lunedì 23 ottobre 2023

Elezioni in Argentina. Ballottaggio fra la civiltà peronista di Sergio Massa e la barbarie ultra-capitalista di Javier Milei. Articolo di Luca Bagatin

Domenica 22 ottobre scorsa si è tenuto il primo turno delle elezioni Presidenziali in argentina e, al primo posto, si è piazzato Sergio Massa, candidato della coalizione governativa peronista, socialista e comunista “Unione per la Patria”, che ha conseguito il 36,68% dei voti.

Al secondo posto e andrà al ballottaggio con Massa, il prossimo 19 novembre, il candidato della destra libertaria Javier Milei, sostenuto dalla coalizione antiperonista e anticomunista “La Libertà Avanza”, con il 29,98% dei voti.

La candidata liberale di centrodestra, Patricia Bullrich, sostenuta da “Insieme per il cambiamento” si è fermata, invece, al 23,83%.

A seguire il candidato peronista di centro Juan Schiaretti, sostenuto dalla coalizione centrista peronista “Facciamolo per il nostro Paese”, che ha ottenuto il 6,78% e, infine, la candidata della sinistra estrema e trotzkista Myriam Bregman, sostenuta dal “Fronte della Sinistra e dei Lavoratori”, la quale ha ottenuto il 2,7% dei consensi.

Sergio Massa, avvocato di origine italiana, classe 1972, candidato dei peronisti di sinistra e sostenuto da un'ampia coalizione peronista, socialista democratica e comunista, un passato giovanile nell'area liberale, aderì negli Anni '90 al peronismo e, nel corso degli anni 2000, al peronismo di sinistra rappresentato da Nestor e Cristina Kirchner.

Dopo una lunga carriera politica, è stato nominato, nel 2022, Ministro dell'Economia del governo presieduto dal peronista di sinistra Alberto Fernandez, di cui si appresta a diventare successore.

Erede della tradizione di Evita e Juan Peron, che ebbe come slogan “Giustizia sociale, indipendenza economica e sovranità nazionale”, lo è anche della tradizione kirchnerista che, accanto ai capisaldi del peronismo storico, coniuga diritti sociali, emancipazione delle classi lavoratrici, diritti civili e una politica estera multipolare e aperta ai BRICS.

Sul fronte opposto Javier Miliei, capigliatura folta e assurda, economista e conduttore radiofonico, classe 1970. Definito dai media esponente di “estrema destra”, è un libertario di destra molto sui generis. Del Partito Libertario da cui proviene, infatti, non condivide le posizioni in materia di aborto ed è contrario all'educazione sessuale nelle scuole. Note sono, inoltre, le sue posizioni complottiste su varie questioni e negazioniste per quanto riguarda il terrorismo di Stato in Argentina durante la dittatura militare anti-peronista. Il suo programma va dai tagli drastici alla spesa pubblica, passando per l'avvicinamento dell'Argentina al sistema monetario statunitense, all'allontanamento del Paese dalla Cina e dal Brasile (e, più in generale, dal gruppo dei BRICS), fino alla privatizzazione di tutto ciò che può essere privatizzato (fino al settore scolastico).

Inutile dire che, con una sua elezione alla Presidenza, l'Argentina farebbe certamente passi indietro di decenni, sia in materia di conquiste civili che sociali.

Difficile dire se, quantomeno, i voti dei peronisti di centro di Juan Schiaretti e quelli della sinistra più estrema di Myriam Bregman, possano confluire, il prossimo 19 novembre, a Sergio Massa.

Certo, il 19 novembre prossimo, sarà per gli argentini più che un ballottaggio. Sarà lo scontro fra la civiltà del peronismo e del socialismo, contro la barbarie di uno sconsiderato conduttore radiofonico dalla pettinatura bizzarra che, scimmiottando i suoi compari di capigliatura – Donald Trump e Boris Johnson - può far tornare l'Argentina nel baratro sociale, economico e civile.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

 

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