sabato 30 dicembre 2023

Xi Jinping, il nuovo Mao socialista riformista. Articolo di Luca Bagatin

 

Il 26 dicembre scorso ricorreva il 130esimo anniversario della nascita di Mao Tse-Tung, padre fondatore della Cina socialista e eroe della liberazione dall'oppressione, non solo della Cina, ma anche di gran parte dei Paesi del Terzo Mondo.

Molto interessante il recente articolo che Ben Chacko, editore del giornale britannico di ispirazione socialista “Morning Star”, ha dedicato al ricordo di Mao, facendone un parallelismo con l'attuale leadership socialista cinese guidata dal Presidente Xi Jinping.

Ben Chacko, che ha vissuto in Cina diversi anni, ritiene che sia totalmente errata l'idea che molti si sono fatti di Xi Jinping quale “revisionista del maoismo”, sottolineando che, tutti i leader cinesi, non hanno mai accettato l'idea che la Cina possa aver rotto definitivamente con Mao e la sua prospettiva di edificazione di una società socialista.

Chacko riconosce come vi siano dei parallelismi fra Mao e Xi Jinping, in particolare sulla necessità di combattere la corruzione interna, diffondere la prosperità economica in tutto il Paese e diventare leader di un rinnovato movimento di decolonizzazione e di promozione dell'ascesa del Sud del mondo (pensiamo alla promozione dell'alleanza dei BRICS da parte del Presidente Xi e della stessa Nuova Via della Seta, oltre che gli ottimi rapporti della moderna Cina con tutti i Paesi del Sud del mondo).

La Cina maoista infatti, molto più che l'Unione Sovietica, si prodigò per promuovere i movimenti di liberazione dal colonialismo in tutti i Paesi del Terzo Mondo e ciò probabilmente anche grazie all'influenza che ebbe su Mao, William Edward Burghardt Du Bois (1869 - 1963), saggista e sociologo statunitense che fra i primi si batté per i diritti civili delle persone di colore, il quale fu molto amico di Mao e fu candidato, all'età di 82 anni, per il Partito Laburista Americano nello Stato di New York, conquistando il 4% dei consensi e, in età avanzata, si iscrisse al Partito Comunista degli Stati Uniti d'America.

Ben Chacko, nel suo articolo, rileva come, di fatto, la Repubblica Popolare Cinese non abbia mai rotto con il maoismo, affermando: “Nel 2003, l’allora presidente Hu Jintao lodò Mao per aver apportato “i cambiamenti sociali più profondi e più grandi nella storia cinese”. Fu sotto Deng che il partito emise il famoso verdetto secondo cui Mao aveva il 70% di ragione e il 30% di torto”.

E prosegue sottolineando come già il Presidente Hu abbia rafforzato la legge sui contratti di lavoro nel 2007, ravvisando “l'impatto negativo della mercatizzazione sui diritti dei lavoratori”.

Chacko fa inoltre presente come il Presidente Xi, pur di orientamento socialista riformista come i suoi predecessori, abbia spostato la politica del Partito Comunista Cinese a sinistra, subordinando “la crescita economica all'equità e alle considerazioni ambientali ed ecologiche”.

E come egli promuova l'istruzione pubblica rispetto a quella privata e come tratti il mercato con maggiore sospetto, promuovendo “un’etica più egualitaria, reprimendo i miliardari e chiedendo al governo di regolamentare i “redditi eccessivi” dei ceti più alti”.

Nel suo articolo, Ben Chacko, fa inoltre presente come “Xi ha promosso una cultura del volontariato, esortando gli studenti a trascorrere le vacanze nelle regioni rurali più povere lavorando su progetti di sviluppo, e ha gemellato le aree ricche con quelle povere con l’obbligo legale per le prime di investire nelle seconde”. E come egli abbia lanciato un appello a laureati e uomini d'affari a trasferirsi nelle loro città rurali d'origine e ciò al fine di incoraggiare un movimento di “rivitalizzazione rurale” che, nella moderna e iper-tecnologica Cina, si stava via via perdendo.

Certamente l'attuale leadership socialista cinese sarà ricordata come fu ricordata l'epopea di Mao. Un rinnovato marxismo con caratteristiche cinesi e aspetti socialisti riformisti che, purtroppo, nella nostra Europa e nel nostro Occidente (ovviamente esclusa l'ottima America Latina socialista con, in testa, Cuba, il Messico, il Nicaragua, il Brasile, la Colombia, il Venezuela, solo per citare alcune realtà socialiste serie), sembrano essere dimenticati da troppi decenni.

Luca Bagatin

www.amoreeliberta.blogspot.it

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