sabato 1 febbraio 2020

La Gran Bretagna si libera dalla "gabbia" dell'UE. Le parole di Farage e dei comunisti britannici


"Noi non abbiamo bisogno di una Commissione europea, di una Corte europea. Noi adoriamo l’Europa, ma odiamo l’Unione europea e spero che questo sia l’inizio della fine di questo progetto anti democratico, che non dà conto di nulla all’elettorato. Oggi c’è il globalismo contro il populismo, magari non vi piace, ma il populismo sta diventando sempre più popolare e ha enormi vantaggi”

(Nigel Farage, leader del Partito della Braxit)

"La Gran Bretagna che lascia l'UE invia un messaggio di speranza ai popoli del continente che condividono la nostra opposizione all'oligarchia e desiderano maggior democrazia piuttosto che le corti di giustizia, la BCE e la Commissione Europea. [...] Adesso c'è l'occasione di lottare per una Brexit che consegni leggi e politiche che servano gli interessi del popolo, non la city e le grandi imprese. C'è molto per cui battersi. Questo non è un governo forte e può essere fermato. I comunisti avranno un ruolo di leader nella lotta che verrà". 

(Robert Griffiths, Segretario generale del Partito Comunista Britannico)
 

Referendum Brexit: un esempio di democrazia diretta da estendere a politica ed economia globale

Non si possono mettere assieme capra e cavoli. La capra, spesso, finisce per mangiarseli.

E’ forse questa l’interpretazione da dare al referendum sulla Brexit, vinto da coloro i quali non vogliono più che la Gran Bretagna faccia parte dell’Unione Europea.
Non possiamo mettere mettere assieme Paesi e culture diverse e farlo per meri interessi economicistici di banchieri, grandi imprese ed investitori. E questo è quanto è stato fatto in tutti questi anni, con un’Unione Europea germanocentrica, allargata a Paesi dell’Est e fra un po’ anche all’antidemocratica Turchia. I minestroni economicistiti, non funzionano. E non sono accettati dal popolo inglese, la cui maggioranza ha deciso, appunto, di uscirne.
La democrazia vorrebbe e contemplerebbe il fatto che a tutti i Paesi fosse data la possibilità di decidere con appositi referendum sulla permanenza o meno nell’UE. E questo con buona pace del Senatore Mario Monti che, se ci riferiamo alle sue dichiarazioni in merito, non ama per nulla la democrazia e forse sono piuttosto politici come lui – che rinnegano la volontà popolare – il vero pericolo per l’Europa.
La democazia ed il rispetto della stessa passano anche per l’esito del referendum britannico sulla Brexit, dunque. E tale volontà democratica può essere spesso opposta rispetto alla volontà di economisti e politici, i quali sono dei meri mediatori e tali dovrebbero rimanere, ovvero dovrebbero unicamente servire i cittadini ed eseguire ciò che i cittadini decidono.
La democrazia diretta, ovvero la democrazia autentica, ad ogni livello, sarebbe dunque auspicabile perché i problemi vanno condivisi. Solo un popolo consapevole, direttamente, dei suoi problemi, può riuscire a superarli. Un popolo schiavo di politica ed economia è un popolo inconsapevole ed in balìa di decisioni altrui, ovvero dei ricchi e dei potenti di turno, i quali oggi piangono per i risultati drammatici delle Borse, che hanno fatto loro perdere non pochi quattrini.
Solo i cittadini ed i rispettivi popoli, con le loro diversità e specificità dovrebbero avere la possibilità di decidere e di governare, in apposite assemblee e comitati popolari aperti a tutti. E tali popoli dovrebbero cooperare, dialogare, aiutarsi con spirito fraterno, ma ben consapevoli delle loro diversità e specificità, senza assurde fusioni economicistiche a vantaggio dei ricchi investitori.
Occorre proteggere e garantire i meno abbienti, che ormai sono la maggioranza degli europei e fornire loro un reddito di cittadinanza, che li faccia sentire parte di una comunità da costruire su solide basi fraterne, ovvero fatta di garanzie fondate su solidi doveri civici e di cittadinanza. E qui torna utile l’insegnamento, nelle scuole, dei “Doveri dell’uomo” di Giuseppe Mazzini, un testo diretto al cuore degli operai e dei poveri e di scottante attualità. Occorre difendere i piccoli produttori, in Europa ed ovunque, martoriati dalle multinazionali e dalla grande distribuzione, favorita dai processi capitalisti e di globalizzazione.
Occorre peraltro comprendere che i debiti pubblici di ogni Stato sono impagabili e, come tali, vanno condonati e aboliti. Ci rimetteranno i ricchi investitori, certo, ma ne trarranno beneficio i cittadini. Lo spirito del dono e della cooperazione dovrebbe prevalere rispetto a quello del diritto privato di matrice liberale, dell’economia e del rigore.
Questa la lezione che si dovrebbe riuscire a trarre.
Esattamente un anno fa, in un mio articolo apparso anche sul quotidiano nazionale “L’Opinione delle Libertà” (http://www.opinione.it/politica/2015/06/20/bagatin_politica-20-06.aspx) e dal titolo “Una alternativa all’Unione globalista”, proponevo, in alternativa all’UE, un’Unione dei Paesi Euromediterranei e latini, molto più vicini fra loro per Storia, cultura, tradizioni e ciò in un rinnovato dialogo con il mondo ellenico, latino, latino-americano e terzomondista, al fine di sconfiggere la fame, l’immigrazionismo, il terrorismo, la povertà, l’esclusione sociale, ovvero tutte cose che – come scrissi allora – non sono risolvibili attraverso l’accettazione supina delle regole del mercato capitalista, le quali generano sradicamento sociale ed indentitario di interi popoli, obbligano i governi ad accettare le politiche del Fondo Monetario Internazionale, della Banca Mondiale e della Federal Reserve e rischiano di instaurare fantomatici mercati transatlantici che di fatto impongono, ancora una volta, le volontà di Washington al mondo intero.
Un’unione alternativa tanto al blocco nordamericano che a quello putiniano e che anzi, possa dare qualche lezione di emancipazione anche a quei due blocchi che, come ai tempi della Guerra Fredda, fronteggiandosi, hanno da sempre affamato i popoli del mondo e finanche i rispettivi popoli.
Questo può essere definito populismo, certo. E lo è, ma nella sua accezione positiva ed originaria del termine, giacché il populismo fu movimento di ispirazione socialista nato alla fine dell’800 in Russia per rappresentare i contadini ed i servi della gleba.
Oggi siamo tutti dei servi che devono essere in grado di liberarsi, spezzando le loro catene e guardando ad un avvenire fatto di autogestione dell’economia, delle imprese e della politica, ovvero di democrazia diretta e libertà civica proprio perché rispettosa dei doveri civici di ciascuno nei confronti del proprio Paese e dell’Umanità intera.

(Luca Bagatin)

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