domenica 31 dicembre 2017

Amore, socialismo, eurasiatismo, panafricanismo e libertà. Articolo di Luca Bagatin

Non è mai il caso di fare un bilancio di fine o di inizio anno.
Ad ogni modo alcune considerazioni possono sempre essere fatte, quantomeno sul piano geopolitico e politico.
Donald Trump, innanzitutto, non si è rivelato affatto diverso dai suoi predecessori imperialisti. Anzichè occuparsi del suo Paese come aveva promesso in campagna elettorale, ha seguitato, attraverso nuove sanzioni, a destabilizzare ancora una volta l'America Latina socialista e bolivariana e ha seguitato a creare problemi in Medioriente, anziché tentare di porre fine ai conflitti e ciò al fine di compiacere i suoi alleati.
A differenza di Putin che con Assad, in Siria, ha contribuito seriamente ad arginare e sconfiggere il terrorismo islamico e che, attraverso una visione multipolare in linea con le prospettive del filosofo russo Alexandr Dugin, in America Latina ha siglato importanti contratti con i governi socialisti.
Governi socialisti, ad iniziare dal Venezuela, che si sono riconfermati come i più graditi dalla maggioranza della popolazione, nonostante in Europa si siano pressoché tenuti nascosti i risultati positivi del fronte socialista alle elezioni regionali e comunali venezuelane.
Non così invece in Argentina, che, a causa delle divisioni del fronte peronista, vede ancora una volta confermarsi al potere - per una manciata di punti percentuali - l'oligarca liberale Mauricio Macri, il quale sta togliendo progressivamente diritti civili e sociali ai cittadini, in linea con le richieste del Fondo Monetario Internazionale. L'Argentina ha peraltro recentemente pianto la scomparsa, in corcostanze ritenute misteriose, dell'attivista per i diritti degli indigeni Mapuche Santiago Maldonado, il quale assieme agli indigeni si è sempre battuto contro le multinazionali che hanno loro sottratto le terre.
In Francia, con una risicatissima maggioranza di voti popolari e sull'onda della paura di un inesistente "fascismo", le elezioni presidenziali se le è aggiudicate l'ennesimo prodotto del capitalismo finanziario, ovvero Emmanuel Macron, da sempre in prima linea contro i diritti sociali, mentre in Spagna il "popolare" Rajoy ha mostrato il suo vero volto autoritario, reprimendo nel sangue gli attivisti indipendentisti e repubblicani catalani.
Quanto all'Italia - ove sono già previsti aumenti del gas e dell'energia elettrica del 5% - preferiamo tralasciare vista la totale inconsistenza dei partiti che si apprestano a gareggiare nell'ennesima campagna elettorale tutt'altro che entusiasmante e che, come in Francia ed altrove in Europa, vedrà giustamente prevalere un sano astensionismo di massa che, purtroppo, oggi, non ha ancora la possibilità di auto-rappresentarsi nelle istituzioni.
Siamo dunque ancora una volta alla contrapposizione fra i popoli sfruttati e le élites dominanti. Popoli sfruttati che, giustamente, guardano ad una visione geopolitica multipolare e ad una democrazia sempre più diffusa, diretta e popolare ed élites autoreferenzuali di matrice liberale che guardano come al solito al tornaconto delle grandi imprese ed alla crescita economica, proponendo una visione del mondo precaria, precarizzante e liquida.
C'è chi lamenta l'assenza di una sinistra vecchio stile, ma in realtà è proprio quella sinistra ad essere diventata la maggiore sostenitrice del capitalismo assoluto, come rilevato già in tempi non sospetti da intellettuali del calibro di Pier Paolo Pasolini, Michel Clouscard e, più recentemente, da Jean-Claude Michéa e Alain De Benoist.
Occorre invece più socialismo originario. Meno società dei consumi, meno illusorie "società aperte" foriere di nuove lotte fra poveri, ma più socializzazione che superi il precariato attraverso un'economia condivisa fra tutti. Un'economia fondata principalmente sull'autogestione e la socializzazione del mezzi di produzione, sul dono e sul baratto e non sull'ego e sul danaro. Più arcaismo, più recupero delle tradizioni ancestrali e spirituali di ogni popolo e meno indistinzione, meno liquidità "all'americana", meno fondamentalismo.
Più rispetto e promozione dell'ambiente e della Natura in tutte le sue forme.
Non ius soli, ma panafricanismo, ovvero sostegno alle lotte di liberazione nazionale e sociale dei Paesi africani (positiva in tal senso la candidatura di Seif-al Islam Gheddafi, figlio del grande leader libico socialista Mu'Ammar, barbaramente ucciso nel 2011, alle elezioni in Libia del 2018) e di tutti i Paesi del Terzo Mondo portatori di una visione laica, socialista, democratica dal basso contrapposta ad ogni forma di neocolonialismo, neoimperialismo diretto dal Fondo Monetario Internazionale e dalle più varie multinazionali.
Multipolarismo, ambientalismo e socialismo - oltre la destra e la sinistra - dovrebbero essere le parole d'ordine per gli anni a venire dei popoli liberi. Non più Europa delle élites liberali, ma più Europa dei popoli sovrani o, meglio, più Eurasia.
Più unità fra i popoli fratelli latini, quelli panafricani e quelli eurasiatici contrapposti ad ogni visione capitalista, universalista, materialista e oligarchica.
Una possibile Civiltà dell'Amore può passare anche da qui. Dal superamento dell'ego, del danaro, del totalitarismo fondamentalista dell'economia di mercato.
Per approdare dove ?
All'essere umano che divide e condivide con i suoi simili, ma non dei post sui cosiddetti "social". Che divide e condivide una dimensione sociale e socialista autentica; una dimensione spirituale e ambientalista; una dimensione di consapevolezza interiore che gli permetta di autogestirsi e di autogovernarsi, senza la necessità di nessun "media" o "medium".

Luca Bagatin

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