana, a sostegno dei diritti dei russi in Kazakistan.

In un comunicato del partito si legge: “Il governo corre a salvare il regime russofobo in Kazakistan, ma imprigiona i patrioti in Russia! Quindi i nemici della Russia sono nel Ministero degli Affari Interni! Libertà per i nazionalbolscevichi!”.

Ricordiamo che lo scrittore Eduard Limonov fu il primo, sin fine degli Anni '90, a denunciare il regime kazako di Nazarbaïev e a sostenere la necessità di un ritorno alla Russia del nord del Kazakistan, abitato da oltre 4 milioni di russi, brutalmente “kazakizzati” dal regime.

Il partito dissidente “L'Altra Russia di Eduard Limonov” si batte, da oltre un anno, anche per la liberazione del blogger e attivista dei diritti umani dei russi in Kazakistan, Ermek Taychibekov.

Luca Bagatin

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giovedì 13 gennaio 2022

Aumentano le bollette, ma nessuno protesta. Questa è l'Italia-barzelletta. Articolo di Luca Bagatin

Le bollette rincarano. Non so se la classe media borghese italiana, quella con i soldi, insomma, se ne sia accorta.
Nessuna protesta.
Gli pseudo "comunisti" alla Rizzo non fanno manifestazioni per bloccare tutto. Da loro solo parole.
Anzi, criticano i kazaki (parlando a vanvera di rivoluzioni "colorate"), che hanno messo a ferro e fuoco il Paese proprio per protestare per gli aumenti di prezzo del settore energetico, chiedendo (sin dagli Anni 2000) la nazionalizzazione di tale settore.
In Francia, per anni, i Gilet Gialli - ovvero il popolo, trasversale - hanno manifestato per i diritti sociali e così in Cile, Ecuador, Russia e in tutto il mondo ove vi sono popoli che hanno il coraggio di lottare per la propria dignità e emancipazione sociale.
In Italia, al massimo, si protesta contro i vaccini (che sono un diritto alla salute!), contro le fantomatiche "quarantene" (necessarie a evitare i contagi, peraltro!).
Ma non perché il settore energetico, quello delle telecomunicazioni e i servizi pubblici vengano NAZIONALIZZATI e consegnati nelle mani dei cittadini stessi.
In Italia ci meritiamo davvero un Berlusconi o un Draghi presidente e dei partiti guidati da comici, vallette, ex concorrenti di programmi TV.
Siamo un Paese barzelletta e un popolo barzelletta.
E non da oggi. 
Pensiamo solo al fatto che le rivoluzioni risorgimentali le hanno fatte pochissimi eroi, fra i quali quel Giuseppe Garibaldi da tempo ingiustamente vilipeso.
Non so se ve ne siate accorti.
Non ho la possibilità di emigrare dall'Italia, ma, come dico sempre, lo farei subito.
Qui non vi è né eroismo, né onestà intellettuale.
E' l'Italia consumista descritta da Pasolini e quella provinciale dei film di Checco Zalone. 
Pasolini così scriveva, giustamente, degli italiani:

"L'intelligenza non avrà mai peso, mai
nel giudizio di questa pubblica opinione.
Neppure sul sangue dei lager, tu otterrai

da uno dei milioni d'anime della nostra nazione,
un giudizio netto, interamente indignato:
irreale è ogni idea, irreale ogni passione,

di questo popolo ormai dissociato
da secoli, la cui soave saggezza
gli serve a vivere, non l'ha mai liberato.

Mostrare la mia faccia, la mia magrezza -
alzare la mia sola puerile voce -
non ha più senso: la viltà avvezza

a vedere morire nel modo più atroce
gli altri, nella più strana indifferenza.
Io muoio, ed anche questo mi nuoce"

(Pier Paolo Pasolini)

Luca Bagatin