domenica 10 marzo 2019

"Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale", un saggio di Alessandro Pascale. Articolo di recensione di Luca Bagatin

I bambini bevono sempre più Coca Cola e sempre meno latte, ed il tempo dedicato all'ozio sta diventando sempre più tempo per il consumo obbligatorio”. Questa è una frase che fa pensare. E' una frase vera, che fotografa la realtà nella quale stiamo vivendo, ove la pubblicità commerciale ha invaso le nostre case, le nostre menti, il nostro tempo libero, la nostra vita e così i bisogni indotti che essa veicola e – in modo più o meno subliminale – impone a noi cittadini, che siamo ormai diventati dei meri consumatori.
Questa frase l'ha scritta il saggista uruguaiano Eduardo Galeano alcuni anni fa, all'interno di un più ampio articolo che descrive tale triste fenomeno.
Un triste fenomeno che descrive, ampliandolo, anche il saggio a cura di Alessandro Pascale, edito da La Città del Sole (www.lacittadelsole.net) dal titolo emblematico “Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale”.
Il saggio raccoglie articoli, considerazioni, analisi, inchieste volte a fotografare e conseguentemente a denunciare il sistema liberale, smascherandolo e mostrando il suo volto autoritario, al servizio unicamente del capitalismo, delle classi più ricche, di quelle sovrastrutture che – nei secoli – hanno reso schiavi i poveri e i popoli.
Come scrive il curatore nella sua ampia introduzione: “Al termine della presente opera si inizierà a dubitare di vivere in “democrazia” e di essere realmente liberi, tanto è forte il controllo diretto e indiretto esercitato nella nostra società di massa dai media e dalle ristrette élite padronali. Siamo ancora liberi di scegliere molte cose, certo, ma secondo limiti pre-determinati che in fin dei conti non si differenziano notevolmente, rimanendo sempre all'interno di una serie di strutture e sovrastrutture borghesi”.
La tesi di fondo del saggio è quella di mostrare al lettore il dominio fondato da quello che il curatore definisce “Terrore delle guerre, della disoccupazione, delle persecuzioni, delle migrazioni, dell'alienazione, della repressione”. Un “Terrore figlio di un Totalitarismo di tipo nuovo: morbido, accogliente, colorato, “liberale” per l'appunto”.
E' il mondo individualista nel quale viviamo, preda dell'ideologia del consumo e del danaro. Delle corporation che governano interi Stati; che esportano guerre; che fomentano divisioni; che destabilizzano Stati sovrani (come la ex Jugoslavia, l'Iraq, la Libia, La Siria, il Venezuela e molti altri prima ancora); che impongono ai popoli di emigrare al fine di essere sfruttati, per garantire il benessere ai popoli più ricchi del pianeta; che impongono i loro stili di vita con la pubblicità commerciale e, appunto, rendono schiavo il nostro stesso tempo libero.
Il saggio curato da Pascale espone, attraverso numerose ricerche, tutte le tecniche imperialiste usate in tal senso. Spiega ad esempio l'uso storico e strumentale del razzismo per fomentare divisioni (anche facendo leva sulle appartenenze religiose) e fomentando guerre fra poveri e ciò in voga sin dai tempi del colonialismo. Fenomeno non a caso che ha riguardato ed è stato usato fortemente dalla sinistra liberale ottocentesca e da tutto il fronte liberale in Europa e criticato già ai tempi da Karl Marx. Sin da allora i popoli (e gli eventuali morti) del “Terzo Mondo” varranno di meno rispetto a quelli del mondo “occidentale”, ovvero verranno considerati meno, sia sotto il profilo storico-culturale, che oggi dal sistema mediatico e politico occidentale.
In questo modo saranno accettate, negli anni, le famose guerre di sedicente “esportazione della democrazia”... che purtuttavia hanno destabilizzato unicamente Paesi laico-socialisti – con una propria democrazia e sovranità - e non hanno minimamente riguardato baluardi del fondamentalismo islamico quali ad esempio l'Arabia Saudita, in quanto alleati principali degli Stati Uniti d'America, patria del liberal-capitalismo.
“Il totalitarismo liberale” analizza successivamente il fenomeno del controllo dell'informazione, laddove si dimostra che l'informazione “libera” è nelle mani di un pugno di capitalisti, in regime di pressoché oligopolio, in quanto pochissime multinazionali sono, di fatto, detentrici del potere di televisioni, giornali, media , radio, web e sistemi informatici. Negli USA ad esempio si è calcolato che il 90% del consumo mediatico medio è proveniente sostanzialmente da sei multinazionali: Comcast, The Walt Disney Company, News Corporation, Time Warner, Viacom e CBS Corporation.
Non stupisce, quindi, se i grandi media, trasmettono pressoché le medesime notizie e il pensiero critico o non conforme o è ridotto all'osso oppure, semplicemente, nei grandi media non esiste e ciò non va certo meglio per l'Italia, ove ampi paragrafi del saggio sono dedicati anche alla situazione informativa e mediatica del nostro Paese.
Diviene quindi facile, per i media, secondo la tesi del saggio, manipolare le informazioni e fornire narrazioni della realtà politica, sociale e geopolitica, ad uso e consumo del “mainstream” e degli interessi dei grandi gruppi economici e di potere.
Ecco che, ad esempio, si sono giustificati interventi “umanitari” - aspetto diffusamente trattato nel saggio - laddove “si diceva” che vi erano armi di distruzione di massa. Che però poi si è scoperto che non c'erano. Ma nel frattempo persone innocenti sono morte, sono state bombardate e si sono sostituiti dei governanti legittimi con altri governanti fantoccio, spesso fondamentalisti o autoritari, ma compiacenti verso le “potenze liberatrici”.
Altra tesi sostenuta dal saggio curato da Pascale è la diffusione dell'ignoranza e la distruzione della cultura, operata attraverso la distruzione sistematica della scuola pubblica in ogni Paese occidentale, uniformatasi così al modello scolastico statunitense ove, di fatto, l'istruzione superiore è accessibile unicamente alle classi agiate, mentre la scuola pubblica cade a pezzi ed è lasciata allo stato brado. E così, come scritto nel saggio, accade che la grande maggioranza degli statunitensi creda di più – tanto per dirne una - nel diavolo che nella teoria dell'evoluzione di Darwin (sic !).
Altri aspetti diffusamente trattati da “Il totalitarismo liberale” sono poi i seguenti: la manipolazione del linguaggio economico-politico attraverso l'uso distorto di taluni termini (penso ad esempio all'uso in modo distorto e negativo del termine “populista”); l'utilizzo massiccio della pubblicità commerciale di cui abbiamo già sopra fatto menzione, assieme anche alla denuncia del fenomeno dell'obsolescenza programmata dei prodotti, uno dei sistemi più perversi usati dalle aziende per far durare meno il ciclo di vita di un prodotto e quindi obbligare le persone ad acquistarne uno nuovo; l'influenza del capitalismo nell'arte e nella cultura, laddove si racconta, nel saggio, la storia della propaganda filo statunitense e filo capitalista di non poche opere cinematografiche, letterarie ed artistiche, anche spesso attraverso l'intervento diretto della CIA, nel periodo della Guerra Fredda; il tentativo - nella Russia post-sovietica - di falsificare la storia dell'URSS dipingendola quale un regime del terrore e non il Paese nel quale si è realizzato il socialismo e si è combattuta povertà, analfabetismo e differenze di genere.
Su questo argomento poi, il curatore del saggio, essendo di formazione marxista e comunista, ha voluto ampiamente trattare il fenomeno del cosiddetto revisionismo storico – già in voga dopo la morte di Stalin in URSS e cavallo di battaglia del PCI “eurocomunista” di Berlinguer - denunciandolo quale fenomeno anticomunista e per molti versi all'origine dello sdoganamento, da parte anche del mondo ex comunista, dell'ideologia liberale e del sistema economico capitalista.
“Il totalitarismo liberale. Le tecniche imperialiste per l'egemonia culturale”, come spiegato dal curatore nella prefazione, inaugura la collana “Storia del Socialismo e della Lotta di Classe”, che prevede un progetto editoriale di dieci volumi, compreso il presente, volti a raccontare approfonditamente una storia per molti versi dimenticata, sicuramente utile da far conoscere anche a chi, pur non essendo o non essendo stato comunista o socialista, vuole comunque approfondire senza pregiudizi una realtà fortemente osteggiata da chi, oggi, in nome di una presunta idea di libertà (quella di consumare e di “godere” illimitatamente sulle spalle dei poveri e dei popoli), tiene in mano le redini del gioco.
Molto interessante il fatto, peraltro, che la casa editrice La Citta del Sole abbia voluto indicare nell'incipit che, essendo essa “contro la riduzione a merce dell'individuo e del prodotto del suo ingegno”, permette la riproduzione anche integrale del volume editato, in modo gratuito a patto che di ciò sia fatto comunque un uso proprio e legittimo.

Luca Bagatin

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