Pagine

giovedì 26 maggio 2016

Il referendum costituzionale non ci interessa. Vogliamo parlare di problemi più seri ! Vogliamo la democrazia autentica !

Sino ad oggi abbiamo sempre evitato di parlare del referendum costituzionale.
Semplicemente perché è cosa che non interessa le persone che, come noi, non credono ai sistemi antidemocratici delle elezioni politiche. Per cui, poco importa se il Senato è o meno elettivo.
I problemi di questo Paese e dell'Europa sono altri e seri: le oligarchie economiche che sfruttano le persone; le imprese truffaldine che continuano a prosperare (vedi settore della telefonia, fra tutti); la rappresentanza popolare diretta che è al di là da venire; il neocolonialismo, la delocalizzazione e l'immigrazionismo che minacciano ormai tutti quanti.
Di fronte a questo, francamente, una riforma costituzionale di questo tipo, in Italia come altrove, poco ci importa.
L'unica riforma Costituzionale da introdurre dovrebbe piuttosto essere questa: "L'Italia è una Repubblica democratica, PERTANTO la rappresentanza è affidata UNICAMENTE AL POPOLO, senza mediazioni partitico/politiche".


Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it
www.amoreeliberta.altervista.org

mercoledì 25 maggio 2016

"Loi travail", "Jobs act" e misure di austerità: anticamera per l'inferno dei popoli. Articolo di Luca Bagatin

In Francia protestano e sonoramente contro una legge antisociale e antidemocratica (in quanto non voluta né votata dai cittadini) denominata “Loi travail”, ovvero il “Jobs act” francese. Una legge che, ovviamente, è sostenuta dall'Europa” delle imprese, delle banche e delle oligarchie, a discapito dei lavoratori, dei precari e dei poveri che sono, poi, la maggioranza dei cittadini europei ai quali non è mai stata permessa l'ultima parola !
Che cosa prevede, in sostanza, la “Loi travail” avanzata dalla Ministra del Lavoro Myriam El Khomri e fortemente voluta da Hollande e dal suo Primo Ministro Valls ? I punti principali prevedono una diminuzione degli stipendi ed un aumento delle ore di lavoro, qualora l'imprenditore lo richiedesse ed il licenziamento in tronco del lavoratore, non solo se l'impresa è in difficoltà economiche, ma anche se è necessaria una riorganizzazione dell'impresa al fine di poter essere competitiva sul mercato (sic !).
In Italia la legislazione che ha introdotto il lavoro flessibile prevista dal “Jobs act” - voluta dal duo Poletti-Renzi - è passata senza grandi proteste. In Francia, nazione dallo spirito ben più laico e rivoluzionario, invece, il principale sindacato – la CGT - che, a differenza dei sindacati italiani, è assai più pluralista e autonomo e per nulla appiattito alle logiche alla sinistra di governo che ha abbracciato il capitalismo assoluto, ha paralizzato il Paese assieme alle proteste di piazza di studenti e lavoratori.
Auguriamoci che la spuntino, perché è in atto ormai da tempo uno smantellamento progressivo dei diritti dei lavoratori, con il conseguente sfruttamento dei precari e della manodopera a basso costo (spesso straniera, alimentata da politiche contemporaneamente neocolonialiste ed immigrazioniste) con il beneplacito dei vertici di Bruxelles, che, peraltro, si trova in quel Belgio che proprio in queste ore è in fermento contro le politiche di austerità.
Occorre ripensare completamente questa Europa, che non garantisce nessuno se non le élites. Occorre che ai lavoratori, ai precari, ai disoccupati ed ai poveri si garantisca la possibilità di vivere dignitosamente. Ed occorre che tutti i cittadini si riapproprino della propria sovranità perduta e di una rinnovato spirito democratico distrutto da politicanti, economisti, imprenditori e banchieri senza scrupoli che incarnano forme di un nuovo nazifascismo dai contorni “soft”, attraverso le luci ed i colori fasulli dei media, della pubblicità commerciale e dei social-network che rimbambiscono le menti ed annichiliscono le coscienze.
In questo senso le analisi dell'ottimo pensatore francese contemporaneo Jean-Claude Michéa ci vengono incontro. Nel suo “Il vicolo cieco dell'economia” (Elèuthera) ci ha spiegato come l'uomo moderno sia diventato schiavo della società capitalistico-illuminista e nel suo “I misteri della sinistra” (Neri Pozza) ci ha dimostrato come la società liberale riconosca unicamente relazioni basate sullo scambio commerciale e sul “contratto giuridico” e non già sullo scambio reciproco disinteressato e sul dono. E ciò lo possiamo notare nella nostra quotidianità.
Ed ha dimostrato come ci sia una profonda differenza fra il socialismo delle origini, al quale si rifaceva anche George Orwell, fondato sulla libertà, sulla democrazia e sui rapporti umani disinteressati, e la sinistra di governo che ha abbracciato il capitalismo assoluto e la società illuministico-liberale, fondata sulla mercificazione di ogni cosa e sul conseguente sfruttamento dell'uomo sull'uomo, negando così, di fatto, ogni autentica libertà ed ogni forma di democrazia. Democrazia che, lo ricordiamo, è governo di popolo e per il popolo.
Ci uniamo così alle giuste proteste del popolo francese, belga ed anche greco, auspicando un risveglio anche delle annichilite coscienze italiche, nella ricerca di una possibile alternativa anticapitalista, democratica e socialista libertaria.

Luca Bagatin

lunedì 23 maggio 2016

"Amore e Libertà": bilancio di un pensatoio (anti)politico e (contro)culturale. Articolo di Luca Bagatin

Sono passati ormai tre anni dalla fondazione del pensatoio (anti)politico e (contro)culturale “Amore e Libertà” (www.amoreeliberta.blogspot.itwww.amoreeliberta.altervista.org), che ideai una volta preso atto della sconfitta definitiva dei partiti elettoralistici e dei limiti delle ideologie novecentesche, oltre che dell'economia capitalistico-produttivistica, la quale annichilisce ed avvelena le menti ed i rapporti umani e sentimentali.
E' così che, ponendo al centro Anita Garibaldi, eroina latinoamericana che si è battuta in Italia per l'unica Repubblica che il nostro Paese abbia mai conosciuto – quella Romana del 1849 – all'interno di un simbolo rosso – colore della passione, dell'amore e del socialismo umanitario e garibaldino – contornato da ventisei cuori bianchi – simbolo della purezza del cuore – ho dato vita a questo partito-non-partito, “Amore e Libertà” che è un partito nel senso ottocentesco del termine, non elettoralistico, ma raggruppamento di ideali ed aperto a tutti gli spiriti liberi e pensanti, ovvero un pensatoio.
Quali gli scopi di “Amore e Libertà” ? Principalmente ideali e racchiusi nel Manifesto d'Intenti: http://www.amoreeliberta.altervista.org/html/manifesto.htm.
Ma, nel corso dei tre anni, si è via via sviluppata una piattaforma ideale che ha portato, in sostanza, all'elaborazione di una vera e propria teoria socio-politica che ho definito “Civiltà dell'Amore”, che è, nei fatti, un recupero delle culture matriarcali, del socialismo delle origini, della teorie sulla decrescita economica, del recupero dell'antimodernismo e dell'antiprogressismo, ovvero dell'anticapitalismo spirituale, economico ed antimaterialistico. I nostri riferimenti sono infatti cristiano-gnostici, teosofici, ma anche sufi e si sono inverati in personalità quali Cristo, Madame Blavatsky, Giuseppe Mazzini, Pierre Leroux, Anita e Giuseppe Garibaldi, Gabriele D'Annunzio, Evita Peron e moltissime altre personalità. Né di destra né di sinistra, ma centrali proprio in quanto il fulcro delle loro analisi era l'essere umano, con i suoi sogni e bisogni.
In questo senso siamo antitetici alla società di mercato (ovvero della mercificazione-prostituzione dei corpi e delle menti, trattate come beni di consumo) che noi definiamo società del piacere effimero (che si paga in termini di produttivismo, schiavitù del lavoro e del salario, sfruttamento, coercizione indotta dalla pubblicità e dai media, rinuncia al tempo libero...), e contrapponiamo ad essa la Civiltà dell'Amore, della condivisione, del baratto, dell'autogestione del lavoro e del diritto al tempo libero ed allo sviluppo delle arti. Massimo sviluppo del potenziale umano e massimo esempio di utopia concreta in una società violenta e fintamente democratica, da combattere e superare.
Siamo pertanto per la democrazia che, prima che essere diretta, è sovranità del popolo. E' politica di e per il popolo. Ed in questo senso, come abbiamo sempre detto, siamo per l'auto-rappresentanza nelle istituzioni, in luogo delle mediazioni partitiche dei politici. Siamo dunque per il superamento delle elezioni ad ogni livello e per un sistema basato sull'estrazione a sorte fra i cittadini, per l'istituzione di comitati popolari nei quali chiunque possa partecipare e decidere, per i bilanci amministrativi partecipativi. In poche parole: per l'autogestione della politica, senza deleghe in bianco, in rosso, in nero o in giallo. Per l'Agorà Greca, massimo esempio di piazza democratica.
E ci chiediamo anche perché mai alle elezioni non possano essere rappresentati anche gli astenuti, ovvero i cittadini che non si riconoscono in questi politici. Ed abbiamo proposto di ripartire i non-voti, ovvero il numero complessivo degli astenuti, assegnando anche a costoro appositi seggi che potrebbero essere occupati da cittadini estratti a sorte fra i non votanti, in modo da dare rappresentanza anche a loro. Questa è democrazia. Ed è democrazia partecipativa e rappresentativa. Abbiamo peraltro proposto ai partiti elettoralistici storici ed a tutte le associazioni culturali storiche di trasformarsi in scuole di formazione politica, storica, culturale utili a tutti i cittadini per elevarsi e formarsi culturalmente e politicamente. Ma la nostra proposta è, come al solito caduta nel vuoto, ridotta a provocazione, allorquando la provocazione è ben altra: è lasciare i cittadini nella schiavitù e nell'ignoranza.
Questo è “Amore e Libertà”, nel solco dei grandi eroi del passato (ci rifacciamo in particolare alla Prima Internazionale dei Lavoratori del 1864, che auspichiamo possa mutarsi in una possibile Internazionale dell'Amore, che sani ogni sciocca antica divisione ideologica, in nome dell'emancipazione sociale e sentimentale). Ed è con questo spirito che abbiamo seguito da vicino le vicende dell'America Latina e dato il nostro sostegno al Socialismo del XXI secolo latinoamericano, che ha saputo emanciparsi dal neocolonialismo per riscoprire le proprie radici culturali indigene, autoctone ed ambientaliste.
Ed in questo senso vorremmo redarguire i governanti socialisti e libertari dell'America Latina dallo scendere a compromessi con l'altro imperialismo, oltre a quello statunitense, ovvero con l'imperialismo russo-putiniano e capital-comunista cinese, esempi neo-dittatoriali di sfruttamento e di egemonia sui poveri, come ai tempi della Guerra Fredda.
Siamo pertanto terzomondisti e terzaforzisti: fuori dai blocchi, fuori dal fascio-capital-comunismo, fuori dalle ideologie, per una alternativa ambientalista, antiglobalista, per la decrescita del pianeta e, dunque, per l'armonia fra le persone ed il loro ecosistema, che, oltre ad essere preservato, va sviluppato attraverso la de-urbanizzazione, la de-industrializzazione e la de-cementificazione.
Utopie concrete alternative per un Pianeta che non ce la fa più.
Questo, in estrema sintesi, il significato del nostro “Amore e Libertà”, della nostra “Civiltà dell'Amore” che, in questi tre anni, ad ogni modo, ha avuto la possibilità di essere diffusa su taluni organi di stampa, attraverso alcune video-interviste al sottoscritto – quale ad esempio quella di Debdeashakti (al secolo Debora De Angelis) di due anni fa - sul saggio del giornalista Gabriele Maestri “Per un pugno di simboli” (Aracne Editrice) ed attraverso un ebook del sottoscritto al momento a diffusione gratuita in rete, con prefazione di Antonio Tiberio di Dobrynia e dal titolo, appunto, “Amore e Libertà: Manifesto per la Civiltà dell'Amore”(https://drive.google.com/file/d/0B5hvm8jRoLWYNnBXZTZuYnZweVk/view).
Come sempre, non chiediamo niente a nessuno. Al massimo di essere letti e di poter ascoltare le proposte altrui. Risvegliando la nostra e l'altrui coscienza.

Luca Bagatin

domenica 22 maggio 2016

Grazie Marco ! Grazie per il tuo amore.


"Grazie, grazie, grazie dell'amore, quello conta; l'odio è per i poveri stronzi" 
(Marco Pannella)

sabato 21 maggio 2016

Lettera originale di Marco Pannella a Papa Francesco (ed estremo saluto di Luca Bagatin)



Caro Marco, come ha detto Emma, in vita sei stato deriso e vilipeso ed oggi tutti ti rendono omaggio, pulendosi la loro sporca coscienza, come fanno i ricchi che elemosinano ai poveri, anziché gettare le basi per emancipare l'umanità intera.
Tu sapevi amare gli ultimi, come sapeva fare Cristo, anch'egli a suo tempo deriso, vilipeso e ucciso dal Potere. Salvo essere assurto a simbolo feticistico di una religione, di una fazione che spesso divide anziché unire.
Anche tu sei e sarai un simbolo, ma, come il Cristo, sei e sarai un simbolo che rimarrà, per sempre, nel nostro cuore.

Luca Bagatin

giovedì 19 maggio 2016

In morte di Marco Pannella. Articolo di Luca Bagatin

Ciao Marco.
Con te se ne va un pezzo di Storia e anche della mia storia.
Un pezzo di Storia radicale, laica, libertaria, democratica e socialista che tu portasti avanti dalla fine degli Anni '60 in poi, riprendendo in mano la bandiera che fu di Mario Pannunzio ed Ernesto Rossi, modernizzando l'allora Partito Radicale dei Liberali e dei Democratici nel Partito Radicale dei diritti civili e sociali; nel partito dei frikkettoni, degli omosessuali, delle prostitute, dei demoproletari, delle pornodive impegnate, dei sottoproletari anfetaminizzati (come li chiamasti tu), delle donne e degli uomini di fede in altro che nel Potere. Nel partito dei marxisti eretici Elio Vittorini e Pier Paolo Pasolini, nel partito di Leonardo Sciascia ed Enzo Tortora e delle pornodive Ilona Staller e Moana Pozzi.
Ero bambino, avrò avuto otto anni, e, come dico da sempre, mi innamorai di Cicciolina (con la quale collaborai peraltro anni dopo) e conobbi i Radicali per la prima volta sulla stampa.
Di voi si parlava poco e, nel corso della mia adolescenza e della mia giovinezza, vi cercai, prima da giovane comunista e poi da giovane verde ed infine vi ritrovai da socialista, da repubblicano, da libertario senza tessera di partito.
Ti conobbi quando avevo appena compiuto vent'anni, caro Marco, a Monastier di Treviso, nel 1999, alla fondazione della Lista Emma Bonino che, a Pordenone, prese il 15% dei voti, diventando il secondo partito in città anche grazie al contributo del sottoscritto e della radicale Paola Scaramuzza.
E poi ci siamo rivisti l'anno scorso, al congresso del Partito Repubblicano Italiano – entrambi con i capelli lunghissimi e raccolti a coda – e, fumando il sigaro, parlammo persino di Massoneria.
Marco Pannella e Luca Bagatin
Ascoltasti il mio contestatissimo intervento sul palco ed alla fine ti complimentasti con me per aver citato non solo passi della storia radicale, ma anche per aver ricordato la figura di Randolfo Pacciardi, un combattente, un partigiano contro il Potere partitocratico come lo sei sempre stato anche tu.
Mi facevi spesso incazzare, lo ammetto, quando ti ascoltavo a Radio Radicale. Non condividevo tutto quel che dicevi, come ad esempio il voler a tutti i costi dialogare ed allearti con tutti: con i destri e con i sinistri, anziché ricercare uno spazio autenticamente autonomo, magari extraparlamentare e di popolo, come negli anni del divorzio, dell'aborto, dell'obiezione di coscienza al servizio militare, dei diritti dei gay e delle lesbiche – finalmente, anche se solo in parte, riconosciuti – del diritto ad una sessualità libera e consapevole.
E poi c'è l'eutanasia e il diritto al suicidio assistito. Battaglie ancora in sospeso e che sai anche essere battaglie che mi stanno particolarmente a cuore: perché non puoi vivere dignitosamente se sei preda della sofferenza.
Tu ora sei libero e al di sopra di tutti noi: sei volato via, come Pier Paolo Pasolini, Roberta Tatafiore, Peter Boom, Adelaide Aglietta, Adele Faccio, Moana Pozzi, Riccardo Schicchi, Luca Coscioni e molti altri dei nostri compagni di strada liberi e libertari.
Non riesco a non commuovermi mentre scrivo questo mio ricordo, che è poi una lettera aperta con l'Aldilà.
Appena un mese fa scrissi l'ennesimo articolo “eretico” (eretico per gli altri, per me solo coerente) nel quale ti ho accomunato a Fidel Castro e dall'emblematico titolo: “Fidel Castro e Marco Pannella: due eroi del XX e del XXI secolo” (http://amoreeliberta.blogspot.it/2016/04/fidel-castro-e-marco-pannella-due-eroi.html ) che così esordiva: “Fidel Castro e Marco Pannella: due rivoluzionari quasi cotanei, due vite diverse ma accomunate entrambe da battaglie di emancipazione sociale e individuale”. E così terminava: “Rimangono così due eroi che, a 90 anni dalla loro nascita, ci hanno lasciato una profonda eredità e dei profondi insegnamenti: non occorre essere maggioranza – peggio ancora se silenziosa e conformista - per vincere le battaglie e le guerre. Si può essere anche minoranza, a patto di essere una minoranza anticonformista e battagliera, senza mai perdere la tenerezza, procedendo con onestà intellettuale e rinunciando ad ogni forma di egoismo.Cari Marco e Fidel, da voi ho imparato moltissimo. E, credo, di non essere stato l'unico”.
Eh sì, caro Marco, da te ho imparato moltissimo ed in te ho visto quasi un mio specchio ed una sorta di alter ego: un brontolone cocciuto e caparbio che pur cerca e sa dialogare con tutti. Un amante spasmodico della libertà (e non mi rompessero se fumo o mangio troppo !) in tutte le sue forme. Un ricercatore dell'emancipazione sociale e individuale i cui riferimenti sono sia di destra che di sinistra (Mazzini, Garibaldi, Proudhon, Leroux, Bakunin, Mishima, De Benoist, Pannunzio, Ernesto Rossi, Edgardo Sogno, Randolfo Pacciardi, Limonov, Hugo Chavez...), ma proprio per questo tu ed io ci siamo sempre schierati al centro: perché al centro c'è l'essere umano.
Ciao Marco, continua a volare alto, come l'Albatro di Baudelaire.

Luca Bagatin

mercoledì 18 maggio 2016

Elogio del comunitarismo e della Civiltà dell'Amore. Articolo di Luca Bagatin

Amo molto filosofi e pensatori contemporanei del calibro di Alain De Benoist, Jean-Claude Michéa, Serge Latouche e di Costanzo Preve, i quali, superato il finto bipolarismo destra-sinistra, hanno saputo, nei loro scritti e discorsi, portare avanti un progetto comunitarista di critica serrata al modello capitalista e neoliberale, ovvero al modello economicista che ha distrutto, assieme all'ambiente, ogni legame sociale e spirituale fra gli esseri umani, mercificando ogni cosa: dai rapporti interpersonali sino alla produzione artistica, musicale e letteraria, trasformando tutto in un unico mercato globale e inglobalizzatore pompato dai media, dalla pubblicità commerciale e dalla politica asservita all'economia ed alla finanza.
Ho di recente terminato di leggere l'“Elogio del comunitarismo” di Costanzo Preve (Controcorrente edizioni) e vi ho trovato spunti ed analisi profondissime. Non è mia intenzione riassumerlo e recensirlo qui, visto che meriterebbe un'ampia e lunga analisi, ma posso quantomeno riportarne alcuni aspetti quali ad esempio una critica al sistema liberaldemocratico che non ha nulla di realmente democratico né garantisce alcuna autentica libertà: semplicemente impone il modello capitalista anglosassone che prevede la delega elettorale ai politicanti ed impone il modello unico capital-liberista in economia, ovvero la mercificazione di cui abbiamo sopra parlato. Un modello universalista che gli Stati che lo adottano (gli USA in primis) pretendono di esportare in ogni dove: violando la sovranità di Stati nazionali che hanno modelli diversi e ciò attraverso ingerenze politico-militari che generano morte e distruzione e conseguente migrazione di esseri umani costretti a fuggire nei nostri lidi “liberaldemocratici” ove troveranno imprese ed un mercato criminale (della droga, della prostituzione ecc...) pronte a sfruttarli generando così un circolo vizioso. Abbiamo infatti gli esempi emblematici dell'Iraq, della Libia e della Siria che, una volta indeboliti e addirittura defenestrati i rispettivi governanti laici, hanno peraltro fatto esplodere il fenomeno del terrorismo fondamentalista islamico peraltro per decenni foraggiato dall'Occidente sotto varie forme.
Una “liberaldemocrazia” fondata – come afferma Preve - “sulla religione universalistica dei Diritti Umani” che “è in realtà un totalitarismo dell'economia gestito da un'oligarchia politica che si legittima mediante referendum periodici che presuppongono la totale impotenza progettuale degli oppositori”.
La dittatura liberaldemocratica, insomma, si presenta nella forma dei mercati, della produttività, della concorrenza, dell'invecchiamento della popolazione (che dovrebbe essere sempre pronta, giovane e scattante pena essere emarginata e/o affidata ad anonime badanti straniere), nell'insostenibilità di sistemi di sicurezza sociale, sanitaria e pensionistica sempre più ridotti all'osso da una austerità di stampo nazifascista ed eugenetico.
Parimenti alla liberaldemocrazia Costanzo Preve, filosofo marxista, critica anche il comunismo novecentesco sovietico (ovvero la negazione del pensiero di Marx), il quale, lungi dall'aver messo in comune fra le genti – in un'ottica, appunto, comunitaria - il sapere, il potere e quindi il reddito ed il consumo, è stato imposto con mezzi politici, economici ed ideologici e quindi ha prodotto, nei fatti, una dittatura totalitaria.
Come uscirne dunque ? Ritrovando un'ottica comunitaria del vivere. Un'ottica libera dalla società commerciale e dei consumi, dalla pubblicità che induce le persone a vestirsi in un certo modo, a pensare in un certo modo, ad acquistare l'ultimo modello di smartphone o di automobile, a considerare gli anziani come esseri inutili e da affidare alle badanti. Un'ottica che ci liberi dall'economia e guardi alla decrescita del Pianeta, all'ecologia, all'economia del dono tipica delle Società Matriarcali e del baratto, a realtà autenticamente democratiche ove i cittadini, in luogo delle elezioni, imparino ad autogestirsi e ad autogestire le imprese in cui decideranno di lavorare.
Un'ottica antiutilitarista e dunque spiritualista, che personalmente, nell'ambito del pensatoio “Amore e Libertà” (www.amoreeliberta.blogspot.it www.amoreeliberta.altervista.org) mi piace definire Civiltà dell'Amore.
Un'ottica che rispetti tutte le diversità e identità e che sia orgogliosa delle proprie diversità e identità, le cui radici sono antiche e meritano di essere riscoperte e non perdute, come avviene negli Stati Uniti d'America che, non avendo radici proprie (in quanto europee e figlie del melting pot) pretendono di estendere il loro modello anglo-confusionista ed edonista al mondo intero, con le conseguenze che sappiamo.

Luca Bagatin

mercoledì 11 maggio 2016

Riflessioni politiche sul presente. Articolo di Luca Bagatin

Rovistando nel mio archivio ho ritrovato un vecchio articolo redazionale pubblicato dal “Messaggero Veneto” di Pordenone il 21 agosto 1999, interamente dedicato ad alcune mie dichiarazioni politiche e dal titolo virgolettato “Base per il partito democratico”.
Allora, diciassette anni fa, il Partito Democratico centrosinistro non esisteva ancora, mentre il sottoscritto – ventenne ed iscritto al partito dei Verdi – lanciava una proposta non certo al centrosinistra (al quale non ho mai creduto, nemmeno da verde !), ma a tutte le forze laiche, socialiste, ambientaliste, liberali e antiproibizioniste che, a partire delle battaglie del Partito Radicale, portasse alla costituzione di un “partito democratico in grado di battersi contro la destra berlusconiana e corporativa ed alla sinistra istituzionale che mira alla restaurazione dell'attuale sistema economico-politico”. Un partito che, in sostanza, avrebbe dovuto parlare ai “disoccupati, emarginati, omosessuali, carcerati e giovani sfiduciati da questo sistema di potere”.
Ora, all'epoca avevo appena vent'anni ed oggi, pur avendo fatto autocritica su alcuni punti, come ad esempio il punto relativo al liberalismo economico ed economicista (allora portato molto avanti dai radicali), debbo dire che prospettai la nascita di un partito democratico sostanzialmente e giustamente opposto all'attuale Pd che, nei fatti, rappresenta la prosecuzione sia della sinistra istituzionale conservatrice, che della destra berlusconiana e corporativa di cui parlavo allora.
Un partito democratico, quello che avevo in mente, che poteva intendersi non necessariamente come partito elettoralistico, bensì come un rassemblemant di persone pensanti e di forze ideali (con particolare riferimento alla laicità, al socialismo ed all'ambientalismo) che avrebbero dovuto e potuto parlare ai ceti meno abbienti, agli emarginati, alle minoranze ed ai giovani: da sempre esclusi da ogni processo politico ed economico e che pagavano, pagano e pagheranno gli effetti del globalismo capitalista e delle politiche dissennate portate avanti da destra e sinistra, vendute al capitale ed alle logiche di Bruxelles, della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale.
Un partito democratico da me evocato nel 1999, dicevamo, opposto all'attuale Pd che rappresenta semplicemente l'evoluzione in chiave capitalista ed autoritaria del vecchio Pci e della vecchia sinistra Dc, i quali un tempo garantivano chi un lavoro già lo aveva (e non i meno abbienti ed i disoccupati) ed oggi garantiscono la grande impresa e l'alta finanza in cambio delle briciole di 80 euro mensili a chi già lavora e di niente a chi non lavora. Oltre, naturalmente, a politiche di privatizzazioni selvagge, flessbilità, austerità, apertura indiscriminata delle frontiere e conseguente sfruttamento della manodopera straniera a basso costo, rafforzamento delle élite a scapito della sovranità popolare e così via. E tutto ciò, peraltro, in linea con le politiche dei sedicenti partiti socialisti europei ormai venduti al capitale e fotocopia dei loro finti oppositori di destra.
E' chiaro che, quello di oggi come quello di allora, era un semplice ragionamento politico ed intellettuale senza alcuna pretesa, in quanto conosco molto bene le logiche del potere politico e partitico e me ne sono, giustamente, progressivamente discostato al punto che non vado e non intendo più andare a votare, né occuparmi troppo delle beghe italiane, preferendo, piuttosto, osservare e studiare non solo la Storia e la filosofia, ma anche i processi politici portati avanti nel mio amato Sud America: laboratorio di movimenti partecipativi socialisti, libertari, repubblicani, laici, autenticamente democratici e non a caso nati proprio in un contesto terzomondista e sfruttato dall'Occidente falsamente democratico e civile.
Non saprei dunque come andranno le cose nel prossimo futuro, per quanto vi siano chiari segnali involutivi, che ravvisano un aumento della povertà diffusa, in particolare minorile con coseguente dispersione scolastica ed una situazione europea geopolitica ed economica che ha chiaramente dimostrato il fallimento delle politiche dittatoriali di austerità di cui hanno beneficiato unicamente talune élite finanziarie.
La democrazia, direi, è un'altra cosa. E' governo di popolo e per il popolo, non governo di pochi politicanti ed economisti a beneficio dei pochi banchieri e capitalisti. Sarà ed è un ragionamento banale e mi stupisce che gli amici radicali – per tornare all'inizio di questo mio articolo – abbiano completamente perso di vista questo per aggregarsi al carro dell'economicismo globalista e sfruttatore. Se penso poi ai sedicenti socialisti e repubblicani italiani, stenderei un velo pietoso e come dico sempre, sono convinto che Mazzini, Garibaldi, Proudhon e compagni li avrebbero disconosciuti completamente da tanto si sono venduti al capitale ed alle élite.
Impariamo dal passato, dalla Storia, ma anche dal presente: dai movimenti di liberazione nazionale del Terzo Mondo, dai Socialisti Rivoluzionari oltre la destra e la sinistra presenti in Europa, con particolare riferimento alla Francia, che non hanno dimenticato gli insegnamenti della Prima Internazionale dei Lavoratori. Impariamo da economisti ed intellettuali quali Serge Latouche, Jean-Claude Michéa, Alain De Benoist, di cui abbiamo spesso scritto e dalle analisi del compianto Costanzo Preve. Impariamo dalle società matriarcali e dall'economia del dono e della decrescita, anziché inseguire un'illusoria, egoistica e fallimentare crescita economica.
Occorre ripensare completamente il mondo, in sostanza, senza delegare troppo ai politici ed agli economisti, ma iniziando ad agire in prima persona.

Luca Bagatin

mercoledì 4 maggio 2016

Thomas Sankara e la Rivoluzione burkinabé. Articolo di Luca Bagatin


Burkina Faso: letteralmente “paese degli uomini integri”. Integri come lo fu il Presidente che diede questo nome all'Alto Volta, Paese africano di oltre 17 milioni di abitanti per una superficie totale di 274.000 km.
Stiamo parlando di Thomas Sankara, il Presidente degli ultimi e degli umili. Salito al potere a soli 35 anni attraverso una rivoluzione liberatrice senza spargimento di sangue.
Thomas Sankara, nato il 21 dicembre 1949 da una povera famiglia burkinabé, fin da bambino aveva un sogno: che il suo popolo potesse affrancarsi dal neocolonialismo e tutti potessero vivere in pace e con due pasti al giorno.
Per potersi mantenere entrò nell'esercito partecipando ad un concorso per accedere alla Scuola militare Pryatanée di Kadiogo, superando il concorso nel 1966.
Nel 1978 conobbe colui il quale, tempo dopo, l'avrebbe assassinato, ovvero Blaise Campaoré e con lui costituì il Raggruppamento degli Ufficiali Comunisti al fine di rovesciare il regime corrotto dell'Alto Volta.
Nel novembre 1980, senza alcun spargimento di sangue, prese il potere il colonnello Sayé Zerbo e Sankara, vista l'alta popolarità di cui godeva nell'esercito, fu nominato Segretario di Stato per l'Informazione. Purtuttavia, in aperto contrasto con il governo che egli scoprì essere corrotto tanto quanto i precedenti, si dimise dall'incarico nell'aprile 1982 e sarà arrestato assieme agli altri componenti del Raggruppamento degli Ufficiali Comunisti.
Un successivo colpo di Stato porterà al potere Jean-Baptiste Ouédraogo che, oltre a liberare Sankara ed i suoi compagni, lo nominerà Primo Ministro.
Da quel momento Sankara inizierà ad applicare sanzioni contro i funzionari pubblici fannulloni, eliminando alcuni vantaggi dei dipendenti pubblici ed iniziando a viaggiare per i Paesi del Terzo Mondo intessendo sempre più fitte relazioni, in particolare con la Libia di Mu'Ammar Gheddafi.
Tornato in patria, Sankara trovò la sua abitazione circondata da carri armati condotti da uomini al soldo del governo francese, il quale temeva l'impulso rivoluzionario del governo da lui presieduto. Egli fu così arrestato e detenuto presso un campo militare.
Grazie ad una sollevazione popolare lui ed i suoi compagni saranno liberati il 30 maggio 1983 ed inizieranno a progettare il colpo di Stato dell'agosto successivo, che lo porterà finalmente alla Presidenza della Repubblica con un programma ambiziosissimo, che riuscirà purtroppo ad attuare solo in parte a causa del suo assassinio, nell'ottobre 1987.
Ma, andiamo con ordine: che cosa fa di Sankara un vero rivoluzionario ed un politico modello ? In che cosa consistette il suo ambiziosissimo programma ?
Nella massiccia opera di vaccinazione che permise la riduzione di mortalità infantile in Burkina Faso; nella massiccia opera di rimboschimento al fine di far rivivere l'arido Sahel; nella riforma agraria che permise di ridistribuire le terre ai contadini; nella politica di soppressione delle imposte agricole; nelle importantissime politiche di liberazione femminile che proibirono la pratica barbarica dell'infibulazione, nell'abolizione della poligamia, nella partecipazione delle donne alla vita politica del Paese attraverso l'istituzione dell'Unione delle Donne del Burkina, nell'istituzione della giornata dei mariti al mercato; in un programma di riduzione delle spese e del processo di autarchia ribattezzato da Sankara “produciamo quello che consumiamo”, alla fine di abolire progressivamente la dipendenza dalle importazioni con l'estero; la costruzione di apposite dighe, pozzi e bacini idrici che garantissero a tutti l'accesso all'acqua e la garanzia di due pasti al giorno per tutti i burkinabé; la costruzione di un campo sportivo per ogni villaggio al fine di garantire a tutti il diritto all'attività fisica e ricreativa; la lotta alla corruzione pubblica e la richiesta di Sankara ai Potenti della Terra di cancellare il debito ai Paesi del Terzo Mondo, in quanto frutto del colonialismo e del neocolonialismo e dunque all'origine del sottosviluppo di tali Paesi; la proposta di disarmo progressivo di tutti i Paesi africani in modo che questi non combattano più fra loro, ma lottino per l'unità e l'emancipazione dei popoli africani; lo sforzo di far partecipare tutti alla vita pubblica del Paese, attraverso appositi comitati rivoluzionari ed una radio attraverso la quale chiunque potesse fare proposte o criticare l'operato del governo.
Programma ambizioso ed in parte realizzato sino a quell'ottobre 1987 nel quale sarà ucciso - con un colpo di revolver - dal suo amico di lotte, Blaise Campaoré, il quale prenderà così il potere e annullerà molte delle riforme portate avanti da Sankara, facendo peraltro tornare il Burkina Faso preda della corruzione e dei potentati economici e politici stranieri.
Un sogno, quello della Rivoluzione burkinabé, dunque tragicamente interrotto. Un sogno che fu sostenuto anche dagli amici del Partito Radicale di Marco Pannella che lanciarono in quegli anni una campagna contro lo sterminio per fame nei Paesi del Terzo Mondo e che porterà lo stesso Presidente Thomas Sakara ad iscriversi al loro partito.
Ecco che l'esempio e la vita di Sankara ci spiegano le vere cause dell'immigrazionismo di oggi, che sono frutto del capitalismo, del colonialismo e del neocolonialismo dei governi dei Paesi ricchi europei e statunitensi che sarebbe ora facessero finalmente un “mea culpa” e la smettessero di invadere Paesi sovrani; la smettessero di vendere loro le armi; la smettessero di destabilizzare governi legittimi solo perché non la pensano come loro; la smettessero di far indebitare i Paesi poveri attraverso le politiche criminali della Banca Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale.
Ci vorrebbero, in sostanza, più Thomas Sankara e meno Christine Lagarde; più Fidel Castro e meno Dominique Strauss-Khan; più Mu'Ammar Gheddafi, più José Mujica, più Marco Pannella e meno Barak Obama, Blair, Bush, Sarkozy, Hollande e via discorrendo, che hanno prodotto miseria, corruzione, immigrazionismo, ovvero vere e proprie deportazioni moderne di esseri umani da sfruttare nelle imprese di casa nostra.
Ci vorrebbe più umanità. Parrebbe semplice e forse lo è. Basterebbe iniziare a discuterne. Ma la democrazia autentica, forse, è ancora troppo sconosciuta, specie in quei Paesi occidentali che, illusoriamente, si credono “democratici”.

Luca Bagatin

martedì 3 maggio 2016

La democrazia è autogestione e compartecipazione !

La democrazia non ha nulla a che vedere con i partiti e con i politici, bensì con la possibilità dei cittadini di decidere e di governarsi da sé !

(Luca Bagatin)


lunedì 2 maggio 2016

"Amore e Libertà" sostiene la campagna "Legalizziamo!" per la legalizzazione di cannabis e derivati. Articolo di Luca Bagatin

Chi scrive, a soli diciotto anni fondò, a Pordenone, il “Comitato In/Coscienza per l’uso legale della cannabis”, assieme ad amici delle più varie tendenze politiche. Era 1997 e, l’anno seguente, l’allora sottosegretario alla Giustizia, il deputato dei Verdi Franco Corleone, presentò una proposta di legge di regolamentazione e dunque di legalizzazione delle non-droghe (firmata anche dall’attuale Presidente della Regione Lombardia , Roberto Maroni).
Il nostro scopo, mediante convegni pubblici, raccolte di firme e ordini del giorno presentati in Consiglio comunale (proprio dall'ex Sindaco di Pordenone Sergio Bolzonello) pubblicate sulla stampa e sulle reti televisive locali, era quello di sensibilizzare la cittadinanza relativamente all’opportunità di legalizzare cannabis e derivati e, dunque, di togliere alla criminalità organizzata una buona fetta di "mercato" illegale. Inoltre, informavamo i cittadini e la classe politica relativamente al fatto che ogni anno l’Unione Europea destina fior fior di danaro in favore degli innumerevoli utilizzi industriali della canapa indiana o cannabis: dai carburanti poco inquinanti, passando al cordame, sino ai saponi, alla birra e alle fibre sintetiche. Senza contare i molti malati di tumore che, anche in Italia, fanno uso di marijuana per alleviare le proprie sofferenze. Facevamo presente, peraltro, dati alla mano, che i derivati della cannabis, ovvero marijuana e hashish, non possono essere classificati come ‘droghe’, sotto un profilo medico-scientifico, in quanto non danno alcuna dipendenza fisica (pensiamo invece a quante droghe legali esistono in commercio: dal tabacco all’alcol e ai danni devastanti che il loro uso smodato crea).
Ad oggi, dopo la fallimentare legge proibizionista "Jervolino – Vassalli" (che fu in parte abrogata con il referendum del 1993, vinto a maggioranza) e la "Fini – Giovanardi", la situazione è ulteriormente peggiorata, con grande svantaggio per i consumatori abituali di cannabis e derivati (che certo non vanno, né possono, essere considerati e/o trattati come criminali) e viceversa grande vantaggio per le organizzazioni criminali che, invece, su queste (e altre) sostanze lucrano.
Sarebbe ora, dunque, di rilanciare un sano antiproibizionismo laico sulle non-droghe, che possa guardare al civilissimo Uruguay, all'Olanda, alla Spagna ed alla Svizzera, ove addirittura i tossicodipendenti sono trattati per mezzo della somministrazione controllata di eroina, ovvero evitando il brusco passaggio alla totale astinenza (con tutti gli scompensi che ne derivano). Ad oggi, purtroppo, quasi nessuno parla più di antiproibizionismo salvo i Radicali. Nemmeno sulla ricerca scientifica. Siamo tristemente un Paese medievale, con pericolose tendenze al favoreggiamento del crimine organizzato. E ciò è veramente drammatico.
Non posso dunque non appoggiare e sottoscrivere la raccolta di firme per una proposta di legge di iniziativa popolare proposta in questi giorni dai Radicali e dall'Associazione Luca Coscioni per la legalizzazione di cannabis e derivati (si veda al sito http://www.legalizziamo.it) .
E, come diceva l'amico Peter Boom all'inizio di ogni nuova battaglia: Forza ragazze e ragazze ! Oléééé !

Luca Bagatin
Presidente e fondatore del pensatoio “Amore e Libertà”


I Repubblicani e i Socialisti, in Italia, sono morti nel momento in cui hanno smesso di essere RIVOLUZIONARI e di battersi CONTRO il Potere (anziché diventare uomini di Potere) !

I Repubblicani e i Socialisti, in Italia, sono morti nel momento in cui hanno smesso di essere RIVOLUZIONARI e di battersi CONTRO il Potere (anziché diventare uomini di Potere) !