mercoledì 6 febbraio 2019

"Bestie, Uomini, Dei", il viaggio di Ferdinand Ossendowski alla ricerca del Re del Mondo. Articolo di Luca Bagatin

Un esploratore, scrittore, giornalista polacco in viaggio nella terra degli uomini, delle bestie e degli Dei. Questo il percorso che ha compiuto Ferdinand Ossendowski (1871 – 1945) negli Anni '20 del '900: dalla Russia alla Cina, attraversando la Mongolia, l'India, il Tibet ai tempi della Rivoluzione bolscevica.
Il suo viaggio lo descrisse appunto nel best seller “Bestie, Uomini, Dei. Il mistero del Re del Mondo”, edito per la prima volta nel 1924, che in Italia ebbe la prefazione di Julius Evola e che le prestigiose Edizioni Mediterranee hanno ripubblicato in un'agevole edizione curata da Gianfranco de Turris, il quale ne redige anche l'introduzione.
Il saggio può essere letto – come scrive il de Turris - come una sorta di romanzo d'avventura, “attraverso chilometri di pianure gelate, montagne nevose e innevate, laghi ghiacciati che sprofondano sotto il peso dei cavalli o che bruciano all'improvviso per la presenza di gas o petrolio (…)”, ma in realtà “Bestie, Uomini, Dei” è anche un'opera politica e di critica al bolscevismo da parte di un sostenitore delle Armate Bianche zariste come è Ossendowski, che nel saggio descrive anche gli scontri fra Bianchi e Rossi ed in particolare le gesta del Barone Bianco Roman Von Ungern-Sternberg (1886 – 1921), detto anche il “Barone Pazzo” o il “Barone Sanguinario”, celebre per aver combattuto contro i Cinesi ed aver liberato il Bogdo Gègèn Khan VIII, guida politica e religiosa mongola, inseguendo poi il sogno di costituire un'unica grande teocrazia buddhista comprendente Mongoli, Cinesi, Afgani, Tibetani, Buriati, Kirghisi e Calmucchi, contro ogni idea rivoluzionaria, atea e modernista proveniente da Occidente. Idea che sarà soffocata dai bolscevichi, allorquando, tradito da un predone calmucco, sarà consegnato all'Armata Rossa e da questa fucilato.
Ma vi è un altro tema cruciale trattato nel saggio di Ossendowski, ovvero il cosiddetto “mistero del Re del Mondo”, del quale Evola rimase molto affascinato e che ispirò anche l'esoterista René Guénon, che ne scrisse infatti in uno dei suoi saggi più celebri, ovvero “Le Roi du Monde”, del 1927. Ossendowski, infatti, riferisce di un lama che gli raccontò dell'esistenza di un misterioso centro iniziatico sotterraneo, chiamato Agharti, sede, appunto, del Re del Mondo. Un Re del Mondo che, si dice, sia in contatto con tutte le menti di coloro i quali sono in grado di influenzare il destino del pianeta: condottieri, sacerdoti, scienziati, uomini politici. Egli è in grado di favorire i loro piani, solo se questi sono graditi a Dio, mentre se sono sgraditi il Re ne decreterà – presto o tardi – la distruzione.

Il lama riferisce a Ossendowski, altresì, che “Il Re del Mondo apparirà dinanzi a tutti gli uomini quando per lui sarà venuto il momento di guidare tutti i buoni nella guerra contro i malvagi. Ma questo tempo non è ancora venuto. I più malvagi dell'umanità non sono ancora nati”.
Una leggenda simile a quella descritta nei Veda indù, i quali raccontano della venuta dell'Avatar Kalki, incarnazione di Dio sulla terra il quale, alla fine dell'era più corrotta, ovvero il Kali-Yuga, verrà a ristabilire un nuovo ordine morale e spirituale e la rettitudine fra le genti.
“Bestie, Uomini, Dei” è dunque molto più di un diario di viaggio. E' un viaggio verso una realtà molto diversa rispetto a quella modernista occidentale. Una realtà più “cruda”, ma anche più spirituale e tradizionale. Una realtà nella quale il buddhismo perde la sua aurea di religione pacifica, ma non quella di religione profetica e di ricerca dei Divino all'interno di ciascuno. Una realtà che supera il razionalismo ed il materialismo occidentale e raggiunge il cuore di miti ed archetipi antichi, per nulla svelati dalla mente scientifica dell'Ossendowski, ma osservati e raccontati, senza pregiudizio alcuno in un saggio che giunge a noi da un'epoca passata, per guidarci ancora una volta in quella presente.

Luca Bagatin

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