martedì 4 dicembre 2018

Gilet Gialli: un movimento dal basso con un programma di governo populista e socialista. Articolo di Luca Bagatin

E' probabilmente il primo movimento di protesta e di proposta nato dal basso in Francia e in Europa in epoca odierna. Quello dei Gilet Gialli è forse oggi l'unico movimento che si contrappone proprio a quell'Europa autoreferenziale e delle élite economiche abituate a imporre misure di austerità e a incoraggiare una crescita economica - che non è affatto illimitata - e a deregolamentare un mercato sempre più dannoso. Dannoso per i lavoratori, i quali sono costretti a svendersi e per i disoccupati che il lavoro non lo trovano affatto; dannoso per quelle piccole e medie imprese che non sono in grado di tenere il passo della globalizzazione, ovvero del capitalismo assoluto e infine dannoso per i cittadini, bombardati dal consumismo e dalla pubblicità commerciali, che li ha resi nuovi automi in balia del sistema economico-commerciale (il famoso trinomio "produci-consuma-crepa").
E così, un movimento sorto spontaneamente in opposizione all'aumento del carburante imposto dal governo Macron-Philippe, è diventato molto di più. Con l'80% dei consensi popolari e recentemente sostenuto da filosofi del calibro di Jean-Claude Michéa e di Alain De Benoist, i Gilet Gialli hanno rivendicato numerose proposte sociali. Un vero e proprio programma di governo autenticamente populista e socialista, potremmo dire. Un programma che consta di vari punti, qui riassunti: richiesta di un salario minimo di 1300 euro netti e di uno massimo a 15.000 euro; aumento dei fondi per i disabili; taglio delle tariffe di luce e gas, con rinazionalizzazione delle società energetiche; lotta alla povertà e eliminazione del problema dei senzatetto; abolizione del Senato e introduzione di una Assemblea dei cittadini; riduzione delle imposte sul reddito e inasprimento delle tasse sulle grandi imprese commerciali (McDonald, Google, Carrefour, Amazon); proibizione delle delocalizzazioni; affrontare le cause della migrazione forzata; divieto di vendita del patrimonio pubblico francese; mezzi adeguati alle forze di polizia e all'esercito, con straordinari pagati; pensioni a 60 anni; introduzione dei referendum popolari in Costituzione; abolizione dell'indennità Presidenziale a vita e altre misure che, ad oggi, nessun partito né della destra, né del centro, né della sinistra, ha mai proposto o attuato. Sia in Francia che in Europa.
Anche per questo i Gilet Gialli, pur sostenuti e "corteggiati" sia da Marine Le Pen che da Jean-Luc Mélenchon, oltre che dal maggior sindacato francese, ovvero la CGT, rifiutano di identificarsi con qualsivoglia partito o movimento politico e vogliono mantenersi civici e del tutto indipendenti.
Pur con tentativi di infiltrazione violenta e con tentativi di screditarli da parte delle élite politiche e talvolta mediatiche, il movimento del Gilet Gialli incassa ad ogni modo la sua prima, per quanto parziale, vittoria sul governo francese. Il Primo Ministro Edouard Philippe ha infatti annunciato una moratoria di alcuni mesi sull'aumento delle tasse sui carburanti. Moratoria che dovrebbe essere accompagnata da altre misure di pacificazione nei giorni seguenti.
Poco, molto poco, come afferma Marine Le Pen, leader del Rassemblement National, che definisce il governo "non all'altezza delle attese e delle precarietà in cui si dibattono i francesi".
Ad ogni modo i Gilet Gialli intendono nuovamente scendere in piazza sabato prossimo.
Il governo Macron-Philippe, che oggi gode di appena il 25% di popolarità e che già è stato eletto da una minoranza del Paese nel 2017 (il 18% netto circa dei consensi, in quanto molte sono state le astensioni e i voti alla Le Pen e a Mélenchon), non può non tenere conto del fatto che non è possibile governare senza il sostegno popolare.
Questa è la democrazia.

Luca Bagatin

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