sabato 15 dicembre 2018

Anche in Ungheria si attaccano i diritti dei lavoratori. Pronte mobilitazioni. Articolo di Luca Bagatin tratto da Alganews del 13/12/2018

L’Ungheria, come molti Paesi dell’Est europeo – dal crollo del Muro di Berlino ad oggi – ha attuato politiche via via sempre di maggiore deregulation del mercato del lavoro. Non a caso proprio in questi Paesi, dagli Anni ’90 ad oggi, vengono delocalizzate gran parte delle imprese europee e non solo.
Deregulation che ha aumentato il divario fra ricchi e poveri, fra sfruttatori e sfruttati.
Deregulation che è ormai il leitmotiv tanto amato dall’Unione Europea e dai cosiddetti “mercati”, che hanno applaudito i vari “Jobs Act” del Pd, le “Loi Travail” di Hollande-Macron e così via.
Tornando all’Ungheria: addio kadarismo degli anni in cui fu guidata dal leader comunista Janos Kadar, ecco arrivato il liberal capitalismo, da tempo, negli ultimi decenni, in salsa orbanista.
Ecco che Viktor Orban e la maggioranza elettoralistica del Parlamento ungherese contribuisce ancora una volta a distruggere quei pochi diritti dei lavoratori rimasti: con 130 voti contro 52 è stata approvata una riforma del codice del lavoro che prevede l’innalzamento a 400 ore straordinarie – contro le 250 previste – che i datori di lavoro potranno chiedere ai loro dipendenti. Legge peraltro molto permissiva per quanto riguarda il pagamento delle stesse, prolungando a tre anni il tempo che le aziende avranno per poterle pagare, rispetto ad un anno previsto dalla legislazione precedente.
Lajos Kosa, deputato del partito governativo FIDES ha così difeso la legge: “Coloro che vogliono guadagnare di più lavorando di più, ne avranno la possibilità”.
I sindacati ungheresi sono intanto sul piede di guerra e pare che oltre l’80% degli ungheresi sia contrario a tale nuova legislazione.
Il Partito Operaio Ungherese (Magyar Munkàspàrt), erede del Partito Comunista Ungherese (dovette cambiare nome nel 2013, in quanto una legge ha vietato l’uso del termine “comunista”) – guidato da Thurmer Gyula e che il 9 dicembre scorso ha celebrato il suo 27esimo congresso – è il partito di opposizione più determinato e si è infatti detto vicino ai sindacati e con essi intende manifestare. Il partito di Gyula con Orban condivide unicamente la politica anti-immigrazione, pur per ragioni differenti. Il Partito Operaio Ungherese ritiene infatti che essa sia una minaccia per la crisi economica, sociale e culturale , conseguenza del capitalismo e dell’idelogia liberale.

Luca Bagatin

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