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lunedì 27 maggio 2019

Europee 2019. Hanno vinto i non votanti e gli euro-critici. Alcune riflessioni. Articolo di Luca Bagatin

Il dato più significativo, anche in queste elezioni europee, come nella maggior parte delle consultazioni elettorali degli ultimi decenni, rimane la vittoria dei non votanti. In Italia si attestano al 44%, in Francia a quasi il 50%. In Europa il partito del non voto è grossomodo ovunque il primo partito, con almeno – se non di più - il 40% dei non voti.
Ciò significa semplicemente che, quanto vorrebbero i cittadini, ha poco a che vedere con quanto vogliono i politici.
In Francia, da sei mesi, lo sta dimostrando il movimento dei Gilet Gialli che, lungi dal voler essere rappresentato da qualsivoglia lista elettorale (solo nominalmente esistevano delle liste “gialle”, ma non avevano nulla a che vedere con il movimento ufficiale), di settimana in settimana rappresenta la più ampia opposizione civica e popolare all'oligarchia euro-liberale. Non a caso, la Francia, è Paese nel quale la metà degli aventi diritto si astiene. Con una Le Pen che vince, ma che, in termini assoluti, conta l'11%. Tanto quanto Macron.
Anche in Italia, invero, le cose non vanno troppo diversamente. Salvini vince, ma, in termini assoluti, la Lega conta del supporto di circa il 18% degli italiani (9 milioni circa su 51 milioni circa). E il PD del 12% circa (6 milioni circa su 51 milioni circa). La maggioranza assoluta degli italiani, dunque, sceglie di non scegliere nessuno. Esattamente come nel resto di una Europa, la quale è una entità ancora molto lontana da ogni tipo di democrazia diretta (e che con gli sbarramenti elettorali non permette nemmeno a tutti gli elettori di esprimere il proprio voto !) e dalla volontà reale dei popoli.
Anche la Gran Bretagna ha visto una bassa affluenza alle urne e comunque, anche qui – dopo un continuo tira e molla durato mesi, fra la ormai dimissionaria May e l'Unione Europea – vi è stata l'affermazione di un partito anti-europeista, ovvero il Partito Brexit di Nigel Farage, peraltro ricevendo da tempo anche il sostegno del socialista George Galloway, già leader dell'anticapitalista Partito del Rispetto, dimostrando che chi vuole la Brexit non è di destra, non è xenofobo, ma semplicemente è persona di buonsenso, che non accetta di sottostare alle oligarchie.
Altro dato interessante è, per quanto riguarda l'Italia, l'aumento dei voti del pur piccolo Partito Comunista di Marco Rizzo, unico nel nostro Paese a presentarsi coerentemente contro l'Unione Europea e per l'uscita dalla NATO e beccandosi persino il plauso (e a quanto pare anche il voto) di Vittorio Sgarbi. Unico a presentarsi alternativo non solo alle destre liberal capitaliste, ma anche alle sinistre liberal capitaliste. Non a caso in Europa è collegato al KKE, partito comunista greco che si è sempre battuto contro il sinistrismo borghese di Tsipras e le sue politiche antisociali.
Il PC è infatti passato da uno 0,3% delle scorse elezioni politiche a uno 0,9% delle attuale elezioni europee, più che raddoppiando i voti e incrementandone circa 130.000 e ciò senza pressoché fare campagna elettorale nei grandi media, non avendone i mezzi ed essendone spesso ignorato.
Ciò ha dimostrato che, quando i comunisti riprendono in mano la bandiera socialista originaria, anticapitalista, antiborghese e non accettano alleanze o collaborazioni con le sinistre (da sempre borghesi e fighette tanto che sono state pesantemente sconfitte in Italia e in tutta Europa), sono in grado di crescere e di divenire punto di possibile aggregazione anche per chi, storicamente, mai è stato comunista o mai è stato di sinistra, ma vorrebbe una alternativa popolare, populista nel senso migliore del termine e autenticamente socialista.
La strada è ancora lunga. Molto lunga. Ma è pur sempre un punto di partenza.

Luca Bagatin

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