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sabato 29 agosto 2020

Bielorussia. Non si arresta la protesta di piazza. Parlano i comunisti contro Lukashenko. Articolo di Luca Bagatin

In Bielorussia non si placano le proteste a seguito della rielezione del Presidente Lukashenko, avvenuta il 9 agosto scorso.
Lukashenko si è barcamenato a lungo fra il sostegno da parte della Russia e quello più recente degli USA (si veda l'incontro amichevole fra Lukashenko e il Segretario di Stato USA, Mike Pompeo, nel febbraio scorso), ma, nonostante la rielezione, sembra non avere più il sostegno della piazza e di numerosi lavoratori.
Piazza che si muove spontaneamente, come quella dei Gilet Gialli in Francia, senza un leader, senza voler sostenere nessuno dei candidati che a Lukashenko si contrappongono.
Una piazza sostenuta anche dal Partito della Sinistra Bielorusso Mondo Giusto, ovvero il partito di ispirazione comunista, marxista-leninista, che a Lukashenko si oppone, a differenza del Partito Comunista di Bielorussia, che lo sostiene.
Il partito britannico Left Unity, ispirato dal regista socialista Ken Loach, ha, nei giorni scorsi, intervistato uno degli esponenti comunisti bielorussi che a Lukashenko si contrappone.
Pavel Katarzheuski, classe 1995, membro del Comitato Centrale del Partito della Sinistra Bielorusso Mondo Giusto. Pavel è peraltro stato arrestato e poi rilasciato dalle autorità bielorusse, dopo essere rimasto sdraiato per 14 ore con le mani legate nel cortile del commissariato e picchiato.
Nell'intervista (leggibile in inglese al seguente link: https://leftunity.org/belarusian-left-speaks-out), Pavel ha dichiarato che in Bielorussia le cause principali della crisi politica sono state “un progressivo deterioramento del tenore di vita, un calo dei redditi reali della popolazione, l'eliminazione dei benefici e delle garanzie sociali e l'incapacità dei cittadini di influenzare le decisioni prese dalle autorità”. Egli, peraltro, definisce quello di Lukashenko un “regime autoritario-capitalista” e le sue riforme “antisociali e neoliberiste”.
Pavel Katarzheuski fa poi presente che il suo partito è attivamente presente nelle proteste di piazza, accanto ai lavoratori, e ha visto ben cinque arrestati fra i suoi compagni: “Stiamo conducendo una campagna per il ritorno dei diritti sociali che il regime dittatoriale ha distrutto; per orari di lavoro più brevi senza tagliare i salari, e contro un sistema basato su contratti di lavoro schiavisti e ingiusti”. Pavel fa anche presente che il suo partito non sostiene affatto l'opposizione filo europeista e pro-USA: “Critichiamo i programmi dei cosiddetti candidati “democratici”, ma concordiamo sul fatto che le autorità debbano fermare immediatamente la repressione e rilasciare i prigionieri politici. La nostra principale richiesta resta lo svolgimento di nuove elezioni democratiche e libere”.
Egli, inoltre, ricorda le origini del suo partito, che è l'erede del Partito Comunista dell'Unione Sovietica in Bielorussia e le sue attuali posizioni: “Il nostro partito è stato fondato nel 1991 come successore del PCUS in Bielorussia. A quei tempi, il partito si chiamava "Partito dei comunisti di Bielorussia". Nell'ultimo parlamento democraticamente eletto - il Consiglio Supremo, la nostra fazione "comunisti e agrari" era la più grande fazione di opposizione contro Lukashenko. Nel 1996, a seguito di un colpo di stato sotto le spoglie di un referendum, Lukashenko distrusse il Soviet Supremo e non ci furono più elezioni senza falsificazioni. Nello stesso anno, gli strateghi politici dell'amministrazione organizzarono una scissione artificiale nel nostro partito. Un gruppo ha lasciato il nostro partito che ha sostenuto Lukashenko e ha preso il nome di "Partito Comunista di Bielorussia". Nel 2009 abbiamo cambiato nome e siamo diventati il Partito Bielorusso della Sinistra Mondo Giusto, perché era difficile per le persone capire quale fosse la differenza tra due partiti con quasi gli stessi nomi. Poi siamo diventati membri del Partito della Sinistra Europea. Tuttavia, non abbiamo abbandonato la nostra ideologia comunista”.
Pavel Katarzheuski, che definisce quella di Lukashanko “una dittatura con politiche anti-lavoro, anti-sindacali, neoliberiste e tradizionaliste”, ritiene infine che l'unico modo per vincerla sia una classe operaia pronta a lottare non solamente per i diritti umani, ma anche per il socialismo.

Luca Bagatin

"Riflessioni brevi e rossobianche contro il danaro e la ricchezza" by Luca Bagatin

Ritengo degno solo il lavoro che porta benessere alla comunità, non quello che porta arricchimento personale o arricchimento di un proprietario privato.
Ritengo dunque degno solo il lavoro autogestito, libero da ogni tipologia di schiavitù, compresa quella del salario.

Il danaro è un male in quanto è un debito. E il debito genera di per sé sfruttamento.
La ricchezza è un male in quanto, non essendo le risorse infinite, chi è ricco sottrae risorse alla comunità.

Solitamente non mi schiero mai con una fazione contro un'altra, ma contro entrambe le fazioni.
Questo perché spesso hanno torto tutte e due, in quanto mancano di approfondimento e di analisi.
A differenza delle due fazioni, che solitamente sono moderate o si contrappongono sul nulla, sono un estremista di centro.

In un mondo in cui regna l'ignoranza, l'egoismo e la corruzione, non posso che anelare alla sua totale distruzione. E a una nuova rinascita del cuore.

I ricchi possono farmi pietà, ma non ho mai pietà per i ricchi.

Il rosso e il bianco sono i nostri colori. Sono i colori dell'amore e della libertà; del socialismo e della purezza del cuore. Sono l'unione fra la rivoluzione del sentimento e la tradizione del cuore. 
Per questo siamo e ci definiamo, con orgoglio, rossobianchi. 

Luca Bagatin


martedì 25 agosto 2020

Moana, la Dea muta che scrive

In questa foto Moana ha un bavaglio, ma scrive.
Per me è una immagine molto evocativa.
Andava bene quando faceva spettacolo, ma non quando aveva qualcosa da dire. Quando scrisse i suoi libri (che si autofinanziò e oggi sono quasi introvabili) e quando iniziò a far politica, quasi per caso.
Moana andava bene con il porno, ma non quando dimostrò di andare oltre e di superarlo, a destra e a sinistra, anticipando i tempi di almeno 25 anni, diventando leader della prima lista civica italiana e europea: il Partito dell'Amore, che candidò solo persone comuni (a parte lei stessa).

Senza un programma (come nella tradizione anarchica stirneriana), proponendo una nuova idea di Parlamento "a forma ellittica": da una parte la vecchia partitocrazia e dall'altra le forze del cambiamento, con una sola bandiera, quella dell'Amore e della democrazia diretta.
A Moana lasciarono poco spazio.

Fu metaforicamente "imbavagliata" (ma superò a Roma, unico collegio in cui al partito fu possibile candidarsi, un numero di preferenze superiore a gran parte dei leader politici di allora, fra cui l'allora popolarissimo Bossi).
Ma, ancora oggi, ci parla.
Perché Moana vive nel cuore di chi la ama e l'ha amata. Perché incarna l'unico ideale per cui ancora oggi valga la pena di lottare.

Parlare d'amore, oggi, significa parlare di rieducazione dell'essere umano, immerso nella Natura.
Significa riscoprire le nostra radici, sovvertire l'economia capitalista della crescita, abbattere la follia della produzione ad ogni costo.
Significa puntare ad una nuova quanto antica idea di democrazia. Oltre i Parlamenti, oltre i Governi, oltre gli Stati.

Luca Bagatin
www.amoreeliberta.blogspot.it

Vedi anche:http://amoreeliberta.blogspot.com/2019/09/moana-pozzi-eretica-erotica-eroica.html


http://amoreeliberta.blogspot.com/2020/08/referendum-sul-taglio-dei-parlamentari.html

domenica 23 agosto 2020

Ecuador. Dopo l'esilio forzato, l'ex Presidente socialista Rafael Correa è candidato alla vicepresidenza. Articolo di Luca Bagatin

All'inizio di questo mese, l'ex Presidente socialista dell'Ecuador, Rafael Correa, rifugiato politico in Belgio, ha incassato il rifiuto da parte dell'Interpol di essere arrestato, come richiesto dal governo ecuadoriano, con l'accusa – mai provata – di “corruzione aggravata”.
Correa fu condannato a 8 anni di carcere, ma è chiaro che le accuse fossero funzionali ad evitare la sua ricandidatura alle elezioni, che in Ecuador si terranno il 7 febbraio 2021.
L'Interpol ha riconosciuto che, quella contro Correa, è un caso di persecuzione politica da parte del governo liberale presieduto da Lenin Moreno (definito da Correa “un corrotto, il più grande traditore della storia dell'Ecuador e dell'America Latina”, essendo peraltro stato, in passato, suo vicepresidente).
E' di pochi giorni fa l'annuncio che Correa si presenterà ad ogni modo alle elezioni di febbraio in qualità di vicepresidente, con candidato Presidente il giovane Andres Arauz, sostenuti dalla coalizione “Movimento Unione Nazionale per la Speranza”, costituita dai partiti “Rivoluzione Cittadina” (socialista) e “Centro Democratico” (centrosinistra).
Andres Arauz, classe 1985, fu Ministro del Patrimonio e della Cultura sotto la presidenza di Correa, nel 2017. E' economista e nel 2009 fu direttore generale della Banca Centrale dell'Ecuador e, durante la Presidenza Correa, ha ricoperto importanti incarichi all'interno dell'Amministrazione.
E' inoltre componente del Consiglio esecutivo di “Progressive International”, un'organizzazione di politici, pensatori, accademici e attivisti di ispirazione progressista e socialista.
Numerosi gli altri candidati alle elezioni, i quali saranno: Guilermo Celi, candidato sostenuto dal Presidente Lenin Moreno e candidato del partito liberale “Società Unita più Azione (SUMA); Lucio Gutierrez, candidato nazionalista di destra con il partito “Società Patriottica”; Cesar Montufar Macheno del partito centrista “Movimento Concertazione”; Ferdando Balda sarà il candidato di “Libertà è Popolo” (partito di Gary Moreno, fratello del Presidente in carica, Lenin Moreno); Paul Carrasco, candidato del partito di sinistra “Insieme possiamo”; Abdalá Bucaram, candidato del partito di centrodestra “Forza Ecuador”; Isidoro Romero per il partito di centrosinistra “Avanza”; Guillermo Lasso per il partito liberale “Credo”; Yaku Perez, candidato indigenista per il partito “Pachakutik”, anticapitalista, indigenista e socialista, ma da sempre fortemente critico con la Presidenza di Correa. Possibile anche la candidatura dell'imprenditore Otto Sonnenholzner, vicepresidente di Lenin Moreno.
Ad oggi la coalizione di Arauz e Correa gode del maggior consenso popolare e, probabilmente per questo, vi sono stati ripetuti tentativi di negare loro la partecipazione alle elezioni.
I governi presieduti da Rafael Correa, dal 2007 al 2017, erano riusciti a liberare il Paese dalla nefasta infuenza del Fondo Monetario Internazionale, oltre che a ridurre drasticamente povertà e analfabetismo. Attraverso il sistema economico socialista e indigenista definito “Buen Vivir”, sono peraltro riusciti a introdurre il diritto all'istruzione e alla sanità pubblica e gratuita per tutti, oltre che i diritti di cittadinanza e il riconoscimento delle unioni di fatto.
Oltre a ciò, va ricordato che fu grazie a Correa se al giornalista e attivista libertario Julian Assange, fondatore di WikiLeaks, fu concessa l'immuntà diplomatica, garantendogli ospitalità presso l'Ambasciata ecuadoriana di Londra. E ciò per sette anni, sino a che il Presidente Lenin Moreno decise di consegnarlo alle autorità britanniche per farlo arrestare. Al punto che, ancora oggi, Assange, vessa in condizioni disumane nelle carceri di Sua Maestà Britannica.
Il 7 febbraio 2021 deciderà, dunque, le sorti dell'Ecuador. Un Paese che, con Lenin Moreno, ha visto distruggere tutto quanto era stato costruito nei dieci anni precedenti.

Luca Bagatin

sabato 22 agosto 2020

"Nazionalbolscevismo e giustizia sociale". Meditazioni brevi di Luca Bagatin

"Ma nazionalbolscevichi russi si ritrovarono sia fra i Bianchi (Ustrjalov, smeno-vekhovtsij, Eurasisti di sinistra) sia fra i Rossi (Lenin, Stalin, Radek, Lezhnev)" 
(da "Metafisica del nazionalbolscevismo, di Aleksandr Dugin, 1998)

"...ho sognato di essere un ladro onesto e di principio, come Robin Hood"
(Eduard Limonov, rivista "Power", 1997)
 
Il nazionalbolscevismo è il fondamento delle rivoluzioni russe e proletarie del 1905 e del 1917.
Opposte alla rivoluzione francese del 1789, tali rivoluzioni hanno edificato un nuovo sistema sociale, sovvertendo l'economia, annientando la borghesia e adattando il nuovo sistema alla mentalità russa.

Nell'occidente capitalista il termine "nazionalismo" ha assunto il carattere negativo di "sopraffazione di una nazione su un'altra".
Così fu ad esempio nella Prima e nella Seconda guerra mondiale, fra le nazioni europee.
In realtà non liberali né capitaliste, invece, il nazionalismo è semplicemente il riconoscimento dell'identità e unità nazionale di un popolo.
Così furono nazionalisti, per loro stessa ammissione, Fidel Castro e Ho Chi Min.
Il nazionalismo di sinistra (in Eurasia definito nazionalbolscevismo), come può essere quello della rivoluzione cubana, non è altro che un internazionalismo che difende la propria identità e quella altrui, unita all'affermazione della giustizia sociale. 

Tartassare i ricchi; controllare le loro attività economiche; fornire stipendi dignitisi a tutti, ma non oltre una certa cifra; mettere i prezzi sotto il controllo della comunità.
Solo questo servirebbe. 
Senza dimenticare che giustizia è vivere con lo stretto necessario. Con dignità, senso di fratellanza e amicizia. In armonia con la Natura e tutti gli esseri.
Il resto – l'opulenza, l'accumulo, l'arricchimento, la prevaricazione - è decadenza e disonore.

I nuovi nazionalboscevichi, quelli venuti dopo l'antinazista Ernst Niekisch e Karl Otto Paetel, ovvero Limonov, Dugin, Letov, Rayabinov e Kuryokhin furono prima di tutto degli artisti.
Del pensiero, della musica, della filosofia, della poesia.
Un'avanguardia intellettuale e controculturale pari solo alla Beat Generation di Kerouac, Ginsberg e Burroughs.
L'Est controculturale incontrò l'Ovest e viceversa.

Luca Bagatin


giovedì 20 agosto 2020

Covid 19. Anche Cuba brevetta il suo vaccino. Articolo di Luca Bagatin

Dopo Russia e Cina, ecco che anche Cuba brevetta il suo vaccino.
I Paesi non allineati al blocco atlantista sono dunque molto più avanti, rispetto ad altri, sul fronte della lotta al Covid 19.
Il 24 agosto prossimo, Cuba, avvierà infatti la prima fase di test clinici del suo vaccino, i cui risultati saranno disponibili già dal 1 febbraio 2021 e pubblicati a partire dal 15 febbraio.
Questo quanto reso noto dal Registro pubblico cubano dei test clinici.
Il vaccino si chiamerà “Soberana 01” (ovvero “Sovrano 01”) e la sperimentazione coinvolgerà 676 persone fra i 19 e gli 80 anni, sotto la responsabilità dell'Istituto cubano pubblico Finlay.
Lo studio, come comunicato dalle autorità, sarà “randomizzato, controllato, adattativo e multicentrico, ed avrà il proposito di valutare la sicurezza, reattogenecità e immunogenicità del vaccino testato in uno schema di due dosi”.
Il Presidente di Cuba, Miguel Díaz-Canel si è rallegrato per i successi raggiunti, dichiarando fra l'altro: “Sebbene ci siano vaccini da altri Paesi, abbiamo bisogno che il nostro abbia la sovranità”.
Cuba è stato e rimane il Paese più attivo durante l'emergenza sanitaria, inviando, in tutto il mondo – fra cui l'Italia – medici specializzati nella cura dell'epidemia.
Cuba investe da sempre gran parte del suo PIL in sanità e ricerca, settori all'avanguardia nel mondo e ciò nonostante il criminale embargo imposto dagli USA e dai loro alleati.
Nel 2003, a Buenos Aires, l'allora Presidente Fidel Castro dichiarò, in merito al sistema socio-sanitario dell'Isola: “Il nostro Paese non lancia bombe contro altri popoli, né invia migliaia di aerei a bombardare le città; il nostro Paese non possiede armi nucleari, né armi chimiche, né biologiche. Le decine di migliaia di scienziati e di medici di cui dispone il nostro Paese sono stati formati nell'idea di salvare vite. Sarebbe in assoluta contraddizione con la sua concezione costringere uno scienziato o un medico a produrre sostanze, batteri o virus per provocare la morte di altri esseri umani”.

Luca Bagatin

martedì 18 agosto 2020

Bolivia. Muore di Coronavirus Esther Morales Ayma, sorella del Presidente Evo. Articolo di Luca Bagatin

E' deceduta nella sua Bolivia, Esther Morales Ayma, all'età di 70 anni, per aver contratto il Coronavirus.
Sorella del Presidente legittimo della Bolivia, Evo Morales, Esther era ricoverata in un ospedale di Oruro.
Evo Morales, in esilio in Argentina dopo il colpo di Stato dell'autunno scorso, che lo ha costretto alla fuga, ha dichiarato: “Mi dispiace non poter dare l'ultimo saluto a mia sorella, che era per me come una madre, per ringraziarla per il suo amore, la sua onestà”.
E ha ricordato come, durante il golpe, le avessero vigliaccamente incendiato la casa nella quale viveva: “Non ha mai avuto incarichi pubblici, ma nonostante questo nel golpe del 2019 hanno incendiato la sua casa. Perché tanto odio, razzismo e persecuzione politica mi impediscono di vedere per l'ultima volta la mia unica sorella ? Giudicherà la Storia”.
La Bolivia, dall'autunno scorso, è – di fatto - un regime di matrice liberale, razzista, evangelico fondamentalista, guidato da Jeanine Anez, che sta facendo di tutto per evitare che vengano indette nuove elezioni. Ovviamente l'Unione Europea e gli Stati Uniti d'America, si guardano bene dal sanzionarla, come hanno fatto – invece - contro tutti i governi legittimi socialisti (sic !).
Elezioni che, per quanto continuamente rinviata, nei sondaggi, vedono prevalere il candidato socialista sostenuto da Evo Morales, Luis Arce.
La Anez, da quando si è insediata, ha distrutto ogni conquista sociale portata avanti dai governi socialisti di Morales.
Anche il settore sanitario è allo sbando, al punto che i dati ufficiali parlano di oltre 100.000 casi di Coronavirus e oltre 4.000 morti.

Luca Bagatin

lunedì 17 agosto 2020

Referendum sul taglio dei parlamentari, un falso problema. Ciò che occorre è una democrazia autentica. Articolo di Luca Bagatin

Il taglio dei parlamentari, che sarà o meno decretato in Italia con l'esito del referendum del mese prossimo, appare, invero, un falso problema.
In sé non è un attacco alla democrazia, come affermano molti, in quanto la democrazia è governo diretto del popolo e non ha nulla a che vedere con la cosiddetta “rappresentanza” che scaturisce dalle elezioni. Al massimo – il taglio dei parlamentari – può impedire ulteriormente ai partiti minori di avere spazi elettorali, ma ciò è semplicemente in linea con quanto proposto da decenni dai partiti maggiori, con i vari sbarramenti elettorali e sistemi maggioritari.
E' chiaro che ciò riduce spazi di discussione, ma sono comunque spazi che rientrano sempre nell'ambito partitico e non hanno nulla a che vedere con la volontà diretta dei cittadini.
La democrazia, invero, prevede che sia il popolo stesso a decidere per sé stesso, senza mediazioni di sorta, fatte di ideologismi, di lobbismi ed interessi particolari, come spesso rischia di accadere nell'ambito dei partiti e dei politici che li compongono.
La democrazia, dunque, o è partecipativa e diretta o è un'altra cosa.
E perché sia tale, si presuppone elevazione intellettuale e morale del popolo che, attualmente, si lascia guidare come un bambino da partiti, politici e lobby economiche di riferimento.
Un popolo non elevato intellettualmente o moralmente non può pensare né di governare, né di essere libero e quindi di pretendere democrazia.
Occorre, dunque, lavorare su questo.
Affinché la democrazia partecipativa sia possibile, sono dunque necessarie delle assemblee popolari pubbliche. Ove le persone tornino a parlarsi e a confrontarsi direttamente, guardandosi negli occhi. Venendo meno le sezioni di partito di un tempo, che erano anche palestre di formazione politica e di confronto, oggi, è più che mai auspicabile un sistema assemblearista aperto, su base federata il più possibile: a partire dai quartieri e via via sino ai livelli superiori. Ovvero dalla periferia sino al centro.
Il sistema della democrazia partecipativa sarebbe quanto di più democratico possibile, ma ciò presuppone che si investa fortemente nella scuola e nella formazione politica delle persone. I partiti stessi, le associazioni culturali, le fondazioni ecc... dovrebbero e potrebbero mutare la loro funzione in questo senso, ovvero tornare ad essere luoghi in cui formare le persone.
Nella scuola (oltre che nella sanità) si dovrebbe investire almeno il 50% del PIL, perché unico vero settore di crescita e di sviluppo umano, che è di gran lunga più importante della crescita economica, utile solo a chi vuole arricchirsi e accumulare beni materiali.
La democrazia partecipativa presuppone anche che ogni realtà locale torni ad essere una comunità di persone che vivono la medesima situazione e non un insieme di atomi separati, ciascuno arroccato nel proprio orticello e nel proprio particolaristico ed egoistico interesse.
In questo senso, la democrazia partecipativa si coniuga con un sistema economico e sociale che superi egoismo, interesse e capitalismo, ovvero introduca forme di autogestione socialista ove ogni cittadino sia responsabile nei confronti di sé stesso e dunque dell'intera comunità.
Un sistema sociale e economico radicalmente sovvertito e opposto a quello presente. Un sistema fondato ad esempio sul baratto, sull'economia del dono e di sussistenza, sul superamento del danaro quale mezzo di scambio, sul superamento del lavoro salariato (in favore del lavoro cooperativo e volto al benessere collettivo) e dell'interesse economicistico e egoistico.
Sistema di democrazia diretta e partecipativa fu quello dell'Agorà Greca, oltre che per molti versi quello profetizzato dal saggista David Van Reybrouck nel suo libro "Contro le elezioni - perchè votare non è più democratico", edito da Feltrinelli e nel quale egli propone una realtà ove il Parlamento sia composto da persone estratte a sorte.
Una proposta peraltro contenuta anche nel saggio "Semplicemente liberale" di Antonio Martino. Che è un sistema non lontano da quello cubano - ove i candidati all'Assemblea Nazionale sono scelti a partire da assemblee di quartiere, su vari livelli e i deputati svolgono il loro lavoro a titolo gratuito, quale servizio alla comunità - o da quello dei primi Soviet di Lenin e della Libia socialista di Gheddafi, nella quale – a dispetto delle fake news e della disinformazione in merito - vi erano congressi e comitati popolari aperti ai cittadini.
Un sistema auspicato da tempo anche in Francia, sia dai Gilet Gialli che dal filosofo Alain De Benoist, il quale è da sempre un fervente critico della cosiddetta “democrazia rappresentativa” tipica dei regimi liberali. Ovvero quella che delega ad altri, sottraendo così sovranità ai cittadini.
Ridurre il numero dei parlamentari è quindi un problema piuttosto fasullo e utile solo ai politici per alimentare un vuoto dibattito, che ancora una volta ha poco a che vedere con le necessità dei cittadini.
I quali dovrebbero iniziare da subito a formarsi, approfondire, studiare, eleversi moralmente e intellettualmente. Smetterla con inutili cicalecci mediatici, assurdi complottismi, inutili contrapposizioni o reciproci sospetti.
Il nemico è una realtà che rende le persone schiave dell'egoismo. Il nemico è una realtà che promuove la concorrenza fra le persone e l'accumulo di beni materiali. Il nemico è una realtà che distrugge l'ecosistema e che promuove il ricco borghese a scapito della comunità. Il nemico è una realtà che distrugge la sanità, la scuola, la ricerca e la formazione.
Occorre dunque più democrazia. Il che presuppone più intelligenza, meno ignoranza, meno egoismo. Più senso di comunità, di moralità (senza moralismo) e del dovere.

Luca Bagatin

giovedì 13 agosto 2020

"Altra Russia", partito di Limonov e dei giovani nazionalbolscevichi russi, si prepara al congresso. Articolo di Luca Bagatin

Eduard Limonov, scrittore e storico leader del nazionalbolscevismo russo, ci ha lasciati il 17 marzo scorso, a 77 anni - prima dell'emergenza Covid 19 in Russia - a causa di complicazioni chirurgiche a seguito di un intervento al cervello.
Per tutti i suoi compagni di partito era “il nonno”.
Un partito di giovani, “Altra Russia”, fondato nel 2010 ed erede di quel Partito NazionalBolscevico – fondato negli Anni '90 da Limonov, Aleksander Dugin, Egor Letov e Sergey Kuryokhin - messo fuorilegge dalla Corte suprema russa, nel 2007, con l'accusa di “estremismo”.
In realtà, i nazbol di Limonov, sono sempre stati estremi. Ma nel senso più positivo e allo stesso tempo trasgressivo del termine.
Un partito non di professionisti della politica, ma di artisti. Scrittori, musicisti, poeti, filosofi, ma anche giovani sottoproletari delle periferie post-sovietiche. Cultori di Ernst Niekisch e del nazionalbolscevismo Anni '20, che fu il primo antinazismo in Europa. Oppure lettori delle opere di Mishima, Lenin, appassionati di David Bowie e di William Burroughs.
I nazbol non si sono mai piegati all'autoritarismo del governo liberale di Putin, così come in precedenza hanno smascherato le manovre dell'oligarchia eltsiniana.
Con la loro bandiera rossa e bianca, con al centro prima una falce e martello nera e oggi una limonka, ovvero una granata, simbolo del loro giornale “Limonka”. Un giornale “esplosivo” sotto il profilo controculturale, letterario, musicale e underground.
Molti di loro sono ancora in carcere e vengono di continuo arrestati, solo per manifestazioni pacifiche, spesso in solitaria e con semplici cartelli. Chiedono libertà di parola, libertà per i detenuti politici, stop alle discariche del business, una nuova politica in favore dell'ambiente.
In realtà, il programma di “Altra Russia”, partito di sinistra patriottica, erroneamente scambiato in Europa come di “estrema destra” (quando in realtà all'estrema destra si sono sempre contrapposti), è ben più articolato e delineato nei loro congressi.
“Altra Russia” vuole una trasformazione rivoluzionaria della Russia. In politica estera propongono non solo il sostegno dei cittadini di cultura russa, all'esterno della Federazione Russa, ma anche un ritorno alla Russia di tutti i territori che un tempo appartenevano all'URSS, oggi spesso governati da leader anticomunisti e di estrema destra.
Ovvero la creazione di un forte polo geopolitico in grado di contrapporsi all'egemonia statunitense nel mondo.
In politica interna, i nazbol di “Altra Russia”, chiedono che il popolo sia ascoltato e vorrebbero restituire al popolo – secondo i principi dei primi soviet leninisti – il potere al popolo stesso.
Chiedono elezioni libere e trasparenti (al loro partito, al momento, non è consentito presentare liste elettorali e spesso, a loro candidati in altre liste indipendenti, viene a vario titolo impedito di presentarsi).
Chiedono l'abolizione delle leggi che sopprimono la libertà di espressione dei cittadini e quelle che censurano il web.
Propongono l'introduzione di una economia socialista popolare, che sostutuisca il capitalismo liberale. Una economia fondata sulla giustizia sociale e il lavoro, che superi l'arricchimento dei pochi a scapito dei molti. L'introduzione, quindi, di tasse di lusso per i più ricchi e pene severissime per i corrotti all'interno dello Stato.
“Altra Russia” chiede il blocco di ogni forma di privatizzazione e pretende la nazionalizzazione dei settori chiave dell'economia: il settore bancario, la produzione di elettricità e delle materie prime, le infrastrutture dei trasporti. In modo da ottenere una piena autosufficienza del Paese e di essere indipendenti da quella che definiscono “l'oligarchia finanziaria mondiale”.
Recentemente – oltre ad essersi opposti al referendum che ha incoronato Putin monarca a vita e aver chiesto la liberazione dei detenuti politici sia in Russia che in Bielorissia - hanno tenuto, a Mosca, una riunione dei 40 rappresentanti regionali del partito, in vista del congresso d'autunno.
In autunno, infatti, molto probabilmente “Altra Russia” eleggerà il suo nuovo leader. Il successore di quell'Eduard Limonov che, i 40 rappresentanti, a riunione terminata, sono andati a visitare nel luogo in cui è sepolto.
Sono quasi tutti giovani e giovanissimi, i componenti di “Altra Russia”. Ci sono ventenni e trentenni e i trentenni, molto spesso, sono nel partito da almeno dieci anni.
Negli Anni 2000, la compianta giornalista Anna Politkovskaja, che li difese sempre a spada tratta, in ogni processo, diede una bellissima definizione dei nazbol: "Sono giovani coraggiosi, puliti, gli unici o quasi che permettono di guardare con fiducia all'avvenire morale del Paese".
Sono gli eredi di un eterno giovane punk quale fu Eduard Limonov che, in una intervista che gli feci esattamente un anno fa, alla domanda “Che progetti state portando avanti ?”, mi rispose: “Il nostro è il partito dei ragazzi proletari. Stiamo cercando di costruire un avvenimento eroico”.

Luca Bagatin

Nel video foto di gruppo all'ultimo congresso del partito nazionalbolscevico "Altra Russia" al quale Eduard Limonov prese parte, settembre 2018  

mercoledì 12 agosto 2020

Bolivia. Ancora tensioni fra il governo illegittimo e la popolazione. Articolo di Luca Bagatin

Dal 3 agosto, in Bolivia, sono iniziati blocchi stradali (che, ad ogni modo, hanno sempre permesso il passaggio di ambulanze e mezzi di soccorso), nell'ambito di uno sciopero nazionale indetto ad oltranza.
Il governo illegittimo, presieduto dalla liberale Jeanine Anez, ha autorizzato le Forze Armate e dell'ordine – con un decreto del 6 agosto - a reprimere i manifestanti.
La ragione dello sciopero, oltre a quella di pretendere una data certa per lo svolgimento delle elezioni senza più ulteriori rinvii, anche la richiesta di maggiore assistenza sanitaria e di sostegno ai settori dell'istruzione e del lavoro, particolarmente penalizzati dopo l'avvento al governo boliviano della Anez, la quale ha, con il sostegno dell'esercito, costretto il Presidente rieletto Evo Morales a chiedere asilo politico all'estero.
Recentemente, la data per le elezioni presidenziali, era stata rinviata - dal Tribunale Supremo Elettorale (T.S.E.) – al 18 ottobre (inizialmente era prevista per il 6 settembre). Così, il maggiore sindacato boliviano, il C.O.B., ha indetto lo sciopero, pretendendo che la data fosse anticipata al 6 settembre, come già da tempo previsto.
Il 5 agosto scorso, il tentativo di negoziato fra il sindacato e il Tribunale Supremo Elettorale è ad ogni modo fallito.
Il Segretario esecutivo del C.O.B., Juan Carlos Huarachi, ha così dichiarato: “Non c’è volontà politica da parte del T.S.E., (…). Abbiamo partecipato per la seconda volta, non vogliono spostare la data del 18 ottobre (…) Questo è prendersi gioco del popolo boliviano. D’ora in poi il T.S.E sarà responsabile di tutto ciò che accade nel Paese. Abbiamo fatto una proposta, né il 18 ottobre né il 6 settembre, ma una data con garanzie da parte delle organizzazioni internazionali e della Chiesa e non c'è, ad oggi, alcuna volontà di stabilirla”.
Lo stesso giorno del fallito negoziato, la Presidente Anez ha nominato, quale nuovo Ministro della Pianificazione, Branco Marinkovic, proprietario terriero croato e, si dice, simpatizzante del fascismo Ustascia e suprematista bianco, oltre che, in passato, avversario di Evo Morales, tentando di organizzare - contro di lui - un colpo di Stato nel 2008.
La nomina di Marinkovic ha suscitato ulteriore indignazione nel Paese.
L'ex Presidente socialista Morales, intanto, nel suo esilio in Argentina, su Twitter ha scritto un drammatico messaggio, il 7 agosto scorso: “Un nuovo colpo di stato è in atto in #Bolivia, il cui piano è nelle mani dei generali Ortiz e Orellana. Stanno cercando di istituire un governo di civili e militari. A tal fine, due aerei con armi provenienti dagli Stati Uniti sono arrivati e i cecchini sono stati spostati a El Alto e al Chapare”.
Il candidato del partito socialista di Morales, il MAS, ovvero l'economista Luis Arce, risulta sempre il favorito nei sondaggi con circa il 42% dei consensi.
Sempre che, in Bolivia, si potrà, in un prossimo futuro, ancora votare.

Luca Bagatin

martedì 11 agosto 2020

"Lilith". Poesia di Luca Bagatin

LILITH
poesia di Luca Bagatin 
Foto di Beny Kosic
Modella: Valentina Sussi 

Acqua, Aria, Terra, Fuoco...
Fuoco.
Il calore che emana
La tua anima
Riscaldata
Da un sorso di nettare alcolico.
Il tuo sguardo
Profondamente sensuale
Infiamma
E fa ardere
L'osservatore più puro.
E lo fa cadere in un'estasi mistica.
E' l'estasi della Conoscenza.
E' l'estasi della Gnosi che tu,
Novella Lilith,
Infondi e diffondi
Nel cuore di chi,
Con attenzione,
Ti osserva.
Ami la Sapienza,
Ami la Saggezza,
Ami la Conoscenza.
Sei libera e ami chi ti lascia libera.
Non c'è cuore puro
Che sappia resisterti,
Ma sol chi libera ti rende
Avrà il tuo amore
Immenso.
E così,
Con la tua eleganza,
Seduta,
Con la schiena poggiata su di una colonna,
Osservi e ispiri
Questi miei versi.
Acqua, Aria, Terra, Fuoco...
L'Acqua è la purezza del mio cuore.
L'Aria che ci accarezza la pelle.
La Terra sono le nostre origini.
Il Fuoco la passione che arde.
E che ci riunisce.

Luca Bagatin

lunedì 10 agosto 2020

Elezioni in Bielorussia. Vince Lukashenko, ma non senza proteste di piazza. Articolo di Luca Bagatin

Lo storico Presidente Aleksandr Lukashenko viene nuovamente incoronato Re di Bielorussia, con il 79,23% dei consensi. A seguire la sua avversaria più agguerrita - Svjatlana Cichanoŭskaja – con il 10,9%; al terzo posto il socialdemocratico Siarhei Cherachen, con il 3,98%; seguono le candidature indipendenti di Hanna Kanapatskaya con il 2,22% e di Andrej Dzmitryjeu con l'1,08%. Con una affluenza del 65,19%.
Lukashenko, dopo 26 anni al governo, vince per il suo sesto mandato consecutivo, ma non senza proteste di piazza e quelle degli oppositori, con Svjatlana Cichanoŭskaja che denuncia la presenza di brogli elettorali e chiede il riconteggio delle schede.
Le proteste contro i presunti brogli - scoppiate già con l'annuncio dei primi exit poll che davano a Lukashenko una vittoria schiacciante - sono risultate spontanee e non guidate da alcun leader politico. Tali proteste sono sfociate in scontri con la polizia, che ha utilizzato lacrimogeni e proiettili di gomma per sedarle. Secondo il Viasna Human Rights Centre i manifestanti arrestati sarebbero circa 200, mentre il Ministero dell'Interno parla di almeno 3.000 arresti. Numerosi i feriti e, pare, un morto.
Le manifestazioni di piazza hanno ricevuto il plauso dei nazionalbolscevichi russi di “Altra Russia”, il partito di Eduard Limonov che, nei loro canali social, hanno promosso una campagna per uno “Stato unitario senza Putin né Lukashenko”. Uno Stato di ispirazione socialista e sovietica, aperto a tutte le repubbliche dell'ex URSS. I nazionalbolscevichi, in particolare, non sostenendo nessuno dei candidati in lizza alle presidenziali bielorusse, auspicano l'avvento di un nuovo leader in Bielorussia, che ascolti tutto il popolo. I nazionalbolscevichi di “Altra Russia” hanno anche manifestato, davanti all'Ambasciata bielorussa di Mosca, per il rilascio dei giornalisti russi detenuti a Minsk.
Di opinione diversa, invece, il Segretario del Partito Comunista della Federazione Russa, Gennady Zjunganov, il quale si è invece complimentato per la vittoria di Lukashenko, scrivendo, fra l'altro, sulla sua pagina Facebook: “Sottolineo che la Bielorussia è quasi l'unico Paese nello spazio post-sovietico che non solo ha conservato e moltiplicato, ma ha anche sviluppanto con successo un'agricoltura moderna, efficace. Al Paese non è stato permesso di essere preda di criminali, banditi e oligarchi. I bielorussi lo vedono e lo capiscono, quindi, la maggioranza assoluta ha votato per A.G. Lukashenko. Sono convinto che, senza stretta amicizia di Russia, Bielorussia e Ucraina non abbiamo futuro. Dobbiamo fare del nostro meglio per rafforzare le nostre relazioni e allearci!”
A complimentarsi con Lukashenko, oltre che il Presidente cinese Xi Jinping, anche il Presidente russo Vladimir Putin, per quanto, nei giorni scorsi, vi fossero state tensioni fra la Russia e la Bielorussia, allorquando furono arrestati 33 paramilitari russi, i quali avrebbero fomentato rivolte antigovernative nella capitale, Minsk.

Luca Bagatin

domenica 9 agosto 2020

Teosofia del bolscevismo

"Nell’Himalaya, sappiamo ciò che tu stai compiendo. Hai abolito la chiesa, che è diventata una fucina di menzogne e di superstizione. Hai distrutto la borghesia che diventata agente di pregiudizi. Hai distrutto le scuole che erano diventate delle carceri. Hai condannato l’ipocrisia della famiglia. Hai eliminato l’esercito, che guida degli schiavi. Hai schiacciato i guadagni degli avidi speculatori. Hai chiuso le case di tolleranza. Tu hai liberato il paese dal potere del denaro. Hai riconosciuto che la religione è l’insegnamento della materia universale. Hai riconosciuto l’irrilevanza della proprietà privata. Hai previsto l’evoluzione della comunità. Hai posto l’accento sull’importanza della conoscenza. Ti sei prostrato davanti alla bellezza. Hai riservato tutto il potere del Cosmo per i bambini. Hai aperto le finestre dei palazzi. Hai visto l’urgenza di costruire case per il Bene Comune. Hai fermato la rivolta in India, perché era prematura, ma abbiamo riconosciuto la tempestività del tuo intervento, e vi mandiamo tutto il nostro aiuto, affermando l’Unità dell’Asia"

(Mahatma Morya, Maestro dell'Himalaya, dalla lettera consegnata a Nikolaj Konstantinovič Rerich per Lenin ai ministri Lunacharsky e Tchitcherin della neonata Repubblica Sovietica)

QUANDO C'È LO STATO NON C'È LA LIBERTÀ.
CI SARÀ LIBERTÀ QUANDO SCOMPARIRÀ LO STATO (LENIN)

"Soltanto nella società comunista, quando la resistenza dei capitalisti è definitivamente spezzata, quando i capitalisti sono scomparsi e non esistono piú classi (non v'è cioè piú distinzione fra i membri della società secondo i loro rapporti coi mezzi sociali di produzione), soltanto allora «lo Stato cessa di esistere e diventa possibile parlare di libertà». Soltanto allora diventa possibile e si attua una democrazia realmente completa, realmente senza alcuna eccezione. Soltanto allora la democrazia comincia a estinguersi, per la semplice ragione che, liberati dalla schiavitù capitalistica, dagli innumerevoli orrori, barbarie, assurdità, ignominie dello sfruttamento capitalistico, gli uomini si abituano a poco a poco a osservare le regole elementari della convivenza sociale, da tutti conosciute da secoli, ripetute da millenni in tutti i comandamenti, a osservarle senza violenza, senza costrizione, senza quello speciale apparato di costrizione che si chiama Stato.
L'espressione: «lo Stato si estingue» è molto felice in quanto esprime al tempo stesso la gradualità del processo e la sua spontaneità. Soltanto l'abitudine può esercitare, ed eserciterà certamente, una tale azione, poiché noi osserviamo attorno a noi milioni di volte con quale facilità gli uomini si abituano a osservare le regole per loro indispensabili della convivenza sociale, quando non vi è sfruttamento e quando nulla provoca l'indignazione, la protesta, la rivolta e rende necessaria la repressione.
La società capitalistica non ci offre dunque che una democrazia tronca, miserabile, falsificata, una democrazia per i soli ricchi, per la sola minoranza. La dittatura del proletariato, periodo di transizione verso il comunismo, istituirà per la prima volta una democrazia per il popolo, per la maggioranza, accanto alla repressione necessaria della minoranza, degli sfruttatori. Solo il comunismo è in grado di dare una democrazia realmente completa: e quanto piú sarà completa, tanto piú presto diventerà superflua e si estinguerà da sé."

(Vladimir Lenin, da "Stato e Rivoluzione")

sabato 8 agosto 2020

"Riflessioni brevi sulla giustizia sociale e sulla critica alla modernità" By Luca Bagatin

"Monte Lenin", dipinto di Nikolaj Roerich, 5 ottobre 1925
II termine "liberista" è improprio.
Prima di tutto esiste solo nel gergo italiano. È un termine generico, circostanziato e poco preciso. Che vorrebbe assolvere il liberalismo dalle sue responsabilità storiche, sociali e politiche.
Più centrato e appropriato, invece, il termine liberal capitalista. Che unisce e evidenzia le responsabilità e i caratteri propri del liberalismo (dominio della borghesia sulle altre classi sociali) e del capitalismo (dominio del danaro sui popoli).

Nell'occidente opulento e moderno (per quanto vi lamentiate di "non essere ricchi", ma comunque di "amare il progresso") il nazionalbolscevismo non è compreso.
Lo si scambia, a torto, per una forma di fascismo. Quando invece fu il primo antifascismo (dal 1920).
Oppure lo si scambia per una forma di comunismo, il che è vero solo in parte, in quanto il nazionalbolscevismo è anti-materialista e anti-moderno.
Esso è una forma di socialismo arcaico, originario, selvaggio come le popolazioni che lo hanno ispirato: dall'Eurasia all'America Latina. 

Giustizia è vivere con lo stretto necessario. Con dignità, senso di fratellanza e amicizia. In armonia con la Natura e tutti gli esseri.
Il resto – l'opulenza, l'accumulo, l'arricchimento, la prevaricazione - è decadenza e disonore.

Luca Bagatin

"Essenza di Donna". Poesia di Luca Bagatin

ESSENZA DI DONNA
poesia di Luca Bagatin
musa nella foto: Carmen Sale

La ricerca della Verità
Si può trovare
con preghiere, meditazioni...
Ma l'illuminazione mi è arrivata
Quando la mia attenzione
E' stata rapita
Dal tuo sguardo
Sensuale;
Dal tuo corpo
Armonioso.
E allora
Sono caduto
In uno stato d'estasi.
Quello stato
Che solo l'essenza di una Donna
Può trasmettere.
Laddove c'è chi è pronto a gridare: 
“Hai peccato !”,
Io rispondo “No, ho amato”.
Ho amato quello sguardo;
Ho amato quel corpo;
Ho amato quell'essenza di Donna.
Che è Divina.

Luca Bagatin

venerdì 7 agosto 2020

Presidenziali in Bielorussia il 9 agosto. Tentativi di destabilizzazione contro Lukashanko. Articolo di Luca Bagatin

Il 9 agosto prossimo si terranno, in Bielorussia, le elezioni presidenziali, che vedranno contrapporsi lo storico Presidente, Aleksandr Lukashenko, in carica da ben 26 anni (sostenuto da Belaja Rus', coalizione comprendente anche i comunisti); la candidata indipendente Svjatlana Cichanoŭskaja, di ispirazione liberal capitalista; Siarhei Cherachen, candidato dei socialdemocratici e i candidati indipendenti Andrej Dzmitryjeu e Hanna Kanapatskaya.
Lukashenko è in carica dal 1994 e, per questo, è spesso accusato, in Occidente, di essere un leader autoritario, pur essendo stato sempre regolarmente rieletto.
Classe 1954, già direttore di un sovchoz negli Anni '80, ovvero di una fattoria statale ai tempi dell'URSS e deputato del Soviet bielorusso, nel 1991 fondò il partito Comunisti per la Democrazia.
Lukashenko, nel 1991, votò contro la dissoluzione dell'URSS e la sua trasformazione in CSI e, con il suo partito comunista di allora, proponeva di traghettare in Paese verso una democrazia sovietica più avanzata, ma sempre sulla base dei principi marxisti-leninisti.
Alle prime elezioni della Repubblica di Bielorussia, nel 1994, fu eletto con il 45% dei consensi e, da allora, sarà sempre rieletto per i successivi mandati, con percentuali ben superiori al 70% dei voti.
Si è sempre presentato come candidato indipendente, ma è sempre stato sostenuto anche dal KPB, ovvero dal Partito Comunista di Bielorussia che, nel 2019, ha raccolto, alle elezioni parlamentari, il 10,6% dei consensi.
Durante i suoi mandati, Lukashenko – oltre ad aver voluto ispirarsi, per il simbolo del Paese, a quello della Repubblica Socialista Sovietica Bielorussa del 1956 - si è opposto all'entrata della Bielorussia nella NATO e ha rimosso dal Paese ufficiali e funzionari corrotti, oltre che limitato i processi di privatizzazione e l'apertura al mercato.
Reintroducendo il controllo dei prezzi da parte dello Stato, è riuscito a stabilizzare l'economia e ha rafforzato i suoi rapporti con la Russia. Inimicandosi così, nel 1995, la Banca Mondiale e il Fondo Monetario Internazionale, che hanno sospeso ogni prestito alla Bielorussia e, negli anni, inimicandosi gli USA e l'UE.
Secondo i suoi sostenitori, Lukashenko avrebbe salvato il Paese dagli effetti nefasti del crollo dell'URSS, garantendo un'economia stabile e florida.
Nonostante Lukashenko abbia sempre tentato di mantenere saldi i rapporti con la Russia, recentemente sembra che questi si siano incrinati.
E' di pochi giorni fa, infatti, l'arresto, in Bielorussia, di 33 paramilitari russi, i quali avrebbero fomentato rivolte antigovernative nella capitale, Minsk.
I paramilitari pare facessero parte della “compagnia militare privata straniera Wagner”, la stessa alla quale si rivolge il Cremlino per operare nei teatri di guerra più impegnativi.
Un tantativo di destabilizzazione russo che Lukashenko non avrebbe gradito, tanto che, nel suo ultimo comizio, non ha lesinato critiche a Putin, affermando: “La Russia ha paura di perderci perché, a parte noi, non ha alleati molto stretti e l’Occidente ha recentemente iniziato a mostrare un interesse sempre più sostanziale nei nostri confronti. Ma tutti conoscono la nostra risposta: la Bielorussia non è amica di qualcuno contro qualcun altro. Siamo per una politica estera multilaterale, coerente e ragionevole”.
Il Partito Comunista della Bielorussia, presente anche nell'ultima compagine governativa con il Ministro dell'Istruzione Igor Karpenko, ha riaffermato, già all'ultimo Congresso del partito tenutosi l'11 luglio scorso, il suo sostegno al Presidente uscente Lukashenko.
Il Primo Segretario del Comitato Centrale, Alexey Sokol, aveva infatti rilevato come: “I comunisti ritengono che la Bielorussia, con la sua sovranità statale, si sia distinta per il suo carattere sociale e il grado di conservazione del suo sistema sanitario e educativo”. Respingendo, inoltre, ogni tentativo di destabilizzazione anticomunista e di ingerenza straniera nel Paese.
Sostegno al candidato Aleksandr Lukashenko è arrivato anche dai comunisti russi del KPRF di Gennady Zjuganov, il quale, in una recente intervista, ha riaffermato come il Presidente bielorusso abbia sempre contrastato l'oligarchia post-sovietica nel suo Paese. Oltre a ciò, Zjuganov, ha affermato come sia necessaria una maggiore integrazione fra Russia e Bielorussia; come sia necessario normalizzare i rapporti con l'Ucraina e come sia necessario costruire una degna politica fra Occidente e l'Oriente.
A voler togliere lo scettro Lukashenko, invece, la blogger e youtuber Svjatlana Cichanoŭskaja. 37 anni, di professione traduttrice, è sostenitrice di riforme di mercato e liberalizzazioni e accusa il Presidente uscente di essere un leader autoritario e di non aver adottato le opportune misure anti Covid 19.
Alla fine del mese di luglio, la Cichanoŭskaja , aveva organizzato una manifestazione antigovernativa alla quale hanno preso parte 60.000 sostenitori.
In Bielorussia vi sono 5.767 seggi, di cui 231 presso centri sanitari, centri di cura e resort.

Luca Bagatin

martedì 4 agosto 2020

L'Interpol si rifiuta di arrestare l'ex Presidente dell'Ecuador Rafael Correa. Articolo di Luca Bagatin

Nell'aprile scorso, l'ex Presidente socialista dell'Ecuador, Rafael Correa – rifugiato politico in Belgio dal 2017 - fu condannato a 8 anni di reclusione per presunta “corruzione aggravata”, in concorso con il suo già Vicepresidente Jorge Glas, che dal 4 ottobre 2017 sconta una condanna in carcere, nonostante le sue precarie condizioni di salute e le numerose irregolarità nel processo.

Secondo i giudici, Correa, dal 2012 al 2016, si sarebbe reso colpevole di finanziamento illecito al suo partito, in cambio di tangenti per agevolare imprenditori ecuadoriani.

Oltre a ciò, sarebbe stato impedito a Correa e ai suoi sostenitori, di partecipare alle elezioni politiche, per 25 anni.

E' di pochi giorni fa la notizia che l'Interpol, ovvero l'Organizzazione internazionale della polizia criminale, ha rifiutato la richiesta di arresto da parte dell'attuale governo liberale dell'Ecuador, disposta contro Correa.

L'Interpol riconosce che quella contro Correa è una persecuzione politica, che viola i diritti umani e, come tale, rifiuta ogni richiesta di arresto e estradizione pretese dal governo ecuadoriano, presieduto da Lenin Moreno. Quel Lenin Moreno, che, sino al suo definitivo voltafaccia e al suo abbraccio delle politiche neoliberali, militava nello stesso partito di Correa e ne fu peraltro vicepresidente dal 2006 al 2013.

Nei giorni scorsi, il Trubinale per le controversie elettorali, ha peraltro annullato la decisione del Consiglio elettorale nazionale di sospendere quattro formazioni politiche, fra cui quella a sostegno dell'ex Presidente Rafael Correa.

Il suo partito di ispirazione socialista, dunque, potrà concorrere regolarmente alle prossime elezioni.

La decisione è stata accolta con entusiasmo dall'ex Presidente Correa, il quale, su Twitter, ha esclamato: “Finalmente ! Un giudice elettorale fa ciò che è necessario”.

La vicenda dell'ex Presidente Correa, che ha governato l'Ecuador dal 2007 al 2016, con ottimi risultati economico-sociali, rientra nella strategia di liquidazione per via giudiziaria del socialismo democratico in America Latina. Vicenda che vide coinvolto l'ex Presidente socialista del Brasile Lula, l'ex Presidentessa peronista dell'Argentina Kirchner e vede coinvolto l'ex Presidente socialista della Bolivia Evo Morales. E, per molti versi, sembra avere delle assonanze con quanto accaduto in Italia nel periodo di quella che Bettino Craxi definì “falsa rivoluzione di Tangentopoli”.

I nodi, ad ogni modo, sembrano comunque sempre venire al pettine.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

lunedì 3 agosto 2020

"Sandino il padre della guerriglia". Articolo di Luca Bagatin

Sono passati 41 anni dalla vittoria della Rivoluzione sandinista in Nicaragua.

Nell'estate 1979, l'esercito del Fronte Sandinista di Liberazione Nazionale, guidato dal sandinista Daniel Ortega, rovesciò infatti il governo del liberal-conservatore Anastasio Somoza Debayle, sostenuto dagli USA, ponendo così fine a lunghi anni di lotte per la liberazione del Paese dal dominio straniero nordamericano.

Lotte che presero vita nel 1927, allorquando l'umile bracciante agricolo Augusto Cesar Sandino, si pose a capo della resistenza contro l'oppressore statunitense.

Gli USA, infatti, occupavano il Nicaragua sin dal 1912 e lo consideravano un loro protettorato. Protettorato di strategico interesse per gli yankee per due ragioni: la prima l'influenza degli Stati Uniti d'America sul Canale di Panama; la seconda i forti interessi economici nella produzione di tabacco, banane, zucchero di canna che l'impresa statunitense United Friut Company deteneva nel Paese.

Ne conseguiva che, i governi del Nicaragua, conservatori, erano – sin da allora - sostenuti e decisi a tavolino dagli USA.

Fu allorquando i liberali tentarono un colpo di Stato, nel 1926, che Sandino si unì alla loro lotta e divenne il leader della resistenza antimperialista del Paese.

Poche sono, nel nostro Paese, le pubblicazioni dedicate a Sandino e alla sua lotta. Fra queste una recentissima, editata da Oaks, a cura di Sergio Ramirez e con prefazione di Luca Lezzi: “Sandino il padre della guerriglia”.

Ramirez, ricordiamo, oltre a essere scrittore e intellettuale nicaraguense, fu vicepresidente del governo sandinista, con Ortega Presidente, dal 1985, al 1990. Nel 1995, in disaccordo con Ortega sul alcune questioni, fonderà il Movimento di Rinnovamento Sandinista.

Lezzi, nella prefazione, in particolare, presentando l'opera, individua quattro fasi storiche della storia latinoamericana: 1) liberazione e affrancamento dalla potenza coloniale spagnola, sotto la spinta della creazione di una grande confederazione di popoli; 2) emersione di leader sindacali e politici indigeni, nella prima metà del '900, volti a sconfiggere il nuovo colonialismo statunitense; 3) nascita di movimenti di liberazione nazionale di ispirazione terzomondista per l'affrancamento dei Paesi latinoamericani; 4) elezioni al governo di leader del socialismo del XXI secolo, con relativo ampliamento dei diritti sociali e costituzionali dei popoli latinoamericani.

Sandino, una sorta di Giuseppe Garibaldi dell'America Latina, si inserisce nel secondo filone e il saggio curato da Ramirez, ovvero da egli presentato, ci riporta il suo pensiero vivo, le sue parole, le sue missive al suo esercito di liberazione e le interviste che gli vennero fatte. Il tutto dal 1927 al 1933. Ovvero ai tempi della lotta armata antimperialista.

Una lotta impari, che vide contrapporre i guerriglieri sandinisti, male armati, ma sostenuti dal popolo del Nicaragua, e il potente esercito degli Stati Uniti, con tanto di aerei capaci di bombardare vaste aree del Paese.

La lotta sandinista, per molti versi, anticipò la guerra del Vietnam. Un popolo oppresso in lotta contro un colosso. Un popolo di descamisados, fiero delle proprie origini e desideroso di emanciparsi, contro una dittatura sanguinaria fondata sul danaro e sul business.

Un popoli che finirà, comunque, per trionfare.

Nella prima parte dell'opera “Sandino il padre della guerriglia”, Ramirez presenta gli antefatti che porteranno alla cosiddetta “guerra delle banane”, ovvero alla resistenza sandinista contro gli USA. Oltre a ciò, egli presenta la figura di Sandino, il quale tornò dal Messico in Nicaragua nel 1926, influenzato dagli ideali anarcosindacalisti e antimperialisti, che lo porteranno a sostenere le ragioni dei liberali nicaraguensi.

Nella seconda parte del saggio, invece, è Sandino stesso a parlare, attraverso documenti dell'epoca, manifesti redatti di suo pugno e interviste.

La sua sarà sempre una lotta di liberazione nazionale e mai ideologica. Rifiuterà sempre di essere riconosciuto quale marxista. Sandino, come peraltro egli stesso afferma in alcune delle interviste rilasciate, non appartiene nemmeno ad alcuna religione, ma la sua è una fede teosofica (la Società Teosofica fu fondata dall'occultista russa Madame Blavatsky nel 1875), che lo porterà anche a farsi iniziare in Massoneria.

La fede nella teosofia è alla base non solo del suo credo, ma anche dei principi che infonde nel suo stesso esercito. Egli infatti, il 15 febbraio 1931, redige un manifesto che intitola “Luce e Verità”, nel quale spiega che è un “impulso divino quello che anima e protegge il nostro esercito”. E spiega che “il principio di tutte le cose è l'Amore, cioè Dio” e che “l'unica figlia dell'Amore è la Giustizia Divina”.

Egli infatti, secondo i principi teosofici, considera tutti gli esseri fratelli e così i suoi compagni di lotta. Pur avendo un'istruzione da autodidatta, Sandino, come riportato anche dai giornalisti che lo intervistarono, è dotato di profonda sensibilità interiore e di una grande fede nella trascendenza.

Egli identifica la sua battaglia per spezzare le catene del suo popolo dall'oppressione come una battaglia Divina contro l'ingiustizia. Una battaglia non carica di astio e di odio contro l'avversario, ma carica di Amore e di senso di Giustizia.

La medesima visione spirituale e politica, peraltro, la ebbe, decenni prima, il nostro Giuseppe Garibaldi, teosofo e massone anch'egli (oltre che amico di Madame Blavatsky, che iniziò egli stesso in Massoneria) e anch'egli Generale in lotta contro gli oppressori. Sia in America Latina che in Italia.

E, come Garibaldi, anche Sandino rifiutò sempre di essere definito un marxista e sicuramente mai fu tale, né mai fu materialista. Ma, come Garibaldi, si ispirerà a una sorta di socialismo spirituale e teosofico, che ha animato spesso i condottieri e i leader latini (pensiamo anche a Juan Domingo Peron e a Hugo Chavez).

In una delle ultime interviste che gli venne fatta, nel 1933, contenuta nel saggio, alla domanda se egli creda o meno nella trasformazione della società a opera dello Stato, egli risponde: “La riforma è interiore. Lo Stato può cambiare l'esterno, la facciata apparente. Noi sosteniamo che ciascuno deve avere il necessario, che ciascuno deve essere fratello e non lupo. Il resto è pressione meccanica esteriore e superficiale. Naturalmente anche l'intervento dello Stato è necessario”.

Sandino uscì dunque vittorioso nella sua lotta, conclusasi nel 1933, con il ritiro delle truppe statunitensi e un accordo di pace con il nuovo Presidente liberale Juan Batista Sacasa.

L'anno successivo fu purtuttavia assassinato - assieme ai generali Estrada e Umanzon - su ordine di Anastasio Somoza Garcia, capo della Guardia Nacional e nuovo dittatore del Paese.

Il figlio di Somoza, Anastasio Somoza Debayle sarà, ad ogni modo, sconfitto dagli eredi politici di Sandino, nel 1979. Da quel Frente Sandinista di Liberazione Nazionale che, ancora oggi, governa pacificamente il Nicaragua, guidato da Daniel Ortega.

La storia del Nicaragua sandinista e l'opera di Sandino ha decisamente molto da insegnare. Non è una favola per bambini, ma una storia di sacrifici di donne e uomini, durata molto a lungo. Una lotta di fede. Una lotta di libertà e allo stesso tempo di amore e fratellanza.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

A causa di modifiche dell'editor per l'inserimento dei post su questa piattaforma, purtroppo, la grafica dei post, può risultare peggiorata. Ci scusiamo per il disagio da noi non dipendente. Abbiamo provveduto a segnalare la cosa a Blogspot, ma dubitiamo possano tornare alla versione precedente. A volte, gli sviluppatori, pensano di migliorare, ma non sempre accade...costringendo i blogger a mettersi le mani nei capelli...