 E’ un movimento popolare, populista nel senso 
migliore e originario del termine. Si contrappone all’austerità imposta 
dal cosiddetto “governo dei ricchi”, ovvero il governo Macron-Philippe, 
con le sue politiche in linea con la visione globalista e liberal 
capitalista della crescita illimitata, dell’immigrazione incontrollata, 
del taglio ai servizi pubblici, della precarietà lavorativa e delle 
privatizzazioni, tanto volute dall’Unione Europea, mai votate o decise 
da nessun cittadino europeo.
E’ un movimento popolare, populista nel senso 
migliore e originario del termine. Si contrappone all’austerità imposta 
dal cosiddetto “governo dei ricchi”, ovvero il governo Macron-Philippe, 
con le sue politiche in linea con la visione globalista e liberal 
capitalista della crescita illimitata, dell’immigrazione incontrollata, 
del taglio ai servizi pubblici, della precarietà lavorativa e delle 
privatizzazioni, tanto volute dall’Unione Europea, mai votate o decise 
da nessun cittadino europeo.
E’ un movimento senza leader, che nasce dal basso e 
che ha raccolto persone di ogni orientamento politico e da ogni parte 
della Francia, ottenendo l’80% del sostegno popolare.
Sorto a metà novembre, in opposizione alle imposte 
sul carburante, quello dei Gilet Gialli ha, mano a mano che i giorni 
passavano e le manifestazioni si susseguivano, elaborato una vera e 
propria piattaforma programmatica che va dall’aumento dei salari sino 
all’abbassamento dell’età pensionabile; dall’aumento dei fondi per la 
disabilità sino alla lotta alla povertà e all’introduzione della 
democrazia partecipativa e a molto altro.
Un movimento trasversale, che spaventa i governi 
oligarchici, abituati ad avere a che fare con le destre, i centri, le 
sinistre. Non con i popoli, le persone, le periferie. Gli esseri umani 
pensanti.
Abbiamo voluto intervistare alcune persone, chiedere 
le loro impressioni sull’attuale situazione in Francia, sul movimento 
dei Gilet Gialli e che cosa li ha spinti a sostenerlo e a partecipare 
alle manifestazioni.
 Nadia Zellal, classe 1984, vive a Marsiglia. Si definisce comunista e progressista. “All’inizio
 del movimento, la nostra lotta era incerta, il nostro Presidente ha 
usato le divisioni per governare meglio, ma questo movimento ha portato 
alla luce un insieme di persone di tutti i ceti sociali, che sostengono 
la stessa lotta per “una vita decente”. Attualmente questa lotta è 
praticamente vinta”.
Nadia Zellal, classe 1984, vive a Marsiglia. Si definisce comunista e progressista. “All’inizio
 del movimento, la nostra lotta era incerta, il nostro Presidente ha 
usato le divisioni per governare meglio, ma questo movimento ha portato 
alla luce un insieme di persone di tutti i ceti sociali, che sostengono 
la stessa lotta per “una vita decente”. Attualmente questa lotta è 
praticamente vinta”.Cosa pensi del movimento dei Gilet Gialli e che cosa ti ha motivato a partecipare alle manifestazioni? Le chiedo.
“È un movimento apartitico, quindi senza leader. Ciascuno milita come desidera, secondo le sue convinzioni, le sue disponibilità e i suoi desideri. Sono stata motivata a partecipare alle manifestazioni a causa del grande divario tra i ricchi, che diventano sempre più ricchi, e i poveri che diventano sempre più poveri”.
Dany Colin è un cineasta di origine congolese, 
appassionato studioso del cinema di Pasolini. Si definisce “militante 
sovranista del popolo francese e africano”. “La povertà sta dilagando anche fra le classi medie e le differenze di classe stanno aumentando” – ci racconta – “Stiamo
 gradualmente assistendo a uno sconvolgimento dei modelli politici 
dominanti nel pensiero del popolo francese. Il movimento dei Gilet 
Gialli esprime tale rabbia e questa frustrazione legittima ha la 
particolarità di non avere un capo preciso, né un sindacato , né un 
partito alla sua testa. I media e la società dello spettacolo, per 
neutralizzare il movimento, fanno affidamento sulla sua frangia 
reazionaria che vuole solo riadattare il consumismo e il capitalismo per
 loro stessi. Mi auguro che tale movimento non rimanga solo un semplice 
grido di rabbia, ma possa estendersi a dimensioni politiche più 
pragmatiche”.
Fra i sostenitori dei Gilet Gialli anche dei 
militanti e attivisti della CGT, ovvero la Confederazione Generale del 
Lavoro, uno fra i maggiori sindacati francesi. Camarade B. – che 
preferisce essere chiamato così e non rivelare il suo nome – è proprio 
un attivista sindacale della CGT, il quale si definisce politicamente 
populista e ritiene che sia molto positivo che “la gente si ribelli 
contro il governo di Macron e che lo faccia un movimento che ha saputo 
federare persone oltre le divisioni sinistra/destra e abbia unito i 
francesi affrontando nemici comuni. Io sono dalla parte delle persone e 
quindi mi sento parte di questo movimento. C’è la volontà di abbattere 
questa oligarchia e ciò mi spinge a manifestare”.
Sull’argomento è intervenuto anche David L’Epée, 
cittadino svizzero ma redattore della rivista francese bimestrale di 
approfondimento politico, culturale e scientifico “Eléments”, fondata 
dal filosofo Alain De Benoist.
Anche David ritiene che “Il governo non è caduto 
sabato 8 dicembre come alcuni speravano, ma è solo una partita 
rimandata. Il movimento ha già vinto in quanto, pur aggrappato al suo 
potere, Macron non ha potuto evitare il deterioramento della situazione e
 l’esasperazione dei conflitti. Anzi, è il primo responsabile per questa
 escalation”.
Gli chiedo che cosa ne pensi del movimento dei Gilet Gialli, se li appoggi e come egli si definisca politicamente.
“Appoggio con entusiasmo questo movimento, ma non mi considero un Gilet Giallo perché non sono francese, ma svizzero.
Personalmente sono andato a Parigi per sostenere i miei compagni presenti in loco e in solidarietà con il popolo francese, che soffre terribilmente dalla crisi sociale causata dal suo governo e merita un destino diverso.
Mi definisco un “elettrone” libero, lontano da qualsiasi partito. Ad ogni modo gli ideali che mi animano sono il socialismo, il patriottismo e la democrazia diretta”.
“Appoggio con entusiasmo questo movimento, ma non mi considero un Gilet Giallo perché non sono francese, ma svizzero.
Personalmente sono andato a Parigi per sostenere i miei compagni presenti in loco e in solidarietà con il popolo francese, che soffre terribilmente dalla crisi sociale causata dal suo governo e merita un destino diverso.
Mi definisco un “elettrone” libero, lontano da qualsiasi partito. Ad ogni modo gli ideali che mi animano sono il socialismo, il patriottismo e la democrazia diretta”.
 Di parere simile anche Louis Alexandre, redattore 
della rivista socialista rivoluzionaria “Rébellion”, che alle 
Presidenziali di un anno e mezzo fa invitò gli elettori all’astensione, 
giudicando tutti i candidati come parte del medesimo “sistema”.
Di parere simile anche Louis Alexandre, redattore 
della rivista socialista rivoluzionaria “Rébellion”, che alle 
Presidenziali di un anno e mezzo fa invitò gli elettori all’astensione, 
giudicando tutti i candidati come parte del medesimo “sistema”.
Per Louis “La Francia popolare e 
periferica ha sofferto a causa dell’abbandono e del disprezzo delle 
élite. Lasciando a se stesse intere aree del territorio”.
Cosa ne pensi del movimento dei Gilet Gialli – gli chiedo – Ti senti parte di esso ?
“I Gilet Gialli sono l’espressione di una rottura. La rottura della gente in relazione all’oligarchia. Facendo parte dalle classi più popolari, mi sento totalmente parte di esso.
Sono un socialista rivoluzionario europeo, ovvero sostengo la comunità popolare, la giustizia sociale e una più ampia autonomia”.
Cosa ne pensi del movimento dei Gilet Gialli – gli chiedo – Ti senti parte di esso ?
“I Gilet Gialli sono l’espressione di una rottura. La rottura della gente in relazione all’oligarchia. Facendo parte dalle classi più popolari, mi sento totalmente parte di esso.
Sono un socialista rivoluzionario europeo, ovvero sostengo la comunità popolare, la giustizia sociale e una più ampia autonomia”.
Da Macron, criticato pesantemente anche da chi lo 
aveva in un primo momento sostenuto, come l’economista Jean-Paul 
Fitoussi, che lo accusa di non conoscere il suo Paese e di aver favorito
 solamente le classi agiate, arrivano intanto i primi “mea culpa” e le 
prime autocritiche. Il movimento dei Gilet Gialli ha colpito nel segno.
Luca Bagatin
 
 
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