domenica 11 dicembre 2016

2016: i popoli rifiutano la globalizzazione delle élite e vogliono sovranità e democrazia autentiche. Articolo di Luca Bagatin

Il 2016 che si sta chiudendo ha, politicamente parlando, mostrato chiaramente dove il mondo vuole andare e dove non vuole andare.
I popoli vogliono riappropriarsi di una sovranità perduta; rifiutano la globalizzazione “liberaldemocratica” e la “cinesizzazione” del pianeta, che hanno tolto loro potere d'acquisto, sovranità popolare e dunque autentiche libertà e democrazia; sono aperti all'accoglienza ma sino a che questa non diventa una vera e propria deportazione di esseri umani con conseguente sradicamento sociale e culturale di tutti; pretendono un presente ed un futuro quanto più possibilmente certo, ovvero la sicurezza economica; una casa ove vivere dignitosamente, oltre che cure mediche gratuite ed adeguate.
Tutto ciò, ai commentatori “liberal”, appare come “anacronistico” e viene bollato come un femomeno populista.
Invero, tutto ciò, oltre a non essere affatto anacronistico, è davvero populismo, ma nel senso originario e più positivo del termine. Ricordiamo infatti che il movimento populista nacque in Russia nei primi anni del '900 ed era rappresentativo dei contadini e dei servi della gleba e per molti versi fu l'equivalente del Peoples Party statunitense, sorto alla fine dell'800, rappresentativo delle classi contadine e critico nei confronti del capitalismo. Ovvero politica di popolo e per il popolo.
Un autetico popolo alla ricerca di vera libertà e di vera democrazia, aspetti non garantiti dal capitalismo globalista “liberal” delle élite che, come al solito, fanno il gioco della borghesia e dei ricchi.
Questi sono i segnali che il 2016 ha potuto registrare attraverso almeno quattro eventi politici di una certe rilevanza: il referendum britannico sulla Brexit; la vittoria di Donald Trump alle elezioni statunitensi; la sconfitta alle primarie francesi del globalista Sarkozy e la non ricandidatura alle imminenti elezioni presidenziali francesi dell'altrettanto globalista Hollande, oltre che l'avanzata inesorabile del Front National di Marine Le Pen ed infine la recente vittoria del NO al referendum costituzionale italiano, una vera e prioria forma di dissenso nei confronti delle politiche “liberal-capitaliste” attuate dal governo Renzi.
Il mondo cosiddetto “occidentale” sta forse iniziando a comprendere che l'ondata “liberalizzatoria” iniziata negli Anni '90, non ha prodotto alcuna autentica libertà per i cittadini, ma solo per le classi agiate e talune economie internazionali (vedi quella cinese). Ha impoverito quasi tutti; fatto perdere sovranità nazionale e popolare oltre che monetaria; implementato un immigrazionismo che si traduce in nuovo sfruttamento di manodopera straniera a basso costo e nell'emersione di nuovi mercati clandestini; implementato politiche di precarizzazione e di sfruttamento del lavoro (vedi Loi Travail francese e Jobs Act italiano); aumentato il rischio di una nuova contrapposizione fra Stati Uniti d'America e Russia, anziché dato luogo ad un comune impegno contro il terrorismo internazionele e così via.
Di fronte a tutto ciò, allorquando i popoli sono stati chiamati a pronunciarsi, hanno chiaramente espresso posizioni sovraniste, isolazioniste in politica estera, autarchiche e anti-globaliste.
Ora, non crediamo affatto che i partiti elettoralistici di matrice cosiddetta “sovranista” presenti sul panorama internazionale e le persone che li rappresentano possano essere la panacea. Diffidiamo assai dei tanti e troppi esagitati, pur osservando con attenzione almeno due fenomeni, ovvero il rinnovamento attuato da Marine Le Pen nel suo partito e le proposte positive dei Podemos spagnoli guidati da Pablo Iglasias
Riteniamo ad ogni modo che una avanzata elettorale del “sovranismo” sia sintomatica delle richieste dei cittadini.
Ed in questo senso rilanciamo l'idea dell'attuazione di una autentica democrazia diretta e dal basso, magari attraverso assemblee popolari alle quali in ogni quartiere, comune, provincia e regione, ciascun cittadino possa partrcipare e discutere/decidere liberamente e, appunto, democraticamente, in luogo di partiti elettoralistici e di “rappresentanze” in nome e per conto dei cittadini stessi. E un'assemblea di estratti a sorte fra tutti i cittadini, a livello nazionale, in luogo dei Parlamenti.
Rilanciamo l'idea di un reddito universale di cittadinanza (necessario in quest'epoca ove il lavoro sarà sempre più una rarità e sostituito dalle macchine) e di tutele universali per tutti i cittadini in luogo delle fantomatiche “tutele crescenti”. Ed il diritto ad una abitazione dignitosa per tutti i cittadini ed alla sanità universale gratuita.
E se non ci sono le risorse le si cerchino, si stampino i danari, si attui finalmente una economia del dono fondata sull'amore fra le genti, come nelle civiltà matriarcali e come illustrato dall'antropologo socialista Marcel Mauss nel suo celebre saggio.
E si investa in decrescita economica e non più in crescita. Si investa nell'ecosistema e nel riutilizzo dei beni. Si smetta di produrre cianfrusaglie e di esportarle solo per alimentare il mercato ed una assurda idea di “crescita illimitata” che si traduce in danno per l'ambiente e per la psiche umana, traducendosi, appunto, in ideologia del lavoro (e suo conseguente sfruttamento) e nella creazione di bisogni superflui indotti (indotti ad esempio dalla pubblicità commerciale) e nella conseguente ricerca di risorse economiche per poterseli acquistare anche attraverso il gioco d'azzardo, piaga moderna di questa società capital-consumista e dunque nè libera nè democratica in quanto non scaturita dall'autentica necessità/richista/volontà della comunità.
Occorre far rivivere il senso ci comunità e di appartenenza: sociale, culturale, civile, anziché seguire e sdoganare modelli di sradicamento sociale, culturale e civile tanto in voga negli ultimi decenni.
Occorre bloccare ogni traffico di armi e cancellare ogni richiesta di pagamento dei debiti dei Paesi del Terzo Mondo, i quali devono invece essere aiutati ad emanciparsi come nelle prospettive avviate dal Presidente del Burkina Faso Thomas Sankara negli Anni '80.
Occorre davvero pensare ad una nuova o forse antica idea di civiltà, quella che mi piace chiamare “Civiltà dell'Amore” e per molti versi resa attuale nell'America Latina del Socialismo del XXI secolo che, non a caso, ha conosciuto meno di altri la crisi economica e sociale ed ha permesso a popoli sfruttati da secoli di emanciparsi.
E' la civiltà che, forse, piacerebbe anche al Papa dei cattolici Francesco e che anche chi cattolico non è può riconoscersi per il solo fatto di essere un essere umano.
E' la civiltà della libertà e della democrazia autentica perché non slegata dalla comunità e dalle persone che la compongono.

Luca Bagatin

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