martedì 21 gennaio 2025

L'alternativa socialista democratica di Antonio Cariglia. Articolo di Luca Bagatin


Il Partito Socialista Democratico Italiano (PSDI) fu un piccolo partito di sinistra e d'opinione, protagonista più volte nella Storia politica italiana, ma troppo spesso dimenticato e bistrattato, fra le pieghe della Storia.

Come dimenticati furono molti dei suoi protagonisti.

Nel recente passato, ho avuto modo di ripercorrere la storia di questo interessante partito e alcuni dei suoi esponenti più significativi, grazie anche agli ottimi saggi del prof. Michele Donno, editi da Rubbettino (“Socialisti democratici. Giuseppe Saragat e il PSLI (1945 – 1952)" e “I socialisti democratici e il centro-sinistra (1956 – 1968)”); grazie alla raccolta di discorsi e scritti dell'On. Pietro Longo (edita da Sugarco negli Anni '80, dal titolo “Il socialismo della coerenza”) e grazie all'ottimo saggio di Mattia Granata, edito da Rubbettino, sul Ministro Roberto Tremelloni, “Roberto Tremelloni, riformismo e sviluppo economico” .

Con “L'Alternativa impossibile – L'Idea socialdemocratica di Antonio Cariglia tra Italia e Europa negli anni della “prima” Repubblica”, edito da Marsilio e ottimamente scritto da Simone Visciola, si potrà aggiungere un ulteriore tassello a questa Storia gloriosa e dimenticata.

Ciò che colpisce, del corposo saggio di Visciola, è la grande mole di informazioni sul PSDI, in particolare dagli Anni '70 alla sua scomparsa, almeno come partito serio e storico, nel 1992-1993, oltre che sull'On. Antonio Cariglia, che guidò il partito dal 1988 sino al 1992.

Cariglia, nato a Vieste nel 1924, si trasferì, nel 1937, a Pistoia, con la famiglia, in quanto il padre, Matteo, aveva vinto il concorso per un posto di comandante nei vigili urbani.

Egli iniziò il suo percorso politico in forma clandestina, come molti antifascisti della prima ora.

Come spiega Visciola, nel suo saggio, Cariglia si avvicinò al marxismo (ma non nella declinazione leninista) grazie alla lettura – ai tempi del liceo – degli scritti del filosofo socialista Rodolfo Mondolfo.

Da lì, il passo nell'entrare nel Partito Socialista Italiano di Filippo Turati, fu breve. Partito marxista “gradualista” e che detestava il più vago e annacquato termine “riformista” (oggi finanche troppo abusato).

Ben presto, Cariglia, si ritroverà sulle posizioni di Giuseppe Saragat, ovvero su un marxismo umanitario, promotore di libertà, giustizia sociale e democrazia, contro ogni forma di totalitarismo, fosse esso fascista o comunista totalitario.

Con Saragat e moltissimi altri, del resto, condivise la storica scissione socialista di Palazzo Barberini, del 1947, nell'ambito della quale nacque il Partito Socialista dei Lavoratori Italiani (PSLI), che riprendeva il nome dallo storico partito fondato da Turati e Anna Kuliscioff, nel 1892 (primo partito politico italiano).

Un partito che contemplava un socialismo largo, che andava dai gradualisti fino ai trotzkisti e che, in ogni caso, come ricordò lo storico e politico socialista Gaetano Arfè, citato da Simone Visciola, mai si definì “moderato” e per il quale il marxismo rimaneva la dottrina di riferimento.

Come ricorda Visciola, nel suo saggio, del resto, il PSLI non abbandonò dal suo simbolo la storica falce e martello e lo storico inno rimase “L'Internazionale”.

Il PSLI segnò, dunque, un distacco da un PCI che guardava a Stalin e da un PSI che, all'epoca, lo seguiva a ruota.

A 25 anni, Cariglia, iniziò la sua carriera di partito impegnandosi nel sindacato e molto attive furono le sue collaborazioni anche con il sindacato statunitense e, con Saragat, iniziò a far sì che il partito iniziasse a collaborare anche con gli altri socialisti all'estero, in particolare con i laburisti britannici, oltre che con i socialdemocratici tedeschi.

Nel corso degli anni, Cariglia, divenne, come lo definisce Visciola, una sorta di “termometro” del Partito Socialista Unitario (PSU) e, quindi, del PSDI (evoluzioni successiva del PSLI a partire dal 1948 in poi, che abbandonò la falce e martello per il simbolo del Sole Nascente di garibaldina e turatiana memoria).

Egli non amava le correnti, ma cercava, per quel che gli era possibile, di mantenere un equilibrio fra le varie posizioni interne al partito.

A lui, del resto, si deve l'invenzione, nel 1966, della cosiddetta “bicicletta” fra PSDI e PSI, simbolo di un tentativo, quantomeno elettorale, di riunificare il socialismo italiano, pur per un breve periodo.

Del resto, come spiegato ampiamente dal saggio di Visciola, fin dal titolo stesso, l'obiettivo principale di Cariglia fu sempre quello di ricercare l'unità delle forze laico-socialiste, in modo da poter creare una alternativa socialista democratica repubblicana alla DC, alle destre e a un PCI fondamentalmente conservatore.

In questo senso lavorò per tutta la vita, proponendo un apparentamento fra il PSDI, il PSI (che con Craxi, alla fine degli Anni '70, si era smarcato dal marxismo-leninismo, per sviluppare l'idea di un socialismo largo e libertario), il PRI e il Partito Radicale.

Un apparentamento che, a parere di Cariglia, doveva essere favorito da una nuova legge elettorale con appositi sbarramenti e premi di maggioranza, pur mantenendo un assetto proporzionale.

Nel 1985 trovò favorevole in particolare il Partito Radicale guidato da Giovanni Negri che, con altri radicali, prese la doppia tessera al PSDI e nelle cui fila si candidò, qualche anno dopo.

Peraltro in quegli anni si costituirono anche liste unitarie PSDI-PSI-Partito Radicale, nelle cui fila Cariglia fu peraltro rieletto.

Un progetto lungimirante e terzaforzista e che peraltro, diciamolo, auspicarono, decenni prima, anche quegli “Amici de “Il Mondo”” guidati da Mario Pannunzio e Ernesto Rossi e che, in parte, trovò ragione nella presentazione della lista Unità Socialista, alle elezioni del 1948, raccogliendo il 7% dei consensi.

Alla fine degli Anni '80, il PSDI di Cariglia promosse riforme molto avanzate, quali la riduzione dell'orario lavorativo a 35 ore settimanali; una riforma istituzionale che permettesse al Parlamento di scegliere il premier e che questi avesse maggiori poteri e promosse la costituzione di coalizioni prima delle elezioni, sulla base di un programma concordato.

Fra le altre cose, peraltro, annunciò che il PSDI avrebbe rinunciato al finanziamento pubblico e promosse un progetto di legge che prevedesse il finanziamento volontario ai partiti, attraverso la denuncia dei redditi, sul modello dell'8 per mille alle confessioni religiose.

Tutti aspetti, assieme a moltissimi altri, molto probabilmente, sconosciuti ai più e che trovano ampia trattazione ne “L'alternativa impossibile” di Simone Visciola che, in appendice, presenta anche un'ampia selezione di interventi parlamentari dell'On. Antonio Cariglia, dal 1965 al 1993.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

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