venerdì 10 novembre 2023

Il prof. Giancarlo Elia Valori, la Cina contemporanea e il mondo multipolare. Articolo di Luca Bagatin

Il prof. Giancarlo Elia Valori e il Presidente cinese Xi Jinping durante la visita ufficiale a Malta, febbraio 2009

Giancarlo Elia Valori, classe 1940, veneto nato da genitori toscani, è manager di prestigiose società italiane e estere.

Docente universitario di importanti atenei (a New York, a Gerusalemme e Pechino), osservatore e analista di politica internazionale, ha ricevuto, negli anni, riconoscimenti nazionali e internazionali quali la nomina – da parte del Presidente della Repubblica italiana - a Grande ufficiale e Cavaliere di Gran Croce dell'Ordine al merito della Repubblica italiana; la nomina a Cavaliere del Lavoro; la nomina a Cavaliere della Legion d'Onore da parte del Presidente della Repubblica Francese François Mitterrand e numerose altre onorificenze, fra cui - nel 2002 - il titolo di “Honorable” della Académie des Sciences de l’Institut de France.

Autore, sin dagli Anni '60, di numerose pubblicazioni su economia, geopolitica, spiritualità e esoterismo, la Shoah e la lotta all'antisemitismo e il Risorgimento italiano, il prof. Valori è un'eccellenza italiana.

Presidente della Fondazione di Studi Internazionali e Geopolitica, amico degli umili e dei potenti, il prof. Valori – in quanto “rivoluzionario e alchimista dello Spirito”, come mi piace definirlo - potrebbe ricordare un po' sia il Principe di Sansevero Raimondo Di Sangro, esoterista, alchimista e illuminista, al quale egli stesso dedicò un saggio, nel 2014, che il Conte di origine portoghese Alessandro Cagliostro (che non fu certo l'imbroglione palermitano Giuseppe Balsamo, come vorrebbe certa vulgata e certa pessima storiografia).

Uomo di pace, dialogo e alchimia dello Spirito, appunto, il prof. Valori è una di quelle personalità in grado di illuminare questo triste mondo occidentale decadente, preda dell'insensatezza di un'Europa e di un'Italia tanto servili quanto senza cultura politica né prospettive.

Almeno sin da quando, dopo il 1993, decadde quella Prima Repubblica che ci regalò anche dolori, certamente, ma soprattutto ci regalò una classe politica lungimirante, colta, riformatrice, pragmatica e seria.

Un mondo occidentale che ha perduto ogni pragmatismo e ogni senso del buono, del bello e del vero, per lasciare – dietro di sé – solamente le macerie di guerre insensate; una sanità pubblica disastrata e appannaggio solo dei ricchi; città sempre meno sicure e prede della criminalità e delle baby gang; una scuola che ha smesso di formare e media e talk show rissosi, ideologici e privi di ogni forma di ragionamento, approfondimento e libertà di pensiero.

Leggo gli articoli del prof. Valori da diversi anni e sono per me fonte di grande ispirazione e consolazione, vista la profondità del suo pensiero e della sua apertura mentale.

Il 10 novembre alle ore 15.00, presso l'Auditorium Quilin della Facoltà delle Relazioni Internazionali dell'Università di Pechino – celebre per aver ospitato, nel 2006, il conferimento del Dottorato Onorario al prof. Henry Kissinger - il prof. Valori è stato insignito del titolo di Professore Benemerito della prestigiosa Peking University.

Tale onorificenza è stata concessa al prof. Valori dal Senato Accademico dell'Università, come riportato dal comunicato ufficiale, per l'“imponente e straordinaria attività del Professor Giancarlo Elia Valori, nella promozione della Pace, della solidarietà e della reciproca comprensione tra i popoli”.

Nell'occasione, egli ha tenuto un importante discorso – dal titolo “La Cina e il mondo contemporaneo” - nel quale ha spiegato il suo pensiero relativamente alla Cina contemporanea e alla necessità dello sviluppo di un mondo multipolare, pacifico e che promuova mutuo vantaggio per tutti i suoi abitanti.

E vorrei qui riportarne alcuni passi salienti, vista l'attualità e lucidità della sua analisi.

Nel suo discorso, il prof. Valori ha affermato che “rafforzare gli scambi culturali tra l’Italia e la Repubblica Popolare della Cina e gli altri Paesi è parte indispensabile del processo di modernizzazione che, considerato l’avanzamento che in Cina procede a passi da gigante, crea vantaggio per tutti i Paesi. (...) mantenendo la diversità della cultura mondiale e promuovendo la prosperità e lo sviluppo”.

Egli ha inoltre sottolineato la necessità di rafforzare l'amicizia e “la comprensione reciproca tra i Paesi e Popoli, favorendo relazioni amichevoli e cooperative con persone di tutti gli Stati del mondo, promuovendo la pace e lo sviluppo cercando di edificare un domani armonioso per tutti”.

Relativamente alla storia del socialismo con caratteristiche cinesi, egli ha affermato che “I punti salienti della storia cinese si possono riassumere nella presa di coscienza del Partito Comunista Cinese di essere uscito finalmente fuori dalle contraddizioni sia strutturali che sovrastrutturali, che hanno accompagnato la sua grandiosa lotta centenaria per il riscatto del Popolo e della Cina intera contro l’imperialismo occidentale, l’ex socialimperialismo sovietico, contro il colonialismo, il neocolonialismo.

La Repubblica Popolare della Cina e il Partito Comunista Cinese stanno dimostrando ai popoli calpestati dalle superpotenze del passato e di oggi, che è possibile affrancarsi dal dominazionismo di terzi attraverso la capacità di contare sulle proprie forze, pur essendo – come la Repubblica Popolare della Cina stessa – Paesi in via di sviluppo ed emergenti; ossia lottare per il multipolarismo in un mondo che non deve avere colonizzatori e colonizzati.”

Da attento conoscitore della Repubblica Popolare Cinese – che è stata anche oggetto di due suoi saggi, ovvero “L'eredità di Mao”, edito da Sugarco nel 1980 e “La via della Cina”, edito da Rizzoli nel 2010 – il prof. Valori ha spiegato che cosa differenzia il politici cinesi dal resto dei politici occidentali: “I politici cinesi sono persone che provengono da migliaia di anni di storia. Sono gli eredi dell’imperatore Qin Shi Huangdi, se non dell’Imperatore Giallo Xuanyuan Huangdi. Essi sono realistici e guardano al concreto e agli interessi del proprio Paese, in modo che si crei un’armonia fra le genti della terra, e nessuno possa sopravanzare gli altri”.

E non ha lesinato critiche ai politici del cosiddetto Occidente liberal-capitalista, in particolare europeo, ovvero: “I politici occidentali che si dice siano gli eredi del 1789, di rivoluzionario non hanno alcunché, e di concreto è il loro interesse al benessere di banche, e istituti di credito, anche a detrimento del welfare raggiunto dopo la II Guerra Mondiale, inoltre, si illudono di creare un’Europa unita e da ultimo, a traino dei diritti umani di odore statunitense, favoriscono gli interventi militari in Paesi lontani, dove stabilire il dominio del proprio referente senza scrupolo alcuno”.

In Italia, il prof. Valori ha giustamente nostalgia dei grandi uomini politici della Prima Repubblica e, infatti, nel suo discorso ha affermato che “per quanto riguarda noi italiani, il panorama è molto triste e di discosta dai grandi uomini politici del passato, quali Fanfani, Moro, Andreotti, Cossiga, Craxi e molti altri dell’opposizione”.

E, proseguendo la sua analisi relativa al PCC, ha fatto presente come le accuse mosse a quest'ultimo, da parte dei politici occidentali, di essere antidemocratico, siano totalmente fuorvianti e dettate dal pregiudizio politico: “Il più grande luogo comune sul PCC dei politici occidentali è che esso non sia democratico. Ovviamente per dir questo essi partono dal presupposto che la democrazia “vera” sia la propria. Quella che sgancia bombe sui popoli per imporla a ignoranti, arretrati e dittatori che, però, non siano loro amici. (…). A dire il vero le campagne diffamatorie contro la Repubblica Popolare della Cina sono dirette da Washington, e i Paesi della NATO e i loro governi, non possono far altro attraverso mass media, social network, stampa e televisioni che obbedire alla Casa Bianca. Il parere dei popoli di questi Stati ritengo sia molto differente”.

Molto interessante il passaggio del discorso del prof. Valori relativo ai rapporti privilegiati della Repubblica Popolare Cinese con i Paesi in via di sviluppo, in particolare l'Africa e del contributo dato da essa a questi ultimi, per il loro sviluppo ed emancipazione: “Non dimentichiamo il rapporto privilegiato della Repubblica Popolare della Cina con i Paesi in via di sviluppo, argomento che dà molto fastidio agli Stati Uniti d’America e ai Paesi già colonizzatori del passato. Nel fornire assistenza a Stati esteri, la Repubblica Popolare della Cina rispetta sempre la sovranità dei Paesi beneficiari, non pone vincoli di sorta e persegue risultati vantaggiosi per tutti. (...)

La cosiddetta “trappola del debito” cinese è una narrativa che gli Stati Uniti d’America e alcuni altri Paesi occidentali adottano per diffamare e calunniare la Cina, e interrompere la sua cooperazione con altri Paesi in via di sviluppo.

Il capitale occidentale costituisce il maggiore creditore dei Paesi in via di sviluppo. Secondo le statistiche del 2022 della Banca Mondiale sul debito internazionale, il 28,8% del debito estero in essere dell’Africa è dovuto a istituzioni finanziarie multilaterali e il 41,8% a creditori commerciali composti principalmente da istituzioni finanziarie occidentali. Questi due tipi di istituzioni insieme detengono quasi tre quarti del debito, il che li rende i principali creditori del debito africano. (...)

I dati del CARI (China Africa Research Initiative (CARI) presso la John Hopkins University di Baltimora (Maryland)) mostrano che la Repubblica Popolare della Cina detiene il 17% del debito estero complessivo dell’Africa, molto meno di quello occidentale. (...)

I Paesi occidentali non sono riusciti a promuovere veramente lo sviluppo economico, aumentare le entrate fiscali del governo e migliorare la bilancia dei pagamenti. Piuttosto, sono serviti come strumenti per controllare e causare danni in Africa.

La Repubblica Popolare della Cina rispetta sempre la volontà dei popoli africani e tiene a mente le reali esigenze dei loro Stati. Gli investimenti e i finanziamenti cinesi per l’Africa riguardano principalmente la costruzione di infrastrutture e i settori legati alla produzione”.

Per concludere, il prof. Valori, nel suo discorso presso l'Università di Pechino, ha messo a raffronto il pragmatismo del socialismo riformista cinese rispetto alla prospettiva liberal-capitalista occidentale odierna:

Oggi, lo ripetiamo, la differenza più significativa è tra la prospettiva internazionale cinese e quella liberale occidentale. Il socialismo in sé ha contenuti ideologici, storici, e tradizionali di integrazione ed è dedicato alla ricerca della cooperazione e della liberazione di tutti i popoli secondo i cinque principi della Conferenza di Bandung (18- 24 aprile 1955), sui quali la Repubblica Popolare della Cina ha sempre basato la sua politica estera con coerenza:

i) rispetto reciproco della sovranità e dell’integrità territoriale;

ii) non-aggressione reciproca;

iii) non interferenza reciproca negli affari interni di ciascuno;

iv) uguaglianza e reciproco beneficio;

v) coesistenza pacifica.

La prospettiva liberale, invece, persegue la globalizzazione in superficie, ma in realtà essa è guidata dai Paesi liberal-capitalisti occidentali al servizio dei loro interessi e delle proprie multinazionali. Al momento, i Paesi occidentali sviluppati a coda degli Stati Uniti d’America stanno apparendo come una forza anti-globalizzazione, il motivo è che scoprono che la globalizzazione si discosta sempre più dai desideri di colui che li domina”

A conclusione di ciò, il prof. Valori ha rilevato come le sfide che attualmente attendono il mondo sono la “sicurezza alimentare, la carenza di risorse, le esplosioni demografiche, l'inquinamento ambientale, la prevenzione e il controllo delle malattie infettive, le pandemie e i crimini transnazionali” e che, per affrontarle, occorre “l'accordo unanime”.

Un discorso molto lucido e profondo, che, purtroppo, difficilmente troverete nei talk show nostrani e nelle sedi istituzionali odierne, così lontane dalla realtà.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

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